|
|
| << | < | > | >> |Indice9 Prologo. Definizioni della parola crisi 13 1. Sei eventi Novità millenarie, 13 La crisi globale, 27 39 2. Le cose del mondo Gioco a due e gioco a tre, 39 La Biogea, 45 Il detto del mondo o la terza rivoluzione sulla Terra, 49 62 3. Il sapere e le condotte L'avvenire delle scienze, 62 Due giuramenti, 76 81 Epilogo. Come uscire dalla crisi? |
| << | < | > | >> |Pagina 7Capita che un sisma lasci soltanto un corrugamento sul suolo, o alcune lesioni e fenditure su opere d'arte, ponti e costruzioni. A forza di terremoti, nei millenni compare una larga crepa nel paesaggio, come se ne vedono in Islanda o come la faglia di Sant'Andrea in California. Visibili e poi impressi sulla carta, queste tracce e questi segni rivelano e nascondono una faglia gigante al livello degli strati bassi, che si muovono lentamente e d'un tratto si rompono negli abissi tettonici, invisibili. E lì giace la causa profonda di tutti questi movimenti.Ecco lo spaccato del libro ed ecco il suo soggetto. Finanziaria e borsistica, la crisi che oggi ci scuote, probabilmente in superficie, nasconde e rivela rotture che travalicano nel tempo la durata stessa della storia, come le faglie di questi strati bassi travalicano nello spazio la nostra percezione. Per accedere a queste cause sepolte bisogna abbandonare l'attualità delle cifre. E quella delle emozioni. Perché noi poveri, voi e io, corressimo urgentemente in soccorso dei ricchi, tramite lo Stato, bisognava che i ricchi diventassero così colossalmente ricchi da apparire a tutti tanto necessari alla nostra sopravvivenza quanto il mondo stesso. Così, la crisi odierna ha provocato un esplosivo cortocircuito tra l'ammontare del denaro volatile manipolato da alcuni esperti e la realtà globale delle cose concrete. Dove ritrovo il suolo e la terra che compaiono nell'immagine che ho usato all'inizio. Questo libro affinché il lettore possa giudicare di queste cose. | << | < | > | >> |Pagina 131. Sei eventiNovità millenarie Tutti conoscono e molti sanno analizzare le cause prossime della crisi finanziaria che attualmente sconvolge il casinò della banca e possono anche individuarne alcuni responsabili. Non vorrei riprendere ciò che i media ripetono tutti i giorni. Non sono un economista né un esperto di finanza. Penso semplicemente che lo scarto tra l'andamento volatile della borsa e la realtà, più pesante e lenta, del lavoro e dei beni, scarto misurabile in euro e percentuali, equivalga alla distanza immensa che oggi separa lo spettacolo mediatico-politico da una nuova condizione umana. Il primo scarto, contabile, può contribuire a valutare questa seconda distanza. Questo libro tenta di dimostrarlo.
Per misurarle entrambe, mi allontano nello spazio e nel tempo. Qualche anno
fa, in
Hominescence
ho tentato di fare una sorta di bilancio delle novità che colpirono l'Occidente
dopo la seconda guerra mondiale, specialmente durante il decennio
1960-70. Devo definire i termini che impiego: come misurare la novità di un
evento? Essa è proporzionale alla lunghezza dell'era precedente, che
questo evento conclude. Tornerò più volte su questa precisazione.
1. Agricoltura Nel corso del XX secolo, in paesi analoghi al nostro, la percentuale dei contadini e delle persone occupate nelle attività di aratura e pascolo, in rapporto alla popolazione globale di un gruppo dato, precipitò da più della metà al 2 per cento. Questo calo divenne addirittura un crollo nel decennio considerato, e prosegue tuttora. Benché continui a nutrirsi grazie a essa, l'umanità occidentale ha quindi abbandonato la terra, almeno qui. Essa la lavorava e ne viveva fin dagli anni che seguirono il neolitico. Questa rottura recente può sembrare un evento che travalica, e di gran lunga, la storia comune, poiché chiude un segmento temporale che inizia nella preistoria. Si può dire che nel XX secolo e in particolare negli anni sessanta, finisce il neolitico. Lo ripeto: come stimare, come misurare l'importanza di un evento, la sua novità? Se veramente questa misura è proporzionale alla lunghezza della durata che esso conclude, questo brutale esaurimento della popolazione rurale costituisce una delle rotture più importanti e più rare di questo secolo, perché essa chiude un'era iniziata diecimila anni fa. Quelle che citerò dopo, le misurerò alla stessa stregua. Parallelamente, la proporzione di umani che vivono nelle città passa dal 3 per cento nel 1800 al 14 per cento nel 1900 e a più della metà nel 2000. I demografi prevedono che nel 2030 questa proporzione si avvicinerà al 70-75 per cento. Vediamo già formarsi, qua e là, gigantesche megalopoli.
Che cosa racconta dunque la nostra vecchia storia, quando parla
dell'importanza di Babilonia, Gerusalemme, Atene, Roma, Parigi, Londra o
Washington...? Canta la potenza della minoranza
infima che abitava nelle città? La maggioranza
degli umani ha vissuto fuori da quei luoghi e dunque da quel racconto? A parte
le guerre nelle quali morirono, i miei antenati contadini e marinai,
anche quelli vicini alla mia generazione, non sapevano nulla di quella storia,
salvo che essa prendeva alle madri la vita dei loro ragazzi e alle figlie i
loro giovani amori.
Ora, dal momento che la maggioranza degli umani si deterritorializza in questo modo, il rapporto con il mondo si trasforma. Una percentuale elevata di persone delle generazioni successive alla mia non ha mai visto un pulcino o della paglia, un giogo o un vomere. Né una mucca o un maiale o una covata. Non soltanto non ha mai visto né sentito un tacchino o un'anatra, ma non sa più parlare le lingue regionali, il cui fastoso mosaico fu oscurato velocemente con l'assassinio collettivo dei contadini-fanti nella prima guerra mondiale e scomparve brutalmente più tardi, con la dissoluzione delle comunità rurali locali. Marinai e aviatori si orientano ormai con il GPS, senza stelle; anche gli astronomi lavorano allo schermo. Per sapere che tempo farà, nessuno osserva più il cielo, tutti guardano il meteo alla televisione. Si crede alla bontà della natura e alla mansuetudine delle tigri. Ecco come, di fatto, sopravvive il vecchio essere-al-mondo dei filosofi; sarebbe meglio dire l'essere-appartamento, partito, a volte in pantaloni corti, verso vacanze d'Arcadia. Questa ignoranza del mondo in cui siamo restati a lungo, perdura in questo momento, instabile e delicato, in cui, risvegliandosi, esso muta statuto e diviene – lo stiamo vedendo – il terzo attore della politica. Prima mossa: tutto diventa politico, dal greco polis, la città. Tutto il mondo è cittadino, sempre di più. Quasi nessun'anima vivente vive, né vivrà fuori dalle mura di una città. Meno esseri-al-mondo. Chi, allora, conoscerà il mondo, come lo conobbero e lo praticarono i contadini? Chi pensa a lui, ormai? Seconda mossa: ora, più precisamente in questo momento, il mondo si vendica e minaccia gli uomini. D'ora in poi forse nulla sarà più veramente politico, in senso tradizionale.
Ritornerò più avanti su questo capovolgimento.
2. Trasporti Passo ora al nuovo ambiente umano creato dall'insieme dei trasporti. La mobilità delle persone è cresciuta mille volte dal 1800 a oggi. Nel 2008 ha raggiunto, per quanto concerne per esempio il trasporto aereo di passeggeri, i 3000 miliardi di chilometri. Almeno stando ai numeri, un terzo dell'umanità (2,3 miliardi) nel 2006 si è spostato con l'aereo; e questa crescita continua. Di sicuro, niente di simile era mai avvenuto dalla comparsa di Homo sapiens. Parallelamente, la mobilità di frutta e ortaggi, di animali selvatici o domestici, di insetti, artropodi, virus e batteri, mobilità conosciuta e praticata da millenni, è aumentata nelle stesse proporzioni. La distanza dalla quale provengono le merci negli ipermercati ammonta a migliaia di chilometri. | << | < | > | >> |Pagina 27La crisi globaleBilancio della lista. In alcuni decenni si sono trasformati radicalmente il rapporto con il mondo e con la natura, i corpi, la loro sofferenza, l'ambiente, la mobilità degli umani e delle cose, la speranza di vita, la decisione di far nascere e, talvolta, di morire, la demografia mondiale, l'habitat nello spazio, la natura del legame nelle collettività, il sapere e la potenza... Su un punto, almeno, disponiamo di elementi storici di paragone. L'informatica propone – lo ripeterò spesso – nuovi mezzi di stoccaggio, di trattamento, di emissione e di ricezione dell'informazione. Prima di essa, la stampa, nel XV secolo della nostra era, e la scrittura, prima di Cristo, avevano realizzato analoghe performance. Queste due imprese avevano trasformato il diritto, le città, il loro governo, il commercio, la scienza, la pedagogia e la religione, prova molto concreta che le tecnologie dolci hanno mille volte più influenza sulla società delle tecniche dure, le cui conseguenze, in confronto, sono sopravvalutate. Infatti, le matematiche nascono con la scrittura, e la scienza moderna con la stampa; analogamente, il denaro coniato sostituisce il baratto e il biglietto di banca la moneta. E così di seguito, fino alle religioni monoteiste del Libro e della Scrittura, nate nella Mezzaluna fertile, e alla Riforma, nel Rinascimento. Un tale spettro di mutamenti ricopre quasi tutte le istituzioni; esso ha illuminato due volte la storia recente; e si riproduce oggi. Assistiamo a crisi locali e parziali, dovute, infatti, alle nuove tecnologie e che toccano tutti i settori che ho appena enumerato. Ma non abbiamo un modello equivalente per valutare l'effetto delle mutazioni agricole o corporee, né per le rotture che concernono il rapporto con il mondo e con gli umani. L'importanza di un evento si misura – lo sottolineo ancora – con la lunghezza dell'era che esso chiude. Qui, i mutamenti arrestano o concludono periodi lunghi quanto quello che ci separa dal neolitico, ovvero dalla nostra comparsa, ossia dozzine di migliaia o persino milioni di anni. Vedo lucidamente il labbro a monte della faglia; non sono certo di percepire così chiaramente il labbro a valle. Le donne e gli uomini sono così cambiati dalla loro comparsa? Ecco perché ho utilizzato la parola nuova «ominiscenza». Cosa avviene quando sopravvengono trasformazioni così decisive? Riesaminando una dopo l'altra e nei dettagli le suddette diverse componenti di questi cambiamenti, si comprende perché di recente sono entrati in crisi la produzione agricola e la circolazione dei suoi prodotti, l'insegnamento, l'Università, cioè la trasmissione del sapere e delle tradizioni, l'esercito, la guerra stessa e il terrorismo, gli ospedali, il diritto, il legame sociale, le città, le religioni... In altre parole, piuttosto che parlare soltanto del recente disastro finanziario, la cui importanza, rumorosamente annunciata, deriva dal fatto che il denaro e l'economia si sono impadroniti di tutti i poteri, dei media e dei governi, meglio sarebbe assumere l'esperienza, evidente e globale, che l'insieme delle nostre istituzioni conosce ormai una crisi che supera di gran lunga la portata della storia comune.
Dite ora che cosa
non
è in crisi!
Eventi contemporanei Esattamente il decennio del quale ho appena parlato visse tre piccoli corrugamenti quasi impercettibili sulla superficie liscia della storia: tra il 1960 e il 1965, esplosero, in Francia, dalla Bretagna all'Aveyron e dall'Alsazia ai Pirenei, rivoluzioni contadine in cui, circostanza ormai rara, si contarono una dozzina di morti; a Roma, tra il 1962 e il 1965 si tenne il Concilio Vaticano II, che con il suo aggiornamento, inquietò — voglio dire perturbò — la religione più diffusa al mondo, la Chiesa cattolica; infine, nel 1968, sull'intero pianeta proruppero dei movimenti studenteschi mentre la bomba atomica diventava nucleare. Questi tre eventi designavano, a mio parere, una placca tettonica; erano la reazione ai cambiamenti di ominiscenza descritti dalla lista precedente. Pochi analisti riconobbero la loro portata, poiché tutti ragionano in termini di economia o di politica. Essi toccavano tuttavia ciò che vi è, forse, di più durevole e di più profondo nelle nostre tradizioni e nelle nostre culture: il religioso, scientifico o culturale, il militare, l'economico, ovvero le classi enunciate tempo fa da Georges Dumézil: sacerdoti e chierici, guerrieri, produttori. Ritornerò su questa triade in cui era suddivisa, da migliaia di anni, l'area indoeuropea. [...] Con tutto ciò, le istituzioni ancora dominanti, bruscamente invecchiate come i dinosauri di un tempo, si rifugiano nella droga dello spettacolo. Pane, certo, economia, potere d'acquisto, disoccupazione..., pane, certo, ma soprattutto giochi, per far dimenticare il pane: giochi televisivi, radiofonici, sportivi o elettorali. Assistiamo, desolati, alla distribuzione continua della droga degli spettacoli di tutti i generi. Occidentale, tossicomane. | << | < | > | >> |Pagina 41Per evitare di trattare le questioni vere, così difficili, la nostra società si rifugia, come si sa, nella rappresentazione e nello spettacolo: del terrore, della pietà, da una parte, con morti e cadaveri, per riempire di reale e di peso ripetizioni vane; del pane e dei giochi, dall'altra, per suscitare interesse. Essa si droga allora con la domanda: chi vincerà? Ripetuta senza posa, questa domanda lancia e promette un tempo allettante, quello di una sospensione che ricomincia sempre. Chi vincerà, alle elezioni, alla migliore vendita, al calcio, al medagliere dei giochi...? Attesa curiosa di un esito che tuttavia tutti conoscono prima: vince sempre il più ricco, ai giochi olimpici come nel calcio e alle elezioni.| << | < | > | >> |Pagina 623. Il sapere e le condotteL'avvenire delle scienze Riprendo la questione di poco fa: chi parlerà in nome della Biogea? Coloro che la conoscono e le hanno dedicato la vita. Ritorno alle tre funzioni. Il potere, oggi, si sta per distaccare dalla vecchia triade dei sacerdoti, dei soldati e dei produttori di ricchezze? E in questo caso, chi rimpiazzerà i tre corpi di aristocratici che hanno amministrato di volta in volta, e talora in combutta, l'area indoeuropea a partire dal neolitico? Poiché non vedo chiaramente il labbro a valle della faglia, non so rispondere a questa domanda. Ma azzardo un'altra ipotesi, che padroneggio tanto poco quanto la precedente. All'inizio di questa esposizione ho trascurato di sottolineare che i sei grandi sconvolgimenti citati provengono tutti, senza eccezione, dalla ricerca scientifica e dalle sue applicazioni: agronomia, medicina, farmacia, biochimica, fisica nucleare, scienze della Vita e della Terra... Gli scienziati hanno quindi già dimostrato di poter trasformare la faccia del mondo e la casa degli uomini. Che ci sia stato bisogno di relé, di condizioni politiche o economiche per realizzare queste imprese, è innegabile, ma lo scatto iniziale spetta incontestabilmente agli inventori, di sicuro con effetti che ricadono sulla causa. Senza le loro scoperte, non ci sarebbe stata nessun'età contemporanea. Inoltre, e contrariamente alle industrie e alle istanze finanziarie, solo la scienza ha l'intuizione e la preoccupazione del lungo termine e solo il lungo termine, a volte anche quello molto lungo, ci può far prendere conoscenza del contemporaneo e aiutarci nella previsione. Spero che questo libro lo mostri. Infine, chiedo che mi si proponga anche un solo esempio di un problema cruciale attuale, di un programma o di un'inquietudine futuri, che, da vicino o da lontano, non riguardino il sapere. Possiamo pensare qualche progetto in cui esso non figuri? I soli paesi emergenti che oggi si tirano fuori dalla miseria sono quelli che da vent'anni seguono una politica audace di formazione, ricerca e insegnamento. | << | < | > | >> |Pagina 70Questo immenso vantaggio, questa distanza e questo divario, dovuti all'asimmetria di questo accoppiamento, sono giunti al termine, perché vanno verso il disastro. Incorriamo nella vendetta delle cose del mondo – aria, mare, clima e specie – meno passive di quanto noi crediamo, meno oggettive di quanto noi vogliamo, meno serve di quanto noi sogniamo. Instabile, la situazione minaccia di capovolgersi. Il vecchio servo potrebbe presto diventare il padrone del padrone, altro gioco a due molto pericoloso.Dobbiamo dunque realizzare, a partire da oggi, un nuovo accoppiamento, quello che insegnano le scienze della Vita e della Terra. Viviamo, esse dicono, come viventi la cui vita, legata alla Terra, resta condizionata, ovvero determinata dalle leggi della Terra e da quelle della vita.
La nostra regalità vacilla. Dobbiamo spartirla.
Stiamo diventando democratici? Credo anche che
la lingua, così sovrana, della nostra antica ragione
vacilli davanti alla voce multiformemente dispersa delle cose del mondo. Stiamo
diventando realisti? Vedo anche che il favore popolare propende
già verso quel sapere, più vicino, più concreto, più
carnale, più umile anche. Siamo finalmente sul
punto di condividere la competenza?
Ripresa: universalità delle quattro operazioni Come può così disfarsi l'antico accoppiamento asimmetrico, molto duro? Grazie a una seconda evidenza che queste stesse scienze ci insegnano: le cose della Terra e della vita – esse dicono – codificate come noi, sanno e possono ricevere informazione, emetterne, immagazzinarla, trattarla. Queste quattro operazioni, già più volte citate ma riprese qui perché niente, oggi, mi sembra più importante che meditare sul loro carattere dolce, specificano tutte le cose del mondo, senza eccezione, noi compresi. Questa quadruplice impresa non ci indica come soggetti né le designa come oggetti. Così come noi comunichiamo, intendiamo e parliamo, scriviamo e leggiamo, sia le cose inerti che quelle viventi emettono e ricevono informazione, la conservano e la trattano. Eccoci all'uguaglianza. Asimmetrica e parassita, la vecchia divisione soggetto-oggetto non ha più motivo d'essere; ogni soggetto diventa oggetto; ogni oggetto diventa soggetto. Tutta la conoscenza cambia la pratica, il lavoro, la condotta. | << | < | > | >> |Pagina 73Scienze facili e difficiliLingua delle scienze facili, la matematica esprime e spiega i fatti sui quali abbiamo poca informazione, talvolta addirittura nessuna, l'apice dell'astratto identificandosi con questo zero. Figlia o sorella delle matematiche, l'informatica descrive i fatti in cui l'informazione, pletorica, sovrabbonda; ho già parlato di dettagli debordanti da tutte le parti. Il nuovo centro annuncia anche l'emergere di ciò che chiamerò volentieri le scienze difficili. Facili, le antiche, perché trattavano oggetti innanzitutto minuziosamente ritagliati, dunque definiti e locali, per essere esaminati secondo modelli padroneggiabili in laboratorio. Scienze razionali, a spese ridotte. Difficili, le nuove, perché entrano invece nella realtà dei legami che uniscono le cose tra di loro e le scienze che parlano delle cose tra di loro. Tutte cose causate causanti e codificate codificanti. Difficili certo, ma tuttavia accessibili, perché dettagliate, concrete, vicine e che godono facilmente del favore di tutti. Per irraggiamento da questa nuova palla, tutte le scienze, più o meno, si mettono allora a somigliare all'ecologia, questo sapere di inestricabile difficoltà perché unisce contemporaneamente l'insieme dei viventi, noi compresi, conoscente e conosciuto, all'insieme delle condizioni inerti della loro vita comune e all'insieme dei saperi che si occupano di essi, dalla matematica più astratta alle osservazioni più minute. L'ecologia non taglia niente, essa associa, allea, federa, entra nel dettaglio e disegna i paesaggi: le sue carte se ne avvicinano tanto che somigliano loro. Più generalmente, oggi le scienze descrivono in dettaglio i paesaggi del mondo.
Inquietudine impertinente: quanti dei sedicenti ecologisti politici
conoscono un minimo di vera ecologia? Ridendo, propongo di aprire piccoli stage
in cui essi, accovacciati sull'erba, imparerebbero.
Le SciViTe coprono anche le scienze umane Irraggiandosi intorno, le scienze della Vita e della Terra riprendono e rinnovano le scienze umane. Anche le scienze cognitive, tra le altre, ne beneficiano. Eccoci, finalmente, alla conclusione del ragionamento: come pensare ormai la politica, il diritto, l'economia, come costruire una sociologia, senza riferimento alla nostra immersione negli elementi e nei viventi della Biogea? Il vecchio passaggio a Nord-Ovest, attraverso il quale si transitava dalle scienze dure alle dolci, somiglia oggi a un'operazione di ricoprimento. Le scienze umane e sociali divengono una sorta di sottosezione delle scienze della Vita e della Terra. E reciprocamente. Abitiamo la Biogea. | << | < | > | >> |Pagina 81Epilogo
Come uscire dalla crisi?
Ma come evitare che essi diventino, a loro
volta, un'aristocrazia analoga a quelle che, sotto
maschere diverse e spesso menzognere, hanno
governato i popoli di ogni tempo, clero, nobiltà,
detentori di denaro o di competenza?
Interventi e accesso Non dubito che la nuova casa, descritta poco fa, lo impedisca. Il nuovo spazio delle vicinanze nel quale abitiamo rende possibile contattare con il cellulare tutti sia a casa che in viaggio; ci permette di arrivare con il GPS in ogni luogo, anche se non sappiamo andarci; infine, con i motori di ricerca, ci consente di accedere a ogni informazione, anche se l'ignoriamo, in particolare a qualsiasi testo in qualsiasi lingua, non appena il corpus mondiale sarà digitalizzato. Questa universalità dell'accesso può fondare, per noi, laici, viaggiatori, ignoranti, inesperti, poveri o miserabili, una vera democrazia, mentre tutta la gerarchia precedente si fondava sull'esclusività dell'informazione e di tutti gli altri beni rari: sacramenti, regole del diritto, genealogia delle famiglie, maneggio delle armi, competenza e abilità manuale, fonti di ricchezza e di approvvigionamento, sementi, specie viventi, proprietà, segreti di pratiche e di teoria... La gerarchia è questo furto. Tutto al contrario, la democrazia è all'inizio il risultato della rivelazione dei misteri; in seguito della divulgazione dei segreti; infine della volgarizzazione universale. Questo rovesciamento della competenza permette di rendere uguali le relazioni tra insegnante e studenti, per esempio, come anche quelle tra medico e pazienti, in breve, ogni rapporto in cui un'informazione, non interattiva, asimmetrica e quindi ingiusta, si è potuta trasformare in potere. Oggi, paradossalmente, la più bella miniera d'oro risiede nei dati, detti data, cioè donati: disposizione di tutti e condivisi. Questo accesso universale cambia la natura stessa del potere.
Mi piacerebbe scrivere delle leggi antitrust che vietassero la
ricostituzione, in segreto, di quei piccoli capitali di segreti il
cui tesoro, detenuto, permette di asservire gli umani, detenuti. La libertà è
l'accesso.
|