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| << | < | > | >> |Pagina [ libro inizio ]Fra Jacob ebbe come un presentimento quando, intorno ai trent'anni, sentì per la prima volta parlare della pala d'altare: quasi fosse destinata a rappresentare la grande offensiva finale. Poi, tutto sarebbe sprofondato. Gradualmente o di colpo? Come Atlantide? Quella pala doveva essere l'opera più ambiziosa mai realizzata in tutta la provincia della Dacia.| << | < | > | >> |Pagina 104Ed ecco laggiù, in lontananza, apparire la fortezza. E ai suoi piedi un villaggio con maiali morti tra le case dai tetti di paglia, fetore dalle finestre aperte e pallidi bambini spauriti che si aggrappavano a ogni porta invocando le madri ferite. Caddi in ginocchio nel fango e pregai nel francese gioioso della mia giovinezza:«Coeur, ame, forces, esprit.» Quando mi rialzai, mi trovai davanti un lanzichenecco. «Hai il coraggio di venire con me?» «Dove?» «Frate, vero? Sotto i tuoi stracci...» «Sì,» fui costretto ad ammettere. «Bonaventura o l'Aquinate?» «L'uno e l'altro.» «Facile, fratello L'uno o l'altro.» «Cosa è facile?» «Trovare la salvezza. Hai il coraggio di venire con me?» «Ti ho chiesto dove!» «Attraverso le tenebre, verso le tenebre! Seguimi, poverello di Dio.» Mi condusse attraverso il villaggio, e d'un tratto mi colpì il pensiero che ero quasi alla fine del mio ottavo settennio. L'uomo dovrebbe contare la propria vita di sette anni in sette anni, e non addizionarne uno alla volta, che è un po' come voler costruire una casa con sassolini. Sette sono i peccati capitali, ma sette sono anche i sacramenti e i gradini della purificazione del Divino Bonaventura. Da uno a sette anni non viviamo sette brevi anni, ma sette eternità racchiuse nel nostro primo settennato. Tra i sette e i quattordici diventiamo, a poco a poco, bambini grandi. Dai quattordici ai ventuno le acque irrompono attraverso la diga, i cavalli si impennano davanti a noi, le nostre braccia si trasformano in armi che perfino i nostri genitori temono. Diventiamo uomini capaci di scegliere, con il presagio della morte in fondo all'orizzonte, ci disperiamo un giorno, per esultare il seguente sentendoci invincibili. Con il corpo segnato dai colpi, i capelli scarmigliati e la voce roca, veniamo scagliati nel settennio successivo, ed è il tempo dell'eternità dell'amore. I fiori che calpestavamo incuranti, ora li raccogliamo o li lasciamo crescere e parliamo con loro; apprendiamo l'arte della cortesia, e passiamo i giorni a sognare e le notti a consumarci di nostalgia. Finché, d'un tratto, abbiamo ventott'anni. Comincia il settennio della volontà e dell'azione. Abbiamo la nostra meta da raggiungere, e il più rapidamente possibile. Perché la morte si profila all'orizzonte e segue ogni nostro passo. Possiamo ingannarla? Erigere contro di lei un baluardo? Poi, dopo i trentacinque, arrivano i sette anni della distruzione, sotto il segno di Marte. È il settennio preferito dei peccati capitali. L'uomo comincia a dubitare, e placa il dubbio mangiando e bevendo, fornicando, rifiutandosi di aiutare il prossimo e ammazzando. Un'eternità di guerra. Verso la fine le acque erompono di nuovo dalla diga, ma questa volta con forza decuplicata, e molti vengono portati via dalla corrente e trascinati nell'abisso. | << | < | > | >> |Pagina 114Tommaso Moro «graziato» alla sola decapitazione a Londra, Erasmo morto nella "Zum Luft" di Basilea, forse con le parole del "Della libertà del cristiano" sulle labbra, ma ritorte contro lo stesso Lutero: «No, caro uomo, non è così. Potrebbe senza dubbio essere vero, se tu fossi unicamente un uomo interiore, tutto spiritualità e introspezione, ma questo non avverrà prima del giorno del Giudizio. Sulla Terra bisogna accontentarsi di cominciare a crescere, poiché alla perfezione non si arriva che nell'altro mondo». Un grande slancio di innovazione era stato interrotto, e la Chiesa correva più che mai il pericolo di diventare la caricatura di se stessa. Chiunque poteva farvi irruzione, brandire un cero o un qualsiasi libello e predicare ulteriori varianti dell'eresia. Così pensavo, seduto a una piccola taverna dopo ever lasciato il convento degli antoniani. Chi era rimasto ormai cui prestare orecchio nelle capitali d'Europa?Per rinfrancarmi cominciai a cercare citazioni dei Testamenti, di Francesco, Ramón Llull, Bonaventura, Duns Scoto, Pico della Mirandola, Platone, Antonia da Padova, del Lord High Chancellor giustiziato a Londra, e del prolificissimo Erasmo da Rotterdam. La mia testa era la mia biblioteca, e la mia memoria vagava come uno spettro inquieto tra gli scaffali stipati di volumi: «Ispiratemi!» | << | < | > | >> |Pagina 157Cosa vuol dire "ridere", fratelli? Ridiamo abbastanza spesso? Al vostro rispettabile fratello Bojac bastava guardarsi i piedi per scoppiare a ridere, mentre, sdraiato in qualche fosso, si svagava con "Gargantua e Pantagruel". Per quasi sessant'anni i miei piedi mi avevano portato per migliaia di miglia, i miei vagabondaggi in giro per la Dacia equivalevano da soli a dieci pellegrinaggi in Terra Santa, e a starmene lì disteso a sorseggiare il mio vino e a guardare le mia dita dondolarsi in aria, mi veniva da ridere. Ogni dito era un mite amico che presto avrebbe sentito la beatitudine del vino corrergli nella carne. Hop! e fratello Alluce Sinistro riceveva la sua razione. Alla tua, fratello Mignolo Destro, e per finire un giro a tutta la compagnia a spese del padrone.| << | < | > | >> |Pagina 363 [ libro fine ]Perciò alcuni capitribù riesumano ancora una volta il suo corpo e lo portano sulle montagne, dove lo nascondono in fondo a una grande grotta segreta. Nella cripta vengono accesi tantissimi ceri che ardono giorno e notte tra i fumi fragranti degli incensieri, mentre tre anziani sorvegliano costantemente il luogo, quasi i Taraschi vogliano far sapere che, sebbene sepolto, il loro padre non è morto.
Desidera solo riposare, lontano
dai suoi.
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