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| << | < | > | >> |IndicePrefazione di Domenico De Masi 13 Introduzione 23 Prologo. A Bletchley Park nasce Colossus, il primo computer della storia 25 I. I pionieri della tecnologia 29 1. Claude Shannon, il teorico della rivoluzione digitale 29 2. William Shockley: la nascita del transistor 30 3-4.Jack Kilby e Robert Noyce, gli inventori dei circuiti integrati 33 Jack Kilby 33 Robert Noyce 35 5. Gordon Moore: la legge che regola i chip 38 Intervista a Gordon Moore. Com'è cresciuta la Silicon Valley 39 6-7.Bill Hewlett e David Packard, pionieri dell'elettronica 41 8. Federico Faggin, il papà del microprocessore 43 Intervista a Federico Faggin. Dal microchip alle reti neurali 45 9. Doug Engelbart, il re del mouse 47 Intervista a Doug Engelbart. Dal mouse ai primi computer in rete 48 10. Pier Giorgio Perotto, l'anticipatore del personal computer 51 La storia della Programma 101 52 II. La generazione che ha creato il personal computer 55 11-12. Steve Jobs e Steve Wozniak, i ragazzi prodigio del personal computer 55 La strana storia di Apple Newton 59 13. Jonathan Ive, lo stilista di Apple 62 14. Bill Gates, l'uomo più ricco e più odiato dell'informatica 63 Chi ha ucciso Bill Gates? 67 15. Paul Allen: nasce dal Basic la Microsoft 69 12 agosto 1981: nasce il PC 70 Tutti gli uomini di Microsoft 73 16. Gary Kildall, l'uomo che avrebbe potuto essere Bill Gates 78 17. Bob Metcalfe, l'inventore della tecnologia di trasmissione in rete 82 Lo Xerox PARC: la fucina delle idee tecnologiche e la visione dell'ubiquitous computing di Mark Weiser 83 18. Alan Kay, programmatore geniale, precursore del multimedia 84 19. Ted Nelson, l'ideatore dell'ipertesto 85 III. Gli inventori del wireless 89 La lunga marcia della telefonia cellulare 89 20. Martin Cooper, l'uomo che inventò il telefono cellulare 91 21. Alain Rossmann, il padre del WAP 92 22. Andrea Viterbi: l'algoritmo per le telecomunicazioni 93 IV. I creatori del cyberspazio 95 La storia della grande Rete 95 23. Vinton Cerf, il papà della moderna Internet 97 24. Tim Berners-Lee, inventore del Web, la ragnatela multimediale 99 La vita sulla Rete: cosa fanno gli internauti 101 25. Mare Andreessen, l'ideatore del browser per navigare in Internet 102 Smiley: la vera storia delle faccine di Internet 105 26-27. Jerry Yang e David Filo, i giovanissimi padri di Yahoo! 106 28-29. Sergey Brin e Larry Page, i geniali inventori di Google 109 30. Steve Case, creatore di AOL, il più importante provider del pianeta 111 31. Shawn Fanning, il ragazzo di Napster 114 La guerra del copyright 117 32. Gene Kan: Gnutella e la sfida del peer to peer 119 33. Rob Glaser, l'inventore del Real Player 121 Come funziona lo streaming on line 126 Verisign: l'impero del dotcom 127 V. I guru e filosofi della cybercultura 133 34. Derrick de Kerckhove, il profeta dei new media 133 Intervista a Derrick de Kerckhove. Il Web è il luogo dell'intelligenza connettiva 135 McLuhan oggi di Derrick de Kerckhove 137 35. Nicholas Negroponte, l'evangelizzatore dell'essere digitali 139 Intervista a Nicholas Negroponte. Convergenza, banda larga, wireless: un futuro aperto 141 Curl: arriva dal MIT il linguaggio integrato per il Web 144 36. George Gilder, il visionario delle reti 145 Intervista a George Gilder. Il PC come strumento interattivo del futuro 146 37. Howard Rheingold, il pioniere delle comunità virtuali148 Intervista a Howard Rheingold. Che medium è il Web? 149 38. Esther Dyson, la regina della Rete 151 39. Kevin Kelly, santone di Wired, la bibbia della cybereultura 152 Intervista a Kevin Kelly. La convergenza tra il mondo biologico e quello tecnologico 153 40. Sherry Turkle, l'antropologa della vita sullo schermo155 41. Donald Norman, il pioniere dell'usabilità 156 Intervista a Donald Norman. Vincerà chi spegne il computer 158 42. Pierre Lévy, il filosofo del cyberspazio 160 Intervista a Pierre Lévy. Il futuro dell'intelligenza è collettivo 162 43. Richard Stallman, il profeta del free software 167 VI. I leader dell'industria tecnologica 169 44. Andy Grove, l'uomo che ha costruito l'impero dei chip169 Il futuro dei chip è "nano" 171 45. Carly Fiorina, prima donna al timone di un colosso dell'informatica 173 46. Sam Palmisano: trent'anni in IBM per arrivare al vertice 175 47. Scott Mc Nealy: il "sole" della Silicon Valley 176 Intervista a Scott McNealy. Il futuro di Java 178 48. Larry Ellison, lo sfidante di Bill Gates 179 Intervista a Larry Ellison. È la Rete il centro di gravità 181 49. John Chambers, il grande costruttore della Rete 183 50. Michael Dell, il campione del commercio elettronico 184 51. Jim Clark, creatore di start-up e fondatore di Netscape 186 Intervista a Jim Clark. Il professore del visual computing 187 52. Guerrino De Luca: quando il mouse diventa un grande business 190 Il futuro delle interfacce 191 53-54. Donna Dubinsky e Jeff Hawkins, i genitori del Palm192 55. Jean-Marie Messier: ascesa e caduta dell'imperatore dei contenuti digitali 195 56. Jorma Ollila, il leader dei telefoni cellulari 196 57. Pasquale Pistorio, il re della Silicon Valley italiana 197 VII. I manager della new economy 199 58. Jeff Bezos, fondatore di Amazon, la prima libreria on line 199 59. Meg Whitman, la zarina di eBay 201 60. Renato Soru: come si diventa un provider europeo 202 61. Masayoshi Son, imperatore del venture capital 203 62. Gil Shwed, il leader della sicurezza 204 63. Vinay Deshpande, il padre del Simputer 206 VIII. Personaggi di frontiera 207 64. Shigeru Miyamoto, il papà di Zelda e Super Mario 207 65. Toshidata Doi, l'uomo che trasforma gli animali in robot 208 66. Linus Torvalds, il creatore di Linux 210 67. Leonardo Chiariglione, l'inventore dell'MPEG e dell'MP3 212 Intervista a Leonardo Chiariglione. Storia, ricerche e progetti del padre dell'MP3 213 68. Kevin Mitnick, l'hacker più famoso del mondo 217 La sicurezza, nuovo incubo dell'informatica 218 69. Jaron Lanier, il profeta delle realtà virtuali 219 70. John Maeda: la grafica digitale tra arte e scienza 222 Nota degli autori 225 |
| << | < | > | >> |Pagina 11Prefazione1. Questo libro descrive i successi di un grande laboratorio invisibile, con reparti sparsi in tutta l'America che, senza neppure conoscersi reciprocamente, hanno dato vita a una delle più grandi avventure del genere umano: la rivoluzione digitale. I protagonisti di questa avventura - quasi tutti maschi, bianchi, anglosassoni, protestanti - sono descritti da Salvatore Romagnolo e Chiara Sottocorona come singoli geni in cui fantasia e concretezza convergono per esprimersi in una creatività inedita, di tipo postindustriale, a mezza strada tra la scienza e il business, il gioco goliardico e la disciplina professionale. L'originalità del libro sta nel farci cogliere, attraverso diecine di ritratti apparentemente isolati, la coralità dell'insieme, i rapporti intrinseci tra università, enti pubblici, imprese private, singoli ricercatori, lobby e corporazioni, che di volta in volta collaborano o concorrono sullo sfondo del paese più ricco e potente del mondo, che grazie ad essi diventa ancora più ricco e più potente. Le questioni che il libro implica sono quelle fondamentali per chiunque si interessa a quel fenomeno misterioso e affascinante che è la creatività umana, soprattutto quando - come in questo caso - si esplica in forme collettive: quali discipline (la sociologia, l'antropologia, le scienze organizzative) meglio contribuiscono a svelarci i segreti della creatività collettiva? Tutti i gruppi possono essere creativi o solo quelli in possesso di determinate caratteristiche? E quali? Che stimolo esercitano, sulle capacità creative di un gruppo, la professionalità, le nevrosi dei suoi singoli membri, la loro motivazione al denaro, al successo, alla solidarietà? Quali sono le fonti di potere e gli stili di leadership che meglio si addicono a chi dirige un gruppo creativo? Come si svolgono i processi informativi e decisionali al suo interno? [...] 9. Se si escludono pochissimi casi - Esther Dyson, Meg Whitman, Donna Dubinsky, Carly Fiorina - questa rivoluzione è squisitamente maschile. Certamente dietro i protagonisti si è mosso tutto un mondo femminile di collaboratrici, di mogli, di segretarie. Ma la rivoluzione digitale è griffata dai maschi. Ciò ne connota non solo i pregi ma anche i limiti: la capacità di sfornare idee a getto continuo, imprimendo alla ricerca tecnologica l'accelerazione di una corsa frenetica, ma anche l'asservimento della scienza all'aridità di valori-leva come il denaro e il successo. Le preziose scoperte descritte nel libro nascono quasi tutte in contesti nevrotizzanti in cui l'estetica, l'emotività, l'universalismo, la solidarietà sono subordinate al delirio di onnipotenza, alla consapevolezza di un'egemonia planetaria che si intende rafforzare, a un'idolatria del successo che si misura in termini di fatturato e di profitto. Sotto questo aspetto la rivoluzione digitale che abbiamo sotto gli occhi è la prima - in ordine di tempo - che nasce non da una cultura a tutto tondo, dove saggezza e coraggio, conoscenze scientifiche e umanistiche, intenti pratici e aspirazioni universali armoniosamente convivano, come nell'Atene ellenica, nella Firenze medicea, nella Vienna asburgica, nella Londra vittoriana, ma nasce negli Stati Uniti ubriachi dei loro successi bellici ed economici, nevrotizzati dal consumismo sfrenato, abbacinati dalle rapide scalate che la new economy consente e brucia. Il paradosso che ne emerge è di marca squisitamente americana e postindustriale: una rivoluzione élitaria, provocata da maschi, bianchi, anglosassoni, protestanti, laureati, specializzati, superpagati, che agiscono entro un sociogramma esclusivo di straricchi e strapotenti, partorisce Internet, cioè la più democratica (almeno per ora) delle rivoluzioni umane, che finalmente consente ai singoli di fare rete restando individui, di fare corpo restando cellule. Senza il libro di Romagnolo e Sottocorona, ci sarebbe stato assai più difficile capire tutto questo. Domenico De Masi | << | < | > | >> |Pagina 23IntroduzioneDal transistor ai servizi multimediali delle reti UMTS: questo libro racconta la storia e l'evoluzione delle tecnologie digitali e delle loro applicazioni, che nell'arco di appena mezzo secolo hanno cambiato il mondo. Una storia vista attraverso i protagonisti: gli uomini e le donne che seguendo le loro geniali intuizioni hanno tracciato quel futuro in cui noi oggi viviamo. Sono storie di vita affascinanti e originali, spesso mosse da autentiche passioni, basate su battaglie e scoperte. I protagonisti della rivoluzione digitale sono persone controcorrente, self-made men che hanno saputo sfidare il sistema per creare e imporre nuovi modi di pensare, di lavorare, di organizzare la vita. Hanno creato il cosiddetto cyberspazio, quel mondo parallelo cresciuto attraverso la grande espansione di Internet, e hanno gettato le basi delle nuova economia. Sono anche storie di errori e illusioni, di previsioni non azzeccate, di rapide ascese ma in qualche caso anche di rovinose cadute. Perché il cammino della tecnologia non si è dipanato in modo lineare né semplice, ma piuttosto attraverso cicli di esplosioni e recessioni. Il caso più emblematico è stato il boom della new economy, che ha generato una grande bolla speculativa infiammando le borse. Ma il valore dei titoli tecnologici è stato un fuoco di paglia, che poi ha causato la grande delusione e la fuga degli investitori. I tempi in cui bastava un'idea per lanciare una start-up sulla grande rete, con lo scopo di quotarla in borsa nel giro di pochi mesi, sono finiti per sempre. La febbre è passata ed è giusto così. Ma non è finita Internet, che è entrata a far parte del nostro quotidiano, con un tasso di penetrazione del 40 per cento in Europa e del 60 per cento negli USA. Non è finito neanche il business sulla Rete, perché le imprese della vecchia e della nuova economia (quelle sopravvissute e consolidate) hanno tratto profitto dalla tecnologia e dalle applicazioni di Internet per riorganizzare la propria struttura, ottenendo vantaggi concreti come la riduzione dei costi, una migliore gestione della comunicazione nelle relazioni con clienti e fornitori, una maggiore agilità e un netto miglioramento della tempistica di produzione e distribuzione. Non è finita la vendita di beni e servizi sulla Rete, che anzi riceverà nuovo slancio dalla diffusione delle reti wireless, senza fili, e dalla sempre maggiore convergenza tra telefonia cellulare e tecnologia informatica. Ma la rivoluzione digitale non è solo una questione di affari: rappresenta un profondo cambiamento culturale e sociale, che prende tratti sempre più evidenti nelle abitudini delle nuove generazioni. la tecnologia diventa ubiqua, e invade tutti i campi: la scuola, la casa, la gestione del territorio, l'organizzazione del tempo di lavoro e del tempo libero, del divertimento e della socializzazione. Fenomeni come l'e-learning, l'apprendimento on line, o come l'e-government, la gestione a distanza delle relazioni tra cittadini e amministrazione pubblica, superamento della vecchia burocrazia, stanno progressivamente prendendo piede. Rappresentano altri mattoni nella costruzione della "società dell'informazione". Attraverso i settanta ritratti presentati in questo libro si possono ripercorrere tutte quelle strade convergenti che hanno permesso, passo dopo passo, di trasformare l'innovazione tecnologica in prodotti, applicazioni e servizi che compongono il complesso tessuto dell'era digitale nella quale siamo immersi. Chiara Sottocorona | << | < | > | >> |Pagina 137McLuhan oggi (Intervento di Derrick de Kerckhove)La questione è sapere quanto sia valido il pensiero di McLuhan per comprendere le nuove tecnologie. Cosa direbbe McLuhan di Internet? Cosa penserebbe del villaggio globale ora? On line, il medium è ancora il messaggio? Il pensiero di McLuhan è più valido per il modo in cui plasma le nostre menti, indicando una direzione enormemente pertinente, che per il contenuto delle sue affermazioni più famose. Prendiamo il villaggio globale, per esempio. McLuhan parlò del mondo che stava diventando un villaggio un giorno del 1963. Nessuno gli prestò attenzione. Oggi tutti considerano quest'osservazione evidente. Il fatto che stia diventando irrilevante non è veramente importante. Il motto di McLuhan rende la gente più attenta alle questioni globali. Oggi non siamo più in un villaggio globale ma in un sistema nervoso globale, come ha indicato anche McLuhan, e questo ancora sfugge all'attenzione dei più. L'ambiente creato da Internet e dalle altre comunicazioni in rete è molto diverso da quello creato dalla tv. Non ha un luogo (come ha osservato anche Paul Virilio). È come la mente, dappertutto, subito e in nessun luogo in particolare. Non c'è altro spazio che quello del proprio schermo. Al contrario, lo spazio dall'altra parte dello schermo tv esiste veramente lì (o esisteva nel momento della registrazione) anche se si tratta solo di un set, di una finzione. Lo spazio sullo schermo del computer non è fisico. Ed è per questo che stiamo passando in un'altra realtà che non è molto ben rappresentata dall'idea di un villaggio, anche se si tratta di una comunità, una specie di "dominio pubblico" dove la gente si scambia liberamente dati. Tutto il tempo. Nel comprendere i media McLuhan ha fatto molti riferimenti all'espressione della coscienza quale risultato dell'espressione del corpo umano e delle proprietà della mente. Pensava che la coscienza stessa espressa dall'elettricità fosse già un tipo di proiezione del sistema nervoso umano nello spazio del mondo. Il suo pensiero immaginava in molti modi lo sviluppo di Internet. Internet cresce come un sistema nervoso: interconnette e si autoorganizza come l'intelligenza umana ed emerge in punti differenti come il linguaggio sgorga da diversi livelli dei processi inconsci e consci. La qualità simile alla mente della Rete avrebbe affascinato McLuhan, che per quanto avesse predetto il suo arrivo non si trovava di fronte al tipo di mediazione a cui era abituato. Il suo modello era la tv, un medium a senso unico che, secondo lui, stava per distruggere la nostra identità privata sostituendola con una specie di ego pubblico incorporeo. Nell'era elettronica, siamo tutti angeli, menti senza corpi, ha affermato. Poteva aver ragione circa il tipo di disincarnazione che sperimentiamo in rete, ma riguardo la questione della perdita d'identità privata il suo modo di vedere potrebbe essere riadattato a ciò che sta succedendo realmente. È vero, certo, che la gente finge di essere differente da quello che è mentre comunica con gli altri in rete, ma la fonte di comunicazione, qualunque sia l'apparenza elettronica che trasmette, rimane attaccata al vero e personale e nascosto corpo fisico. La proprietà di una persona è la sostanza dell'identità. Qualsiasi altra cosa è aperta a ogni tipo di trasformazione. La questione dell'identità personale e collettiva ruota attorno alla nostra relazione con il linguaggio umano. L'identità privata viene dal controllo privato sul linguaggio, il controllo privato sul linguaggio viene dalla scrittura. La scrittura permette agli individui di appropriarsi delle parole per il loro uso. Le parole scritte spezzano i legami tra l'individuo e la comunità; rinforzano l'interpretazione individualistica permettendo al lettore di formare immagini dalla memoria personale e dall'immaginazione. | << | < | > | >> |Pagina 158Intervista a Donald Norman. Vincerà chi spegne il computerLei sostiene che la tecnologia deve essere semplice, potente e divertente: ma come ci si arriva? Ripartendo da zero. Mettendo al centro l'uomo, con le sue esigenze, e non la tecnologia. Proprio l'opposto di ciò che stanno facendo le aziende di informatica, dominate dagli ingegneri e dai tecnici, appassionati delle macchine e incapaci di comprendere le persone. L'industria del computer è entrata da almeno 15 anni nell'età adulta e continua ad avere un atteggiamento da teenager, a considerarsi sempre al centro dell'attenzione, ma è tempo che cresca. Lei contesta anche il collega Nicholas Negroponte, che ha alimentato il mito, con il suo Essere Digitali...
Certo. È un'affermazione assurda. Non siamo noi a
doverci adattare alle macchine solo perché esiste della tecnologia disponibile,
piuttosto è il contrario, bisogna progettare strumenti capaci di rispondere alle
nostre esigenze. Abbiamo l'esperienza e la tecnologia ora costa poco, per questo
sono convinto che possiamo ripartire in una nuova direzione.
Già, ma quale? Il primo passo è proprio capire di che cosa ha bisogno la gente, per questo Norman considera importante una figura professionale oggi poco diffusa, che consiglia alle aziende: il social scientist. Il secondo passo è rendere la tecnologia il più possibile "invisibile", leggera, non invasiva: "Non basta fare i computer più piccoli, il concetto stesso del computer, che ci ha obbligato alla posizione frontale, è sbagliato. Come è sbagliato riempire di funzioni una sola macchina" avverte Norman. Cosa significa allora far sparire la tecnologia? Bisogna incorporarla negli oggetti, negli ambienti, come proponeva già Mark Weiser con il suo ubiquitous computing? Sono d'accordo con la gran parte del lavoro svolto da Weiser, ma lui pensava soprattutto a rendere interattivi gli ambienti. Io credo più alle info-appliances, macchinette che funzionino semplicemente schiacciando dei bottoni, come gli elettrodomestici, ma specializzate, potenti nelle loro specifiche funzioni. E portatili, in modo da poterle utilizzare dovunque, non solo a casa o in ufficio. Come le agende elettroniche, i walkman o gli e-book? Ma dov'è la novità? Questi apparecchi esistono già, e non sarà scomodo poi dover usare per ogni funzione una macchinetta diversa, quando oggi sul computer si può scrivere, ascoltare la musica, elaborare immagini o cercare informazioni su Internet?
Sì, ma quanto tempo passa la gente dietro i crash del computer, a spostare
cavi, caricare software, chiamare i centri di assistenza? Il computer è ancora
come le automobili della prima ora, quando guidare era così difficile che
bisognava portarsi dietro il meccanico.
Senza contare, aggiunge, che manca di convivialità. Racconta che a casa sua c'è un nuovo oggetto che diverte la famiglia, lo chiama pictures frame, letteralmente "cornice per immagini". È uno schermo piatto e leggero, che si può passare di mano in mano, dove vedere le foto dei figli o delle vacanze. Basta caricarle con un cavetto o con la memory card della fotocamera digitale. "Ma il bello è che se lo attacco alla presa del telefono, le immagini che noi stiamo vedendo le posso inviare anche a mio padre, che vive lontano". Cos'è allora, un'Internet appliance? Sì, anche. Ma per la gente è semplicemente una cornice per le immagini. | << | < | > | >> |Pagina 162Intervista a Pierre Lévy. Il futuro dell'intelligenza è collettivoIn che modo Internet ha cambiato il concetto di spazio e di tempo? Come ogni buon filosofo comincerei con il criticare la domanda, perché non penso che Internet cambi il concetto, ma cambi esattamente lo spazio e il tempo: questa è la questione importante. Un sistema di comunicazione modifica il nostro ambiente di "prossimità", le cose che prima apparivano lontane si avvicinano e rientrano all'interno del nostro spazio dell'esperienza. Potrei citare l'esempio di una linea ferroviaria. Dal momento in cui tra due città passa una linea ferroviaria, lo spazio si modifica, ed è come se le due città fossero più vicine; non viene modificato il concetto di spazio tra le due città, ma lo spazio come "veicolo". Per "veicolo" intendo l'ultima prossimità reale tra le due città. Per rispondere alla domanda su Internet, credo sia necessario mettere in prospettiva, quindi descrivere la rivoluzione delle comunicazioni apportata da Internet insieme agli altri mezzi di comunicazione. Direi che quello che fa la televisione, e in generale quello che fanno i media classici - che di solito rappresentiamo come emittenti con un gran numero di riceventi, più o meno passivi e isolati gli uni dagli altri - è scavare un immenso "attrattore" nel quale tutti i telespettatori cadono. I telespettatori sono attirati verso un viso e verso quello che un personaggio dice, tutti insieme nello stesso tempo, ed è come se si scavasse un canale "attrattore" nello spazio all'interno della topologia collettiva. Se si guarda a come funziona il telefono, possiamo trovare un'altra tipologia d'esperienza: si crea una grande rete nella quale ci sono piccoli punti, piccoli nodi, e la particolarità di questa rete è che qualunque nodo può diventare immediatamente molto vicino a qualsiasi altro nodo. I nodi si riuniscono sempre a due a due ed è uno spazio che funziona in questo modo, con una topologia molto particolare. Nello spazio telefonico ci sono luoghi assolutamente immobili, quelli che sono lontani dai nodi della rete, e ci sono degli spazi che sono mobili, quelli che sono vicini al telefono. Partendo da lì ci si può avvicinare a qualsiasi altro. Per opposizione a questa specie d'enorme "attrattore" creato dai media classici, il telefono costruisce una rete con una struttura topologica tutta sua. È un insieme di punti dispersi sul territorio che hanno una proprietà molto particolare. Questa particolarità sta nel fatto che in qualsiasi momento si voglia questi punti li si può riavvicinare a un altro. Uno dei due punti può riavvicinarsi a un altro e così via. Internet crea uno spazio ancora diverso. La particolarità di questo mezzo è che integra tratti già appartenenti ad altri media. Possiamo affermare che le tecnologie "push" funzionano come l'abbonamento alla stampa o un po' come la radio o la televisione. La posta elettronica funziona come la posta ordinaria. Il Web funziona in modo completamente originale. Direi che, in generale, Internet sia simile ad un paesaggio variegato, all'interno del quale si riproduce un gran numero di tipologie diverse, ma la grande originalità in rapporto ai media classici è che gli individui possono quasi tutti contribuire alla costruzione di questo paesaggio. Lo si potrebbe rappresentare come un immenso mondo virtuale a partecipazione collettiva, con multipartecipanti.
Vorrei aggiungere un piccolo punto sul Web:
in esso lo spazio culturale e letterario si è trasformato. Se prendiamo una
biblioteca e guardiamo i collegamenti tra i diversi testi e i diversi libri,
possiamo vedere che esistono: sono costituiti dalle bibliografie alla fine di
ogni libro che rinviano ad altri libri. Esiste anche uno schedario della
biblioteca, ma tutti questi collegamenti all'interno di una biblioteca sono dei
legami virtuali, mentali. Il World Wide Web li rende reali. Partendo dal WWW
qualsiasi documento fa parte di un immenso iperdocumento che si stende come un
continuum di testi. È questo il grande ipertesto del WWW al quale ognuno può
contribuire. Questo crea effettivamente non un concetto di spazio ma uno spazio
culturale, di documenti e di messaggi, radicalmente nuovo e, a mio avviso,
veramente interessante da sperimentare.
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