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| << | < | > | >> |Indice5 Dallo svago per pochi allo svago per tutti 23 Pubblico e privato 55 Dalla villeggiatura alla vacanza di massa 97 Tempo di festa 125 La politica e il tempo libero 153 Il mercato del tempo libero 188 Foto simbolo 190 Letture consigliate 191 Referenze fotografiche |
| << | < | > | >> |Pagina 5Tempo della festa, tempo libero, tempo per séL'architettura temporale della civiltà capitalistica occidentale è una costruzione complessa, a piú strati, dove il riferimento costante è a tempi quantitativi (quelli dell'orologio e del calendario) e a tempi qualitativi (tempo del lavoro, tempo libero, tempo della festa, tempo per sé). È a questi ultimi che si è rivolta l'attenzione di studiosi di diversi campi (dalla storia alla sociologia, all'antropologia) per dare risposte a quesiti del tipo: come consumare tutte le unità di tempo libero? come riempire le «quote» libere crescenti con relazioni sociali e personali piú ricche e piacevoli? come ritrovare spazi personali riconducibili al vecchio modello dell' otium? E ancora: come combinare in una nuova sintesi elementi della vecchia e della nuova cultura salvaguardando la sfera del privato e non annullandola nel pubblico? Sicuramente la conservazione di tradizioni culturali consolidate - anche se, come scrive E.P. Thompson, occorre avere sempre presente che nessuna cultura riappare nella stessa forma - è una prima risposta. E niente piú delle feste risponde a questa realtà. Le feste, pubbliche o familiari, hanno una storia antica, tramandata da versi, racconti, rappresentazioni pittoriche e fotografiche. Non mancano mai negli album di famiglia fotografie di battesimi o matrimoni, cosí come non mancano nelle raccolte pubbliche o private immagini di fiere di paese, di feste pubbliche laiche o religiose. Sono immagini, queste ultime, che testimoniano il ripetersi nel tempo di balli in piazza, di baracconi delle meraviglie o di giostre per bambini, di funamboli e di fuochi d'artificio. Un esempio di tempo di festa che si è perpetuato dall'antichità a oggi è quello del carnevale. Il carnevale è una perfetta coincidenza di azione e di tempo festivo: si svolge in un periodo ben preciso dell'anno, compreso tra la fine delle feste natalizie e la Quaresima, e significa balli, mascherate, sfilate allegoriche a cui tutti sono chiamati a partecipare liberamente. Si può dire che quasi ogni paese d'Italia abbia le sue sfilate, da quelle di Viareggio a quelle di Cento e Fano, ad altre meno rinomate, ma non per questo meno frequentate e meno coinvolgenti. Di tutte rimangono preziose tracce di memoria collettiva nelle raccolte di fotografi professionisti e dilettanti, che ne hanno fissato con dovizia di particolari le caratteristiche e le evoluzioni nel tempo. Il tempo della festa comunque non può essere la risposta unica ai quesiti che abbiamo proposto. Nella società contemporanea che si appresta a varcare la soglia del terzo millennio, sono avvenuti tali e profondi mutamenti da farci ulteriormente riflettere sul tempo quale bene da investire con oculatezza per conciliare lavoro produttivo, lavoro di cura e tempo libero. Le indagini piú recenti condotte dagli «osservatori sui tempi», nati all'interno dei centri studi dei sindacati o delle amministrazioni comunali di città grandi e piccole (Milano, Varese, Bologna, Imola), offrono risultati sorprendenti in quanto a fruizione del tempo libero. Dalle interviste effettuate emerge come gli italiani dichiarino di occupare lo spazio del tempo libero in ambito familiare e non tanto muovendosi, ma restando nella propria abitazione. Se il tempo libero dei nostri nonni era occupato dal racconto orale e dalle frequentazioni, ora si guarda la televisione, si ascolta musica, si naviga su Internet: in entrambi i casi sempre nello spazio domestico, anche se prima si trattava di una partecipazione corale e oggi di una immersione solitaria. L'attenzione familistica è confermata anche dalla sempre minore partecipazione ad associazioni o gruppi, compresi i sindacati e i partiti; si conferma invece l'importanza della lettura e dell'ascolto della musica, della pratica sportiva, del piacere di stare con gli amici. In questo quadro emergono situazioni come quelle della pesca, passatempo che presuppone una disciplina personale molto rigida (quella del silenzio), il giardinaggio, il bricolage o arte del fare da sé, moderna interpretazione dell'arte del focolare, per la quale si è attrezzata una fiorente industria che consente a chi pratica il bricolage non solo di «rappezzare la casa», ma di costruire armadi, tavoli, e anche di dedicarsi ad attività come il modellismo. In queste scelte è la risposta alla rivendicazione, espressamente dichiarata, di conquistare quello che i sociologi pongono come terzo elemento all'interno del sistema binario tempo di lavoro/tempo libero, cioè il tempo per sé. Che è il tempo per riposare, per orientarsi, per informarsi, per prendere decisioni, per stare con se stessi, per ascoltarsi. Il tempo per sé, scrive la sociologa Laura Balbo, «è condizione per l'apprendimento continuo, per l'autocoscienza, per la costruzione della riflessività: processi che caratterizzano gli attori sociali nella vita quotidiana». Non è tempo libero e non è tempo del lavoro, anche se come il primo è caratterizzato dalla flessibilità e come il secondo non è né irrinunciabile né occasionale. Non è il loisir, privilegio della classe agiata dei secoli scorsi, e nemmeno l'otium degli antichi, condizione riservata a pochi. È invece un tempo la cui necessità e il cui impiego sono determinati dal desiderio di costruire l'organizzazione sociale e l'esperienza individuale in modi prima mai conosciuti. Raccogliendo le sollecitazioni dei sociologi, anche gli storici sono chiamati a ri-raccontare la storia del «tempo», mettendo in luce, ha scritto Nicola Gallerano, «come la costruzione e la pratica del tempo nella società di massa non siano un processo univoco di piú o meno forzata omologazione ma un terreno di conflitto, aperto a soluzioni diverse». I soggetti da studiare non sono qui soltanto operai e contadini e le loro organizzazioni ma aggregati sociali piú vasti, in primo luogo la crescente nebulosa dei ceti medi. Lungi dal descrivere una massa uniforme, gli usi sociali del tempo libero possono al contrario illustrare la moltiplicazione dei networks degli utenti, far emergere le differenze generazionali e di genere, esaltare le scelte individuali. Sono, almeno da noi, le cose meno studiate e quelle dalle quali è lecito attendersi il contributo piú nuovo e incisivo per lo studio delle società complesse contemporanee. Vacanze e sport, consumo dei mass-media, intrattenimenti individuali e di gruppo, familiari e giovanili, non sono fenomeni marginali o complementari ma parti integranti della vita contemporanea, della sua "sociabilità"». La storia del tempo libero si richiama anche, come vedremo, al problema della gestione del consenso nella società di massa e ai suoi aspetti istituzionali, politici e culturali; ma in essi non si risolve completamente, in quanto è anche legata al modellarsi di comportamenti sociali, diversamente intesi rispetto a uno specifico uso del tempo destinato ad attività in qualche modo ricreative. Per questo la storia del tempo libero finisce per porsi legittimamente nel campo di indagine di quella che si chiama storia della sociabilità. Una sociabilità che è stata «rappresentata» anche per immagini: nel caso delle organizzazioni dopolavoristiche, che trovano il loro presupposto nello Stato, l'intento della fotografia è didascalico e funzionale al consenso; nel caso di agenzie di viaggio, tour operators, aziende di promozione turistica, l'immagine fotografica serve da motore e da spinta per attirare il tempo libero nella direzione e nello spazio voluti. In altre parole: le prime illustrano ciò che è avvenuto, le seconde lasciano immaginare ciò che potrebbe avvenire. Fra questi due momenti si insinua, parallelamente allo sviluppo della tecnica fotografica, il gusto personale di ritrarre (e ritrarsi) i momenti del tempo libero, della gita, della vacanza. | << | < | > | >> |Pagina 8Tempo libero tra Stato e politicaIl tempo libero - diverso sia dal tempo del riposo, sia dall' otium inteso come momento di riflessione e di arricchimento culturale e contrapposto al negotium, ossia al tempo della politica e degli affari - è un fenomeno che caratterizza la società contemporanea da un punto di vista sia sociale che culturale. La sua affermazione ha segnato il passaggio dalla sfera del privato, domestico e religioso, al momento pubblico, spettacolare e laico. Strumento e forma di socializzazione, il tempo libero è stato prima di tutto una conquista sindacale e politica per le masse, ma anche, in concomitanza con certe fasi storiche, una forma e un mezzo di controllo e di irreggimentazione delle stesse. È ampiamente noto come una delle caratteristiche dei regimi totalitari sia stata la creazione di organismi che dipendevano dal partito unico e che erano incaricati, contemporaneamente, di fissare le norme di utilizzazione del tempo libero e di garantire l'offerta di una gamma molto ampia di passatempi. Cosí in Italia, dove il decreto costitutivo dell'Opera nazionale dopolavoro (1° maggio 1925) costituí una sorta di carta del tempo libero, come in Germania, dove, ispirandosi al modello dopolavoristico italiano, il 27 novembre 1933 venne organizzato il Nacb der Arbeit (Dopo il lavoro) con il compito di occuparsi del tempo libero dei lavoratori tedeschi. Entrambe le organizzazioni dovevano dedicarsi, come si legge nel testo italiano, alla creazione «di istituzioni in grado di elevare fisicamente, culturalmente e moralmente i lavoratori intellettuali e manuali durante le loro ore di libertà». Nella società borghese dell'Italia ottocentesca, come prima in quella aristocratica di antico regime, qualsiasi iniziativa legata al tempo libero aveva un carattere strettamente privato e l'intervento statale in quel campo del vissuto di uomini e donne era pressoché nullo. Con l'obiettivo dichiarato di «fare gli italiani», i governi liberali considerarono il tempo libero (privilegio di pochi) un settore di scarso interesse per i loro programmi formativi, tutti di segno prevalentemente politico. Questa scelta era motivata anche da preclusioni di tipo ideologico: erano proprio i principi liberali a porsi in contrasto con un possibile intervento dello Stato sul tempo libero dei cittadini, spazio considerato privato, inviolabile e sacro. Timidamente solo i partiti di sinistra (e in parte il mondo cattolico) avevano avvertito, nei decenni a cavallo dei due secoli, la necessità di creare una rete di iniziative associative in grado di spaziare dallo sport all'escursionismo, dalla cultura agli spettacoli, dai giochi alle feste. Tutti eventi scrupolosamente immortalati dagli sguardi delle macchine fotografiche, quasi a voler sottolineare il nuovo spazio esistenziale che si apriva al proletariato sulla falsariga della classe borghese. Proprio quei circoli (case del popolo in primis) saranno i primi obiettivi di ritorsione e di assalti da parte delle squadre fasciste, come riaffermazione del divario esistente fra le varie classi sociali. Va aggiunto, comunque, che si trattò di una questione non solo italiana: il tempo libero fu inizialmente un momento di tensione e di confronto fra chi riteneva che fosse una quantità di tempo sottratta al dominio del lavoro organizzato di fabbrica da lasciare alla discrezione del singolo e chi invece tentava di finalizzarlo funzionalmente in direzioni e progetti precisi. In Francia, ad esempio, senza distinzione, esponenti del mondo cattolico come di quello socialista concordavano con gli imprenditori piú illuminati nell'idea che le ferie pagate dovevano costituire un tempo privilegiato di educazione popolare; in questo senso dunque il tempo libero doveva servire a realizzare il primo sviluppo dell'uomo, e in tale direzione si pubblicizzavano i viaggi come possibilità di riposo e di formazione, di arricchimento di energie fisiche a contatto con la natura, di possibilità di conoscenze stimolanti e attraenti. | << | < | > | >> |Pagina 17Ma ciò che piú di ogni altra cosa colpí l'immaginario popolare all'inizio del Novecento fu il cinema, dapprima come spettacolo ambulante in occasione delle fiere di paese, poi sempre piú integrato nell'area cittadina, con vere e proprie sale di proiezione stabili e dai nomi esotici e accattivanti: Trianon, Eldorado, Splendor. Al suo apparire lo spettacolo cinematografico fu considerato solo un passatempo popolare, poco amato dai ceti borghesi che continuarono a preferirgli il teatro almeno fino al primo dopoguerra.
Poi fu la volta della radio, che ebbe il suo
periodo d'oro tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta: in
questi anni furono molte le trasmissioni radiofoniche, in
particolare i radiodrammi e i programmi musicali, che
catturarono l'attenzione della gente. Dopo la seconda
guerra mondiale, si apri l'era della televisione: in Italia
questo nuovo mezzo di intrattenimento comparve
nel 1954 ed ebbe, come altrove, un immediato
e straordinario successo, diventando in breve
tempo un forte catalizzatore del tempo libero -
soprattutto serale - degli italiani. Sia la radio
negli anni Trenta che la televisione vent'anni
piú tardi rappresentarono ad ogni modo un
formidabile collante di sociabilità: questi apparecchi
entrarono prima di tutto nei luoghi pubblici (bar, circoli,
parrocchie, sezioni di partiti, case private di pochi
fortunati) costringendo famiglie e generazioni diverse a
raggrupparsi nei luoghi deputati all'ascolto e alla visione.
Dalla villeggiatura d'élite alla vacanza di massa
Se il tempo libero ha rappresentato dunque una forma importante di espressione della società civile e allo stesso tempo ha comportato un intervento dello Stato e della politica, non va trascurato il suo stretto rapporto con il mercato, al punto che oggi esso è concepito come un lavoro e una consistente fonte di guadagno da numerosi soggetti produttivi (agenzie di viaggio, operatori turistici, settori editoriali specializzati, ecc.). «Le agenzie di viaggio - scrive il sociologo Asterio Savel, esperto di storia del turismo - scoprono rapidamente i vantaggi della produzione e delle commercializzazione di massa e finiscono cosí per assumere nel mercato la figura del venditore al dettaglio». La funzione essenziale delle agenzie di viaggio è quella di interessare, attirare e far convergere gli individui su determinate proposte turistiche attraverso la creazione di bisogni sollecitati da una accorta promozione pubblicitaria. Nuovamente ci troviamo di fronte a istituzioni che sollevano l'individuo dalla riproduzione di desideri, con un'azione coercitiva anche quando non è tale intenzionalmente; la limitazione alla scelta in questo caso non è legata a motivazioni politico-ideologiche o alla volontà di «creare un consenso di massa», quanto alle necessità di una economia di mercato che offre contemporaneamente un prodotto e gli stimoli per consumarlo. Ancor piú che da reali esigenze, il «cliente» delle agenzie di viaggio è spinto alla scelta dai prospetti accattivanti predisposti dai tour operators. «Ed essi - scrive sempre Savelli - si basano sull'immagine fotografica la cui azione ha un carattere prevalentemente subliminale e non giunge alla coscienza dell'individuo; essa afferma, influisce e stimola senza superare la soglia che provoca nel soggetto un'autonoma elaborazione intellettuale. Essa propone soluzioni che sfuggono ad ogni raffronto cosciente con i propri bisogni, da parte dell'utente potenziale. Essa trasporta direttamente l'individuo nella situazione rappresentata, e fa di quest'ultima qualcosa di desiderabile». Quando si parla di tempo libero una delle associazioni piú facili è quella con il viaggio e la vacanza. Entrambi patrimonio di una élite, essi si identificavano soprattutto con il grand tour e con il soggiorno nella villa di campagna o in un esclusivo hotel di una località termale. Ma sul finire dell'Ottocento il campo dei fruitori di queste forme di tempo libero andò allargandosi: spie della diffusione della villeggiatura borghese sono le fotografie degli edifici residenziali in luoghi extra moenia fino a quel momento disabitati. Fu comunque a partire dagli anni Venti che i nuovi villeggianti (ora anche lavoratori che avevano conquistato il diritto alle ferie retribuite) iniziarono una vera e propria occupazione delle spiagge marine, delle coste dei laghi, della montagna. Una tendenza che avrà un impatto immediato sull'organizzazione delle infrastrutture delle vacanze e sullo stesso assetto urbanistico di tante città costiere: prima, all'inizio del secolo, con l'edificazione in prossimità delle spiagge, dei villini della ricca borghesia, affascinata da questo nuovo tipo di vacanza e ormai stanca dalle estati passate nei casini di campagna; poi, negli anni Cinquanta e Sessanta, con il sorgere dei complessi alberghieri: a due passi dal mare vengono edificati alberghi dai nomi esotici e altisonante: Bristol, Splendid-Steiner (a sottolineare l'intraprendenza dell'investitore tedesco), Europa-Moretti, Beurivage, Plaza, Esplanade, Garden. Una trasformazione inarrestabde rispecchiata anche dai termini utilizzati per definirla: turismo borghese, turismo popolare, turismo sociale, infine turismo di massa: un fenomeno, quest'ultimo, cosí lontano dalle sue dimensioni originarie da non poter essere piú definito come villeggiatura e per cui venne piú opportunamente usata la dizione «vacanza», quasi a sottolineare con piú efficacia la sospensione, l'interruzione delle ordinarie occupazioni per un periodo di piú giorni a scopo di riposo, distensione, svago: cioè pieno godimento di un tempo libero definito e determinato all'interno del tempo lavorativo. Anche se - a pensarci bene - l'alibi del mare per curare le ossa, per ossigenare i polmoni e per accrescere l'appetito dei figli rimarrà, forse per una sorta di inconscia autocensura collettiva, o di tacito pudore, inossidabile nel tempo. Come ricorda uno scrittore belga, a proposito delle sue vacanze infantili negli anni Cinquanta, con mamma, zii e cugini, sulla spiaggia di Ostenda: «Erano lí per respirare aria buona ed era inconcepibile che non si "profittasse" di quell'aria tutto il giorno, nell'unico posto dove era possibile: al mare. [...] Al mare, e meglio se piú vicino possibile al mare. Per via dell'aria [...]». |
| << | < | > | >> |RiferimentiLetture consigliate Recente è l'interesse degli storici per questo aspetto della vita dell'uomo contemporaneo; le indicazioni bibliografiche che qui offriamo vogliono servire come facile riferimento per l'approfondimento di temi e problemi esposti in questo volume. Un quadro complessivo del fenomeno si trova in L'invenzione del tempo libero 1850-1960, a cura di A.Corbin, Roma-Bari, Laterza, 1996; Istituto milanese per la storia della Resistenza e del movimento operaio, Tempo libero e società di massa nell' Italia del Novecento, Milano, Angeli, 1995; Il tempo libero nell'Italia unita, a cura di F. Tarozzi e A. Varni, Quaderni del Dipartimento di discipline storiche dell'Università di Bologna, Bologna, Clueb, 1992. Per quanto concerne l'aspetto relativo agli spazi del tempo libero si veda Luoghi quotidiani nella storia d'Europa, a cura di H.G. Haupt, Roma-Bari, Laterza, 1993; M. Isnenghi, L'Italia in piazza. I luoghi della vita pubblica dal 1848 ai giorni nostri, Roma-Bari, Laterza, 1994; I luoghi della memoria. Strutture ed eventi dell'Italia unita, a cura di M. Isnenghi, Roma-Bari, Laterza, 1997; M.J. Palazzolo, I salotti di cultura nell'Italia dell'800. Scene e modelli, Milano, Angeli, 1985; M. Salvati, L'inutile salotto. L'abitazione piccolo-borghese nell'Italia fascista, Torino, Bollati Boringhieri, 1993; Donne e spazio nel processo di modernizzazione, a cura di D. Gagliani e M. Salvati, Quaderni del dipartimento di Discipline storiche dell'Università di Bologna, Bologna, Clueb, 1995 (in particolare il contributo di F.Tarozzi, Il tempo libero delle donne tra Ottocento e Novecento). Sociabilità nobiliare sociabilità borghese, in «Cheiron», a. V, nn. 9-10, 1988 (in particolare i saggi di D.Francfort sui caffè e di Morabito sui circoli ottocenteschi). [...] | << | < | |