Copertina
Autore Claire Shipman
CoautoreKatty Kay
Titolo Womenomics
EdizioneCairo, Milano, 2010, Extra , pag. 304, cop.fle., dim. 15,2x21x2,2 cm , Isbn 978-88-6052-270-2
OriginaleWomenomics [2009]
TraduttoreValeria Galassi
LettoreElisabetta Cavalli, 2010
Classe psicologia , economia , femminismo , lavoro
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice


Introduzione                                         11

Uno     Womenomics per principianti                  31

Due     Cosa vogliamo davvero                        57

Tre     Ridefinire il successo:                      84
        è tutto nella vostra mente

Quattro Addio sensi di colpa (e benvenuti «no»)     121

Cinque  La «strategia della volpe»:                 157
        lavorate meglio, non di più

Sei     Valore aggiunto: ridefinite il vostro       185
        valore, valorizzate il vostro tempo

Sette   Nove regole per negoziare il nirvana:       219
        come cambiare l'accordo di lavoro

Otto    Il mondo secondo la Womenomics              261

Epilogo                                             285
Note finali                                         295
Ringraziamenti                                      299


 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 11

Introduzione



Erin preme il tasto «Invio» sull'ultima mail della giornata, distende le gambe e dà un'occhiata all'orologio. Si sente invadere da un'ondata di sollievo, felice di ciò che l'aspetta. È perfettamente in orario rispetto alla tabella di marcia: mezz'ora per mettere via le sue cose, afferrare una Diet Coke e trovarsi all'allenamento di baseball di suo figlio alle quattro in punto. Si gode moltissimo i pomeriggi insieme a lui, tanto che il giovedì arriva in ufficio alle sette del mattino per essere sicura di uscire in tempo. E poi spesso finisce il lavoro la sera, da casa. Un po' di straordinario, ma ne vale la pena, pensa riordinando le carte. Il capo dice che lui non ha niente in contrario, purché succeda una sola volta alla settimana. Erin si porta la mano alla fronte: aveva l'aria contrariata, qualche giorno fa, quando gli ha ricordato che sarebbe mancata a una riunione del pomeriggio? No, dev'essere stata la sua immaginazione. Ha un lavoro meraviglioso, lo svolge in modo brillante e la sua carriera è in ascesa. Certo, dovrà subire le sopracciglia alzate dei colleghi mentre si dirige verso l'uscita con la cartella, segno evidente che la sua giornata finisce qui. Mentre afferra le chiavi, avverte una leggera tensione alle spalle.

Un'ombra si allunga sulla scrivania. Il suo capo, Michael, un cinquantaduenne simpatico ma esigente nonché personalità di punta dell'azienda, ha qualcosa in mano. Il terrore le attanaglia lo stomaco allorché il fascicolo azzurro atterra sulla scrivania. «Erin» le dice in tono secco, incalzante, addirittura esaltato. «Ci è stata appena richiesta una proposta per il contratto Clearwater. Potresti dargli un'occhiata veloce e farmi sapere cosa ne pensi?» Erin lo fissa a occhi sgranati, paralizzata dalla frustrazione, mentre la sua mente precipita nella familiare, raffinata tortura che affligge le madri: immaginare la sofferenza di un figlio deluso. Può rispondere di no? Ed ecco che di colpo entra in scena il suo ego. Il contratto Clearwater: lo conosce a menadito. È il genere di lavoro che le fa scorrere l'adrenalina nelle vene e darebbe ulteriore lustro alla sua reputazione. Allora perché le sembra di non avere scelta? Sarebbe semplicissimo dargli una scorsa tra qualche ora e riferire il suo parere a Michael via e-mail, ma che impressione farebbe un simile comportamento? Disinteresse? Menefreghismo? Comincia a sentirsi male fisicamente, inondata dalla nota scarica di ormoni dello stress. Perché si sente così in colpa, così impotente, così in trappola?


Erin potrebbe chiamarsi Mary, Andrea o Karen, ed essere un'agente di commercio, un medico, una ragioniera. Potrebbe vivere a Houston, Minneapolis o New York. E quell'impegno nei confronti di suo figlio potrebbe essere invece una visita al padre anziano, un allenamento in vista di una maratona o anche un'uscita con le amiche programmata da tempo.

Erin era noi due, che scriviamo questo libro. Ed è probabilmente voi, che lo state leggendo. Ma non deve esserlo per forza, non più.

Per anni noi due ci siamo scambiate le nostre versioni personali dell'esperienza di Erin, dapprima furtivamente, finché non ci è apparso chiaro che avevamo una sensibilità simile alla sua: ci preoccupavamo per qualsiasi comportamento che potesse essere interpretato come mancanza di ambizione, per ogni iniziativa nel lavoro che non mirasse dritto al vertice, nel timore di non essere professionalmente corrette. E così, in un ironico rovesciamento della vecchia rete di sostegno maschile, ci scambiavamo consigli su come rifiutare posti di lavoro favolosi ed evitare promozioni allettanti che avrebbero potuto sovvertire il tanto sospirato equilibrio delle nostre vite quotidiane.

Quanto più parlavamo, e leggevamo, e ci consultavamo, tanto più ci rendevamo conto di essere alle prese con qualcosa che andava al di là della nostra esperienza personale. Abbiamo scoperto di trovarci alle porte di una vera e propria rivoluzione lavorativa. Una rivoluzione, fortunatamente per tutte noi, che si adatta a qualsiasi congiuntura economica. E i tempi difficili che stiamo vivendo spingono ancora di più in direzione di tale cambiamento.

Qualche dato di fatto: la stragrande maggioranza delle donne non vede l'ora di dare un calcio a quella maledetta scala gerarchica aziendale, di porre fine alla corsa a ostacoli quotidiana che dura dalle otto del mattino fino a sera, e al contempo di poter contare su una posizione solida in azienda. Ne abbiamo abbastanza di settimane lavorative da cinquanta o sessanta ore, di ferìe che non riusciamo mai a prenderci, degli slalom tra un impegno e l'altro a velocità da capogiro. Sappiamo che la soluzione non sta nell'allungare l'orario d'asilo o nell'assumere una baby-sitter a tempo pieno, né nel chiedere ai nostri mariti di restare a casa. Perché siamo noi che vogliamo più tempo: per i nostri figli, i genitori, la comunità, noi stesse.

In larga parte le donne in possesso di un'istruzione non vorrebbero smettere di lavorare nemmeno se potessero. Vogliamo usare il cervello ed essere professionalmente produttive, senza per questo minacciare di lacerare il tessuto della nostra famiglia o della nostra vita al di fuori del posto di lavoro. Dobbiamo rallentare il ritmo, anzi, vogliamo farlo: prenderci un momento per ringraziare la cassiera del negozio di alimentari, concederci qualche battuta spiritosa con i vicini di casa, comparire di tanto in tanto alle lezioni di danza o andare a vedere un film con un'amica. Vogliamo vivere appieno la nostra esistenza.

E francamente, lo stesso desiderio vale per la nostra vita lavorativa. Ci piacerebbe passare il tempo in ufficio impegnate in attività costruttive e appaganti, e in interazioni adulte con i colleghi, incentrate sui risultati. Ne abbiamo abbastanza di preoccuparci di timbrare il cartellino o di fare il gioco dei maschi, sapendo che tutti guardano l'orologio e ci prendono il tempo in una gara a chi osserva l'orario più lungo.

La situazione è così sconfortante che la maggior parte di noi, se interrogata, opterebbe per una riduzione delle responsabilità. Baratteremmo mansioni, titoli e persino un aumento di stipendio in cambio di tempo, libertà, armonia. Non ci sfiora nemmeno l'idea di lasciare il lavoro, ma il tempo è diventato la nostra vera moneta di scambio. L'87 per cento delle donne, secondo una statistica recente, dichiara di volere un «equilibrio di vita migliore» o, diremmo noi, un equilibrio mentale migliore sul lavoro. (E chissà se l'altro 13 per cento è sincero...)

Oggi la questione ha addirittura il suo paladino alla Casa Bianca. «C'è un senso di colpa onnipresente» ha dichiarato Michelle Obama in un'intervista a Claire durante la campagna elettorale del marito. «Un senso di colpa che perseguita le donne e le mamme che lavorano, qualunque cosa decidano di fare.» La First Lady vuole puntare i riflettori nazionali sugli equilibrismi che molte di noi, come lei stessa sa bene, sono costrette a compiere.

Orgoglio della sua famiglia operaia, Michelle si è diplomata a pieni voti a Princeton insieme al fratello, dopodiché ha continuato gli studi di diritto a Harvard. Prima che suo marito diventasse presidente, Mrs. Obama era nel pieno di una brillante carriera, ma dopo la nascita delle figlie aveva stabilito che la sua priorità era crescerle, e lo aveva confermato con le sue scelte professionali, preferendo la flessibilità alle promozioni. «Qualunque decisione tu prenda in qualsiasi momento» ha concluso con una scrollata di capo «senti che avresti dovuto comunque fare di più.»

Per quanto sia molto confortante sapere di non essere sole nella nostra angoscia, ci sentiremmo ancora meglio se scoprissimo che questa tortura squisitamente femminile non dovrà più toccare né a noi, né a nessun'altra donna. Perché? Perché la trasformazione che si prepara è immensa: in questo preciso momento storico sono schierate forze ingenti, volte a creare un profondo sovvertimento nel mondo del lavoro.

Un altro dato di fatto: le donne sono in cima alla lista delle persone più richieste dalle aziende.

Siamo pronte a scommettere che non avete idea di quanto siate essenziali. (Naturalmente informazioni del genere non vengono divulgate alle masse: ci conferirebbero troppo potere.) Una miniera di nuovi, sorprendenti dati economici dimostra chiaramente che abbiamo un'influenza mai posseduta prima. E i dati sono essenziali, perché non otterremo mai nulla dal mondo del lavoro solo desiderandolo: dobbiamo essere preziose nel concreto per poter imporre un cambiamento. E oggi lo siamo più che mai, per una ragione semplicissima: le aziende con donne ai vertici fanno più soldi! Questo è quanto.

Il mondo del lavoro sta cambiando in direzioni che richiedono più cervello che muscoli, e il nostro stile manageriale poliedrico e costruttivo è richiestissimo. Ancora una volta, non si tratta solo di una chimera: basta dare un'occhiata alle statistiche per rendersi conto che è un'affermazione fondata. Siamo abili nel multitasking, risolviamo i problemi usando la parte destra del cervello, il che ci aiuta a prendere ottime decisioni strategiche. E le aziende adesso capiscono che l'opinione di una donna in merito ai prodotti è cruciale dato che, come è risaputo, siamo noi a occuparci della maggior parte degli acquisti per la famiglia. Aggiungete il fatto che tra noi ci sono più laureate che tra gli uomini e che sta per verificarsi una penuria di talenti, specie per ciò che riguarda i lavoratori con questo titolo di studio, ed è facile sommare due più due. Siamo all'apice del successo e aiutate dal fatto che le generazioni più giovani e smaliziate stanno soffiando sul fuoco, chiedendo più libertà di quanto noi avessimo mai osato.

«Credo che oggi le donne siano le protagoniste, soprattutto quelle delle generazioni X e Y» concorda Meg Whitman, ex amministratore delegato di eBay nonché acuta osservatrice dei business trends. «È indubbiamente in atto un drastico cambiamento nelle forze e nei luoghi di lavoro.»


Un ulteriore dato di fatto: Tutto questo non è solo utile, in un momento di recessione, ma addirittura essenziale. Ci è stato ripetuto più e più volte che possedere talenti preziosi è fondamentale nei periodi di crisi economica, così come lo è il bisogno di far sentire a proprio agio i dipendenti.

«In tempi come questi, credere di avere il controllo del proprio tempo e nutrire fiducia nella filosofia della propria azienda risolleva il morale delle persone» dice Cynthia Trudell, vicepresidente e direttore del personale della PepsiCo. «E ricordate che ci vuole il meglio, occorre poter contare sulle menti più brillanti nei momenti di crisi.»

Dunque, cosa succede mettendo insieme questi commenti entusiastici sulle donne e il fatto che la maggior parte di noi vuole evitare quella truce, robotica scalata verso una gelida vetta? La ricetta per una macrotendenza che si chiama:


Womenomics s.f. 1. Potere. 2. Un movimento che vi farà ottenere la vita lavorativa che davvero desiderate. 3. La poderosa collisione tra due realtà semplici: la maggioranza delle donne chiede nuove regole di ingaggio nel momento stesso in cui sono diventate le figure più richieste nel mondo del lavoro.


Grazie all'entusiasmante nuovo mondo della Womenomics, noi professioniste possiamo finalmente ottenere ciò che vogliamo. Possiamo trasformare radicalmente il nostro modo di lavorare e ridefinire il successo alle nostre condizioni. E questa volta non si tratta di lavorare di più per meno soldi, grazie a un qualche orario pseudoflessibile. Questa è un'altra storia.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 55

Notizie utili

1. Le aziende che assumono più donne fanno più soldi: è documentato.

2. Il vostro punto di vista e il vostro stile di management sono altamente richiesti.

3. Siccome siamo noi a effettuare la maggior parte degli acquisti, le aziende sanno di avere bisogno di noi per le vendite.

4. Si profila all'orizzonte una penuria di talenti, e le donne rappresentano più della metà della forza lavoro istruita.

5. Poiché perdere professioniste con anni di esperienza costa parecchio, le imprese scenderanno a compromessi.

6. Durante una recessione, le imprese cercano soluzioni creative per tagliare i costi senza allontanare dal lavoro troppe persone. Questo potrebbe essere il momento migliore per negoziare.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 59

Il buonsenso nel DNA

È un vero peccato che la scrittrice femminista francese Simone de Beauvoir non abbia potuto conoscere i risultati delle scansioni cerebrali. «Donna non si nasce, lo si diventa» dichiarò coraggiosamente nel 1949; e affermando che il nostro lato più maschile ci fosse stato strappato via dalla società, riteneva di difendere il suo sesso. Sul fatto che noi donne siamo state private del potere per la maggior parte della nostra esistenza aveva ragione, ma in merito al dibattito «natura contro cultura» la sua posizione era sbagliata. Sessant'anni dopo sappiamo che l'opposizione tra Marte e Venere esiste sin dalla nascita, e oggigiorno, secondo quanto attesta la ricerca scientifica, sembra proprio che Venere stia avendo la meglio. Certamente si tratta di questioni ancora politicamente delicate: il presidente di Harvard è stato aspramente criticato per le sue considerazioni sul fatto che le donne potrebbero avere punti di forza diversi. Noi non crediamo di poter venire attaccate, perché non affermiamo che siamo diverse, bensì migliori!

Abbiamo infatti evidenziato un dato nel quale gli intrepidi ricercatori del Family and Work Institute continuavano a imbattersi, nel corso delle numerose ricerche condotte sulle esigenze dei datori di lavoro. Noi donne viviamo il lavoro in maniera diversissima dagli uomini: pensiamo al futuro e cerchiamo di prevedere le conseguenze. Passiamo più tempo a tracciare una mappa dell'impatto potenzialmente negativo che comporta l'assunzione di incarichi più pesanti. Ci preoccupiamo di più dell'effetto disgregante che un lavoro gravoso può sortire sui rapporti con amici e familiari. Pur sapendo di avere tra le mani qualcosa di grosso, i ricercatori non sapevano come quantificarlo con chiarezza. L'atteggiamento diverso delle donne era radicato in una diversità fisiologica o in qualcosa di meno tangibile?

Abbiamo sottoposto questa anomalia ad alcuni studiosi del cervello e abbiamo scoperto che quegli istinti femminili, quegli schemi di pensiero, sono incisi nel DNA delle donne. Il che rappresenterebbe una forma di superiorità, a detta di alcuni. «Non c'è dubbio» dice il dottor Fernando Miranda. «Le donne hanno cervelli molto più sofisticati ed evoluti.» Miranda, un neurologo che studia queste differenze, è in linea con quanto dimostrano molte delle ricerche più avanzate: le donne sono davvero in grado di usare entrambi i lati del cervello con maggiore facilità rispetto agli uomini. Gli uomini si affidano per lo più al lato sinistro, la sfera analitica. Ma la parte sinistra e quella destra, e cioè la sfera analitica e quella emotiva, sono più collegate nelle donne, il che spiega, per esempio, la nostra maggiore ambivalenza di fronte a carriere molto impegnative. Noi soppesiamo di continuo i dati forniti dalle due parti del cervello, ma è proprio questa procedura che ci rende capaci di creare consensi e fa di noi dipendenti preziose. «Preferisco di gran lunga assumere donne che uomini» confessa Miranda. «Gli uomini sono antagonisti per natura, più polemici.»

La scienza sta addirittura facendo cambiare idea alle femministe più militanti. «Per effetto degli ormoni che ricevono nell'utero, le donne non vogliono diventare bestie da soma monomaniacali, che investono tutte le loro energie in una cosa sola: il lavoro (o hobby). Nel complesso sono meno estremiste degli uomini» scrive la giornalista inglese nonché ardente femminista Rosie Boycott, ammettendo nel frattempo che queste parole le avrebbero fatto ribollire il sangue solo un decennio fa.

Conclusioni? Noi siamo costantemente in contatto con le nostre emozioni, anche quando non ce ne rendiamo conto, e agiamo di conseguenza. La struttura del nostro cervello ci rende più capaci di prevedere il futuro. Inoltre non siamo altrettanto distratte dal testosterone, l'ormone della gratificazione istantanea e del predominio, che a detta di Miranda può davvero complicare le cose, come dimostrano migliaia d'anni di storia.

Noi donne subiamo invece il pesante influsso delle secrezioni ormonali dell'ipotalamo, ovvero le misteriose sostanze che ci permettono di fiutare una tigre a dieci metri di distanza e affrontarla se minaccia i nostri piccoli o, nei termini della Womenomics, ci consente di annusare la cultura claustrofobica dell'ufficio a chilometri di distanza e di darcela a gambe se minaccia la nostra vita familiare. Comprendiamo visceralmente sin da subito che cosa rappresenta la scala gerarchica aziendale: una truce arrampicata kafkiana che potrebbe menomare i nostri rapporti. Gli uomini, neurologicamente meno abili a proiettarsi nel futuro, si concentrano con maggiore lena sul piolo successivo della loro scaletta.

Immaginate i dibattiti che Madame de Beauvoir sarebbe stata capace di intavolare con questi dati alla mano.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 107

Affrontare l'ideale femminista

Ecco un altro sorprendente tassello della sfida psicologica: come gestire il debito verso le nostre pionieristiche «madri» femministe. È un rapporto complicato, fatto di gratitudine, ammirazione, senso di colpa e anche rifiuto. Sappiamo bene che le donne di trent'anni fa combatterono duramente per ottenere «un posto al tavolo» per ognuna di noi. Tanto duramente che non sono riuscite a mollare. Hanno costruito un modello di donna uguale all'uomo, disposta a sgobbare sessanta ore la settimana senza un lamento. Hanno portato le donne in prima linea in campi diversissimi come l'economia, l'università, la politica e il giornalismo. Siamo tutte in debito con loro per quei primi, difficili passi e rivendichiamo il diritto e l'opportunità di seguirli.

Ma ciò non significa che il modo in cui lavoravano, anzi dovevano lavorare, sia giusto per la maggior parte di noi oggi. I ritmi che permisero loro di abbattere la porta della sala comando erano necessari all'epoca, ma oggi abbiamo delle alternative. Pur continuando a considerarci entrambe femministe, è un nuovo tipo di femminismo quello al quale aderiamo: un femminismo che ci permette finalmente di costruirci il nostro modello di vita, e di essere chi veramente vogliamo.

Ecco la vostra sfida, dunque: mentre tentate di effettuare cambiamenti positivi, potreste incontrare scetticismo o critiche da parte di donne più anziane, che probabilmente sono state in trincea. Oppure provate un senso di lealtà così profondo verso di loro che non volete «deluderle», o magari vi sentite legate alla scuola di pensiero femminista stile «dobbiamo essere esattamente uguali agli uomini» e lottate contro l'apparente diseguaglianza.

Qualora vi troviate in mezzo a questo ginepraio, reale o immaginario che sia, ricordate quanto segue:

• Moltissime ricerche recenti, come abbiamo visto nel secondo capitolo, arrivano alla conclusione che le donne sono programmate per un modello diverso di successo.

• Le donne adesso non solo sono nella posizione di partecipare al mondo del lavoro, ma anche di influenzarlo e di cambiarlo. A una donna dà moltissima forza l'idea non solo di sedersi a un tavolo, ma anche di trasformarne l'assetto secondo la sua prospettiva di donna. Non è anche questa una conquista del femminismo?

• Infine è naturale concentrarsi sulle donne che ci hanno preceduto, che hanno aperto la strada e che spesso sono i nostri capi. Ma dobbiamo pensare anche a un altro gruppo altrettanto importante: le giovani che vengono dopo di noi. Trovare l'audacia di scegliere la vita che vogliamo non è una mossa egoista. Anzi, come hanno dimostrato le femministe prima di noi, affrontare e superare nuove sfide in quanto donne dà alla generazione successiva un livello di scelta ulteriore e un alto grado di libertà, grazie ai quali potranno vivere esattamente la vita che desiderano.


Trasformare i costi in benefici

Vi sarete ormai rese conto che trasformare la vostra vita in modo che si adatti alle vostre vere esigenze presenta enormi vantaggi. Ma dove c'è un beneficio, naturalmente, c'è anche un prezzo da pagare. Quantificare costi e benefici è un compito difficile e strettamente personale. Se da un lato non ci è possibile snocciolare le cifre al posto vostro, possiamo però aiutarvi a guardare al problema attraverso la lente giusta. Il che riveste un'importanza cruciale, dato che il senso della Womenomics è proprio guardare il mondo in modo nuovo.

Tanto per cominciare, il concetto di cosa sia un costo o un beneficio dipende dai vostri valori. Se siete sempre a caccia di denaro, allora un aumento del 10 per cento sarà decisamente un beneficio, anche se vi costerà più ore di lavoro la settimana.

Se invece state cercando una vita completa che includa famiglia, interessi e la semplice gioia di una piccola quantità di tempo libero ogni settimana, allora la situazione apparirà un po' diversa.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 261

CAPITOLO OTTO
Il mondo secondo la Womenomics



Se per voi è arrivato il momento di cambiare, congratulazioni! Se avete dato le dimissioni, siete state allontanate o sospese dal lavoro, sappiate che il futuro sarà più roseo del passato. Forse adesso vi sentite nervose e insicure, ma le vostre prospettive, e quelle di tutte le donne che vogliono un lavoro e uno stile di vita sano, sono migliori che mai. In tutti gli Stati Uniti le aziende stanno istituendo la flessibilità come una pratica standard, il che spesso elimina la necessità di quelle penose trattative individuali. Avete avviato la vostra ricerca al momento giusto: la vita lavorativa che desiderate è a un passo da voi.

Anziché tentare di adattare un lavoro preesistente alle vostre esigenze, potrete adesso trovarne uno nuovo fatto su misura per voi: nessuna aggiustatura, niente rammendi! E, per inciso, lo stesso vale anche per voi che siete corteggiate da un'altra società o che vi state guardando intorno in cerca di qualcosa di meglio della vostra grama occupazione. In questo capitolo imparerete non solo a individuare potenziali datori di lavoro che soddisfino i vostri bisogni, ma vi indicheremo anche le aziende amiche della Womenomics. Il loro esempio sta già cambiando il mondo del lavoro.

| << |  <  |