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Pagina 105
[ dimenticare ]
All'improvviso ebbe la
sensazione di essere in contatto
con Edith: la sentiva sussurrare
con la voce del vento che non
doveva cedere, che stava lottando
per una causa comune; per un
istante la sentiva accanto a se',
reale al punto che un debole calore
si diffuse su tutta la parte del
corpo che era vicina a lei. Gli
disse che sarebbe sempre stata al
suo fianco, anche se lui non se ne
accorgeva, e in cambio chiedeva
un'unica cosa: di non essere
dimenticata, di non diventare una
parola qualunque che poteva sparire
da un giorno all'altro. La sua
vita aveva avuto troppo importanza
perchè tutto finisse così, anche
se forse lei stessa non se ne
rendeva più ben conto negli ultimi
anni, in cui le cose avevano
incominciato ad andare proprio come
loro avevano temuto e lei non aveva
più la forza di essere se stessa,
di restare quella che lui aveva
incontrato e che con lui aveva
lottato. Gli parlo1 dei loro
ricordi. La passeggiata notturna
in Radhuspladsen quando avevano
venduto tutto quanto possedevano.
La loro gioia, la sensazione di
rinascere. Il paesino ceh avevano
scoperto nell'entroterra di NIzza,
i suoi caffè, gli operai e i
contadini comunisti e Jesper che
stava aspettando, mentre Torben,
chino sulla macchina da scrivere,
creava quei libri che per qualche
anno dovevano dargli la pace
dell'anima. Gli ricordò
Frederiksberg e la loro casa che
una volta al mese aprivano a tutti
gli amici. E il loro rapporto a
quell'epoca, in cui il desiderio
era sempre vivo e facevano l'amore
anche al pomeriggio e in piena
notte, quando lei lo svegliava
rannicchiandosi vicino a lui e
soffiandogli piano sul collo
finchè lui non l'abbracciava con
un mormorio di piacere. Tutto
questo non doveva essere
cancellato. Non doveva essere
ridotta solo a un nome, di cui un
giorno - sopravvissuto forse alla
congiura di cui era vittima e
magari anche sposato a un'altra -
poteva dire: Edith? Si chiamava
così una ragazza che conoscevo.
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