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| << | < | > | >> |IndiceVII Prefazione di Paolo Bosisio XIII Introduzione Oltre il tendone 1. Le origini 1 1.1 Le radici arcaiche. Riti sacri e profani 2 1.2 Simbolismo dell'acrobazia antica 4 1.3 Panem et circenses. Virtuosi al Colosseo 5 1.4 Al termine della via della seta. Il giocoliere di Confucio 8 1.5 Il Giardino dei peri. La prima scuola dello spettacolo 2. Dal Medioevo al XVIII secolo 10 2.1 Giullari di corpo e di bocca, merci di fiere e mercati 13 2.2 Dall'altra parte del mondo 14 2.3 Editti contro la strada 15 2.4 Riorganizzare il caos 19 2.5 La ricerca di un luogo 3. Nasce il circo 22 3.1 Un contenitore e molti generi 24 3.2 Precursori italiani e pantomime equestri 28 3.3 Lo sviluppo di mercato e circuiti 31 3.4 Altri spazi, altri spettacoli 36 3.5 Freak e Side Show. Accanto ai tendoni 4. Discipline e interpreti 38 4.1 Le specialità equestri 46 4.2 Il clown. L'uomo che fa ridere 58 4.3 Il giocoliere. L'uomo al centro dell'universo 68 4.4 L'acrobata. L'uomo sulle punte 76 4.5 Il funambolo. Un sentiero nel cielo 84 4.6 Il trapezio. In volo verso il sole 92 4.7 Gli ammaestratori. Il labirinto del Minotauro 5. Geografia e orografia 101 5.1 Europa. L'aristocrazia del circo 112 5.2 L'elefante bianco. Il mercato americano 125 5.3 Mosca brucia 140 5.4 Cina, sbocciano i mille fiori 152 5.5 In capo al mondo 6. Il Novecento italiano 157 6.1 Terra di conquista 158 6.2 Nella capitale 159 6.3 Dai circuiti teatrali alle imprese famigliari 161 6.4 Le fiere e i podestà 163 6.5 I luoghi delle esibizioni 164 6.6 Boom economico e interventi pubblici 166 6.7 Le grandi dinastie 175 6.8 Fra i due millenni 7. Il circo contemporaneo 177 7.1 Il Nouveau cirque 180 7.2 L'artigianato locale 182 7.3 Il Cirque du Soleil. Guardare il sole 8. I festival 187 8.1 Le fiere della pista 188 8.2 In tutto il mondo 189 8.3 L'oro del circo 191 Bibliografia 197 Indice dei nomi |
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Oltre il tendone
Una delle prime cose che spiego ai miei studenti è che il circo è un mondo tanto affascinante quanto opaco: se ne parla molto, pur sapendone spesso poco o nulla. Una creatura a molte facce, in grado di evocare sia un universo di magia che un cosmo di confusione, sia il rigore che l'anarchia, sia la disciplina che il pressappochismo. Quasi sempre per descriverlo si finisce col fare ricorso a una serie di luoghi comuni e frasi retoriche. Lo stesso vale per le arti e gli artisti che lo popolano. Molte figure circensi sono subito collegate a delle immagini forti: il trapezista al sogno di volare, il giocoliere alla velocità, l'ammaestratore allo sprezzo del pericolo, la cavallerizza alla sensualità ecc. Figure che nel corso degli anni hanno indossato gli stessi costumi con tale assiduità da farle diventare quasi delle maschere, come nella commedia dell'arte. Ma oltre agli stereotipi, qual è l'approccio dell'artista di circo verso il suo stesso modo di abbigliarsi e verso la messa in scena del proprio numero? Come la immagina, da dove trae spunti, come la cambia nel corso della carriera? La magia del circo, vista e vissuta dall'interno, diventa magia della quotidianità, del lavoro. E il contrasto aumenta il fascino di questo mondo. Ma che cos'è il circo? Una delle prime definizioni della lingua italiana, nel 1865, dice: «baraccone mobile ove si danno spettacoli con animali ammaestrati e giochi vari». Oggi la definizione appare chiaramente obsoleta, ma anche per quei tempi era fuorviante, perché non cita lo specifico della clownerie, dimentica che il circo è nato stabile, e con la parola "baraccone" non rende giustizia ad alcuni prodigi di architettura che già allora permettevano ai circensi di spostarsi. Non serve essere linguisti per capire quanto sia indicativa questa carenza etimologica. Se un idioma è lo specchio della propria cultura, possiamo ben dire che quella italiana si è definita tenendo in pochissimo conto lo spettacolo popolare e la sua costellazione disciplinare. Uno fra i maggiori cronisti italiani di circo, Massimo Alberini, proponeva una formula più precisa: «un insieme di virtuosismi del corpo, clownerie ed esibizioni di animali che si svolgono in una pista rotonda». Definizione pregevole, ma nel corso dei secoli le cosiddette discipline circensi hanno contesti ben più ampi, dagli acrobati che prendevano parte a riti religiosi nell'antico Egitto, ai giocolieri equestri che si esibivano negli anfiteatri romani, ai saltimbanchi nelle fiere del Medioevo, ai serragli ambulanti dell'Ottocento. L'immagine del "circo-contenitore" con una sequenza eterogenea di una dozzina di numeri si è condensata nella cultura italiana essenzialmente nel secondo Novecento, ma il circo, nel corso dei secoli, ha definito il proprio immaginario facendo riferimento a ogni tipologia estetica possibile. Proponendosi come una miscellanea di generi fantastici, un'antologia mutevole di riferimenti ad atmosfere di ogni tipo. Senza barriere di spazio e di tempo. I costumi e le musiche degli spettacoli di circo si sono riferiti di volta in volta al lontano Oriente, all'antica Roma, alla conquista dell'America così come a quella dello spazio. Questo perché il circo ha sempre ascoltato il proprio tempo e cercato di presentare all'interno del cerchio forme riconoscibili e accattivanti per il pubblico. Spesso queste connotazioni si sono definite grazie all'attenzione degli artisti alle tendenze e alle mode del proprio tempo, altre volte attraverso casualità necessarie. Un solo semplice esempio: anche se le varie discipline che lo compongono sono molto antiche, il circo moderno è nato attorno al 1770, grazie all'intuizione dell'inglese Philip Astley, ex sergente maggiore dei cavalleggeri britannici, che utilizza la propria competenza nell'allestimento di parate militari per presentare a Londra spettacoli prevalentemente equestri uniti a dei virtuosismi acrobatici e a intermezzi comici. Ebbene, l'origine paramilitare del circo determinerà anche nel futuro alcune connotazioni dei costumi dei domatori, dell'orchestra e degli inservienti di pista, tutti ancor oggi in uniforme con tanto di alamari. Il circo e le discipline che lo compongono sono fra le più antiche forme di spettacolo dell'umanità. Inoltre, molto spesso, si tratta della prima forma di spettacolo dal vivo cui assiste una persona, in quasi ogni parte del mondo. Una forma di intrattenimento che ne ha influenzate altre in maniera considerevole, sia per l'ispirazione che ha fornito in campi quali la pittura, la scultura, la musica e il balletto, sia dal punto di vista pratico perché ha regalato molte tecniche ad altre discipline, come per esempio al primissimo cinema. Si tratta dunque di una forma di "spettacolo popolare" nel senso più nobile del termine. Il circo ha sempre fatto principale riferimento al pubblico, persino quando, come vedremo, è diventato "Circo di Stato". È un approccio imprenditoriale che nel corso degli anni ha conosciuto una varietà incredibile di forme. Dal piccolo circo di famiglia, un gruppo di saltimbanchi disorganizzati, alle folli imprese di Barnum, che oggi realizza un tour di cento palazzi dello sport in tutti gli Stati Uniti. Il circo e il teatro di varietà (suo parente stretto) hanno conosciuto negli anni un successo inequivocabile. Per mezzo secolo, dal 1860 al 1910 hanno rappresentato il maggiore intrattenimento di massa nel mondo occidentale. In sostanza le immagini che associamo alla parola circo provengono da una raccolta di codici semiotici condensati attorno a un contenitore di meraviglie nato alla fine del Settecento, particolarmente adatto a una proliferazione spontanea di miti e alla loro continua stratificazione. L'essenza del circo pare riferirsi a tre atteggiamenti rilevanti della condizione umana. I virtuosismi del corpo sono in relazione al tentativo dell'uomo di superare i propri limiti. L'ammaestramento di animali è in relazione al desiderio di incontrare l'altro da sé. La clownerie è in relazione alla capacità di ridere di tutto questo. Questo volume nasce in seno al corso di Storia dello spettacolo circense e di strada del Dipartimento di Scienze dello spettacolo e della comunicazione multimediale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, all'Università Statale di Milano. È quindi principalmente destinato e dedicato agli studenti di tale corso. Allo stesso tempo si propone di fornire a chiunque ne sia interessato i presupposti per una conoscenza di base della storia e delle caratteristiche di questa trascurata disciplina. Perciò il linguaggio utilizzato è il più semplice possibile e i termini tecnici sono ridotti al minimo. Certo, raccontare in un numero di pagine relativamente scarno la storia di una disciplina così multiforme e interpretata da migliaia di artisti, costringe a un esercizio di sintesi estrema. Di conseguenza qui sono segnalati solo i personaggi che hanno avuto un ruolo innovativo nelle loro discipline o che, pur operando nel solco della tradizione, hanno ottenuto un esito tale da contraddistinguere un'epoca od affermare uno stile; oppure casi non unici ma significativi, usati come cartine tornasole. Alcune discipline pur importanti, come l'illusionismo o le arti di strada, non sono state quasi per niente trattate. Sia perché sono pur sempre marginali rispetto alla pista, sia perché hanno già ricevuto attenzione da studi recenti. La storia del circo è tutta da scrivere, come dimostrano i sempre più frequenti studi che, rivelando nuovi documenti, anticipano la datazione di discipline, dinastie o modalità, segnalano grandi maestri prima sconosciuti, rivalutano l'operato di oscuri impresari. | << | < | > | >> |Pagina 384. Discipline e interpreti4.1 Le specialità equestri Il figlio del vento Il rapporto con il cavallo, presso molti popoli della terra, riveste un'importanza particolare, quasi sacrale. E tanti e tali sono stati i ruoli del cavallo che, nelle simbologie, esso assume significati contrastanti ma coesistenti: potere solare e lunare, simbolo di vita e di morte, espressione della ragione e dell'istinto vitale. La prima testimonianza scritta sul cavallo è un'immagine egizia del 1700 a.C.; ma, sicuramente, il suo addestramento ebbe inizio molto prima (si pensa intorno al 4000 a.C.). Il cavallo ha grande importanza per lo sviluppo di tutte le attività dell'uomo: lavoro, viaggi e quindi contatti con altri popoli, guerra. L'esibizione di questi animali, presentata sotto forma di spettacolo, segue un'estetica peculiare. Lo spettacolo con i cavalli non esprime quasi mai soggiogazione, supremazia da parte dell'uomo, ma, piuttosto, armonia, esaltazione delle doti dell'animale e dell'intesa con il suo cavaliere. Il centauro, creatura della mitologia greca, esprime l'esaltazione massima di questa intesa: una creatura metà uomo e metà cavallo. Le prime testimonianze di spettacoli con i cavalli risalgono al tempo dei romani, che, con questi animali, già presentano evoluzioni e acrobazie. Le esibizioni spettacolari continuano nel corso della storia: giostre e tornei medievali ne sono un esempio. A quei periodi storici si può far risalire la nascita di manifestazioni giunte fino a noi, quali i palii che si corrono nelle città d'Italia, o la splendida Sartiglia di Oristano, una combinazione di giostra medievale e piramidi equestri. Per molti secoli, le esibizioni di cavalli sono subordinate a competizioni agonistiche e caratterizzate da un'impronta militare. A partire dal Seicento, si hanno, bensì, testimonianze di spettacoli con carattere più ludico, quali la presentazione di cavalli sapienti. I comportamenti istintivi più importanti del cavallo sono stati identificati e sono alla base di diverse tecniche di addestramento: la fuga, da sempre stimolo alla corsa; la curiosità che, viceversa, spinge l'animale ad avvicinarsi all'uomo e anche a simulare un attacco; il gioco, proprio di tutte le specie animali; e, infine, la pulsione all'aggregazione in branchi. L'addestramento moderno opera su questi istinti fondamentali, per creare con l'uomo un rapporto di convivenza e collaborazione spontaneo. La propensione sociale del cavallo consente all'uomo di assumere il ruolo di capo-branco, senza paura dinanzi ai suoi atteggiamenti di sfida, e consente di utilizzare strumenti, quali fruste e frustini, non per punire ma per precisare all'animale ciò che gli si chiede. Diversa la situazione fino a pochi anni fa: il cavallo, spesso anche allo stato semibrado, era sottoposto alla cosiddetta "doma", un insieme di pratiche diverse da caso a caso, ma sempre molto coercitive nei confronti dell'animale. Fortunatamente il cavallo ha una memoria piuttosto labile, per la qual cosa non ricorda a lungo le punizioni subite e non serba rancore; la ribellione, se c'è, è immediata. I metodi di doma, sufficienti per preparare il cavallo alle normali attività di lavoro o sportive, risultavano quindi carenti per preparare l'animale allo spettacolo, per il quale fine esistono metodi più idonei. Ciò è motivato da una sensibilità estetica e culturale più attenta nei confronti dell'animale che, dopo la prima guerra mondiale, ha perduto la sua caratterizzazione militare, ereditata soprattutto dalle discipline agonistiche. Un cavallo ammaestrato è una bellezza naturale che il circo propone come spettacolo, manifestazione ben diversa dall'espressione della doma, ben evidente in altre forme di esibizione quali i rodei; il circo si trova in una fase estetica avanzata, più evoluta. | << | < | > | >> |Pagina 464.2 Il clown. L'uomo che fa ridereLa figura dell'uomo che provoca il riso, l'archetipo del clown, è presente in quasi tutte le forme di sciamanesimo della terra. Alcune sue caratteristiche sono abbozzate dall'era dei cacciatori-raccoglitori, il più arcaico sistema di vita della specie homo: nei popoli artici (dalla Siberia agli eschimesi) e tra i pigmei Bambuti della foresta equatoriale africana. Anche nei territori degli attuali Stati Uniti d'America erano presenti i pagliacci divini, protagonisti dei rituali con i morti e gli antenati.
Di certo il clown è una delle figure più trasversali e ricche di significati
fra quelle dello spettacolo dal vivo, poi debordata sul grande e piccolo
schermo. Il termine sembra essere di origine inglese ma è diventato d'uso
internazionale. Sebbene la definizione sia spesso allargata a comprendere tutti
quegli artisti di tipo polimorfo che in vari contesti produttivi
basano le loro rappresentazioni sulla comicità e sull'istrionismo da giullare
(Dario Fo, Roberto Benigni, Jerry Lewis, solo per fare qualche esempio), la
clownerie è una delle discipline fondamentali della pista del circo dove si è
manifestata in tipologie ben connotabili, con interessanti sviluppi avvenuti
negli ultimi due secoli.
Definizione delle maschere e dei tipi Dopo i successi di Joseph Grimaldi, Little Wheal, Little Walter e Tom Belling, il Novecento si apre con due figure di clown già abbastanza definite: il clown bianco, il cui trucco sembra essere stato ispirato dal Pierrot dei Debureau, e l'augusto, o rosso (in Italia detto anche "toni"), discendente dalle prime figure comiche della pista, con il compito di sospendere la tensione degli spettacoli equestri con contorsioni, salti a terra e spettacolari cadute. Negli anni dieci, con il duo Footit & Chocolat, Tudor Hall (1864-1921) e Raphael Padilla (1868-1917) si definisce il rapporto conflittuale fra bianco e augusto, col bianco che maltratta l'augusto, entro il quale si dipana la storia del clown. L'approccio di coppia ammette una contrapposizione che può essere di tipo fisico, psicologico, morale o sociale. I costumi e le maschere del buffo augusto e dell'elegante bianco ne rispecchiano il carattere e la personalità e assumono l'aspetto di infinite variazioni sul tema. Fra le coppie più note, Tonitoff e Antonet, Antonet e Grock, Alex e Porto, Antonet e Beby, Manetti e Rhum, Pipa e Rhum. Porto, nome d'arte del portoghese Arturo S. Mendes d'Abreu (1888-1941), è divenuto celebre negli anni venti e trenta presso il Medrano per aver saputo svincolare progressivamente la figura dell'augusto dalla "spalla" rappresentata dal bianco. Rhum, al secolo Enrico Sprocani (1904-1953), dal particolare talento acrobatico, è considerato fra i principali innovatori della maschera dell'augusto, che egli sviluppa nelle pantomime che lo vedono protagonista al Medrano e nelle numerose entrate al fianco dei bianchi più celebri (Dario, Alex, Pipo). All'inizio del secolo i "tandem" di clown si costituiscono, si separano e si ricostituiscono in funzione delle esigenze di scritture, come accade, per esempio, per i livornesi Dario (1880-1962) e Manrico Meschi (1881-1974) noti come Dario e Bario, il cui sodalizio acquista forma definitiva solo nel 1919, così come il loro stile. Dario è un bianco con costumi bellissimi e un sogghigno satanico, Bario è l'augusto ubriaco e un po' rozzo. Fra le loro migliori entrate comiche, Ape dammi il miele, ripresa sino ai nostri giorni. Con il nome di Dario, Bario e compagnia, la formazione si amplia, dapprima dando luogo a trii con vari compagni fra i quali Coco e Rhum, poi inserendo nel numero il figlio di Dario, Willy, e quelli di Bario, Nello, Freddy e Tosca, ma senza mai raggiungere la qualità della coppia originale.
Curioso come, nonostante il grande esito, anche commerciale, di questi
personaggi, si affermi in questo periodo nell'immaginario collettivo la figura
del clown triste.
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