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| << | < | > | >> |Indicel. Appunti su una "moleskine" 9 2. Appunti di navigazione 23 3. Appunti nella notte australe 31 4. Appunti sul paesaggio 45 5. Appunti al bar 51 6. Appunti davanti allo Stretto di Magellano 57 7. Appunti di un giorno di pioggia 63 8. Appunti andini 79 9. Appunti d'omaggio 87 10. Appunti sul Patagonia Express 101 11. Appunti con amici 109 12. Appunti al cospetto di un gigante 121 |
| << | < | > | >> |Pagina 9 [ inizio libro ]Bene, eccoci qua, dico sottovoce, e un gabbiano si volta a guardarmi un istante. "Un altro matto," penserà il gabbiano, perché in realtà sono solo, davanti al mare, a Chonchi, un porto dell'Isola Grande di Chiloé, nell'estremo sud del mondo. Aspetto che diano l'ordine di salire sul Colono, un traghetto verniciato di rosso e di bianco, che dopo vari decenni passati a navigare nel Mar Baltico, Mediterraneo e Adriatico, è venuto a galleggiare sulle fredde, profonde e imprevedibili acque australi. Il Colono, dopo le preannunciate ventiquattr'ore di navigazione, che in realtà possono essere trenta o più, tutto dipende dai capricci del mare e dei venti, mi lascerà circa cinquecento miglia più a sud, in mezzo alla Patagonia cilena. Mentre aspetto, penso a quei due vecchi gringo che hanno mosso i fragili fili del destino facendo sì che, un mezzogiorno d'inverno, Bruce Chatwin e io ci incontrassimo nel caffè Zurich, a Barcellona. Un inglese e un cileno. E come se non bastasse, due tipi con scarso affetto per la parola "patria". L'inglese, nomade perché non poteva essere altro, e il cileno esiliato per identiche ragioni. Dio mio! Qualcuno dovrebbe proibire questo genere di incontri, o per lo meno assicurarsi che non avvengano in presenza di minorenni. | << | < | > | >> |Pagina 14I due gringo a cui mi riferisco dedicarono gran parte della loro vita agli affari di banca che, come è noto, si possono affrontare in due modi: o facendo il banchiere o il rapinatore. I due gringo optarono per la seconda possibilità, perché, in quanto gringo, avevano nelle vene un puritanesimo che li faceva restare fermamente legati a certi principi etici, gli stessi che li obbigavano a dividere in fretta con altri la ricchezza ricavata dalle rapine. La divisero con attori di Baltimora, cantanti d'opera di New York, cuochi cinesi di San Francisco, prostitute color cioccolata dei bordelli di Kingston e dell'Avana, indovine e fattucchiere di La Paz, dubbi poeti di Santa Cruz, malinconiche poetesse di Buenos Aires e vedove di marinai di Punta Arenas, e finirono col finanziare rivoluzioni anarchiche in Patagonia e nella Terra del Fuoco. I genitori avevano dato loro due nomi, Robert Leroy Parker e Harry Longabaugh, ma ne ebbero molti altri: Mister Wilson e Mister Evans. Billy e Jack. Don Pedro e don José. Nelle infinite pianure delle leggende entrarono però come Butch Cassidy e Sundance Kid.| << | < | > | >> |Pagina 17Un buon vino. Un pipeņo, un vino giovane, leggermente acido, aspro, agreste come la natura che mi aspetta oltre la porta. Si beve con piacere, e mentre sorseggio, si affaccia alla memoria una certa storia che Bruce amava ricordare, riguardo al modo così speciale che hanno gli isolani di spiegare i dettagli della vita.Nel suo viaggio di ritorno dalla Patagonia con lo zaino pieno zeppo di 'moleskine', nelle quali aveva fissato la materia prima di quello che poi sarebbe divenuto In Patagonia, uno dei migliori libri di viaggio di tutti i tempi, Bruce passò da Cucao, nella zona occidentale dell'isola. Aveva una fame arretrata di vari giorni, e quindi desiderava mangiare, ma senza appesantire troppo lo stomaco. "Per favore, vorrei qualcosa di leggero," spiegò al cameriere del ristorante in cui era entrato. Gli servirono mezzo cosciotto di agnello alla brace, e quando reclamò ripetendo che voleva mangiare qualcosa di leggero, ricevette una di quelle risposte che non ammettono discussione. "Era un agnello molto magro. Il signore non troverà una bestia più leggera in tutta l'isola." Gente curiosa, questa. E siccome Chiloé è l'anticamera della Patagonia, i suoi abitanti ci preparano a sopportare le belle e ingenue eccentricità di quelli che vivono più a sud. Un professore della parte argentina mi ha raccontato una storia insuperabile. Uno dei suoi alunni aveva scritto sull'orologio: "L'orologio serve a pesare i ritardi. Anche l'orologio si guasta, e così, allo stesso modo in cui le auto perdono olio, l'orologio perde tempo". Chi ha parlato di morte del surrealismo? | << | < | > | >> |Pagina 79Se esiste un posto al mondo che merita pienamente di essere definito l'ultimo, quello è Ujina, un villaggio formato da una ventina di case di fango, per lo più disabitate, e da una chiesa senza prete fin dagli anni quaranta, edificio che talvolta, all'epoca delle missioni, ha sfoggiato il bianco della calce, ma che con il passare del tempo e con l'oblio ha assunto il colore dell'abbandono di tutti gli altri fabbricati. A più di duemila metri sul livello del mare soffia un vento indemoniato e capriccioso. Cambia continuamente direzione, e il rumore che provoca passando fra le gole si propaga nelle valli come un ammonimento agghiacciante. I pochi abitanti di Ujina, tutti aymara, lasciano supporre la loro presenza solo durante la notte, quando la luce taciturna e vacillante di qualche candela filtra dalle fessure di una finestra. Ma quella prova non dura a lungo, e nella limpidissima notte andina le sagome delle case si fondono col paesaggio aspro, dominato dal vulcano Olca con i suoi quasi seimila metri d'altezza. | << | < | > | >> |Pagina 109Ritomo sempre a Río Mayo, una città della Patagonia distante un centinaio di chilometri da Coyhaique e altri duecentocinquanta da Comodoro Rivadavia. Vi torno sempre, e la prima cosa che faccio quando scendo dall'autobus, dal camion o da qualsiasi altro mezzo di trasporto che mi lascia all'incrocio, è chiudere gli occhi per non venire accecato dall'eterno polverone, e tapparmi le orecchie per convincermi che sono davvero arrivato. La faccenda degli occhi chiusi si risolve aprendoli lentamente, dando tempo alle ghiandole lacrimali di abituarsi alla polvere. La faccenda delle orecchie, invece, serve a resistere al bombardamento di decibel che i pazienti abitanti del luogo sopportano, dalle sette del mattino alle sette di sera, fin dal 1977. Dalla caserma del reggimento Fucilieri dei Chubut partono atroci ritmi militari, ai quali per maggiore tormento hanno aggiunto la voce di Julio Iglesias. Dal 1977 non ci sono galline a Río Mayo. Spaventate dal baccano, hanno smesso di deporre le uova e si sono semplicemente estinte. Come ogni volta, mi metto lo zaino in spalla e mi avvio verso l'edificio di legno finemente lavorato che ospitava l'Hotel Inglés. | << | < | > | >> |Pagina 126 [ fine libro ]Pochi minuti dopo il mio arrivo, ero già membro dell'equipaggio della nave comandata da don Pancho, come lo chiamiamo noi amici, e scoprivo che Ferdinando Magellano battezzò "Il Passo" lo stretto che porta il suo nome. Che la velocità di un veliero nelle acque australi dipende dal calafato della murata di prua. Che è una gioia vedere che restano ancora pinguini nello stretto, visto che i marinai ne sterminarono milioni per avere carne e grasso per le lampade. Che il vecchio faro di Capo Forward è il Faro della Fine del Mondo a cui si riferì Jules Verne. Che i marinai di una volta, nelle notti di luna piena, evitavano di navigare nello stretto, che chiamavano "Passo del Becchino". Che davanti a Capo San Isidro comparve all'improvviso l' Ambassador, navigando alla deriva, senza ciurma e con tutte le vele spiegate. Che nel 1882, sempre davanti a Capo San Isidro, naufragò il Cordillera, duecento passeggeri morirono nelle acque gelide mentre il capitano, un ubriacone, riusciva a salvarsi, a ritornare in Inghilterra, e a ricevere una decorazione dopo aver inventato una storia assurda. Che nel 1843, davanti a Punta Santa María, naufragò il Santiago, una barca che trasportava ottocento libbre d'oro. Che i delfini sono i migliori amici dell'uomo di mare. Che monete d'oro del tesoro del Thortorall, trascinate dalle maree, continuano ad arrivare fino alla Baia Inútil...Don Pancho Coloane mi iniziò ai segreti del mare della fine del mondo, e mentre lo ascoltavo sentivo che tornavo ai fantastici giorni delle mie letture più appassionate.
Uscii da casa sua tardissimo. La notte di Santiago
sembrava non meno calda del giorno. Iniziai a camminare nel
parco, poi per le strade deserte, e all'improvviso mi
accorsi che l'eco dei miei passi si moltiplicava.
Non ero solo. Non sarei stato solo mai più. Coloane mi
aveva passato i suoi fantasmi, i suoi personaggi, gli indio
e gli emigranti di tutte le latitudini che abitano la
Patagonia e la Terra del Fuoco, i suoi marinai e i suoi
vagabondi del mare. Adesso sono tutti con me e mi
permettono di dire a voce alta che vivere è un magnifi-
co esercizio.
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