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| << | < | > | >> |IndiceIntroduzione 7 (Alessandro Gatti) La filosofia e l'immagine scientifica dell'uomo 25 (Wilfrid Sellars) Nota biografica 107 Bibliografia ragionata 109 |
| << | < | > | >> |Pagina 7Per poter, dunque, attribuire all'uomo il suo posto nel sistema della natura vivente, e così caratterizzarlo, non rimane altro che dire che ha quel carattere che egli stesso si procura, in quanto sa perfezionarsi secondo fini liberamente assunti; onde egli come animale fornito di capacità di ragionare (animal rationabile) può farsi da sé un animale ragionevole (animal rationale). Immanuel Kant, Antropologia pragmatica, II, E 1. Philosophy and the Scientific Image of Man, il saggio di Wilfrid Sellars (al quale, per brevità, mi riferirò di qui in avanti con la sigla PSIM) qui presentato per la prima volta in traduzione italiana, merita senz'altro la qualifica di "manifesto filosofico". Ad esso è infatti affidata l'articolata delineazione di un programma filosofico di portata generale. Questa semplice circostanza è già l'occasione per due osservazioni: (1) Sellars fu un pensatore sistematico, in una misura difficilmente riscontrabile in altri autori della tradizione analitica (il tipo di pensatore, per intenderci, per il quale la produzione di un "manifesto filosofico" non è di utilità puramente accessoria); (2) il saggio qui presentato costituisce una sorta di "mappa generale" del pensiero sellarsiano. In Sellars, tuttavia, l'aspetto sistematico non fu mai in contrasto con la tendenza (questa, invece, caratteristica di larga parte della filosofia analitica) ad affrontare, in modo autonomo e ad un notevole livello di dettaglio, singoli problemi filosofici; il lettore che si inoltra nella vastissima produzione sellarsiana, perlopiù dedicata alla trattazione puntuale di specifiche questioni di filosofia del linguaggio e della mente, di epistemologia, di metafisica, di etica e di storia della filosofia, può ricevere da PSIM una sinossi preziosa, grazie alla quale è possibile individuare, almeno approssimativamente, la collocazione delle singole tessere nel mosaico di un progetto filosofico unitario. | << | < | > | >> |Pagina 25Wilfrid Sellars
La filosofia e l'immagine scientifica dell'uomo
I. La ricerca filosofica Lo scopo della filosofia, formulato astrattamente, è comprendere come le cose, nel senso più ampio possibile del termine, stiano insieme, nel senso più ampio possibile del termine. E tra le "cose nel senso più ampio possibile" includo articoli radicalmente differenti, quindi non solo cose come "cavoli e re", ma anche numeri e doveri, possibilità e schiocchi di dita, l'esperienza estetica e la morte. Avere successo in filosofia vuol dire, per usare un odierno giro di parole, "sapersi orientare" rispetto a tutte queste cose, non nel modo irriflessivo col quale il millepiedi della storiella sapeva orientarsi, prima di porsi la domanda "Come faccio a camminare?", ma in quel modo riflessivo che fa sì che nessun dominio intellettuale sia precluso. Sapersi orientare è, per usare una distinzione corrente, una forma di "sapere come", opposta al "sapere che". C'è tutta la differenza di questo mondo tra sapere come andare in bicicletta e sapere che un'energica pressione delle gambe da parte di una persona in equilibrio sui pedali, produrrebbe un movimento in avanti. E ancora, per usare un esempio più vicino al nostro argomento, c'è tutta la differenza di questo mondo tra sapere che ogni passaggio di una dimostrazione matematica segue dai passaggi precedenti, e sapere come trovare una dimostrazione. Talvolta, essere in grado di trovare una dimostrazione è questione di saper seguire una procedura stabilita; assai più spesso non lo è. Si può sostenere che tutto ciò che può appropriatamente venire chiamato "sapere come fare qualcosa" presuppone una certa quantità di sapere che, o, per metterla in modo differente, un certo corpo di conoscenza di verità o di fatti. Se fosse così, allora l'affermazione che "le anatre sanno come nuotare" sarebbe tanto metaforica quanto l'affermazione che esse sanno che l'acqua le sostiene. Comunque stiano le cose, sapere come fare qualcosa, al livello delle attività caratteristicamente umane, presuppone una gran quantità di sapere che, ed è quindi ovvio che questa forma riflessiva del sapersi orientare entro lo schema delle cose, che è lo scopo della filosofia, presupponga a sua volta una gran quantità di conoscenza riflessiva di varie verità. Pertanto, l'oggetto sul quale verte questa conoscenza di verità, che è il presupposto del "sapere come" filosofico, cade, in un certo senso, completamente all'interno dell'ambito delle discipline speciali. La filosofia manca, in un senso importante, di un suo oggetto speciale, che stia ad essa come altri oggetti stanno ad altre discipline speciali. Se i filosofi avessero avuto uno speciale oggetto d'indagine, avrebbero potuto consegnarlo ad un nuovo gruppo di specialisti, nello stesso modo in cui hanno consegnato a dei non-filosofi altri oggetti d'indagine speciali negli ultimi duemilacinquecento anni, a partire dalla matematica, per poi passare, più recentemente, alla psicologia e alla sociologia e, oggi, a certi aspetti della linguistica teorica. Ciò che è caratteristico della filosofia non è uno speciale oggetto d'indagine, ma lo scopo di sapersi orientare rispetto agli oggetti di tutte le discipline speciali. | << | < | > | >> |Pagina 36II. L'immagine manifestaL'immagine 'manifesta" dell'uomo-nel-mondo può venire caratterizzata in due diversi modi, che tuttavia non sono tra loro alternativi, bensì complementari. Essa è, in primo luogo, la cornice concettuale nei termini della quale l'uomo giunse ad essere consapevole di se stesso come uomo-nel-mondo. È la cornice concettuale nei termini della quale, per usare un giro di parole caro agli esistenzialisti, l'uomo incontra per la prima volta se stesso – il che, ovviamente, equivale a dire: quando egli diviene uomo. E non è una caratteristica meramente accidentale dell'uomo, il fatto di avere una concezione di se stesso come uomo-nel-mondo, così come, d'altra parte è ovvio, una volta che ci si rifletta, che "se l'uomo avesse avuto una concezione radicalmente diversa di se stesso, sarebbe stato un genere di uomo radicalmente diverso". Ho attribuito questa dimensione quasi-storica alla nostra acquisita posizione di privilegio perché voglio sottolineare fin dall'inizio quello che si potrebbe chiamare il paradosso dell'incontro dell'uomo con se stesso, ossia il paradosso consistente nel fatto che l'uomo non potrebbe essere uomo prima di avere incontrato se stesso. È questo paradosso ad offrire un ultimo baluardo alla tesi della Creazione Speciale. Il suo tema centrale è l'idea che qualsiasi cosa che possa essere propriamente detta pensiero concettuale può aver luogo solamente all'interno di una cornice di pensiero concettuale, nei termini della quale essa stessa può venire criticata, sostenuta, refutata o, in breve, valutata. Essere in grado di pensare vuol dire essere in grado di misurare i pensieri di qualcuno sulla base di standard di correttezza, pertinenza ed evidenza. In questo senso, una cornice concettuale diversificata è un tutto che, per quanto impreciso, viene prima delle sue parti e non può essere interpretata come un'aggregazione di parti aventi già natura concettuale. È difficile allora non trarre la conclusione che la transizione da pattern pre-concettuali di comportamento al pensiero concettuale sia stata olistica, un salto ad un livello di consapevolezza irriducibilmente nuovo, un salto che rappresenta il venire all'essere dell'uomo.
C'è una profonda verità nella concezione secondo la quale esiste una
radicale differenza di livello tra
l'uomo e i suoi precursori. Emerge dunque che il
tentativo di comprendere questa differenza è parte
integrante del tentativo di abbracciare con un unico
sguardo le due immagini dell'uomo-nel-mondo che
mi sono proposto di descrivere. Ciò perché, come
vedremo, questa differenza di livello appare non come una discontinuità
irriducibile nell'immagine
manifesta,
ma come una differenza colmabile, in un
senso che richiede un'attenta analisi, nell'immagine
scientifica.
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