Autore Dava Sobel
Titolo Le stelle dimenticate
SottotitoloStoria delle scienziate che misurarono i cielo
EdizioneRizzoli, Milano, 2017 , pag. 384, ill., cop.rig.sov., dim. 14x22x2,7 cm , Isbn 978-88-17-09372-9
TraduttoreRoberta Zuppet
LettoreFlo Bertelli, 2017
Classe astronomia , storia della scienza , scienze naturali , biografie , femminismo












 

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Indice


    Prefazione                                        7


                        PARTE PRIMA
                I colori della luce stellare

 1. L'intento della signora Draper                   11
 2. Ciò che vide la signorina Maury                  34
 3. La generosità della signorina Bruce              57
 4. La stella nova                                   77
 5. Le fotografie di Bailey dal Perù                 96


                        PARTE SECONDA
            «Oh, fa' la brava ragazza, baciami!»

 6. Il titolo della signora Fleming                 117
 7. L'«harem» di Pickering                          137
 8. La lingua franca                                158
 9. La relazione della signorina Leavitt            180
10. La Pickering Fellowship                         202


                        PARTE TERZA
                    Negli abissi lassù

11. Le «ore-ragazze» di Shapley                     225
12. La dissertazione della signorina Payne          246
13. The Observatory Pinafore                        269
14. Il premio della signorina Cannon                290
15. La vita delle stelle                            311


Ringraziamenti                                      335
Fonti                                               337
Tappe fondamentali nella storia
    dell'Osservatorio di Harvard                    341
Glossario                                           348
Lista degli astronomi, degli assistenti
    e dei ricercatori associati di Harvard          352
Annotazioni                                         359
Bibliografia                                        367
Indice dei nomi                                     375


 

 

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Pagina 7

Prefazione



Un pezzettino di cielo. Era così che si poteva definire il rettangolo di vetro appoggiato davanti a lei. Aveva più o meno le stesse dimensioni di un portafoto, venti centimetri per venticinque, e non era più spesso della lastra di una finestra. Su un lato era ricoperto di un sottile strato di emulsione fotografica che ora imprigionava diverse migliaia di stelle, come minuscoli insetti intrappolati nell'ambra. Uno degli uomini era rimasto fuori tutta la notte, guidando il telescopio per catturare quell'immagine insieme ad altre dieci circa, tutte contenute nella pila di lastre che aveva trovato ad aspettarla quando era arrivata all'osservatorio alle nove di quel mattino. Al caldo e all'asciutto, avvolta nel lungo vestito di lana, si fece strada fra le stelle. Verificava la loro posizione nella volta celeste, misurava la luminosità relativa, osservava le variazioni della luce nel tempo, trovava indizi sul contenuto chimico e, di tanto in tanto, scopriva qualcosa che veniva pubblicizzato sulla stampa. Intorno a lei, altre venti signore facevano lo stesso.

La straordinaria opportunità lavorativa che l'Osservatorio di Harvard offriva alle donne sin dalla fine del XIX secolo era insolita per un'istituzione scientifica, forse ancor più nel baluardo maschile di quell'università. Tuttavia i lungimiranti criteri di assunzione del direttore, uniti al suo fermo proposito di fotografare sistematicamente il cielo notturno nell'arco di decenni, avevano creato un settore di occupazione femminile in un universo di vetro. I fondi per i progetti venivano perlopiù da due ereditiere con un vivo interesse per l'astronomia, Anna Palmer Draper e Catherine Wolfe Bruce.

Il numeroso personale femminile, talvolta chiamato derisoriamente «harem», era formato da signore di tutte le età: esperte di matematica, astronome appassionate o entrambe le cose. Alcune erano ex alunne dei nuovi college femminili, mentre altre vantavano solo un'istruzione superiore e un talento innato. Prima ancora che le donne conquistassero il diritto di voto, molte diedero un contributo così decisivo da guadagnarsi un posto d'onore nella storia dell'astronomia: Williamina Fleming, Antonia Maury, Henrietta Swan Leavitt, Annie Jump Cannon e Cecilia Payne. Questo libro racconta le loro storie.

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Pagina 37

Il giovane Isaac Newton aveva coniato la parola spettro nel 1666 per designare i colori dell'arcobaleno che apparivano come fantasmi quando la luce del giorno attraversava il vetro intagliato o il cristallo. Benché i contemporanei pensassero che il vetro corrompesse la purezza della luce conferendole un colore, Newton era convinto che i colori facessero parte della luce. Il prisma rivelava solo le componenti cromatiche della luce bianca rifrangendole a diverse angolazioni, cosicché fossero visibili singolarmente.

Le microscopiche linee scure negli spettri stellari, su cui la signora Fleming soffermò ora la sua attenzione, si chiamavano righe di Fraunhofer, dal nome del loro scopritore Joseph von Fraunhofer. Figlio di un vetraio, l'astronomo bavarese aveva fatto l'apprendistato in una fabbrica di specchi ed era diventato un eccellente produttore di lenti per telescopi. Nel 1816, per misurare il grado esatto di rifrazione in diversi tipi di vetro e configurazioni di lenti, aveva costruito un dispositivo che univa un prisma a un piccolo teodolite. Quando, attraverso una fessura, aveva orientato un raggio di luce dal prisma al campo visivo ingrandito dello strumento, aveva visto un arcobaleno lungo e stretto, segnato da molte righe scure. Diversi esperimenti lo avevano convinto che le righe, come i colori dell'arcobaleno, non fossero un prodotto del passaggio attraverso il vetro, bensì intrinseci nella luce solare. Il suo apparecchio per il collaudo delle lenti era stato il primo spettroscopio del mondo.

Registrando i risultati, Fraunhofer aveva assegnato una lettera dell'alfabeto a ciascuna delle righe più vistose: A a quella larga e nera all'estremità rossa dell'arcobaleno, D a una scura stria doppia nella gamma dell'arancione e del giallo, e così via, passando per il blu e il violetto, fino a una coppia denominata H e terminando oltre il violetto con I.

Le righe di Fraunhofer avevano mantenuto i nomi alfabetici nei decenni successivi alla sua morte, acquisendo sempre più importanza man mano che altri scienziati le osservavano, mappavano, interpretavano, misuravano e raffiguravano con penne a punta fine. Nel 1859 il chimico Robert Bunsen e il fisico Gustav Kirchhoff, lavorando insieme a Heidelberg, avevano tradotto le righe di Fraunhofer dello spettro solare in prove della presenza di specifiche sostanze terrestri. In laboratorio, avevano portato all'incandescenza numerosi elementi purificati e dimostrato che la fiamma di ciascuna sostanza produceva una particolare firma spettrale. Il sodio, per esempio, emetteva due righe arancione-giallo brillante molto ravvicinate. Si correlavano in lunghezza d'onda al doppietto di righe che Fraunhofer aveva chiamato D. Era come se il campione di laboratorio di sodio incandescente si fosse colorato in quelle particolari lacune scure nell'arcobaleno del Sole. Da una serie di queste congruenze, Kirchhoff aveva concluso che il Sole doveva essere una palla infuocata di molteplici elementi che bruciavano, avviluppata da un'atmosfera gassosa. Mentre la luce si irradiava attraverso gli strati esterni del Sole, le brillanti linee di emissione generate dalla conflagrazione solare venivano assorbite dalla più fresca atmosfera circostante, lasciando scure lacune rivelatrici nello spettro solare.

Gli astronomi, molti dei quali avevano pensato che il Sole fosse un mondo temperato, potenzialmente abitabile, si erano sbalorditi nel sapere del suo calore infernale. Ben presto, tuttavia, erano stati confortati, se non addirittura rassicurati, dalla capacità della spettroscopia di rivelare il contenuto chimico del firmamento. «L'analisi spettrale» aveva detto Henry Draper alla Young Men's Christian Association di New York nel 1866 «ha reso le braccia del chimico lunghe milioni di chilometri.»

Per tutti gli anni Sessanta dell'Ottocento pionieri della spettroscopia come William Huggins avevano scorto le righe di Fraunhofer negli spettri di altre stelle. Nel 1872 Henry Draper aveva cominciato a fotografarle. Benché il numero di righe spettrali nella luce stellare impallidisse in confronto al ricco affresco dello spettro solare, si erano delineati diversi schemi riconoscibili. Le stelle, che per molto tempo erano state vagamente classificate in base alla luminosità o al colore, parevano ora ulteriormente catalogabili secondo le caratteristiche spettrali che davano indizi sulla loro vera natura.

Nel 1866 padre Angelo Secchi dell'Osservatorio vaticano aveva diviso quattrocento spettri stellari in quattro tipi distinti, cui aveva assegnato dei numeri romani. La classe I conteneva brillanti stelle bianche e azzurre come Sirio e Vega, i cui spettri condividevano quattro righe forti, indicanti la presenza di idrogeno. La classe II comprendeva il Sole e le stelle gialle, con spettri pieni di righe sottili, che identificavano ferro, calcio e altri elementi chimici. Le classi III e IV erano formate da stelle rosse, differenziate dagli schemi nelle bande spettrali scure.

Pickering incaricò la signora Fleming di migliorare questo elementare sistema di classificazione. Mentre Secchi aveva disegnato gli spettri partendo dall'osservazione diretta di qualche centinaio di stelle, lei avrebbe avuto il vantaggio delle fotografie dell'Henry Draper Memorial, che metteva a disposizione migliaia di spettri. Le lastre di vetro rappresentavano ritratti delle posizioni delle righe di Fraunhofer più fedeli di quanto potessero essere i disegni. Inoltre catturavano le righe all'estremità violetta dello spettro, a lunghezze d'onda invisibili per l'occhio umano.

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Pagina 54

Il 1890 vide la pubblicazione dell'opera della signora Fleming The Draper Catalogue of Stellar Spectra nel volume 27 degli «Annals» dell'osservatorio. Pickering la ricompensò aumentandole il salario e menzionandola nelle osservazioni introduttive: «La riduzione delle lastre fu iniziata dalla signorina N.A. Farrar, ma la maggior parte del lavoro, la misurazione e la classificazione degli spettri e la preparazione del catalogo per la pubblicazione, è stata condotta dalla signora M. Fleming». Ora la donna si faceva chiamare «Mina Fleming». Oltre alla passione che aveva dimostrato misurando e classificando gli spettri di diecimila stelle, aveva anche corretto con grande perizia le bozze delle quattrocento pagine del catalogo. Quasi tutte consistevano in tabelle, larghe venti colonne e lunghe cinquanta righe, per un tota- le di circa un milione di cifre.

Il Catalogo Draper classificava le stelle in base all'aspetto delle righe spettrali, non solo per la catalogazione in sé, ma anche nella speranza di aprire nuove strade di indagine. La classificazione, per esempio, ispirò Pickering ad analizzare la distribuzione delle stelle per tipo spettrale. Sbirciando nella fascia luminosa della Via lattea, riscontrò una preponderanza di stelle B. Queste ultime si raggruppavano lungo la galassia come se avessero un'affinità tra loro o con quella regione dello spazio. Il Sole, una stella G, sembrava tuttavia avere poca relazione con le altre luci della Via lattea.

Nel frattempo la signorina Maury procedette con il suo elaborato sistema di classificazione. Intendeva portare le quindici classi della signora Fleming a ventidue e anche suddividere ciascun tipo in tre o quattro sottocategorie, in base alle ulteriori gradazioni rilevabili negli spettri delle stelle luminose. L'affaticamento della vista la spinse a consultare un oculista di Boston, che le prescrisse degli occhiali.

«Cara zietta» scrisse alla prozia Dorothy Catherine Draper il 18 febbraio 1890, «sto aggiornando i risultati del mio lavoro degli ultimi due anni. Ho fatto un breve abbozzo che è l'inizio della mia classificazione. Avevo molta paura che il professor Pickering non la approvasse, ma sono lieta di sapere che è assai soddisfatto e che, seppure con qualche modifica, la darà alle stampe. Naturalmente mi occorrerà molto tempo per mettere ogni cosa per iscritto e prevedo che i dati riempiranno un grosso volume [...] Indosso ogni giorno il vostro cappello nero e la vostra coperta mi riscalda di notte.»

Nel quarto resoconto annuale dell'Henry Draper Memorial, pubblicato poco dopo il catalogo della signora Fleming nel 1890, Pickering annunciò che il numero complessivo di fotografie scattate con i vari telescopi ammontava a 7883. Altri osservatori, affermò, commettevano l'«errore assai comune» di accumulare fotografie senza estrarre risultati attraverso la discussione e la misurazione. A Harvard, invece, un gruppo di addetti ai calcoli studiava le immagini da anni, cosicché «per molti versi le fotografie prendono il posto delle stelle, le scoperte vengono verificate e gli errori corretti alla luce del giorno con la lente d'ingrandimento anziché di notte con il telescopio». Nel resoconto, come negli «Annals», citò la signora Fleming e la signorina Maury. Era stata la nipote di Henry Draper, sottolineò, che aveva scoperto il raddoppiamento delle righe di Beta Aurigae.

Fedele alle abitudini, Pickering distribuì il quarto resoconto annuale dell'Henry Draper Memorial in lungo e in largo, pubblicandolo anche in «Nature» e in altri periodici scientifici. L'articolo trovò uno dei suoi lettori più interessati nel colonnello inglese John Herschel, astronomo e ingegnere militare. Nipote di William Herschel (lo scopritore del pianeta Urano) e figlio di Sir John Herschel (tre volte presidente della Royal Astronomical Society), il colonnello aveva assistito a molti progressi importanti nello studio del cielo.

«Ho appena ricevuto l'ultimo resoconto dell'H.D. Mem.» scrisse a Pickering il 28 maggio 1890. «Č assai caotico, ma vi prego di riferire alla signorina Maury le mie congratulazioni per aver legato il proprio nome a uno dei più ragguardevoli avanzamenti mai fatti nell'astronomia fisica.»

Come la famosa prozia del colonnello, Caroline Herschel, la signorina Maury era entrata in un ambito di scoperta dominato dagli uomini, tuttavia era stata tra i primi astronomi a rilevare un gruppo di oggetti totalmente nuovo con l'innovativo metodo della fotografia spettrale. Il futuro di questa tecnica, come quello della signorina Maury, sembrava molto promettente.

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4
La stella nova



Nulla stupiva un astronomo più della comparsa improvvisa di una nuova stella dove prima non ne erano mai state avvistate. Quando il leggendario danese Tycho Brahe alzò lo sguardo verso il cielo buio e notò il fenomeno, lo definì «il più grande prodigio che si sia mai manifestato nella natura tutta dall'inizio del mondo». De nova stella, il suo resoconto della meraviglia cui assistette nel 1572, confutò la tesi aristotelica dell'immutabilità delle sfere celesti. Di sicuro l'apparizione repentina della nuova stella e la sua scomparsa un anno dopo dimostravano che il mondo al di là della Luna era suscettibile di cambiamento.

Poco dopo la morte di Tycho, avvenuta nel 1601, un'altra nova esplose in tutto il suo splendore. Galileo a Padova e Giovanni Keplero a Praga osservarono la nuova stella del 1604, così luminosa da essere visibile durante il giorno per più di tre settimane. Anche se nei secoli successivi non si materializzarono ulteriori novae osservabili a occhio nudo, alcuni astronomi fortunati che puntarono il telescopio nel posto giusto al momento giusto ne scoprirono altre sette tra il 1670 e il 1892. Poi Mina Fleming ne individuò un'ottava. Il 26 ottobre 1893, mentre era china sul leggio e, come di consueto, esaminava con la lente d'ingrandimento una lastra fotografica appena arrivata dal Perù, incappò in una stella con il peculiare spettro tipico delle novae, una decina di vistose righe dell'idrogeno, tutte brillanti.

Il direttore inviò un cablogramma con l'entusiasmante notizia a Solon Bailey, che aveva scattato la fotografia più di tre mesi prima, il 10 luglio. Pickering sperava che nuove immagini di Bailey avrebbero rivelato cosa eventualmente fosse rimasto della nova. Intanto la signora Fleming consultò le vecchie lastre per vedere cosa l'avesse preceduta, ma non trovò traccia della stella nelle altre fotografie della stessa regione. L'astro doveva essere stato davvero molto fioco prima di passare dall'invisibilità alla settima magnitudine.

La nova apparteneva a una costellazione identificata e battezzata alla metà del XVIII secolo dall'astronomo francese Nicolas-Louis de Lacaille durante un viaggio verso sud. Dove altri avrebbero forse visto animali o divinità, Lacaille aveva distinto quattordici strumenti della scienza moderna, tra cui il Microscopio, il Telescopio, la Macchina pneumatica (in latino, Antlia) e il Regolo (in origine, Norma et Regula, con riferimento alla squadra e alla livella dell'agrimensore). Ora, grazie alla signora Fleming, la piccola e anonima costellazione del Regolo diventò famosa perché conteneva la prima nova a essere stata rilevata dalla fotografia spettrale. Era solo la decima stella di quel tipo a essere stata osservata nella storia documentata, ed era sua.

L'ultima, la nuova stella del 1891, era stata avvistata visualmente con il telescopio di un dilettante di Edimburgo, che aveva avvertito l'astronomo reale scozzese con una cartolina anonima. La segnalazione tempestiva aveva permesso agli osservatori di Oxford e Potsdam di fotografare la nova pochi giorni dopo la sua scoperta. Ora Pickering mise un'immagine dello spettro di quella nova accanto a una fotografia dello spettro di Norma. Le due erano quasi identiche. Insieme, costituivano l'esempio ideale per l'annuncio della nuova scoperta «della signora M. Fleming», che Pickering pubblicò in «Astronomy and Astro-Physics» ai primi di novembre. «La somiglianza tra le due nuove stelle è interessante» sottolineava nell'articolo «perché, se confermata da altre nuove stelle, dimostrerà che esse appartengono a una nuova classe caratterizzata da una composizione o da una condizione fisica assai simile.» Quel che era più importante, la somiglianza aveva permesso alla signora Fleming di fare la scoperta e avrebbe potuto condurla verso altri avvistamenti mentre continuava a setacciare gli spettri raccolti per l'Henry Draper Memorial.

Pickering considerava la nova – qualunque nova – il non plus ultra delle stelle variabili. Le novae erano il primo dei cinque tipi di variabili che aveva definito. Come gli astronomi avevano diviso le moltitudini di stelle in categorie di colore, luminosità o spettro nell'incessante tentativo di svelarne la natura, anche le variabili, più rare, potevano essere raggruppate in base al comportamento. Una nova, una stella «nuova» o «temporanea», esplodeva e si spegneva solo una volta durante il suo ciclo di vita. Il suo breve splendore distingueva così il tipo I dalle variabili «a lungo periodo» del tipo II, che subivano lente modifiche cicliche della durata di uno o due anni, monitorate dal gruppo di volontari riunito da Pickering. Le variabili del tipo III mostravano solo leggeri cambiamenti, difficili da seguire con telescopi piccoli; quelle del tipo IV variavano continuamente in brevi lassi di tempo, mentre quelle del tipo V si erano rivelate «binarie a eclisse», o coppie di stelle che periodicamente bloccavano una la luce dell'altra.

Si potevano solo fare congetture sulla causa del rapido aumento di luminosità delle novae. Qualcosa (una collisione stellare, forse?) spingeva la stella a rilasciare e a incendiare enormi quantità di gas idrogeno. Gli spettri delle due novae più recenti contenevano ritratti perfetti dell'idrogeno incandescente. Se Pickering si fosse accorto subito dell'esplosione, e non solo quindici settimane dopo, avrebbe potuto seguire il lento declino della nova Norma, osservando le righe brillanti che si spegnevano e lo spettro che tornava simile a quello di una stella normale.

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6
Il titolo della signora Fleming



L'astro di Mina Fleming era in ascesa. Nel 1899, su suggerimento di Pickering, l'Harvard Corporation le assegnò ufficialmente la nuova posizione di curatrice delle fotografie astronomiche. A quarantadue anni diventò così la prima donna in assoluto a detenere un titolo all'interno dell'osservatorio, del college o dell'università in generale.

Nello stesso periodo l'arrivo del nuovo secolo ispirò l'amministrazione di Harvard a creare una capsula del tempo dedicata alla vita nel campus, con fotografie, pubblicazioni, temi e diari di studenti, docenti e collaboratori. La signora Fleming scrisse diligentemente un resoconto per il «baule del 1900» nell'arco di sei settimane.

«Nell'edificio astrofotografico dell'osservatorio» iniziò il 1° marzo 1900 su un taccuino giallo a righe «dodici donne, compresa la sottoscritta, sono impegnate nell'analisi delle fotografie; identificazione, esame e misurazione; riduzione di queste misure e preparazione dei risultati per il tipografo.» Ogni giorno le astronome si mettevano al lavoro in coppia, una con il microscopio o la lente d'ingrandimento sopra una lastra di vetro incorniciata, e l'altra che teneva un registro aperto sulla scrivania o sulle ginocchia, annotando le osservazioni della collega. Un ronzio di numeri e lettere, simile a un fiume di conversazioni in codice, pervadeva la sala dei calcoli.

[...]


Dopotutto, gli astronomi non erano ancora in grado di associare determinate caratteristiche delle stelle, come la temperatura o l'età, ai vari raggruppamenti di righe spettrali. Ciò di cui necessitavano era una classificazione coerente, un circuito di attesa per le stelle, che facilitasse le ricerche successive. La signorina Cannon ritenne opportuno spostare le stelle O della signora Fleming dall'ultima alla prima posizione della lista, dando alle righe dell'elio la precedenza rispetto a quelle dell'idrogeno, come aveva fatto la signorina Maury. Analogamente, nella sua valutazione, le stelle B venivano prima delle A. A parte queste correzioni, l'ordine alfabetico continuò a prevalere, salvo dove la signorina Cannon aveva fuso tra loro determinate categorie. La C, la D, la E e altre classi svanirono. L'ordine risultante fu O, B, A, F, G, K, M (in seguito un burlone di Princeton inventò l'espediente mnemonico Oh, Be A Fine Girl, Kiss Me!, cioè «Oh, fa' la brava ragazza, baciami!»).

Il 1° marzo la signora Fleming annotò sul diario anche «la classificazione degli spettri delle stelle deboli per il Southern Draper Catalogue».

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15
La vita delle stelle



Negli anni della guerra Cecilia e Sergej Gapoščkin ebbero l'osservatorio quasi tutto per loro. Spesso portavano i figli in ufficio, lasciando che andassero in slitta sulla ripida china di Observatory Hill o che giocassero a nascondino nella catacomba polverosa sotto il Great Refractor. Avevano ora un terzo figlio, Peter, nato il 5 aprile 1940. Oltre alla casa in Shade Street a Lexington possedevano anche una piccola fattoria vicino a Townsend, dove un vicino li aiutava ad allevare maiali e pollame per í mercati della zona. Essendo cittadini statunitensi, consideravano il lavoro agricolo un dovere patriottico e consegnavano la carne e le uova con un calesse trainato da un cavallo per risparmiare le razioni di benzina. Nel 1942, quando gli americani giapponesi sulla costa occidentale furono costretti a trasferirsi nei campi di internamento, i Gapoščkin ospitarono la famiglia del reverendo Casper Horikoshi, i cui figli giocavano abitualmente con Edward e Katherine.

Per comprendere e far comprendere meglio la crisi mondiale, la coppia fondò il gruppo di discussione Forum for International Problems, che, con l'entusiastica approvazione di Shapley, si riuniva di sera, a settimane alterne, nella biblioteca dell'osservatorio. Gli oratori arrivavano da tutte le facoltà dell'università e dalle comunità di Boston e Cambridge. La signora Gapoščkin, la presidentessa, cercava di essere imparziale, soprattutto, dice, quando i partecipanti «esponevano le loro tesi con ardore smodato». Certe volte temeva che le controversie sul podio sfociassero nella violenza fisica.

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Pagina 316

Ogni cosa sembrava diversa dopo la guerra, quando le solite atrocità dei conflitti armati furono messe in ombra dall'eliminazione sommaria di centinaia di migliaia di essere umani con un nuovo tipo di armi. Si cominciò a dire che la scienza aveva «conosciuto il peccato».

Shapley, pur aspettando con impazienza che l'osservatorio tornasse alla gloria del passato, era disgustato da ciò che aveva visto. «Dovremmo forse costruire nuovi grandi edifici nelle aree urbane in questa epoca di bombe atomiche?» domandò nel resoconto del 1946 al rettore Conant. «Il personale dell'osservatorio, con la sua esperienza e le sue conoscenze specializzate, dovrebbe forse contribuire alla creazione di istituzioni scientifiche internazionali che alimentino il buonsenso mondiale? I nostri esperti di balistica, di razzi e di ottica dovrebbero, come mi auguro, spostare l'attenzione dalle applicazioni belliche della scienza? Dovremmo pensare di sotterrare le fotografie, i registri e le pubblicazioni migliori in modo tale che possano essere scoperti e utilizzati in un millennio futuro, quando tra gli animali superiori prevarrà una minore stupidità sociale?»

Questi commenti, uniti alla politica liberale del direttore e all'aiuto che prestò agli scienziati stranieri deportati, suscitò i sospetti della Commissione per le attività antiamericane. Nel novembre del 1946 Shapley ricevette un mandato di comparizione per un'udienza a porte chiuse a Washington, ma non fu oggetto di sanzioni penali. In seguito, quando il senatore Joseph McCarthy insinuò che fosse legato alle organizzazioni comuniste, il direttore lo accusò di «raccontare sei menzogne in quattro frasi, probabilmente battendo qualunque record di mendacia».

Se la guerra aveva reso gli astronomi consapevoli della loro utilità per la difesa nazionale, aveva anche insegnato al governo quanto fosse importante sostenere determinati settori della ricerca astronomica. Si sapeva, per esempio, che il Sole influiva sullo strato dell'atmosfera terrestre in cui viaggiavano le trasmissioni radio. Una stazione ad alta quota per monitorare il comportamento del Sole, costruita nel 1941 dall'osservatorio di Harvard vicino a Climax, nel Colorado, diventò così la preferita dell'Ufficio per le ricerche navali. Durante il conflitto, quando le operazioni militari su larga scala dipendevano dalle comunicazioni radio, gli attacchi erano stati programmati in base agli orari del Sole. Nel dopoguerra i progressi nel nuovo campo delle relazioni Sole-Terra offrirono benefici diretti all'aviazione e alla navigazione commerciale. Nel sito di Climax, un progetto avviato da Harvard in tempo di pace per fotografare le meteore forniva interessanti informazioni sulla temperatura, sulla densità e sulla resistenza atmosferica.

Le agenzie governative, però, giudicarono superfluo lo studio delle variabili o della struttura della Via lattea e del suo posto tra le altre galassie. Shapley, dunque, ebbe qualche difficoltà a ridare vitalità alle sue aree di indagine preferite. Aveva urgenza di assumere nuove addette ai calcoli, ma i modesti salari per quel tipo di lavoro sembrarono ancora più bassi dopo la guerra, quando l'inflazione determinò l'aumento dei prezzi e le nuove industrie cominciarono a pagare salari più alti. Rendendosi conto di quanto la ricerca avesse bisogno del sostegno degli organi non militari, Shapley contribuì a creare la National Science Foundation negli Stati Uniti e anche l'Unesco, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura.

Nel 1946 l'amministrazione di Harvard reagì alle sue attività politiche di sinistra ristrutturando la gerarchia dell'osservatorio. Shapley conservò il titolo di direttore, ma dovette cedere il controllo a un nuovo Observatory Council, formato da Bart Bok, Donald Menzel, Cecilia Payne-Gapoščkin e Fred Whipple, un esperto di meteore e comete che faceva parte dello staff dal 1931. Bok fu promosso docente di ruolo e direttore associato, responsabile della supervisione di Oak Ridge. Menzel fu nominato direttore del dipartimento di astronomia e direttore associato per le ricerche sul Sole. La signora Gapoščkin mantenne la qualifica di Phillips Astronomer.

Dopo la guerra alcuni ex dipendenti dell'osservatorio tornarono al lavoro accettando i vecchi salari, per quanto esigui. Spinta dall'amore per l'astronomia, Ellen Dorrit Hoffleit rientrò nel 1948 a metà della sua paga bellica. Laureatasi al Radcliffe nel 1928, era approdata all'osservatorio subito dopo il college. Aveva cominciato a studiare le variabili, ma ben presto era passata alle meteore e poi alla determinazione della luminosità stellare in base alla larghezza delle righe spettrali. Il lavoro bellico l'aveva portata dal Mit Radiation Laboratory al Ballistic Research Laboratory del poligono militare di Aberdeen nel Maryland, e infine al poligono missilistico di White Sands nel Nuovo Messico. Aveva effettuato calcoli su qualunque cosa, dalle tavole di tiro per i cannoni della marina alle velocità dei missili V-2 catturati. Quando poté dedicarsi di nuovo all'astronomia, utilizzò i calcolatori presi a noleggio dall'Ibm per analizzare i dati sulla distribuzione stellare. Di lì a poco gli addetti ai calcoli sarebbero stati soppiantati dagli 0 e dagli 1 del sistema binario.

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Catherine Wolfe Bruce si appassionò all'astronomia troppo tardi per trovare risposta alle sue domande sull'universo. La medaglia che finanziò, tuttavia, continua a perpetuare il suo nome legandolo a ogni progresso significativo in questo campo. Tra gli oltre cento vincitori che hanno ricevuto tale riconoscimento alla carriera, Arthur Stanley Eddington decifrò la struttura interna delle stelle, notando che la massa al momento della nascita determina il loro destino finale; Henry Norris Russell descrisse l'andamento dell'evoluzione stellare, dimostrando che le stelle passano da un colore all'altro man mano che invecchiano; e Hans Bethe spiegò il processo di fusione nucleare con cui le stelle generano calore e luce. Oltre a Edward Pickering, tra i vincitori della medaglia Bruce che lavorarono all'Osservatorio di Harvard si annoverano Harlow Shapley, Bart Bok e Fred Whipple, che presentò il modello a ghiaccio sporco della composizione delle comete.

Finora solo quattro donne sono state insignite della medaglia Bruce. La prima, nel 1982, fu Margaret Peachey Burbidge, un'inglese che studiò gli spettri delle galassie e, in collaborazione con il marito Geoffrey e i colleghi William Fowler e Fred Hoyle, dimostrò che gli elementi pesanti sono prodotti dentro le stelle. Nel 1990 la medaglia andò a Charlotte Moore Sitterly. Nel 1929, quando lavorava a Princeton come addetta ai calcoli, approfittò del fatto che Henry Norris Russell fosse via per un anno sabbatico e si iscrisse all'università della California a Berkeley, dove conseguì il dottorato nel 1931, svolgendo ricerche sugli spettri delle macchie solari. Dopo essere tornata a Princeton e aver sposato l'astronomo Bancroft Sitterly nel 1937, continuò a lavorare e poi diventò responsabile del programma di spettroscopia atomica al National Bureau of Standards.

Vera Rubin, che frequentò il Vassar per il legame storico del college con Maria Mitchell, ricevette la medaglia Bruce nel 2003 per le sue misurazioni della rotazione galattica, che condussero alla scoperta della materia oscura. Sandra Moore Faber, la vincitrice del 2012, si specializzò a Harvard, ma passò la carriera negli osservatori dell'università della California, studiando la formazione, la struttura e il clustering delle galassie. Nel 2013 fu tra i dodici vincitori della National Medal of Science.

Il telescopio che aveva preso il nome dalla signorina Bruce ed era stato definito da Shapley «il grande cacciatore di galassie dell'emisfero meridionale» fu smantellato nel 1950. A Bloemfontein, cedette la montatura a un nuovo strumento da 30 pollici che prometteva di scattare fotografie ancora più nitide con tempi di esposizione più brevi. La lente e il tubo del Bruce, entrambi intatti, rimasero inutilizzati per anni in Africa prima di essere rispediti negli Usa, dove restarono in disuso a Oak Ridge. La vecchia cupola del Bruce ad Arequipa fu trasformata in cappella.

La signorina Bruce è sepolta, come aveva chiesto, al Green-Wood Cemetery a Brooklyn, all'epoca il cimitero per gli abitanti più facoltosi e illustri della città. Anche il dottor Henry Draper e signora riposano lì, sotto una lapide pentagonale con incisa la medaglia del Congresso che premiò il ruolo dello studioso nell'osservazione del transito di Venere nel 1874.

Per gli astronomi, la medaglia Draper, come la medaglia Bruce, è tuttora un importante riconoscimento alla carriera. Tra i ricercatori che se le sono aggiudicate entrambe figurano Edward Pickering, George Ellery Hale, Arthur Stanley Eddington, Harlow Shapley e Hans Bethe. Nel gruppo, purtroppo, non compaiono nomi femminili. Da quando la signorina Cannon ricevette la medaglia Draper, una sola donna è riuscita a uguagliarla: la radioastronoma Martha P. Haynes della Cornell University, che nel 1989 divise l'onorificenza con Riccardo Giovanelli per la mappatura della distribuzione a grande scala delle galassie.

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La monumentale opera di classificazione stellare conosciuta come Henry Draper Catalogue and Extension, iniziata sotto Williamina Fleming negli anni Ottanta dell'Ottocento e continuata fino al 1940 da Annie Jump Cannon, è ancora in uso. Ogni studente di astronomia impara l'ordine delle temperature stellari memorizzando la frase Oh, Be A Fine Girl/Guy, Kiss Me. Per anni, durante il corso introduttivo di astronomia a Harvard, si è tenuto un concorso per inventare un espediente mnemonico più intelligente e meno sessista, ma l'originale anonimo conserva la sua utilità e mantiene il posto d'onore. Restano in vigore anche le migliaia di numeri identificativi Henry Draper, assegnati alle stelle dalle addette ai calcoli. La stella HD 209458, per esempio, una variabile nella costellazione di Pegaso, fece notizia quando i metodi di rilevamento moderni individuarono un pianeta che le orbitava intorno.

Il sistema di classificazione di Antonia Maury, con i suoi ventidue tipi spettrali e vari sottotipi, fu giudicato dai contemporanei troppo complesso per prendere piede. Alcune delle sue distinzioni si rivelarono fondamentali, tuttavia, per determinare le magnitudini e le età di stelle che appartenevano alle stesse categorie generali. Dopo che Ejnar Hertzsprung ebbe elogiato l'acume della signorina Maury nel 1908, uno dei suoi simboli grafici fu introdotto nella classificazione Draper nel 1922, e nel 1943 il nuovo Mkk incorporò altre designazioni. Nel 1978, circa venticinque anni dopo la morte della signorina Maury, il suo sistema ricevette un'ulteriore convalida quando William Morgan pubblicò il Revised MK Spectral Atlas for Stars Earlier Than the Sun con i nuovi coautori Helmut Abt e J.W. Tapscott. Morgan dedicò il volume «ad Antonia C. Maury (1866-1952), grande morfologista degli spettri stellari».

Henrietta Leavitt non contribuì alla classificazione, ma il suo studio sulle variabili e la scoperta della relazione tra periodo e luminosità nelle cefeidi hanno avuto un impatto equivalente, se non addirittura maggiore, sui progressi in campo astronomico. Una volta calibrata e applicata al problema della misurazione delle distanze nello spazio, la relazione periodo-luminosità della signorina Leavitt permise a Harlow Shapley di allargare i confini della Via lattea. Le stesse cefeidi, esaminate con le medesime tecniche analitiche, consentirono a Edwin Hubble di stimare le enormi distanze dalle nebulose a spirale. Hubble usò le cefeidi nel 1924 per dimostrare che la Via lattea non era l'unica galassia dell'universo, e poi che l'universo si espandeva sempre di più, come rivelato dalla rapida fuga delle galassie più esterne. Le cefeidi, tuttavia, avevano molto altro da dire sulle distanze cosmiche. Durante la Seconda guerra mondiale, Walter Baade, un immigrato tedesco che lavorava sul Monte Wilson dal 1931, approfittò dei blackout che rendevano il cielo notturno ancora più buio. Il suo studio dettagliato delle stelle nella galassia di Andromeda permise di dividere le cefeidi in due sottogruppi. Di conseguenza egli ricalibrò la scala delle distanze e arrivò a una dimensione complessiva dell'universo che raddoppiava la stima di Hubble. Oggi gli astronomi usano la relazione periodo-luminosità per misurare l'attuale velocità di espansione dell'universo.

La relazione tra spostamento verso il rosso e distanza che Hubble vide nelle nebulose ha preso il nome di legge di Hubble. Per lo stesso motivo, sostengono alcuni scienziati, la relazione tra periodo e luminosità che gettò le basi per le scoperte di Hubble andrebbe giustamente rinominata legge di Leavitt. Questa idea è in circolazione dal gennaio del 2009, quando il consiglio esecutivo dell'American Astronomical Society approvò all'unanimità una risoluzione a favore della modifica terminologica. L'occasione fu il centenario della «prima presentazione, da parte di Henrietta Leavitt, della relazione periodo-luminosità nelle cefeidi, una feconda scoperta astronomica che continua ad avere grande importanza». Anche se i membri del consiglio ammisero che l'Aas non aveva l'«autorità necessaria per decidere la nomenclatura astronomica», dissero che personalmente sarebbero stati «molto contenti» di assistere alla diffusione della dicitura «legge di Leavitt».

Oggi, quando si menzionano le addette ai calcoli dell'Osservatorio di Harvard, si tende a descriverle come vittime sottopagate e sottovalutate di un ingranaggio economico. Pickering è accusato di aver assegnato loro un lavoro noioso che gli uomini non si sarebbero mai abbassati a fare, ma nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. Prima che l'astronomia si trasformasse in astrofisica all'inizio del XX secolo, sia gli uomini sia le poche donne dediti a questa scienza erano schiavi consenzienti della routine. Arthur Searle, il direttore provvisorio durante l'interregno tra Winlock e Pickering, cercò di spiegare questa realtà a un giornalista incaricato di descrivere la vivace atmosfera dell'osservatorio. «Mi pare giusto avvertirvi» disse a Thomas Kirwan del «Boston Herald» «che il vostro articolo non potrà essere insieme veritiero e divertente. Il lavoro dell'astronomo è monotono quanto quello di un contabile, con cui ha una forte somiglianza. Anche i risultati raggiunti con il lavoro astronomico, pur riguardando argomenti più nobili delle banali questioni commerciali, sono assai meno interessanti del risultato contabile, almeno per il lettore generico, a meno che non siano così contraffatti dalla fantasia da aver poco a che fare con la scienza.»

Pickering, seppure affascinato dalle scoperte che faceva di notte con il fotometro, inaugurò una nuova era della fotografia e della spettroscopia che rivoluzionò l'osservatorio. Quando salì in carica, diverse assistenti erano già lì. Ne reclutò altre e affidò loro la classificazione stellare. Inoltre chiese aiuto per l'osservazione delle variabili alle ex studentesse e alle docenti dei college femminili. Il suo atteggiamento verso le donne, considerato più che giusto da molte persone, attirò finanziamenti che stimolarono ulteriormente la partecipazione femminile all'astronomia. Quando Harlow Shapley arrivò a Harvard, riuscì a convogliare il denaro delle borse di studio in un programma di specializzazione per neolaureati che all'inizio privilegiò necessariamente le donne rispetto agli uomini. Il conseguimento, da parte di Cecilia Payne, del primo dottorato in astronomia a Harvard con una dissertazione che metteva in discussione la struttura dell'universo si ricollega direttamente all'«harem» di Pickering e alla singolare collezione di lastre dell'osservatorio.


Gli astronomi moderni non usano più le lastre di vetro per fotografare il cosmo. I Ccd, o dispositivi ad accoppiamento di carica, cominciarono a sostituire la pellicola fotografica negli anni Settanta, e nell'ultimo ventennio quasi tutte le immagini celesti sono state catturate e memorizzate con strumenti digitali. Ma per quanto le moderne tecniche di esplorazione del cielo siano accurate, non possono vedere come apparisse la volta celeste in una certa data tra il 1885 e il 1992. L'archivio di cent'anni di notti stellate conservato nella collezione di Harvard resta unico, inestimabile e insostituibile.

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