Copertina
Autore Gavin Stamp
Titolo Edwin Lutyens
SottotitoloProfilo di un architetto
EdizioneAllemandi, Torino, 2007 , pag. 72, ill., cop.fle., dim. 12x19,5x0,7 cm , Isbn 978-88-422-1509-7
CuratoreMichela Rosso
TraduttoreAlessandra Molino, Michela Rosso
LettoreGiorgia Pezzali, 2008
Classe architettura , biografie
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Indice


  7 Edwin Lutyens: profilo di un architetto

 61 MICHELA ROSSO
    Edwin Lutyens è davvero il più grande
    degli architetti inglesi?

 69 Bibliografia


 

 

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Edwin Lutyens: profilo di un architetto


Sir Edwin Lutyens morì a Londra il giorno di capodanno del 1944 all'età di settantaquattro anni. Erano gli anni bui della seconda guerra mondiale e Lutyens si trovava nella sua casa, sommerso dai disegni della cattedrale cattolica di Liverpool, un cantiere mai portato a termine ma concepito per dar forma all'idea sorprendente di una cupola destinata a superare per grandezza quella di San Pietro a Roma. A lungo venerato e ammirato come il più grande architetto vivente d'Inghilterra, Lutyens seppe mantenersi al di sopra della querelle tra modernisti e tradizionalisti che negli anni tra le due guerre aveva diviso la cultura architettonica europea. La sua morte sembrò segnare la fine di un'epoca: «Lutyens se n'è andato, la scena architettonica ha perso vigore», scriveva l'autore del necrologio. A ribadire l'incolmabile vuoto lasciato al momento della sua scomparsa sarà anche il testo del primo libro su di lui pubblicato nel 1950 dal critico di architettura Christopher Hussey. Agli occhi di Hussey, Lutyens «era il più grande architetto inglese dai tempi di Christopher Wren, il celebre artefice della cattedrale di Saint Paul, e superiore, a detta di molti, persino a quest'ultimo».

Su molti aspetti credo che Hussey avesse ragione: Lutyens fu per anni l'unico architetto di cui la maggioranza degli inglesi avesse sentito parlare e i suoi lavori più importanti, dal palazzo del viceré a Nuova Delhi, al Monumento ai Caduti fino alla cattedrale cattolica di Liverpool, mettono in luce un sofisticato linguaggio d'ispirazione classica, sconosciuto per originalità e sottigliezza persino al famoso studioso del Seicento, paragonabile nel Novecento solo al lavoro di Josef Plecnik a Lubiana e a Praga. Una figura, quella di Plecnik, la cui fama conoscerà un simile percorso d'indifferenza iniziale e tardiva riabilitazione.

La fama di Lutyens in realtà è indipendente dalla durata della sua lunga carriera: anche quarant'anni prima della sua morte il suo nome sarebbe apparso una citazione obbligata nelle pagine dei libri di storia. Fu infatti già intorno agli anni novanta che Lutyens iniziò a farsi conoscere grazie a una serie di piccole residenze di campagna, che possono considerarsi il risultato di una raffinata e ironica reinterpretazione della tradizione vernacolare inglese. Nel 1904 il fortunato Das Englische Haus del tedesco Hermann Muthesius lo presentava come «un giovane che in anni recenti si è portato all'avanguardia nel campo dell'architettura residenziale e [che] potrà presto essere riconosciuto come leader tra i costruttori di case inglesi». E continuava: «Le [sue] architetture non hanno più nulla a che vedere con l'edilizia tradizionale; al contrario, per quanto non siano moderne il loro carattere è profondamente originale». Si tratta di residenze paragonabili ai lavori di protagonisti dell'architettura del primo Novecento, come Charles Francis Annesley Voysey e Charles Rennie Mackintosh. Sarà poi un altro grande maestro contemporaneo del calibro di Frank Lloyd Wright a riconoscere

l'amore, la fedeltà e l'arte con cui questo colto architetto, innamorato dell'architettura, dava forma ai suoi progetti. Per lui un semplice camino inglese, un timpano, o l'ingresso di un'abitazione, grazie a sofisticati dettagli costruttivi in mattoni e in pietra da taglio, diventavano temi di un'architettura raffinata e sapiente.

I primi edifici di Lutyens non tardarono a trovare acquirenti entusiasti oltre che a riscuotere l'ammirazione del pubblico. Furono invece i lavori successivi a suscitare preoccupazioni soprattutto nelle generazioni più giovani. Come scrisse Hussey nel 1950,

il memoriale per i caduti del Thiepval, la banca di Poultry e i progetti per la cattedrale di Liverpool costituiscono i capisaldi della grande forza e genialità di Lutyens, il patrimonio di un'antica tradizione umanistica proiettata verso un futuro ancora incerto. Il loro linguaggio dà corpo allo spirito autentico di questo architetto, alla sua fede nel sapere, al suo perseguire un'armonia stilistica non avulsa dal mondo reale, alla sua umanità.

Quel «futuro incerto» di cui scriveva Hussey, sembrava destinato a identificarsi con l'architettura del movimento moderno, mentre i grandiosi concetti di Lutyens, classici nella loro essenza e inevitabilmente associati al mondo perduto di Edoardo VII e dell'impero britannico apparivano sempre più anacronistici. La sua fortuna toccò il punto più basso nel 1969, in occasione del centenario della nascita, quando l'architetto Peter Smithson arrivò a sostenere che Lutyens aveva snaturato il corso dell'architettura moderna britannica restando profondamente intrappolato nel suo tempo, a tal punto da non consentire agli architetti di allora di guardare alla sua opera senza provare una certa sofferenza.

Ma tutti noi siamo vittime del nostro tempo e alla fine fu il movimento moderno a essere percepito, se non proprio come un anacronismo, di certo come una cocente delusione. Durante gli anni settanta, mentre l'esperimerito modernista in Inghilterra veniva messo radicalmente in discussione, un nuovo interesse per Lutyens e per i valori positivi incarnati dalla sua opera iniziò a diffondersi, culminando nel 1981 con la grande mostra curata da Piers Gough alla Hayward Gallery di Londra.

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La carriera di Lutyens attraversò un periodo di grandi progressi scientifici e mutamenti sociali, e grazie a un po' di fortuna e all'abilità nel procurarsi i clienti, questo grande architetto riuscì sempre a elevarsi al di sopra di quella rivoluzione del pensiero architettonico che negli anni successivi alla sua morte era destinata a incidere radicalmente sulla professione anche in Inghilterra. Lutyens diventerà una figura d'importanza nazionale come mai nessun architetto prima di lui era stato, a eccezione del suo stesso eroe, Christopher Wren. Nel corso della sua vita progettò edifici celebri per la loro originalità, il senso del controllo e la squisita raffinatezza formale. Per molti la sua architettura è ancora oggi espressione di verità eterne e intuitive sulla forma e sulla materia e, per usare le sue parole, «ogni cosa dovrebbe avere un carattere d'inevitabilità».

Oggi, grazie alla distanza che ci separa dagli inizi del XX secolo, la figura di questo protagonista indiscusso del Novecento ci appare nuovamente grandissima, al punto da sostenere che si tratti del maggiore architetto britannico. Il suo lavoro ha evidenziato un'originalità autentica, coltivata nell'ambito di una forte e radicata tradizione lontana da ogni modernità fittizia. La sua architettura, come quella di Muzio e di Plecnik, ha saputo trasmettere nuovi ideali attraverso un linguaggio classico, diventando, al contempo, il simbolo della continuità con la tradizione e un'alternativa alle stereotipate narrazioni moderniste della storia dell'architettura europea del XX secolo.

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