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Io sono Kinnall Darival e
intendo dirvi tutto di me stesso.
Questa affermazione è così strana,
per me, che vederla scritta mi
colpisce come un brivido.
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Noim, Halum ed io nascemmo
nella stessa settimana e mio padre
stesso celebrò la cerimonia del
legame. ...
Un legame di questo tipo ci
permette di sfuggire un poco alla
terribile solitudine nella quale
noi di Borthan siamo costretti a
vivere. Tu che leggi queste pagine
devi sapere, ormai, anche se sei di
un altro pianeta, che a noi, per
costume, è proibito rivelare le
nostre anime agli altri. Parlare
troppo di se stessi, così credevano
i nostri avi, porta inevitabilmente
all'autoindulgenza,
all'autocommiserazione, alla
corruzione; perciò veniamo abituati
a provvedere da soli a noi stessi
e, affinché questa regola venga
osservata rigidamente ci si
proibisce di usare termini come
«io» e «me». Dobbiamo risolvere i
nostri problemi, se ne abbiamo,
senza farne parola, realizzare le
nostre ambizioni senza
manifestarle, perseguire i nostri
desideri in modo impersonale. Si
possono infrangere queste
severissime regole soltanto in due
casi: possiamo parlare liberamente
con i confessori, che sono
funzionari religiosi e semplici
mercenari; e, entro certi limiti,
coi nostri fratelli di legame.
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Pagina 129
Quando si è nuovi alle vie del
piacere, non è strano che al primo
indulgervi facciano seguito sensi
di colpa e rimorsi. Così fu per me.
La mattina del secondo giorno alla
villetta mi svegliai da un sonno
agitato con un tal senso di
vergogna che pregai la terra di
aprirsi per accogliermi. Che cosa
avevo fatto? Perché avevo lasciato
che Schweiz mi convincesse a fare
una cosa così sporca? Mettere a
nudo il proprio animo, "esibirsi"!
Sedere con lui tutta la notte a
dire «io» e «me» e «me» ed «io», a
congratularmi con me stesso perché
mi ero liberato dalla mano
soffocante della convenzione.
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Pagina 157
... - Berremo questo - dissi, e
quando mi chiese perché, risposi: -
Ci avvicinerà di più l'uno
all'altra. - Chiese senza troppa
curiosità, che effetto ci avrebbe
fatto. - Rivelerà le nostre anime e
renderà le mura trasparenti -
spiegai. Non protestò, non parlò
del Comandamento, non tirò in ballo
la "privacy", non fece prediche
sull'indegnità del rivelare la
propria anima. Fece quel che le
dicevo, convinta che non le avrei
fatto del male. Prendemmo la dose e
poi ci sdraiammo nudi sul suo
divano aspettando che cominciassero
gli effetti della droga. Accarezzai
le sue cosce fresche, le baciai i
capezzoli, le mordicchiai
scherzosamente i lobi delle
orecchie. Ben presto le strane
sensazioni incominciarono, il
ronzio, il frusciare dell'aria,
cominciammo ad individuare i
battiti del cuore e le pulsazioni
dell'altro. - Oh! - fece, - oh, ci
si sente così strani! - Ma non si
spaventò. Le nostre anime
fluttuarono e si fusero nella
chiara luce bianca che veniva dal
Centro di Tutte le Cose. E io
scoprii cosa si prova ad avere
soltanto una fessura tra le cosce,
e imparai come si scuotono le
spalle, e si hanno seni pesanti che
sbattono insieme, sentii le uova
pulsare impazienti nelle mie ovaie.
All'apice del viaggio, unimmo i
nostri corpi. Sentii la "mia" verga
scivolare nella "mia" caverna.
Sentii me stesso muovermi contro me
stesso, sentii la lenta succhiante
oceanica marea dell'estasi levarsi
dal mio scuro, caldo, umido centro
intimo, sentii il caldo pungente
solletichio dell'estasi imminente
danzare sul mio organo, sentii lo
scudo duro e peloso del mio petto
schiacciarsi contro le tenere
rotondità del mio seno, sentii
labbra sulle mie labbra, lingua
sulla mia lingua, l'anima sulla mia
anima. L'unione dei nostri corpi
durò delle ore, così mi parve, per
lo meno. E per tutto quel tempo la
mia anima rimase aperta per lei e
lei poteva vedere tutto quel che
voleva, la mia fanciullezza a
Salla, la mia fuga a Glin, il mio
matrimonio, l'amore che portavo
alla mia sorella di legame, la mia
debolezza, le mie incoerenze. Io
guardai dentro di lei e vidi la sua
dolcezza, la sua leggerezza, il
sangue di altre mestruazioni,
Kinnall Darival quale lei lo aveva
dentro di sé, vaghi e informi
rudimenti del Comandamento e ancora
tutto quel che formava la sua
anima. Poi fummo trascinati via
dall'uragano dei nostri sensi.
Sentii il suo orgasmo e il mio, il
mio e il mio, il suo e il suo, la
doppia e unica colonna di frenesia,
lo spasmo e l'emissione, lo
spingere e lo spingere, il salire e
il discendere. Giacemmo sudati,
appiccicaticci ed esausti, mentre
la droga ancora palpitava nelle
nostre menti estenuate. Aprii gli
occhi e vidi i suoi, vitrei, con le
pupille dilatate. Mi rivolse un
sorriso strano. - Io - io - io - io
- io - disse. - Io! - Era
stupefatta, stordita. - IO! - Io! -
Io!
Piantai un bacio tra i suoi
seni e sentii lo sfiorare delle mie
stesse labbra. - Io ti amo - dissi.
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