Copertina
Autore Jeffrey M. Smith
Titolo L'inganno a tavola
SottotitoloLe bugie delle industrie e dei governi sulla sicurezza dei cibi geneticamente modificati
EdizioneNuovi Mondi Media, Ozzano dell'Emilia, 2004, , pag. 224, cop.fle., dim. 173x209x15 mm , Isbn 978-88-89091-03-6
OriginaleSeeds of Deception. Exposing Industry and Government Lies about the Safety of the Genetically Engineered Foods You're Eating [2003]
TraduttoreDaniela Conti, Eva Milan
LettoreElisabetta Cavalli, 2004
Classe alimentazione , scienze tecniche , ecologia , salute
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Indice

Dai semi dell'inganno ai semi della libertà           9
prefazione all'edizione italiana di Vandana Shiva

Prefazione                                           12
di Frances Moore Lappè                               12
di Arran Stephens                                    13

Introduzione                                         15

Capitolo 1
Una lezione della Vecchia Europa                     17

    Il primo shock
    Patate bollenti
    Le splosione nei media
    Volano le frecce, nessun riparo
    Una via d'uscita
    La battaglia dell'opinione pubblica
    La scienza nell'interesse delle multinazionali
    La Royal Society di nuovo all'attacco
    Studi di follw up... mai condotti
    La pista del denaro

Capitolo 2
Cosa potrebbe andare storto? Un elenco parziale      45

    L'ingegneria genetica non è un'estensione
        degli incroci naturali
    L'ingegneria genetica si basa su un modello
        obsoleto
    Un caso esemplare: la soia Roundup Ready
    Valutazione della sicurezza?

Capitolo 3
Latte Versato                                        66

    Valutiamo la valutazione dell'FDA
    Ormoni nel nostro latte
    Il fattore di crescita insulino-simile
        (somatomedina C)
    La reazione del mondo alle rivelazioni canadesi
    L'influenza delle multinazionali sul Governo
    Fiumi di latte

Capitolo 4
Epidemia Mortale                                     86

    L'origine dell'epidemia
    L'allarme biotech
    Il gioco delle colpe
    La tesi basata sui casi pre-epidemia
    Casi precedenti mal diagnosticati
    Qualcuno non collaborava
    L'FDA al banco dei testimoni
    In base alle attuale regolamentazioni
        l'L-Triptofano sarebbe approvato

Capitolo 5
Il governo dell'industria, per l'industria          100

    Scienze politiche dell'FDA
    Pomodori marci
    Impegni incrociati e problemi di personale
    La misteriosa patata bollente che muta
    Dati completi e accurati
    Metodi di influenza
    Moderato dissenso tra le file
    Dove sono arrivati con l'appoggio del Governo?

Capitolo 6
Giocando d'azzardo con le allergie                  121

    Trasferimento di allergeni
    Lo shock dello StarLink
    Il fantomatico test allergologico
    Le altre colture Bt possono causare allergie?

Capitolo 7
Pressioni sui media                                 138

    Pressioni sulla televisione
    La repressione della stampa
    Tu dici pomodoro, io dico "non più"
    Riviste al macero
    Fermate le macchine
    La guerra delle farfalle
    La biotecnologia trova il suo testimonial ideale
    Come si occulta il problema della sicurezza
    Come si impedisce la libera scelta dei consumatori
    Pressioni sulla comunità scientifica

Capitolo 8
Cambiamo la dieta                                   171

    Cibo che altera la mente
    Come evitare gli alimenti transgenici
    Olii vegetali
    Olio di colza e mitagenesi
    Derivati della soia e del mais
    Frutta e verdura
    Prodotti caseari
    Miele
    Carne e uova
    Additivi, coadiuvanti alimentari, vitamine
        ed enzimi GM
    Tabacco
    Che cosa significa l'etichetta "non-OGM"?
    Biologico significa "non-OGM"?
    Il grande progetto: la modificazione genetica
        di tutte le fonti alimentari
    Mangiare non-GM al ristorante

Capitolo 9
Cosa possiamo fare                                  184

    Farsi sentire, Cambiare le cose
    Azioni locali
    Cosa ho scritto, cosa non ho scritto e perchè

Capitolo lO
Italia: "Liberi da OGM"                             192

di Roberto Conti, Stefano Masino e Ivan Verga

Epilogo                                             199

Postfazione                                         204
di Michael Meacher

Appendice                                           206

Nota sull'autore                                    208

Note                                                209

 

 

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Pagina 9

Dai semi dell'inganno ai semi della libertà

prefazione all'edizione italiana di Vandana Shiva


I giganti del biotech come Monsanto stanno usando l'ingegneria genetica per arrivare a controllare le nostre vite e i nostri sistemi alimentari, attraverso la menzogna e la paura. Non manipolano solo la vita, ma anche i fatti. Ed ecco finalmente in "L'inganno a tavola" abbiamo le prove di come, negli ultimi anni, le colture e i cibi transgenici siano stati imposti al mondo con la forza. Abbiamo le prove di come la propaganda abbia preso il posto della scienza, di come si siano fatti sparire i rischi mettendo a tacere gli scienziati che lavoravano sui rischi.

L'emergere di nuovi pericoli da nuove tecnologie richiede un'intensificazione della ricerca pubblica, per valutare i rischi e fornire conoscenze ai sistemi deputati al controllo della biosicurezza e della salute pubblica. Ma proprio quando la ricerca pubblica è più che mai necessaria per proteggere la salute delle popolazioni, gli scienziati indipendenti che svolgono studi indipendenti diventano novelli Galileo. Vengono allontanati dalle loro ricerche e dagli istituti in cui lavorano, sotto la pressione degli interessi di gruppi ristretti disposti a introdurre a qualunque costo sul mercato alimenti pericolosi, e impegnati a creare un'atmosfera generale in cui l'ignoranza dei rischi viene presa per garanzia di sicurezza.

Tyrene Hayes, uno scienziato dell'Università della California a Berkeley, nel suo laboratorio ha esposto giovani rane a dosi molto basse di atrazina, il diserbante più diffuso; i maschi si sono trasformati in ermafroditi, un risultato che fa pensare che l'atrazina possa essere un distruttore endocrino. Syngenta, la multinazionale che è il principale produttore di atrazina, per prima cosa ha tentato di bloccare questo studio. Quando Hayes ha continuato con fondi propri, ha provato a offrirgli 2 milioni di dollari perché proseguisse le sue ricerche "in ambiente privato". Hayes ha declinato l'offerta e ha pubblicato il proprio lavoro negli Atti della National Academy of Sciences. Syngenta ha continuato ad attaccare quello studio e a fare di tutto perché non divenisse lo strumento di politiche utili alla protezione della salute pubblica e dell'ambiente.

Arpard Pusztai era ricnnosciuto come la più grande autorità mondiale nel campo delle lectine quando lavorava al Rowett Institute di Aberdeen, in Scozia. Pusztai fu incaricato dal governo britannico di condurre una ricerca per valutare gli effetti sulla salute prodotti dalle patate geneticamente modificate. Ciò che fece fu dare da mangiare le patate transgeniche ai ratti. Ciò che trovò fu che i ratti manifestavano danni a molti tessuti e al sistema immunitario. Dopo che, con il consenso del suo istituto, ebbe reso pubblici i risultati della sua ricerca, Pusztai venne licenziato e una vasta campagna fu orchestrata per screditare il suo lavoro, campagna che vide tra i suoi protagonisti le più alte autorità dello stato. La sua casa fu svaligiata, i suoi dati e gli appunti rubati. In seguito, i risultati delle sue ricerche furono pubblicati sulla rivista Lancet.

In un altro istituto di fama mondiale, la Cornell University, John Losey ha studiato gli effetti che il mais Bt, ottenuto con l'ingegneria genetica, può avere su specie non-target. Ha alimentato larve della farfalla monarca con foglie di una comune erba di campo cosparse di polline del mais Bt. Moltissime delle larve che avevano mangiato le foglie col polline Bt sono morte, mentre le larve del gruppo di controllo nutrite con foglie spolverate di polline non geneticamente modificato sono sopravvissute tutte. Questo studio innocente ha scatenato la furia della Monsanto e della Novartis, che continuano a ripetere che le loro colture Bt, appositamente ingegnerizzate per uccidere parassiti come il "bollworm" del cotone e la piralide del mais, non hanno alcun effetto sulle specie non-target.

Uno scienziato dell'Università della California a Berkeley, Ignacio Chapela, ha scoperto che il polline del mais geneticamente modificato ha inquinato le varietà naturali che crescono in Messico, il centro mondiale della biodiversità del mais; lo studio di Chapela è apparso sulla rivista Nature nel novembre del 2001. Quel lavoro avrebbe dovuto suonare come un grosso campanello d'allarme sul fatto che l'inquinamento portato dalle piante transgeniche può contaminare la biodiversità per sempre. E invece il Bivings Group, l'agenzia che cura le pubbliche relazioni per Monsanto, ha lanciato una poderosa campagna [utilizzando soprattutto Internet] attraverso esperti che si sono spacciati per scienziati usando nomi fittizi. Gli editori di Nature, non abituati a forme di pressione così aggressive, hanno fatto qualcosa che non ha precedenti nei 133 anni di esistenza di questa rivista scientifica: hanno pubblicato una prudente lettera di parziale sconfessione del lavoro di Chapela. Le ripetute pressioni dei sostenitori del biotech hanno stroncato la carriera accademica di Chapela a Berkeley.

La strategia di manipolazione dei risultati scientifici e dei sistemi di regolamentazione messa in atto dalle multinazionali pone serie minacce all'indipendenza della scienza e alla salute pubblica. Nel 2002 Monsanto è riuscita a manipolare le autorità indiane in modo da ottenere l'autorizzazione a seminare il proprio cotone GM. Questo cotone si è rivelato un fallimento. Più di 12 ricerche indipendenti, compresi gli studi governativi, hanno dimostrato che, al posto delle 3 tonnellate per ettaro promesse, il cotone GM ha reso soltanto 400 kg per ettaro. I coltivatori, anziché veder aumentare il proprio reddito di 20.000 rupie per ettaro, hanno perso 12.800 rupie per ettaro. Questi studi sono stati ignorati. Ed invece Martin Qaim dell'università di Bonn e David Ziberman dell'università della California a Berkeley, senza aver mai neppure visto i campi degli agricoltori indiani nella stagione di questi raccolti, hanno pubblicato su Science un articolo in cui dicono che l'esperienza del cotone Bt fatta dall'India è stata positiva e che il rendimento è aumentato dell'80%. Qaim e Ziberman hanno utilizzato dati forniti loro da Monsanto-Mahyco, non hanno mai condotto una propria valutazione indipendente. In Kenia la Monsanto si è servita di Florence Wanbugo per proclamare i supposti miracoli dell'ingegneria genetica della patata dolce. Oggi la falsità di questi pretesi successi è un fatto provato. La scienza si sta riducendo a un cumulo di informazioni "delle multinazionali, dalle multinazionali, per le multinazionali". Senza libertà e indipendenza non c'è scienza, ci sono soltanto abili strategie di comunicazione e propaganda.

Desidero esprimere la più profonda stima ai molti amici coraggiosi che hanno pagato di persona l'essersi battuti in difesa della sicurezza e della libertà di noi tutti. Desidero ringraziare Jeffrey Smith per questo libro coraggioso. Sono molto lieta di presentare al pubblico italiano questo libro che, sono convinta, avrà un ruolo fondamentale nel favorire la transizione dai "semi dell'inganno" ai "semi della libertà'; libertà per gli agricoltori, libertà per i consumatori, libertà per gli scienziati e libertà per tutte le specie viventi.

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Introduzione


Il 23 maggio 2003 il presidente Bush ha avviato un'"iniziativa per mettere fine alla fame in Africa" grazie ai cibi geneticamente modificati (OGM). Inoltre ha incolpato l'Europa di ostacolare gli sforzi per debellare la fame, a causa di "paure infondate e non scientifiche". Bush era convinto che i cibi geneticamente modificati fossero la chiave per ottenere raccolti più abbondanti, per espandere le esportazioni americane e avere un mondo migliore. Una retorica, la sua, non certo nuova: è stata tramandata di presidente in presidente e passata agli americani attraverso regolari servizi giornalistici e spot pubblicitari delle industrie.

Il messaggio faceva parte di un piano molto più vasto, architettato da multinazionali decise a controllare la fornitura di cibo a livello mondiale. Lo si è capito chiaramente nel gennaio 1999, durante una conferenza dell'industria biotech, quando un rappresentante dell'Arthur Andersen Consulting Group ha spiegato come la sua compagnia avesse aiutato la Monsanto a ideare quel piano.

Per prima cosa avevano chiesto ai dirigenti Monsanto quale sarebbe stato per loro il futuro ideale in quindici o vent'anni, e questi avevano parlato di un mondo in cui il 100% delle sementi era geneticamente modificato e brevettato. La Andersen Consulting, allora, aveva lavorato a ritroso a partire da quell'obiettivo, sviluppando tattiche e strategie per raggiungerlo e quindi proponendo alla Monsanto le mosse e i sistemi necessari per conquistare una posizione dominante nell'industria sementiera, in un mondo in cui i semi naturali fossero praticamente estinti. Indispensabile al piano sarebbe stata la capacità di Monsanto di influenzare il Governo, al quale spettava il ruolo di promuovere la tecnologia a livello mondiale e di facilitare la veloce immissione degli alimenti GM sul mercato, prima che insorgesse qualche resistenza... Un esperto di biotecnologie in seguito ebbe a dichiarare: "la speranza dell'industria è che col tempo il mercato sia talmente inondato che non ci si possa più fare niente. Sarebbe, in un certo senso, una sorta di resa".

L'andamento previsto della conquista venne rivelato dal relatore di un'altra compagnia biotech, il quale mostrò grafici che valutavano, anno dopo anno, la diminuzione delle sementi naturali, stimando che entro cinque anni il 95% circa di tutti i semi sarebbe stato geneticamente modificato. Mentre alcuni membri del pubblico erano atterriti da quella che giudicarono un'arrogante e pericolosa mancanza di rispetto verso la natura, l'industria ci vide un buon affare. La loro posizione venne bene illustrata da un brano di una pubblicità della Monsanto: "vi accorgerete che non c'è molta differenza tra alimenti creati da Madre Natura e creati dall'uomo. Quello che è artificiale è la linea che li divide".

Per mettere in atto la loro strategia, le industrie biotech dovevano controllare le sementi quindi si lanciarono in una corsa all'acquisto, impossessandosi di circa il 23% delle compagnie sementiere a livello mondiale. La Monsanto raggiunse veramente la posizione dominante, conquistandosi il 91% dell'intero mercato degli alimenti transgenici. L'industria, però, non è riuscita a stare al passo con le sue previsioni nel convertire la fornitura di sementi naturali. In tutto il mondo i cittadini che non condividono la convinzione dell'industria biotech che questi alimenti siano sicuri, o migliori, non si sono "in un certo senso, arresi".

La resistenza a livello mondiale contro i cibi geneticamente modificati è sfociata in un faccia a faccia globale: le esportazioni USA di mais e soia GM sono in ribasso e neppure le nazioni africane che soffrono la fame vogliono accettare questi cereali come aiuti alimentari.

La Monsanto sta vacillando a livello finanziario e cerca disperatamente di aprire nuovi mercati. Il governo statunitense è convinto che l'ostacolo principale sia la resistenza dell'Unione Europea ed è deciso a vincerla: il 13 maggio 2003, gli Stati Uniti hanno presentato un formale ricorso all'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC o WTO), accusando l'Europa di violare gli accordi internazionali con la sua politica restrittiva sugli OGM. Il giorno del ricorso Robert Zoellick, il responsabile dell'U.S. Trade (l'Agenzia USA per il Commercio con l'Estero, NdT), ha dichiarato: "Una massa imponente di prove scientifiche dimostra che gli alimenti transgenici sono sani e sicuri". Questo è stato lo slogan delle industrie sin dall'inizio ed è il presupposto che sta alla base del loro grande piano, del ricorso al WTO e della campagna del Presidente per debellare la fame. Eppure tutto questo è falso.

I capitoli che seguono rivelano che è stata l'influenza dell'industria, non la scienza, a permettere che questi alimenti arrivassero sul mercato. Inoltre, se la massa imponente di prove scientifiche suggerisce qualcosa, è che questi cibi non avrebbero mai dovuto essere approvati: l'entità delle falsificazioni e degli insabbiamenti è sbalorditiva, esattamente quanto la vastità del piano delle multinazionali. Mentre molte delle storie contenute in questo libro svelano manovre del Governo e delle multinazionali degne di un romanzo giallo, l'impatto degli alimenti geneticamente modificati avviene a livello individuale: gran parte della popolazione dell'America settentrionale mangia OGM a ogni pasto. I prossimi capitoli non solo demoliscono la posizione degli USA secondo cui questi cibi sono sani, ma vi informeranno anche su ciò che potete fare per proteggere voi stessi e la vostra famiglia.

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Pagina 17

Capitolo 1

Una lezione dalla Vecchia Europa


Susan aprì la porta e rimase a bocca aperta nel vedere la folla di giornalisti davanti a casa. Altri si stavano precipitando fuori dalle auto verso di lei, e altre macchine e furgoncini della televisione stavano parcheggiando lungo la via.

"Lo sapete già tutti che non possiamo parlare di quello che è successo. Ci farebbero causa, e...". "Adesso potete'; la interruppe un giornalista di Channel Four Television, sventolandole davanti un foglio. "Hanno tolto il divieto. Adesso suo marito può parlare con noi".

Susan prese il foglio. "Arpad, vieni a vedere" esclamò, chiamando il marito.

Arpad Pusztai (pronuncia: Ar-pad Pus-tai), un distinto signore verso la settantina, stava già arrivando, e mentre sua moglie gli mostrava il documento, i giornalisti si intrufolarono in casa. Ma Arpad non se ne accorse neppure: stava fissando il foglio che la moglie gli aveva appena passato. Riconobbe subito la carta intestata, quella del Rowett Institute di Aberdeen, Scozia, uno dei più importanti istituti nutrizionali del mondo e suo datore di lavoro per trentacinque anni, fino a quando, sette mesi prima, era stato improvvisamente sospeso. Era lì, scritto a chiare lettere. Avevano revocato l'ordine di non fare dichiarazioni. Ora poteva parlare.

Il documento portava la data di quello stesso giorno, il 16 febbraio 1999. In effetti, meno di venti minuti prima trenta giornalisti si erano riuniti nella sala stampa del Rowett Institute e avevano assistito al discorso del direttore, il professor Phillip James, il quale in modo noncurante aveva accennato al fatto che le restrizioni imposte al dottor Pusztai nel parlare con la stampa erano decadute. Prima che James avesse terminato la frase, i giornalisti erano corsi alla porta, saltati sulle loro auto e subito diretti a casa Pusztai ad Ashley Park North, un indirizzo che conoscevano molto bene, avendo praticamente piantato le tende là fuori sette mesi prima. Ora, questi trenta giornalisti con telecamere e registratori stavano ammassati nel soggiorno dei Pusztai.

Lo scienziato lesse il documento, due volte, e non appena alzò lo sguardo i giornalisti iniziarono a tempestarlo di domande. Sorrise e respirò meglio di quanto non facesse da tanto tempo: non aveva mai smesso di sperare, e adesso finalmente aveva la possibilità di condividere quello che sapeva sui pericoli degli alimenti geneticamente modificati. La vicenda di Arpad Pusztai aveva fatto notizia in tutta Europa per mesi, mettendo in guardia i lettori su alcuni seri rischi alla salute provocati dai cibi geneticamente modificati (GM). La stampa statunitense, però, ne aveva parlato pochissimo; l'osservatorio sui media, Project Censored, lo aveva definito uno dei dieci avvenimenti più oscurati dell'anno. Infatti i maggiori media americani avevano evitato quasi completamente di affrontare il tema controverso degli organismi geneticamente modificati (OGM) fino al maggio 1999, quando si parlò di come salvare la farfalla monarca dal polline del mais GM, ma non della sicurezza alimentare per gli esseri umani.

È stato solo al momento del massiccio ritiro del mais StarLink (StarLink è un marchio registrato della multinazionale Aventis), che gli americani sono venuti a sapere che stavano mangiando cibi GM praticamente tutti i giorni; inoltre, la stampa americana fu costretta a chieder se gli alimenti transgenici fossero sicuri. Fino ad allora, i media avevano dipinto le resistenze europee alle colture transgeniche come atteggiamenti anti-americani e non scientifici ma, come rivela la vicenda di Pusztai, il sentimento europeo anti-OGM era stato alimentato, in parte, da preoccupazioni per rischi alla salute ben più gravi di quelli dovuti alle sporadiche reazioni allergiche attribuite allo StarLink.


Il primo shock

Arpad Pusztai era più che bravo nel suo lavoro: in altre professioni si sarebbe parlato eccellenza, ma nel mondo cauto ed esigente della biologia sperimentale, l'unica lode che gli veniva rivolta era "accurato". Oltre cinquant'anni di accuratezza lo avevano portato ai massimi livelli del settore. Aveva pubblicato quasi 300 articoli scientifici, aveva scritto o curato dodici libri e collaborato regolarmente con altri importanti ricercatori di tutto il mondo. Nel 1995 Arpad, sua moglie Susan, anche lei scienziata, e altri colleghi al Rowett Institute, allo Scottis Crop Research Institute e alla scuola di Biologia dell'Università di Durham ottennero dal Dipartimento Scozzese per l'Agricoltura, l'Ambiente e la Pesca un finanziamento per la ricerca da 1 milione e seicentomila sterline.

Selezionata tra più di ventisette altri aspiranti, l'équipe di scienziati coordinata da Arpad Pusztai fu scelta per sviluppare un modello di sperimentazione teso a verificare se gli alimenti geneticamente modificati potessero essere mangiati in sicurezza. I loro metodi di analisi dovevano diventare lo standard adottato in Gran Bretagna e probabilmente in tutta l'Unione Europea. Al momento del finanziamento, non era stata ancora pubblicata alcuna ricerca sulla sicurezza dei cibi geneticamente modificati e la comunità scientifica mondiale nutriva molti dubbi e preoccupazioni. Pusztai e la sua équipe vennero quindi incaricati di mettere a punto una procedura per la valutazione della sicurezza che si potesse applicare con fiducia e che fosse, naturalmente, accurata. La ricerca dell'équipe era già in corso da circa due anni quando, nell'aprile del 1998, il direttore del Rowett Institute, il professor Phillip James, entrò nell'ufficio di Pusztai e piazzò un'enorme pila di documenti sulla sua scrivania. Chiamò anche Susan, che era nell'ufficio adiacente.

Disse ai Pusztai che i ministri di tutta Europa stavano per incontrarsi a Bruxelles per votare la regolamentazione dei cibi transgenici; quei documenti erano le domande d'approvazione inoltrate dalle industrie biotech per le loro varietà di soia, mais e pomodori geneticamente modificati. Il Ministero dell'Agricoltura inglese (The British Ministry of Agriculture, Forestry and Fisheries, MAFF) avrebbe partecipato alla conferenza quindi aveva bisogno di un parere scientifico su cui fondare la sua posizione ufficiale. Il professor James, uno dei dodici scienziati che costituivano l'Advisory Committee on Novel Foods and Processes (ACNFP), l'autorità responsabile della valutazione dei cibi transgenici da immettere sul mercato inglese, si occupava delle analisi nutrizionali.

Pusztai guardò la pila di documenti. C'erano circa sei o sette cartelle, ognuna per una diversa richiesta di approvazione - circa 700 pagine in tutto che, secondo Pusztai, James e gli altri undici membri deIl'ACNFP, tutti uomini estremamente occupati, non avrebbero mai letto. Il professor James, ad esempio, faceva parte di circa altri dodici comitati del genere e interveniva regolarmente a conferenze internazionali. Era via così spesso che molte volte, quando si incontravano in corridoio, Pusztai lo salutava dicendogli: "salve, straniero". Oltretutto James e molti altri non erano scienziati attivi; erano uomini impegnati politicamente, coinvolti nella raccolta di fondi e nelle politiche della scienza. Arpad e Susan, dall'altro lato, lavoravano già da oltre due anni allo sviluppo dei metodi per l'approvazione dei cibi geneticamente modificati e, come parte della loro ricerca, stavano conducendo esperimenti su una nuova varietà di patate GM che il Dipartimento scozzese sperava di mettere in commercio. Non erano solo esperti teorici, avevano una grande esperienza pratica, quindi erano tra gli scienziati più qualificati per leggere e valutare la pila di documenti che James aveva appena portato.

"Per quando servono questi pareri al ministro?" chiese Pusztai. "Tra due ore e mezza'; rispose James. Arpad e Susan si misero subito al lavoro. Si divisero le richieste e si concentrarono sulle prove più sostanziali contenute in quei documenti: il disegno sperimentale e i dati.

Dopo aver dato un'occhiata alla prima richiesta, e poi a un'altra, Arpad Pusztai rimase sbigottito. "Come scienziato ero veramente sconvolto", dice Pusztai. "Era la prima volta che mi rendevo conto di quanto fossero inconsistenti le prove che stavano per essere presentate al Comitato. Mancavano dei dati, la ricerca era male impostata e i test erano superficiali. Nell'insieme erano prove tutt'altro che convincenti e la qualità di alcuni di quei lavori era davvero mediocre. Ripeto, fu un vero shock".

All'inizio Arpad e Susan avevano pensato che due ore e mezza sarebbero bastate per dare al Ministro solamente un parere preliminare: questo lasso di tempo, invece, risultò essere più che sufficiente a fornirgli una risposta definitiva. La ricerca presentata non era assolutamente adeguata a dimostrare che gli alimenti GM in questione fossero sicuri per essere consumati da uomini o animali. Nessuno dei richiedenti era riuscito a produrre prove sufficienti. Pusztai fece allora quella telefonata. "Consigliai al ministro, sulla base di quello che avevamo visto fino a quel momento, anche dopo un esame di appena due ore e mezza, di usare la massima cautela e di non approvare quelle richieste", ricorda Pusztai. "E allora lui disse qualcosa al telefono che trovai davvero sconvolgente: "Non so perché lei mi dica questo, il professor James ha già accettato".

Pusztai era sbalordito. Scoprì che non solo il Comitato aveva approvato gli alimenti geneticamente modificati basandosi su prove inconsistenti, ma che quelle approvazioni erano passate due anni prima: James voleva solo delle rassicurazioni scientifiche a uso del ministro. E né Pusztai, né gli altri scienziati che lavoravano in quel campo, né gli oltre 58 milioni di cittadini inglesi sapevano che da quasi due anni stavano già mangiando pomodori, soia e mais geneticamente modificati. Le approvazioni erano passate tutte in assoluta segretezza.

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Nonostante questo ridotto corpus di ricerche, i cibi geneticamente modificati fanno regolarmente parte della dieta negli Stati Uniti. Circa l'80% della soia e il 38% del mais coltivati negli Usa nel 2003, sono geneticamente modificati. I derivati di queste due colture si trovano in circa il 70% dei cibi industriali; inoltre, il 70% del cotone e oltre il 60% della colza, entrambi usati per produrre olii alimentari, sono geneticamente modificati. Circa il 75% di queste colture è stato ingegnerizzato per tollerare trattamenti con erbicidi altrimenti letali, mentre il 17% produce il proprio insetticida e l'8% è stato ingegnerizzato in modo da svolgere entrambe queste funzioni.

Esistono poi centinaia di alimenti preparati con agenti di cottura, additivi ed enzimi transgenici, così come varietà GM di meloni e papaie, e prodotti caseari di mucche a cui è stato iniettato l'ormone GM della crescita bovina. Tutti questi prodotti sono in vendita, senza etichette che attestino che si tratta di OGM. Le regolamentazioni negli Stati Uniti sono così permissive che non sono richiesti test di sicurezza prima dell'immissione sul mercato e non c'è modo di determinare se i cibi GM stiano creando gravi problemi alla salute. La gente continua ad ammalarsi, senza che sia possibile ricondurre la malattia ai cibi, ai pesticidi, all'inquinamento dell'aria o dell'acqua. Le cause rimangono sconosciute.

Secondo un articolo uscito nel marzo del 2001 sul New York Times: "il CDC [Center for Disease Control] dice che negli Usa l'alimentazione è attualmente responsabile del doppio di malattie, rispetto a quello che gli scienziati pensavano solo sette anni fa... Almeno l'80% delle malattie, collegate all'alimentazione, sono causate da virus o altri agenti patogeni che gli scienziati non riescono neppure a identificare".

I casi riportati comprendono 5.000 morti, 325.000 ricoveri in ospedale e 76 milioni di malattie all'anno. Quest'aumento corrisponde, più o meno, al periodo in cui gli americani hanno iniziato a mangiare cibi geneticamente modificati. Inoltre, l'obesità è salita alle stelle. Nel 1990 in nessuno stato USA il numero degli obesi superava il 15% della popolazione, mentre nel 2001 in un solo Stato la percentuale era inferiore a questo valore. I casi di diabete sono saliti fino al 33% dal 1990 al 1998, i casi di tumore alle vie linfatiche e molte altre malattie sono in aumento.

Esiste un collegamento con i cibi geneticamente modificati? Non abbiamo modo di saperlo, perché nessuno si è curato di accertarlo.

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Questo è il genere di scienziati che sembra essere di casa al Rowett Institute, che, secondo la PSRAST, dipende in gran parte dai profitti dell'affiliata Rowett Research Services, una società consociata che stipula contratti di ricerca con compagnie biotech, case farmaceutiche o industrie di altro tipo, e i cui proventi contribuiscono a finanziare l'istituto. Quindi il Rowett "dipende dall'industria per sopravvivere" e scienziati come Arpad Pusztai dipendono dal Rowett per la propria sopravvivenza. Infatti, gli studiosi che lavorano per un istituto di solito non possono pubblicare una ricerca senza il permesso scritto dell'istituto stesso. Per poter pubblicare il suo lavoro su Lancet, ad esempio, Pusztai dovette lavorare insieme a un collega dell'università di Aberdeen, il quale approfondì l'analisi sui ratti fatta da Pusztai. Solo allora Pusztai poté figurare come "co-autore" della sua stessa ricerca.

Quanti altri scienziati, come Arpad Pusztai, hanno scoperto problemi inaspettati con gli alimenti GM ma, in seguito a considerazioni di ordine economico, oppure di carriera, hanno scelto di non proseguire su quella strada? Perché il caso di Pusztai è venuto alla luce?

Pusztai sembra essere stato catapultato in questa disputa per via della sua integrità e buona fede; era completamente dedito a condurre l'indagine scientifica con imparzialità e precisione e pensava che tutti gli altri facessero altrettanto. Credeva fermamente nell'ingegneria genetica e, quando scoprì l'esistenza di effetti dannosi sui ratti, pensò che questi problemi si sarebbero potuti risolvere. Confidava ancora nella tecnologia anche dopo essere stato sospeso, ma con l'evolversi degli eventi iniziò a rendersi conto di quanto poco scientifico fosse diventato il business della scienza, che mette in ballo soldi, politica e carriera. Dice Pusztai: "negli ultimi quattro o cinque anni, dopo che ho iniziato a prendere questo genere di cose molto sul serio e a indagare su casi simili, mi sono molto preoccupato. I problemi con i cibi GM potrebbero essere irreversibili e le loro conseguenze effettive potrebbero manifestarsi con chiarezza solo in futuro.

La situazione è come quella dell'industria del tabacco. Sapevano che faceva male ma hanno tenuto nascoste quelle informazioni. Hanno creato false prove per dimostrare che il problema non era così grave. E invece hanno sempre saputo quanto lo fosse. Il tabacco è un problema già abbastanza grave ma la modificazione genetica, se arrivasse a causare problemi, se arrivasse a causare seri problemi alla salute, al confronto farebbe apparire una sciocchezza quelli provocati dal tabacco. La scala degli effetti della modificazione genetica e dei problemi che ci può causare è spaventosamente grande".

"Se si pregiudicano le prospettive di salute dell'umanità per questa generazione, per la prossima e per quella dopo ancora, allora penso che quelle persone dovrebbero essere considerate responsabili dei crimini che hanno commesso".

"Informare la popolazione è la cosa più importante da fare in questa tristissima vicenda, in modo che ognuno possa fare qualcosa".

Grazie all'inaspettata "popolarità", Pusztai è stato contattato da numerosi scienziati che, senza clamori, hanno descritto le loro scoperte sorprendenti, ulteriori prove contrarie alla sicurezza dei cibi GM. Alcune di queste storie sono descritte in questo libro. Altre devono rimanere segrete. Per ora.

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L'ingegneria genetica non è un'estensione degli incroci naturali


Il DNA di una specie cambia e si evolve, anche, attraverso la riproduzione sessuale. I geni del maschio e della femmina si combinano e interagiscono in molti modi, così che nella progenie si manifestano alcuni geni di ciascun genitore. Il DNA può anche mutare e, nonostante le intelligentissime molecole "riparatrici" presenti nelle cellule di molte specie il cui compito è quello di ripararlo, alcune mutazioni permangono e sono trasmesse alle generazioni seguenti.

Per secoli e secoli gli agricoltori, i giardinieri e gli allevatori di bestiame hanno intenzionalmente incrociato piante o animali nell'intento di combinare le caratteristiche che desideravano: se un tipo di riso cresce bene, ad esempio, e un altro è più gustoso, un selezionatore li può incrociare e sperare di ottenere un riso più gustoso e resistente. A volte il DNA della progenie soddisferà i desideri del selezionatore, mentre altre volte le caratteristiche non si combineranno bene: evidentemente la natura aveva altri progetti. Con l'ingegneria genetica, i costitutori di varietà dispongono di tutta una nuova serie di artifici. Invece di fare affidamento sulla specie per trasmettere i geni tramite l'accoppiamento, i biologi tagliano via il gene che interessa dal DNA di una specie, lo modificano e poi lo inseriscono direttamente nel DNA di un'altra specie. E dal momento che praticamente tutti gli organismi hanno un DNA, gli scienziati non devono limitare la fonte dei geni ai membri della stessa specie, ma possono cercare ovunque, in piante, animali, batteri, addirittura negli uomini, geni con le caratteristiche desiderate, o persino sintetizzare in laboratorio geni che non esistono in natura.

Ad esempio, un ricercatore sapeva che esisteva una specie di sogliola artica (Pleuronectes glacialis) resistente al congelamento e voleva che i suoi pomodori resistessero alle basse temperature così da non gelare. Questo ricercatore non dovette aspettare che si verificasse un improbabile accoppiamento tra il pesce e un pomodoro; individuò il gene che consente al pesce di non congelarsi e lo inserì nel DNA del pomodoro: il gene antigelo non era mai e poi mai esistito prima in un pomodoro, ma ora si trovava nelle piante del ricercatore e sarebbe stato trasmesso a tutte quelle che ne sarebbero discese in futuro.

I sostenitori delle biotecnologie ci dicono che queste tecniche non sono altro che un'estensione dell'incrocio naturale. Il portavoce della Casa Bianca, ad esempio, nel marzo del 2003 ha dichiarato che "sin dal principio dei tempi gli agricoltori hanno modificato le piante per migliorare i raccolti e creare nuove varietà resistenti ai parassiti e alle malattie... Le biotecnologie non sono altro che lo stadio di sviluppo successivo di questo antico processo."

Anche se può essere lo strumento più nuovo a disposizione dei selezionatori, molti studiosi affermano con decisione che questa tecnologia è completamente diversa e non dev'essere confusa con le tradizionali pratiche di incrocio. George Wald, premio Nobel per la medicina, già professore di biologia all'università di Harvard, ha dichiarato una volta che l'ingegneria genetica presenta alla nostra società "problemi senza precedenti, non solo nella storia della scienza, ma in quella della vita sulla terra. Questa tecnica, infatti, dà all'uomo la possibilità di ridisegnare gli organismi viventi, che sono il prodotto di circa tre miliardi di anni di evoluzione. Tale intervento non deve essere confuso con le precedenti intrusioni nell'ordine naturale degli organismi viventi, come nel caso degli incroci di piante e animali o nell'induzione artificiale di mutazioni, ad esempio con i raggi X, tutte procedure che hanno operato all'interno di specie singole o strettamente imparentate. Il fulcro della nuova tecnologia è lo spostamento di geni non solo tra specie affini, ma oltre qualsiasi confine che oggi esiste tra gli esseri viventi".

Secondo Wald, il fatto che un pesce non possa accoppiarsi con un pomodoro non è casuale, ma piuttosto è il risultato dell'evoluzione naturale della vita sulla Terra. Attraversando quella barriera antica e naturale che esiste tra le specie, gli ingegneri genetici non cambiano solo un'unica specie, ma si intromettono e interferiscono nell'evoluzione di tutte. "I risultati saranno organismi sostanzialmente nuovi, capaci di autoperpetuarsi e quindi perenni. Una volta creati non possono essere ritirati".

Wald ammonisce sul fatto che "finora gli organismi viventi si sono evoluti molto lentamente, e le nuove forme hanno avuto moltissimo tempo per stabilizzarsi. Ora, in una sola notte, intere proteine vengono trasferite all'interno di associazioni completamente nuove, con conseguenze imprevedibili sia per l'organismo ospite sia per quelli che gli vivono vicino". Wald ha affermato che l'ingegneria genetica "presenta probabilmente il più grande problema etico che la scienza abbia mai dovuto affrontare" e inoltre che "proseguire in questa direzione non solo potrebbe essere non molto saggio, ma anche pericoloso. Potenzialmente potrebbero insorgere nuove malattie animali e vegetali, nuove fonti di cancro, nuove e sconosciute epidemie".


L'ingegneria genetica si fonda su un modello obsoleto

Quando lo scienziato prese il gene antigelo dal pesce, lo fece perché sapeva che questo gene dà origine a una particolare proteina antigelo, che aiuta il pesce a sopravvivere a basse temperature. I geni trasmettono i loro ordini alla cellula attraverso le proteine che, a loro volta, conferiscono al vegetale o all'animale una particolare caratteristica.

La vecchia teoria della genetica affermava che ogni gene porta il codice per una singola e specifica proteina. I biologi, inoltre, avevano calcolato che nel corpo umano ci fossero 100.000 o più proteine, ragione per cui si era giunti a concludere che nel DNA dell'uomo ci dovessero essere circa 100.000 geni. Quando il numero dei geni umani fu calcolato e reso pubblico, il 26 giugno del 2000, il mondo scientifico rimase a bocca aperta: i geni erano solo 30.000 circa. Ops.

Questa cifra non solo non riesce a giustificare il numero stimato delle proteine, ma non basta a spiegare la vasta quantità di tratti ereditari presenti nel corpo umano. Inoltre esistono erbe con non meno di 26.000 geni: data la teoria "un gene-una proteina", gli esseri umani non dovrebbero avere molti più geni di un'erbaccia? Doveva esserci qualche terribile errore. Si è trovato che la grande maggioranza dei geni non codifica per un'unica proteina. Al contrario, alcuni geni posso produrre molte, moltissime proteine. Infatti il primato è attualmente detenuto da un singolo gene della drosofila, il moscerino della frutta, che può generare fino a 38.016 proteine diverse. In teoria negli esseri umani quasi tutti i geni sono in grado di produrre due o più proteine differenti. I geni umani che codificano per un singolo carattere si contano sulle dita delle mani. Il fatto che da un singolo gene possano derivare più proteine può spiegare, in parte, i risultati imprevisti che continuano a sorprendere chi fa ingegneria genetica, ed è al primo posto nel nostro elenco di ciò che può andare storto e perché.


1. I riorganizzatori del codice

Per produrre una proteina, il DNA usa il suo codice genetico per scrivere una lista di istruzioni indirizzata al suo principale assistente, l'RNA. Quest'ultimo esegue le istruzioni del DNA producendo e assemblando gli aminoacidi, che vanno a formare la proteina corrispondente. Tuttavia, in qualche caso, prima che l'RNA esegua fino in fondo le istruzioni, arrivano gli "spliceosomi" (che qui chiameremo riorganizzatori del codice), un gruppo di molecole che taglia l'RNA, lo riorganizza e poi lo ricompone. Una volta ricomposto (o, nel linguaggio scientifico, dopo che ha subito lo splicing alternativo), l'RNA contiene istruzioni completamente nuove, che portano alla formazione di una proteina totalmente diversa.

Questi taglia-e-cuci molecolari possono riorganizzare una stessa molecola di RNA in moltissimi modi, "creando centinaia, addirittura migliaia di proteine diverse a partire da un unico gene". Il lavoro di questi agenti molecolari non è affatto arbitrario. Immaginate delle molecole vaganti, che osservino attentamente le molecole di RNA e le confrontino con le foto nello schedario dei loro dieci "most wanted". Quando trova una corrispondenza, un agente si attiva e controlla rapidamente sul cerca persone che porta alla cintura - in grado di ricevere messaggi di testo - per consultare l'elenco più aggiornato di "proteine richieste"... o qualcosa di simile.

Consideriamo ora il gene antigelo che fa il suo debutto nel DNA di un pomodoro. Il gene scrive una stringa di istruzioni che serve all'RNA per produrre la proteina antigelo. Cosa succede quando quell'RNA passa davanti a un riorganizzatore? Che succede se quest'ultimo controlla il suo schedario e crede di aver trovato la molecola richiesta? Se il riorganizzatore si lega a un RNA estraneo, che non ha mai incontrato prima, e inizia a spostarne i pezzi di qua e di là, solo il cielo sa che proteina ne verrà fuori (l'uomo certamente non lo sa).

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Capitolo 4

Epidemia Mortale


Betty Hoffing, sessantun anni, era un personaggio nel suo paese, Skokie, nell'Illinois. Era un'agente di viaggio da 25 anni, e il suo buon umore contagioso e la sua infinita energia la facevano apprezzare non solo nel campo del turismo ma anche nelle organizzazioni di volontariato, a cui ogni settimana dedicava molte delle sue ore libere. Godeva di un'eccellente salute e non aveva mai avuto malattie gravi. Non fino all'agosto del 1989.

Un giorno, mentre era al lavoro, Betty venne improvvisamente colpita da un intenso dolore al petto che le scendeva lungo il braccio sinistro. Il suo medico, sospettando un infarto, la fece immediatamente ricoverare nel reparto di terapia intensiva di un vicino ospedale, ma due giorni più tardi, dopo che serie infinite di esami diedero esito negativo, i dottori la rimandarono a casa. Non si era trattato di infarto, non c'era alcuna spiegazione. Il mese successivo uno strano eczema le comparve su tutto il corpo, e a questo, in breve, si aggiunse un'orribile tosse. Alla fine di settembre si manifestarono i sintomi più gravi fino a quel momento: un'estrema debolezza muscolare e dolori lancinanti. "Facevo fatica a camminare, fatica a fare qualsiasi cosa", racconta Betty. I suoi muscoli stavano andando fuori uso; senza preavviso la mano o la mascella si serravano di scatto, qualsiasi muscolo poteva bloccarsi. Se succedeva mentre stava guidando, doveva accostare velocemente e aspettare che lo spasmo doloroso passasse. I suoi medici erano sconcertati.

Betty fu costretta a prendersi un periodo di aspettativa dal lavoro. A metà novembre decise di passare una giornata a letto. Non lasciò quel letto per quasi sei mesi. Il dolore era così lancinante che anche rigirarsi era insopportabile, le ci volevano due minuti buoni.

Un giorno di marzo del 1989, Harry Schulte, un diacono cattolico di Cincinnati, stava guardando la televisione quando all'improvviso gli sembrò che gli esplodesse un colpo di pistola nella testa. "Ho pensato di impazzire", racconta. Non stava impazzendo: stava provando i primi sintomi di una malattia che gli avrebbe sconvolto la vita. Nel giro di qualche settimana iniziò l'incubo. "Mi sedevo su un lato del letto e cercavo di dormire seduto, da quanto era forte il dolore. Le mie gambe erano diventate - se non le vedevi, non ci avresti creduto - erano diventate grosse come pali del telefono. Si aprivano ferite e ne usciva acqua. Per quante medicine mi dessero... niente calmava il dolore". Alla fine Schulte avrebbe perso il lavoro e anche la famiglia.

Nell'estate del 1989 Janet O'Brien, californiana, era a terra. Quando il dolore raggiungeva il culmine, era così forte che "riuscivo a malapena a sopportare di essere toccata", dice. "Ho perso circa il 60% dei capelli, ero senza forze, e di solito dormivo. In momenti diversi ho sofferto di ulcere in bocca, nausea, respiro corto, spasmi muscolari dolorosi, eczemi dolorosi e pruriginosi in tutto il corpo, edemi (tumefazioni delle estremità), difficoltà di concentrazione e di memoria, problemi a scrivere, problemi di equilibrio, intestino irritabile, aumento di peso, problemi alla vista, per non citare che alcuni sintomi!".


In tutti gli Stati Uniti, quell'anno, persone come Janet, Harry e Betty vennero colpite da misteriosi sintomi debilitanti. Molte avevano dolori così forti, come ai loro medici non era mai capitato prima di osservare. Ad alcune si induriva la pelle, inoltre soffrivano di problemi cognitivi, emicranie, diminuzione della sensibilità, affaticamento e problemi al cuore. Nei casi peggiori si verificava una paralisi progressiva ascendente, "in cui il soggetto perde il controllo dei nervi dei piedi, seguito da quello delle gambe, poi dall'intestino e dai polmoni, e alla fine ha bisogno di un apparecchio per riuscire a respirare".

I medici erano perplessi. Nella letteratura clinica non c'era nulla che spiegasse questa patologia, e nessun trattamento che riuscisse a bloccare o rallentarne il decorso. E la cosa peggiore era che ancora nessuno sapeva che si trattava di un'epidemia. I sintomi variavano da persona a persona e i focolai erano lontani tra loro: i dottori in genere vedevano un solo caso.

Fu così anche per Phil Hertzman, un medico di Los Alamos, nel New Mexico. Nell'ottobre del 1989, Kathy Lorio, una donna di quarantaquattro anni che era sempre stata forte e sana, andò da Hertzman dopo essere stata improvvisamente colpita da un dolore debilitante e altri gravi sintomi. Dopo aver eseguito varie analisi, Hertzman notò qualcosa nel sangue della donna che lo fece restare di sasso: il numero normale dei leucociti chiamati eosinofili è di circa 10/cm3; in pazienti con un'allergia o con l'asma questo valore può salire a 200 o 300, addirittura a 500. La paziente di Hertzman era fuori da ogni statistica: ne aveva circa 10.000. Hertzman mandò Kathy dal reumatologo James Mayer a Santa Fé. Mayer non riuscì a trovare la causa dei suoi dolori ma di recente gli era capitato di vedere un'altra paziente, Bonnie Bishop, che presentava gli stessi dolori lancinanti, debolezza muscolare e un alto numero di eosinofili nel sangue. Inoltre "le braccia e le gambe della Bishop erano piene di liquido e la donna faceva fatica a respirare. Quando cercava di sedersi, crollava come una bambola di pezza, perché i muscoli della schiena erano molto deboli". Mayer non era riuscito a trovare la causa neppure dei sintomi della Bishop ma si era fatto dare una lista di tutti gli integratori che la sua paziente usava prendere: chiese poi alla Lorio se avesse mai assunto qualcuno di quei prodotti. Quando le chiese dell'L-triptofano (Levotriptofano) trovò che vi era una corrispondenza: la Lorio lo prendeva per dormire.

I due medici telefonarono a Gerald Gleich della Mayo Clinic, un esperto internazionale in materia di eosinofili, e gli dissero dell'L-triptofano. Due casi non erano sufficienti per trarre delle conclusioni, rispose Gleich. Ma non dovettero aspettare a lungo. Lo stesso giorno venne riportato un terzo caso, anch'esso legato all'L-triptofano, nel New Mexico. Gleich chiamò il CDC (Center for Disease Control) ad Atlanta e disse loro del legame con l'L-triptofano.

L'L-triptofano è un aminoacido, un componente delle proteine di piante e animali. È uno degli "aminoacidi essenziali", quelli che devono essere introdotti con la dieta perché non vengono prodotti dal nostro corpo in quantità adeguate. L'L-triptofano stimola la produzione di serotonina, la sostanza che favorisce il sonno. La presenza dell'L-triptofano nel latte e nella carne di tacchino spiega perché si ritiene che questi alimenti facilitino il sonno o il rilassamento. L'L-triptofano, disponibile come integratore in vendita libera, era raccomandato in generale per combattere "insonnia, tensione premestruale, stress e depressione". Dal momento che era stato usato in sicurezza per anni, i medici non erano ancora sicuri che fosse la causa dei disturbi dei loro pazienti. Inoltre, tutti e tre i casi erano del New Mexico: forse la causa era una qualche tossina locale.

Due settimane dopo, Gleich venne a sapere da alcuni colleghi che altri tre pazienti, apparentemente con la stessa patologia, erano stati osservati alla Mayo Clinic. Venivano da parti diverse degli USA e tutti e tre avevano assunto L-triptofano. Gleich telefonò nuovamente al CDC e disse loro che la malattia non era circoscritta al New Mexico, che si era estesa ed era mortale. Nel frattempo, Tamar Stieber dell'Albuquerque Journal era venuto a sapere della malattia misteriosa e del potenziale collegamento con l'L-triptofano.

Il 7 novembre, nel primo di una serie di articoli che le avrebbero fatto vincere un Premio Pulitzer, descrisse la patologia e la sua possibile causa. Immediatamente iniziarono a piovere le telefonate di altre persone che avevano preso l'L-triptofano e avevano sintomi simili. Quattro giorni dopo la pubblicazione dell'articolo, l'FDA divulgò "un importante avviso alla popolazione" affinché smettesse di usare l'L-triptofano. In pochi giorni vennero riportati altri 154 casi da tutta la nazione. L'FDA reagì dando disposizione che tutti gli integratori da banco che contenevano 100 o più mg di L-triptofano fossero ritirati dal mercato. Il livello di 100 mg fu stabilito, secondo l'FDA, "perché, al momento, l'assunzione giornaliera minima associata con la patologia era di 150 mg".

Il CDC chiamò la malattia 'sindrome mialgica eosinofila', o EMS (Eosinophilia-Myalgia Syndrome), per via dell'alto numero di eosinofili in circolo (eosinofilia) e dei forti dolori muscolari (mialgia). Agli inizi di dicembre, i casi riportati balzarono a 707, con un decesso collegato all'epidemia e molti altri casi sotto osservazione. Alla fine di marzo, il numero di casi era salito a 1.411, tra cui 19 decessi. Benché il CDC smettesse di monitorare la malattia poco dopo la fine dell'epidemia, la sua stima finale collocò il numero dei casi tra 5.000 e 10.000 e il numero dei decessi intorno ai 40. Un'indagine recente, sebbene incompleta, condotta su 1.000 vittime dell'EMS negli Stati Uniti, suggerisce che i morti per quella epidemia siano stati dagli 80 ai 125. È però difficile stabilire quanti di questi decessi siano stati causati dall'EMS e in che misura. Nel marzo del 1990, in risposta alla notizia che una persona aveva contratto la malattia dopo aver preso una dose inferiore ai 100 mg, l'FDA estese l'ordine di ritiro a tutto l'L-triptofano in vendita. Dopo di che aspettò circa un altro anno prima di ritirare alcune particolari formulazioni dell'L-triptofano prescritte dai medici, come quelle somministrate per via endovenosa o per uso pediatrico.


L'origine dell'epidemia

Solo sei produttori, tutti giapponesi, fornivano l'L-triptofano agli Stati Uniti. Dopo mesi di indagini, i ricercatori del CDC conclusero che "solo l'L-triptofano prodotto dalla Showa Denko KK era chiaramente associato con la malattia". La Showa Denko K.K. era la quarta industria chimica del Giappone, e il maggior fornitore di L-triptofano per il mercato statunitense. Quando i ricercatori analizzarono l'L-triptofano della Showa Denko, scoprirono che aveva "livelli di impurità molto più alti rispetto alle altre marche dello stesso prodotto". Nel loro L-triptofano c'erano tracce di 60-69 diversi contaminanti, sei dei quali erano associati ai casi di EMS. Nonostante i contaminanti fossero in quantità minimali (0,01%, ovvero una parte su 10.000), i ricercatori ritenevano che uno o più di questi sei residui fossero all'origine dell'epidemia.

Secondo l'avvocato della Showa Denko, Don Morgan, "non ci sono prove per sospettare che un qualsiasi materiale esterno sia entrato nel processo di produzione e abbia 'contaminato' il prodotto. Il processo di produzione era attentamente controllato". Se le impurità non erano venute dall'esterno, da dove erano venute, e perché erano presenti solo nel prodotto della Showa Denko? Per produrre l'L-triptofano, la maggior parte delle aziende giapponesi usava un processo di fermentazione sostenuto da una combinazione di particolari ceppi batterici e di enzimi. Il "brodo" di coltura fermentato passava poi attraverso un filtro che purificava il prodotto. La Showa Denko, tuttavia, aveva introdotto un nuovo metodo di produzione: aveva geneticamente modificato i batteri per ottenere un enorme incremento della produzione. Questa scelta strategica, però, comportò anche un aumento dei rischi.

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La repressione della stampa

Il 27 luglio del 1989, il Los Angeles Times pubblicò un editoriale di Sam Epstein sull'rbGH, dal titolo "Growth Hormones Would Endanger Milk" (Gli ormoni della crescita possono compromettere il latte, NdT), in cui l'autore evidenziava "i gravi rischi per la salute del consumatore, non verificati né dall'industria né dall'FDA".

Epstein scriveva in quell'articolo che "il bGH e i prodotti della sua digestione possono essere assorbiti e passare dal latte al sangue, soprattutto nei bambini piccoli, dando luogo a effetti ormonali e allergici". Inoltre diceva che "i fattori di crescita che stimolano le cellule... potrebbero provocare crescita e sviluppo del seno prematuri in bambini piccoli, ed è possibile che favoriscano il tumore al seno negli adulti. ...Inoltre, lo stress causato dal bGH nelle mucche potrebbe inibire il sistema immunitario, attivando virus latenti come quello della leucemia bovina (leucosi) e i virus dell'immunodeficienza bovina, correlati a quello dell'AIDS, che potrebbero infettare gli esseri umani". Epstein sottolineava che gli ormoni potrebbero stimolare nelle mucche la produzione di "steroidi e composti ad azione stressante simili all'adrenalina... contaminando il latte, che diverrebbe nocivo soprattutto per i neonati e i bambini". Inoltre sosteneva che "il grasso e il latte delle mucche sono già contaminati da una vasta gamma di composti cancerogeni, tra cui diossine e pesticidi. Gli ormoni della crescita bovina riducono il grasso corporeo, ed è probabile che mobilizzino questi composti portandoli a raccogliersi nel latte, con rischi di tumore per i consumatori". Epstein chiedeva che l'rbGH venisse proibito "fino a quando non fossero state risolte tutte le questioni riguardanti la sua sicurezza".

Poco dopo la pubblicazione dell'articolo, autorevoli rappresentanti della Monsanto andarono a trovare lo staff editoriale del L.A. Times, dichiarando che Epstein non era qualificato dal punto di vista scientifico e che l'articolo era ingannevole, inoltre fecero pressioni sugli editori affinché in futuro non si avvalessero più della collaborazione di Epstein. Il quotidiano respinse con fermezza la richiesta della Monsanto.

Probabilmente questo incontro convinse però la Monsanto a escogitare una nuova strategia. Cercare di difendere il proprio prodotto poteva sembrare un'operazione troppo venale, quindi misero a punto quello che Epstein definì una specie di 'commando', che doveva imporre le loro regole. Sotto gli auspici dell'agenzia di pubbliche relazioni e lobbismo Capitoline/MS&L, svilupparono un piano per identificare e poi mettere a tacere i giornalisti e gli articoli che esprimessero posizioni critiche nei confronti dell'rbGH. Crearono poi un gruppo dal nome Dairy Coalition, che comprendeva ricercatori universitari la cui attività era finanziata dalla Monsanto, esperti "super partes" attentamente selezionati, e organizzazioni come l'International Food Information Council, che si autodefinisce un' "organizzazione non profit, che diffonde chiare informazioni scientifiche sulla sicurezza degli alimenti e sulla nutrizione...". Secondo il libro Trust Us We're Experts, in realtà l'International Food Information Council "è il braccio delle pubbliche relazioni dell'industria alimentare e dei produttori di bevande, da cui riceve la maggior parte dei suoi fondi". Fra i progetti al suo attivo figurano campagne in difesa di: "glutammato monosodico, aspartame (NutraSweet), coloranti e olestra (una sostanza prodotta chimicamente e impiegata in grande quantità nell'industria alimentare americana. Si potrebbe definirla un olio alimentare sintetico, NdT)".

Nel 1989, la coalizione ingaggiò l'agenzia di PR Carma International, con l'incarico di analizzare ogni articolo pubblicato sull'rbGH. I giornalisti venivano classificati in amici o nemici: gli amici venivano premiati, i nemici si cercava di metterli a tacere. Chiunque citasse Epstein come fonte era un nemico.

Epstein aveva raccolto prove importanti sui potenziali pericoli per la salute posti dall'ormone. Nel settembre del 1989, presentò i suoi risultati al commissario dell'FDA, facendo pressioni sull'agenzia affinché non approvasse il farmaco. Il suo rapporto, che non ottenne risposta, sottolineava molti dei punti cruciali di cui in seguito si sarebbero occupati i ricercatori della Health Canada. Epstein inoltre aveva ricevuto una scatola di documenti segreti dell'FDA, che gli era stata recapitata in forma anonima. Le informazioni rivelavano che in un'alta percentuale delle mucche trattate con l'rbGH si erano manifestati gravi problemi sanitari; secondo Epstein, quei documenti dimostravano che l'FDA e la Monsanto erano coinvolte in un'enorme operazione di copertura.

Nel febbraio 1996, la coalizione cercò di impedire alla giornalista freelance Linda Weltner di parlare delle preoccupazioni di Epstein nella sua rubrica sul Boston Globe. Secondo documentazione interna trapelata dalla Dairy Coalition, alcuni funzionari della coalizione scrissero all'assistente del direttore del quotidiano: "Il 23 gennaio, Samuel Epstein... ha sviluppato accuse infondate su una pretesa connessione fra latte e tumore... Siamo preoccupati che la Signora Weltner voglia offrire a Epstein uno spazio sul Boston Globe per diffondere teorie prive di basi scientifiche". La lettera dichiarava che Epstein "non godeva di buona reputazione all'interno della comunità scientifica, e non aveva credibilità presso le maggiori organizzazioni sanitarie del paese". Diceva che "USA Today è stato l'unico quotidiano a pubblicare le sue affermazioni e recentemente abbiamo avuto con loro un incontro piuttosto vivace".

Nella sede di USA Today, i membri della coalizione si erano incontrati con la giornalista che si occupava di salute, Anita Manning, e con il suo editore, in seguito a un articolo in cui la Manning accennava alle preoccupazioni di Epstein. La coalizione attaccò ancora una volta la credibilità di Epstein. Secondo un documento interno della Dairy Coalition, "quando la Manning insistette che era suo dovere raccontare entrambe le versioni della storia, Callaway [della coalizione] disse che era solo un pretesto per non fare il suo lavoro. Le dissero che, se invece di scrivere la storia in base a un comunicato, si fosse recata alla conferenza stampa, avrebbe saputo che i suoi colleghi del Washington Post, del New York Times, del Wall Street Journal e dell'Associated Press avevano deciso di non scrivere della vicenda per via della fonte [Epstein]. A questo punto la Manning lasciò la riunione e il suo editore assicurò la Dairy Coalition che, in futuro, qualsiasi servizio che avesse a che fare con l'rbGH sarebbe stato attentamente esaminato."

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Capitolo 9

Cosa possiamo fare


Ero in pausa pranzo durante un corso di lindy hop dance, a St. Louis, quando anche altri ballerini entrarono nel ristorante. Li invitammo al nostro tavolo. Durante il pranzo, chiesi all'uomo seduto di fronte a me di cosa si occupasse oltre alla danza. Rispose che era biologo molecolare alla Monsanto, e si occupava di modificazione genetica delle piante alimentari.

Masticai lentamente, pensando a cosa dire. Dopo tutto, stavamo pranzando insieme. E, dopotutto, anche lui era un appassionato di swing. Decisi di andarci piano.

Dopo qualche battuta amichevole sul potenziale allergenico dei costrutti ottenuti con l'ingegneria genetica, gli chiesi: quando si spara un gene in un DNA, come si fa a sapere che questo non abbia disorganizzato una sequenza importante?

Mi rispose che conoscevano la sequenza di gran parte dei geni e che cercavano di non inserire nuovi geni nel bel mezzo di un gene già esistente. Dopo una pausa, aggiunse che ogni giorno si sa sempre di più quali sono le sequenze di DNA importanti. Domandai: e se fosse l'intera sequenza del DNA a essere importante? La teoria dell'ingegneria genetica presume che il DNA sia un insieme di geni distinti, che agiscono indipendentemente, e che, messi tutti insieme, producono una pianta, un animale o un essere umano. Ma non è così che funziona il resto del nostro corpo, e neppure un ecosistema. Entrambi dipendono da sistemi complessi e interconnessi, che noi non conosciamo ancora completamente. Spesso i pericolosi effetti collaterali della medicina e i disastri ambientali sono causati proprio dal tentativo di eseguire un singolo cambiamento, isolato dal resto, trascurando la complessità del sistema.

È qui che iniziano i problemi. Che succede se la sequenza del DNA opera in modo olistico, magari secondo leggi della natura che non abbiamo ancora scoperto? Supponiamo, ad esempio, che la struttura a doppia elica del DNA sfrutti le complesse leggi della meccanica quantistica o effetti di campo. Disorganizzare una porzione della sequenza del DNA non potrebbe, allora, avere conseguenze impreviste, che non sapremmo neppure come cercare di evidenziare con i mezzi sperimentali attualmente a nostra disposizione? Restò in silenzio. Tutti al tavolo restarono in silenzio. Per un attimo tutti guardammo il nostro cibo e poi riprendemmo a mangiare. Qualcuno disse "è un argomento profondo!" Ancora silenzio.

A quel punto il biologo rispose: "Ma non sai che abbiamo assoluto bisogno dell'ingegneria genetica?"

"Cosa?"

"Sì, ne abbiamo assoluto bisogno".

"Perché?" gli chiesi.

"Per sfamare il mondo".

Quindi si mise ad elencarmi le cifre. Entro l'anno duemila così e cosà, la popolazione mondiale sarà così e cosà. E non c'è modo di sfamare il pianeta con i sistemi agricoli attuali...

Mentre lo scienziato della Monsanto parlava, sapevo che era sincero. Sapevo che credeva fermamente in ciò che diceva. E sapevo che si sbagliava.

Il concetto di "sfamare il mondo" è definito nel libro "Dinner at the New Gene Café" come l'"Argomento Conclusivo". Dopo che avete efficacemente respinto le argomentazioni che l'ingegneria genetica è una tecnologia precisa, che l'FDA ne ha dimostrato la sicurezza, e che non è affatto diversa dall'incrocio tradizionale, ecco che alla fine salta sempre fuori l'imperativo morale che abbiamo assolutamente bisogno degli alimenti GM per sfamare il mondo.

Chi si occupa della questione, tuttavia, sostiene che questa argomentazione dell'industria biotech sia pura propaganda. L'organizzazione Stop Hunger Now (Stop alla fame, adesso) afferma: "Abbondanza, non scarsità, è questa la migliore descrizione dell'attuale situazione mondiale della disponibilità di cibo". La verità è che oggi ogni persona avrebbe a disposizione una quantità di cibo che non ha precedenti in nessun'altra epoca della storia. Un rapporto della FAO conferma che la produzione alimentare è in aumento e la crescita demografica in diminuzione, non resteremo senza cibo. La cosa triste è che la fame nel mondo non dipende dalla mancanza di cibo. Abbiamo una volta e mezzo la quantità di cibo necessaria a sfamare il mondo, eppure la gente continua a soffrire la fame. Ma questa è un'altra faccenda.

La questione, qui, è che lo scienziato della Monsanto seduto di fronte a me è fermamente convinto delle affermazioni propagandistiche dell'industria - e con il quarto di miliardo di dollari che l'industria spende per diffondere il messaggio, ne sono convinte anche innumerevoli altre persone. In seguito, quello stesso anno, potei farmi un'idea più precisa dei metodi usati dall'industria biotech per diffondere i suoi messaggi, ascoltando i suoi rappresentanti intervenire a una conferenza sulle biotecnologie agricole. Tutti descrivevano l'ultima gloriosa conquista dell'ingegneria genetica e come questa avrebbe risolto i problemi dell'agricoltura.

Ma ogni volta che qualcuno provava anche solo a sfiorare l'argomento dell'opposizione pubblica agli OGM, tutti dicevano la stessa cosa: "Non è una questione di sicurezza alimentare". Ogni oratore definiva le motivazioni contrarie agli OGM di volta in volta come culturali, religiose, filosofiche, non scientifiche, complicate, barriere al libero mercato o antiamericane. Ma, "ovviamente, non è una questione di sicurezza alimentare".

Tra il pubblico vi erano produttori agricoli, dirigenti dell'industria alimentare, accademici e giornalisti. Mi chiedevo quali fossero le loro reazioni a ciò che veniva detto. Durante una pausa, iniziai a conversare con una studentessa universitaria, che stava svolgendo una ricerca sociologica sui cibi GM. Mi raccontò alcuni dettagli del suo lavoro, parlando della resistenza agli OGM riscontrata in Europa e in altri paesi. E aggiunse subito, "ovviamente, non è una questione di sicurezza alimentare".

Tombola. La propaganda aveva fatto centro. I termini che la ragazza aveva usato, persino il modo in cui li aveva pronunciati, erano esattamente quelli usati dagli oratori. Un'altra seguace.


Farsi sentire - Cambiare le cose

La studentessa era convinta che non c'è alcun problema di sicurezza con gli OGM e lo scienziato della Monsanto con cui ho pranzato era convinto che gli OGM potranno risolvere la fame nel mondo. Il direttore generale della Monsanto Robert Shapiro un volta ha dichiarato: "Noi dell'industria possiamo stare tranquilli... Dopotutto, siamo noi gli esperti tecnici. Sappiamo di aver ragione. E' chiaro che gli oppositori non capiscono la scienza, ed è altrettanto chiaro che stanno lavorando per fini occulti - probabilmente per distruggere il capitalismo".

Se sfidate l'industria, "siete dei luddisti, degli stupidi" come ha detto il Ministro dell'Agricoltura Glickman. O peggio ancora, siete dei farabutti che voltano le spalle ai milioni di affamati nel mondo. Jack Kemp, ex candidato repubblicano alla vice presidenza, ha usato un linguaggio fiorito per descrivere quelli che chiedono i test di sicurezza e l'etichettatura degli OGM. Li ha definiti "attivisti sconsiderati, anti-progressisti di sinistra, autoreferenziali e... anti-tecnologici". Non è facile parlare contro la corrente pro-biotech.

Uno studio illuminante ha dimostrato che in un gruppo di persone intente a prendere una decisione l'influenza maggiore è esercitata non dalle opinioni dei membri più intelligenti, ma di quelli che parlano di più. L'industria biotech sfrutta questo principio spendendo milioni di dollari in spot pubblicitari e garantendosi anni e anni di copertura mediatica favorevole.

Come possiamo allora diffondere un messaggio diverso? I principali media evitano di parlare della questione della sicurezza. Anche quando riportano notizie su problemi relativi alla salute collegati agli OGM, di solito si limitano a brevi trafiletti o a citazioni, subito "equilibrate" da opinioni pro-biotech che rigettano qualunque preoccupazione. La semplice diffusione di notizie non è sufficiente. Per convincere qualcuno che gli OGM comportano gravi rischi, è necessaria una lunga discussione, e ci vuole una discussione ancor più approfondita per stimolare qualcuno a cambiare le abitudini alimentari che ha da sempre. Qui interviene questo libro.

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