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| << | < | > | >> |Indice7 Premessa Nodi 21 1. Atomi e nodi Tait, Kirkman e le prime tavole dei nodi, 23 Classificazione dei nodi dal punto di vista matematico, 27 Digressione: nodi selvaggi, intuizione spaziale e cecità, 28 Fallimento della teoria di Thomson, 31 33 2. Nodi intrecciati Chiusura di una treccia, 35 L'algoritmo di trecciatura di Vogel,37 Il gruppo delle trecce, 43 Classificazione delle trecce, 47 È possibile classificare i nodi per mezzo delle trecce?, 48 49 3. Diagrammì piani dei nodi Proiezioni generiche e proiezioni catastrofiche, 51 Sufficienza dei movimenti di Reidemeister, 54 Teorema di Reidemeister e classificazione dei nodi, 54 Che cosa resta del teorema di Reidemeister?, 57 59 4. L'aritmetica dei nodi Commutatività della composizione dei nodi, 61 Digressione: il pesce dal nodo scivoloso, 62 Un nodo può annullarne un altro?, 63 I nodi primi, 66 Unicità della scomposizione in nodi primi, 67 69 5. Chirurgia e invarianti Digressione: molecole annodate, DNA e topo-isomerasi, 71 Gli invarianti nella teoria dei nodi, 74 Il polinomio di Conway, 76 Esempi di calcolo dei polinomi, 77 Discussione dei risultati, 78 Il polinomio Homfly, 80 82 6. Polinomio di Jones e modelli di spin Modelli statistici, 82 Modello di Kauffman, 84 Proprietà del bracket di Kauffman, 87 Invarianza del bracket di Kauffman, 89 Piccola digressione personale, 90 Invarianza del bracket (segue), 91 Nuova piccola digressione personale,91 Il trucco di Kauffman e il polinomio di Jones, 92 Nuova digressione sui menhir, 93 Proprietà del polinomio di Jones, 94 96 7. Invarianti di ordine finito Digressione: sociologia matematica,100 Breve descrizione della teoria generale, 101 Diagrammi di Gauss e teorema di Kontsevic, 105 Conclusione: a che cosa servono gli invarianti di Vasil'ev?, 108 110 8. I nodi e la fisica Coincidenze, 111 Digressione: coincidenze e struttura matematica, 113 Modelli statistici e polinomi dei nodi, 114 Bracket di Kauffman e campi quantistici, 116 I gruppi quantistici come macchine per fabbricare invarianti, 118 Gli invarianti di Vasil'ev e la fisica, 119 Conclusione: la storia non è finita, 121 123 Bibliografia |
| << | < | > | >> |Pagina 7PremessaNodo della cravatta, nodo di Gordio, nodo alla gola, nodi che vengono al pettine... Oggetti familiari, simboli di complessità o di maleficio, i nodi sono stati a lungo ignorati dai matematici - non so bene per quale motivo. Un primo timido tentativo da parte di Vandermonde, alla fine del Settecento, restò senza seguito. Si dovette attendere la fine del Novecento perché i matematici iniziassero a prenderli sul serio in considerazione. Tuttavia, fino alla metà degli anni Ottanta, la teoria dei nodi era considerata semplicemente uno dei rami della topologia: senza dubbio un ramo importante, ma destinato a suscitare l'interesse di poche persone all'infuori di una ristretta cerchia di specialisti (soprattutto tedeschi e americani). Oggi le cose sono completamente cambiate. I nodi, o più precisamente la teoria matematica dei nodi, interessano biologi, chimici e fisici. I nodi sono di moda. I nouveaux philosophes (non più tanto nuovi) e i postmodernisti ormai ne parlano in televisione, con la loro solita incompetenza e faccia tosta. Espressioni come «gruppi quantistici» e «invarianti polinomiali» si sentono ormai utilizzare, a proposito o a sproposito, da individui di dubbia preparazione scientifica. Da dove proviene tutto questo interesse? Si tratta di una moda passeggera o del fragoroso avvio di una teoria importante quanto la relatività o la meccanica quantistica? | << | < | > | >> |Pagina 21Capitolo 1Atomi e nodi Lord Kelvin, 1860 Nel 1860 il fisico inglese William Thomson (oggi più noto con il nome di Lord Kelvin, ma all'epoca non ancora adorno del titolo nobiliare) medita sui problemi fondamentali legati alla struttura della materia. I suoi colleghi sono divisi in due fazioni nemiche: da una parte quelli che sostengono la cosiddetta teoria corpuscolare, secondo la quale la materia è costituita di atomi, piccoli corpuscoli rigidi che occupano una posizione precisa nello spazio; dall'altra quelli che vedono la materia come sovrapposizione di onde sparpagliate nello spazio-tempo. Ciascuna delle due teorie fornisce spiegazioni convincenti per alcuni fenomeni, ma si rivela inadeguata per altri. Thomson è alla ricerca di una sintesi. E la trova. La materia, secondo la sua ipotesi, è sì costituita di atomi, tuttavia tali vortex atoms («atomi vortice», o «atomi mulinello») non sarebbero oggetti puntiformi bensì... piccoli nodi (Thomson 1867). Un atomo sarebbe dunque una specie di onda che, anziché propagarsi in tutte le direzioni, si dipana in uno stretto fascio fortemente curvato che torna su se stesso, come un serpente che si morde la coda. Il serpente può però attorcigliarsi in modo piuttosto complicato prima di mordersi, formando così un nodo (fig. 1.1). Ed è proprio il tipo di nodo ciò che determina le proprietà fisico-chimiche dell'atomo. In quest'ottica, le molecole sarebbero costituite da diversi atomi-vortice allacciati tra loro, sarebbero cioè descritte da quelli che i matematici chiamano link: un gruppo di curve nello spazio, che possono sia annodarsi separatamente sia intrecciarsi tra loro. | << | < | > | >> |Pagina 27Classificazione dei nodi dal punto di vista matematicoDefiniamo il problema in termini precisi, abbastanza rigorosi da soddisfare i matematici (il lettore poco portato al rigore scientifico può saltare questo paragrafo, dando solo un'occhiata alle figure). Innanzitutto, occorre una definizione matematica del concetto stesso di nodo. Definiamo un nodo, o più esattamente la rappresentazione di un nodo, come una linea spezzata chiusa nello spazio (fig.1.7a). Un nodo vero e proprio è una classe di equivalenza di rappresentazioni, dove la relazione di equivalenza è l'«isotopia», di cui ora diamo la definizione. Diremo che si effettua una «isotopia elementare» sia attaccando un triangolo (ad esempio il triangolo ABC in fig.1.7b) a un segmento ([AB]) della linea spezzata e sostituendo a tale segmento gli altri due lati del triangolo ([AC] U [CB]), sia facendo l'operazione inversa; chiaramente, il triangolo non deve avere punti in comune con la spezzata all'infuori del lato considerato. In generale, chiameremo «isotopia» una qualunque successione di isotopie elementari (fig.1.7c). È chiaro che questa definizione corrisponde alla nostra idea intuitiva di nodo come astrazione di una cordicella dalle estremità incollate: l'isotopia permette di deformare il nodo come si farebbe con una cordicella reale (senza romperla). | << | < | > | >> |Pagina 31Fallimento della teoria di ThomsonMentre i fisici europei discutono dei pregi della teoria di Thomson e Tait compila le sue tavole dei nodi, un altro scienziato quasi sconosciuto, che lavora in un immenso paese sottosviluppato, medita, come Thomson e Tait, sulla struttura della materia. Anche lui cerca di stilare tavole degli atomi ma, essendo poco portato per le considerazioni geometriche, si basa su relazioni aritmetiche tra i diversi parametri degli elementi chimici. E fa una scoperta inaspettata: esistono delle relazioni di periodicità molto semplici, e tuttavia fino a quel momento passate inosservate, tra i suddetti parametri. Pubblica quindi quella che ora viene chiamata convenzionalmente la tavola periodica degli elementi. Ci vorrà un certo tempo prima che a questa notevole scoperta venga dato credito in Europa occidentale; e il mio compatriota Mendeleev avrà allora dato il colpo di grazia alla teoria di Thomson. Quest'ultima, non avendo dato un granché alla chimica, sarà velocemente soppiantata dalla teoria aritmetica di Mendeleev. E i fisici, confusi e pieni di vergogna, si dimenticheranno dei nodi per più di un secolo. Saranno i matematici a raccogliere il testimone. | << | < | > | >> |Pagina 59Capitolo 4L'aritmetica dei nodi Schubert, 1949 Aritmetica... dei nodi? Certamente. I numeri naturali - 1, 2, 3, 4, 5, ... - non sono i soli a poter essere moltiplicati e scomposti in fattori primi. Ciò è possibile anche per altri oggetti matematici, in particolare i nodi. La loro aritmetica è incredibilmente simile a quella degli interi naturali, con una moltiplicazione commutativa (chiamata composizione) e un teorema di fattorizzazione unica in nodi primi. La dimostrazione di questo principio fondamentale, intuito da molti studiosi, si è rivelata in realtà difficile (come del resto quella dei principio corrispondente nel caso dei numeri) e venne ottenuta solo nel 1949 dal matematico tedesco Horst Schubert. Dunque, allo stesso modo in cui un qualsiasi numero intero (ad esempio 84) si scompone in fattori primi in maniera unica (84 = 2 x 2 x 3 x 7), così un qualsiasi nodo (ad esempio quello disegnato a destra nella figura 4.1) risulta dalla composizione (unica) di nodi primi (in questo caso si tratta della composizione di due nodi a trifoglio e di un nodo a turbante turco). | << | < | > | >> |Pagina 69Capitolo 5Chirurgia e invarianti Conway, 1973 | << | < | > | >> |Pagina 74Gli invarianti nella teoria dei nodiTorniamo infine alla teoria matematica dei nodi, per parlare di invarianti. Come si presentano e qual è la loro utilità all'interno della teoria? Grosso modo, possiamo dire che gli invarianti dei nodi servono soprattutto a rispondere negativamente, quando serve, alla domanda più naturale riguardo ai nodi, che noi abbiamo chiamato problema del confronto: date due rappresentazioni piane di nodi, è possibile stabilire se esse rappresentano lo stesso nodo o due nodi diversi? Ad esempio, i disegni delle figure 5.6a e 5.6e rappresentano lo stesso nodo, il trifoglio; e in effetti, sulla stessa figura, si vede come si può modificare la rappresentazione 5.6a fino a ottenere la rappresentazione 5.6e. Viceversa, per quanto ci sforziamo, qualunque tentativo di trasformare il disegno della figura 5.6f in una rappresentazione del trifoglio è destinato a fallire (provate!). Ma come dimostrarlo? Il fatto che noi non siamo riusciti a passare da un disegno a un altro non dimostra nulla: qualcuno più ingegnoso o più fortunato di noi potrebbe anche riuscirci facilmente. Supponiamo ora di avere a nostra disposizione un invariante, cioè un mezzo che permetta di associare a ogni rappresentazione piana di un nodo un certo oggetto algebrico (un numero, un polinomio) tale che esso non vari se si deforma il nodo come nei primi cinque disegni - da (a) a (e) - della figura 5.6. Date due rappresentazioni piane di nodi (ad esempio quelle delle figure 5.6e e f), possiamo allora calcolarne gli invarianti. Se i valori dell'invariante ottenuti sono diversi, possiamo concludere con certezza che le due rappresentazioni non possono certo definire lo stesso nodo (altrimenti avrebbero lo stesso invariante!). | << | < | > | >> |PaginaCapitolo 6Polinomio di Jones e modelli di spin Kauffman, 1987 Fu senza alcun dubbio Vaughan Jones, matematico neozelandese che lavorava negli Stati Uniti, a rilanciare, con la scoperta del polinomio che porta il suo nome, lo studio degli invarianti dei nodi. Ma l'importanza del famoso polinomio va oltre il ristretto ambito della teoria dei nodi: sono i suoi rapporti con altri rami della matematica (algebra degli operatori, trecce) e soprattutto con la fisica (modelli statistici, gruppi quantistici) che ne spiegano la popolarità. Sarebbe quindi logico dedicare questo capitolo centrale del notro libro alla teoria di Jones. Sfortunatamente, così come fu concepita inizialmente dal suo autore, tale teoria è tutt'altro che elementare (cfr. Stewart 1989) e va ben oltre il livello di conoscenza matematica richiesto ai nostri lettori. Esiste però un altro approccio al polinomio di Jones, dovuto a Louis Kauffman, dell'unisità di Chicago, che ha il doppio vantaggio di essere particolarnte semplice e di mostrare in modo chiaro i legami con la fisica statistica. È su questo ramo della fisica che si basa la nostra esposizione: inizierò pertanto illustrandone qualche concetto di base. | << | < | > | >> |Pagina 96Capitolo 7Invarianti di ordine finito Vasil'ev, 1990 Victor Vasil'ev non avrebbe mai dovuto occuparsi di nodi. Allievo di Vladimir Arnol'd, quindi specializzato nella teoria delle singolarità (più nota in Occidente sotto il nome molto d'effetto di teoria delle catastrofi), non poteva a priori applicare le tecniche di tale teoria ai nodi, oggetti che hanno una struttura locale regolare e un andamento liscio, senza il minimo sospetto di catastrofe. Forse qualche saggio uomo di lettere gli suggerì in un orecchio che «poiché la singolarità non esiste, bisogna inventarla»? Fatto sta che Vasil'ev la inventò. L'idea è di una semplicità disarmante. Assieme ai nodi propriamente detti, spiega Vasil'ev, bisogna considerare i nodi singolari; questi ultimi si distinguono dai nodi normali in quanto possiedono dei punti doppi, punti cioè in cui una parte del nodo ne taglia trasversalmente un'altra [...]. | << | < | > | >> |Pagina 100Digressione: sociologia matematicaIn un certo senso, l'approccio di Vasil'ev ai nodi è un approccio sociologico. Infatti, invece di considerare i nodi individualmente (come fa, ad esempio, Vaughan Jones), Vasú'ev considera lo spazio di tutti i nodi (singolari o no), all'interno del quale questi non sono altro che punti, che perdono così le loro proprietà intrinseche. Inoltre Vasil'ev non va alla ricerca di un invariante unico - li vuole trovare tutti e definisce interi spazi di invarianti. Come il sociologo classico prescinde dalle singole personalità nelle popolazioni che studia e si interessa solo alla stratificazíone sociale, economica, politica o altro della popolazione considerata, così il sociologo matematico si interessa solo alla posizione dei punti rispetto alla stratificazione dello spazio F: [...] L'approccio sociologico in matematica non è un'invenzione di Vasil'ev. Nella teoria delle singolarità un simile punto di vista, dovuto a René Thom, resta l'arma prediletta di Vladimir Arnol'd e della sua scuola. Molto tempo prima di Vasil'ev, Hilbert lo utilizzò per creare l' analisi funzionale (in cui le funzioni perdono la loro personalità e diventano punti in spazi lineari), ma lo fecero anche Eilenberg, Mac Lane, Grothendieck e altri, e in modo molto più clamoroso, per gettare le basi della teoria delle categorie. I matematici di tendenza più classica bollarono ironicamente quest'ultima come abstract nonsense, forse per esorcizzarla, dato che ai suoi inizi essa si presentava intenzionata a fagocitare tutta quanta la matematica (per fortuna oggi è chiaro che non si è verificato nulla del genere). | << | < | > | >> |Pagina 110Capitolo 8I nodi e la fisica Xxx?, 2004? Quest'ultimo capitolo è radicalmente diverso dai precedenti, il cui scopo era quello di raccontare la storia di alcune idee fondamentali (in generale semplici) della teoria dei nodi, e di descrivere i diversi approcci al problema centrale della teoria - la classificazione dei nodi - il più delle volte affrontato utilizzando invarianti di vario tipo. Per tutti questi casi si trattava di esporre in forma divulgativa i risultati di ricerche già concluse, che hanno ormai raggiunto una formulazione definitiva. In quest'ultimo capitolo, invece, parleremo di ricerche tuttora in corso, in certi casi addirittura appena abbozzate. | << | < | > | >> |Pagina 111CoincidenzeI rapporti tra nodi, trecce, modelli statistici e fisica quantistica si basano su una strana coincidenza tra cinque relazioni provenienti da rami del sapere completamente distinti: - una delle relazione di base di un'algebra degli operatori (quella di Hecke); - la terza operazione di Reidemeister (di cui ci siamo occupati nel capitolo 2); - l'equazione di Yang-Baxter classica (una delle principali leggi che regolano l'evoluzione di quelli che i fisici chiamano modelli statistici, di cui abbiamo parlato nel capitolo 7); - la relazione di Artin per il gruppo delle trecce (di cui abbiamo parlato nel capitolo 3); - l'equazione di Yang-Baxter quantistica (che regola il comportamento delle particelle elementari in particolari situazioni). | << | < | > | >> |Pagina 113Digressione: coincidenze e struttura matematicaTutte le scienze, naturali o umanistiche, hanno un oggetto di studio: esse si propongono di descrivere un certo aspetto della realtà, della vita reale. Qual è l'oggetto della matematica? La risposta è paradossale: tutto e niente. «Niente» perché la matematica studia solo astrazioni, come i numeri, le equazioni differenziali, i polinomi, le figure geometriche. La matematica non ha nessun oggetto di studio concreto nella realtà oggettiva. «Tutto» perché la si può applicare ovunque, a qualsiasi oggetto che abbia la stessa struttura dell'astrazione considerata. Non cercheremo di spiegare il significato dell'espressione in corsivo appena usata, sperando che il lettore capisca, ad esempio (guardando la fig. 8.1), che l'equazione di Yang-Baxter possiede «la stessa struttura» della terza operazione di Reidemeister. Una conseguenza (forse inaspettata) di questo stato di cose è l'importanza delle coincidenze: se si trova che «per caso» le strutture di due oggetti «coincidono» (anche se gli oggetti in questione hanno origini completamente diverse), li si descrive con «la stessa matematica», con la stessa teoria. Se quindi la traccia di un operatore che appartiene all'algebra di Hecke possiede le stesse proprietà delle quali deve godere un invariante dei nodi, perché non fabbricarne uno servendosi di tale traccia (è quello che ha fatto Jones)? E se una particella quantística, allo stesso modo di un nodo, soddisfa una relazione che coincide con l'equazione di Yang-Baxter, perché non inventare una teoria delle particelle quantistiche che utilizzi gli invarianti dei nodi (come ha fatto Sir Michael Atiyah, di cui riparleremo)? | << | < | > | >> |Pagina 121Conclusione: la storia non è finitaAbbiamo visto all'inizio del libro come l'idea di fare del nodo un modello dell'atomo, venuta a William Thomson quasi un secolo e mezzo fa, sia stata il punto di partenza per la teoria dei nodi. Nel recente passato gli invarianti dei nodi, in particolare il bracket di Kauffman, sono stati la base di teorie a vocazione fisica, come la teoria topologica dei campi quantistici. A che punto siamo? Possiamo fare un bilancio? L'idea di Thomson fu un fiasco. L'importanza, dal punto di vista della realtà fisica, delle TQFT (secondo la scuola di Witten, Atiyah, Vogel, Crane, Yetter) rimane per lo meno dubbia. I rapporti tra la fisica e i nodi sono dunque un fuoco di paglia? Per gli specialisti di teoria dei nodi resta ancora parecchio da fare: ad esempio non esiste ancora un algoritmo di snodamento abbastanza semplice ed efficace da essere insegnato a un calcolatore; inoltre parecchie altre questioni importanti sono ancora in sospeso. Per gli studiosi di fisica matematica che volessero occuparsi di nodi, rimangono parecchie regioni inesplorate, in particolare dalle parti di Vasil'ev. Infine, non bisogna dimenticare che, oltre ai nodi classici (curve nello spazio tridimensionale), vi sono «nodi generalizzati» ancora poco studiati, ad esempio le sfere (o più in generale le superfici) nello spazio quadridimensionale. Einstein ci insegna che viviamo in un mondo a quattro dimensioni. Gli specialisti di teoria delle corde ci dicono che la propagazione di una particella può essere descritta da superfici. La teoria quantistica della gravità non potrebbe nascondersi da quelle parti? Gli invarianti alla Vasil'ev (che esisteranno di certo anche in quel caso) non potrebbero avere un'interpretazione fisica reale? La ricerca inizia sempre con una domanda e con una speranza. Al lettore (e a me stesso) vorrei augurare, per concludere, di poter provare un giorno l'incomparabile euforia della comprensione che accompagna le grandi scoperte. |
| << | < | > | >> |RiferimentiBibliografia Adams C., The Knot Book, Freeman, New York 1994. Ashley C.W., The Asbley Book of Knots, Faber & Faber, London 1972 [trad. it. Il grande libro dei nodi, Rizzoli, Milano 1989]. Dehornoy P., L'art de tresser, «Pour la science», numero speciale, aprile 1997. Jaworski J. e Stewart I., Get Knotted, Pan Books, London 1976. Jensen D., Le poisson noué, «Pour la science», numero speciale, aprile 1997. Jones V.F.R., Subfactors and Knots, American Mathematical Society, Providence (Rhode Island) 1991. Mercat C., Théorie des noeuds et enluminures celtes, «L'Ouvert», 84, settembre 1996. Prasolov V. e Sossinsky A., Knots, links, braids and 3-manifolds, American Mathematical Society, Providence (Rhode Island) 1997. Rouse Ball W.W., Fun with String Figures, Dover, Mineola (New York) 1971. Stewart I., Le polynóme de Jones, «Pour la science», 146, dicembre 1989. Thomson W., Hydrodynamics, «Proceedings of the Royal Society of Edinburgh», 41, 1867. Walker J., Le jeu de la ficellle, «Pour la science», numero speciale, aprile 1997. Zeeman E.C., The topology of the brain and the visual perception. Topology of 3-manifolds and related topics, «Proceedings of the University of Georgia Institute», 1961. | << | < | |