Copertina
Autore Edward St Aubyn
Titolo La famiglia Melrose
EdizioneEinaudi, Torino, 2007, Stile libero Big , pag. 268, cop.fle., dim. 13,5x20,8x1,5 cm , Isbn 978-88-06-18913-6
OriginaleMother's Milk [2006]
TraduttoreMaurizio Bartocci
LettoreAngela Razzini, 2007
Classe narrativa inglese
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Pagina 5

1

Perché, il giorno della sua nascita, avevano fatto finta di ucciderlo? Tenendolo sveglio per giorni, sbattendogli ripetutamente la testa contro una cervice chiusa; attorcigliandogli il cordone intorno al collo, soffocandolo; sforbiciando l'addome di sua madre con gelide lame; immobilizzandogli la testa e torcendogli il collo da parte a parte; strappandolo dalla sua dimora e picchiandolo; puntandogli una luce negli occhi e sottoponendolo a esperimenti; sottraendolo a sua madre che giaceva ancora mezzo morta sul tavolo operatorio. Forse l'idea era di distruggere la sua la nostalgia per il vecchio mondo. Prima, la reclusione per fargli bramare spazio, poi fingere di ucciderlo perché fosse grato, nonostante si trattasse di questo deserto chiassoso, dello spazio concessogli una volta venuto fuori, fasciato unicamente dalle braccia di sua madre, senza mai piú la cosa intera, quella cosa calda che lo circondava, che era tutto.

Le tende respiravano luce nella stanza dell'ospedale, gonfiandosi del pomeriggio caldo e ricadendo pesanti sulla porta finestra, mitigando il riverbero di fuori.

Qualcuno aveva aperto la porta e le tende con un sussulto si erano increspate sul bordo: in un fruscio di fogli sparsi, la stanza si era rischiarata e le vibrazioni dei lavori stradali si erano fatte lievemente piú forti. Poi quando la porta era sbattuta, le tende avevamo sospirato e la stanza si era oscurata.

- Oh, no, altri fiori! - aveva detto sua madre.

Lui vedeva tutto attraverso le pareti trasparenti della culla simile a un acquario, sorvegliato dall'occhio viscoso di un giglio spampanato. Certe volte con la brezza gli arrivava il profumo pepato delle fresie che lo faceva starnutire all'istante. Sulla camicia da notte della madre le macchie di sangue si mescolavano alle strisce di polline arancione scuro.

- Sono tutti cosí gentili... - E rideva, per debolezza e frustrazione. - C'è un po' di spazio nel bagno?

- Non direi, visto che là dentro ci sono già le rose e tutto il resto.

- Oddio, è una cosa che non sopporto. Centinaia di fiori recisi e infilati dentro questi vasi bianchi solo per renderci felici -. Non riusciva a smettere di ridere. Con le lacrime che le scorrevano sul viso. - Avrebbero dovuto lasciarli dov'erano, in un giardino, da qualche parte.

L'infermiera aveva esaminato la cartella clinica.

- È l'ora del Voltarol, - le aveva detto. - Bisogna tenere sotto controllo il dolore prima che prenda il sopravvento.

Poi l'infermiera aveva guardato Robert e lui aveva fissato lo sguardo negli occhi azzurri di lei in quel buio palpitante.

- È sveglissimo. Non mi perde di vista.

- Starà bene, vero? - aveva detto sua madre colta da un terrore improvviso.

E all'improvviso anche Robert era stato colto dal terrore. Non erano piú insieme nel modo in cui lo erano stati prima, ma continuavano a condividere la stessa impotenza. Erano stati scaraventati su una riva selvaggia. Troppo stanchi per trascinarsi sulla spiaggia, non potevano che adagiarsi pigramente nel boato e nel bagliore dell'essere lí. Ma Robert doveva affrontare i fatti: lui e sua madre erano stati separati. A questo punto aveva capito che sua madre si trovava già all'esterno; questa riva selvaggia era un nuovo ruolo per lei, un nuovo mondo per lui.

Strana era la sensazione di esserci già stato. Per tutto il tempo era rimasto conscio del fatto che vi fosse un fuori; riteneva che fosse un mondo acquatico dai rumori attutiti, mentre lui dimorava nel cuore delle cose. Ora che i muri erano crollati, vedeva bene la confusione in cui aveva dimorato. Come poteva evitare di finire in un'altra confusione in questo luogo martellato dalla luce? Come poteva girarsi e scalciare come prima in questa atmosfera pesante dove l'aria gli feriva la pelle?

Ieri aveva creduto di morire. Magari non si era sbagliato ed era proprio ciò che gli era successo. Tutto era passibile di dubbio tranne il fatto che era stato separato da sua madre. Adesso, avendo afferrato che tra loro due esisteva una differenza, amava sua madre con una nuova intensità. Prima le era stato vicino, adesso bramava di esserle vicino. Il primo assaggio di nostalgia è la cosa piú triste al mondo.

- Oh, tesoro, che succede? - aveva detto l'infermiera. - Abbiamo fame, o vogliamo solo essere presi in braccio?

L'infermiera lo aveva preso dalla culla-acquario e lo aveva fatto passare sopra il crepaccio che la separava dal letto, consegnandolo alle braccia piene di lividi della madre.

- Cerchi di tenerlo un po' attaccato al seno e poi cerchi di riposare. In questi ultimi giorni ne avete passate parecchie tutti e due.

Lui era un relitto inconsolabile, che non poteva vivere con un dubbio cosí grande, con una cosí grande intensità. Aveva vomitato colostro sulla madre poi, nell'attimo di confusione e di vuoto che era seguito, aveva intravisto le tende gonfie di luce. Che avevano trattenuto la sua attenzione. Ecco come funzionava qui dentro. Ti ammaliavano con le cose per farti scordare della separazione.

Eppure non voleva esagerare quel suo senso di spossatezza. Nel vecchio mondo lo spazio aveva cominciato a farsi un po' troppo stretto. Verso la fine voleva disperatamente uscire, ma si era immaginato espandersi nuovamente nell'oceano sconfinato della sua tenera età, e non esiliato in questa terra arida. Magari avrebbe potuto rivisitare l'oceano in sogno, se non fosse stato per il velo di violenza che si stendeva tra lui e il passato.

Stava andando alla deriva nei confini sciropposi del sonno, senza sapere se sarebbe finito nel mondo fluttuante o di nuovo nel macello della sala parto.

- Povero Baba, forse stava facendo un brutto sogno, - aveva detto sua madre accarezzandolo. Il suo pianto, sul punto di ricominciare si era poi affievolito.

Quando lei gli aveva dato un bacio sulla fronte lui aveva capito che, sebbene non condividessero piú lo stesso corpo, avevano ancora gli stessi pensieri e le stesse sensazioni. Con un brivido di sollievo aveva fissato le tende, contemplando il fluire della luce.

Doveva aver dormito per un po', perché suo padre era arrivato e si era già fissato su qualcosa. Non riusciva a stare zitto.

- Oggi sono andato a vedere qualche altro appartamento e ti assicuro che la situazione è davvero deprimente. A Londra il mercato immobiliare è impazzito. Sarei piú orientato verso il piano C.

- E quale sarebbe il piano C? Me ne sono dimenticata.

- Restare dove siamo e ricavare un'altra stanza stringendo la cucina. Se la dividiamo in due, lo stanzino delle scope lo facciamo diventare la stanza dei giochi mentre il letto lo mettiamo dov'è il frigorifero adesso.

- E le scope dove le mettiamo?

- Non saprei... da qualche altra parte.

- E il frigorifero?

- Potrebbe andare nella credenza accanto alla lavatrice

- Non c'entra.

- E tu che ne sai?

- Lo so e basta.

- Ad ogni modo... una soluzione la troviamo. Cerco solo di essere concreto. Quanto ti nasce un figlio cambia tutto.

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5

Attraversando i corridoi lunghi e ben lavati della casa di cura che ospitava sua nonna, lo scricchiolio delle suole di gomma dell'infermiera faceva apparire il silenzio della sua famiglia ancora piú isterico di quanto non fosse. Oltrepassarono la porta aperta della sala comune dove un televisore a tutto volume mascherava un altro genere di silenzio. I residenti raggrinziti e bianchi come un cencio sedevano allineati. Perché la morte si faceva attendere cosí a lungo? Alcuni sembravano piú spaventati che annoiati, altri piú annoiati che spaventati. Robert ricordava ancora, dalla sua prima visita, la vivida geometria che decorava le pareti. Si ricordò di avere immaginato che il vertice di un lungo triangolo giallo lo pugnalasse nel petto, e che il bordo affilato di quel semicerchio rosso gli tagliasse il collo.

Quest'anno portavano Thomas a vedere la nonna per la prima volta. Lei non sarebbe stata in grado di dire molto, ma neppure lui. Magari sarebbero andati d'accordo.

Entrarono nella stanza e trovarono sua nonna seduta su una poltrona accanto alla finestra. Fuori, troppo vicino alla finestra, c'era il grosso tronco di un pioppo lievemente ingiallito con dietro la barriera bluastra di cipressi che nascondeva parte del parcheggio. Accorgendosi dell'arrivo della famiglia, sua nonna si era ingegnata ad atteggiare la faccia al sorriso, ma gli occhi rimanevano distanti, congelati nello smarrimento e nel dolore. Mentre lei schiudeva le labbra, lui ne vide i denti rotti e neri. Non sembrava proprio potessero affrontare alcunché di solido. Forse era questo il motivo per cui il suo corpo appariva molto piú sciupato dell'ultima volta che l'aveva vista.

Tutti la baciarono sulle guance morbide e alquanto pelose, poi sua madre le avvicinò Thomas e disse: - Lui è Thomas.

L'espressione della nonna vacillò mentre cercava di negoziare fra l'estraneità e l'intimità di quella sua presenza. A giudicare dagli occhi, Robert aveva l'impressione che guizzasse veloce in un cielo nuvoloso, sbucando brevemente in uno squarcio sereno, poi sfrecciando di nuovo fra veli piú spessi fino dentro la cecità lattea di una nuvola. Lei non conosceva Thomas e lui non conosceva lei, tuttavia sembrava che lei percepisse un senso di relazione con lui, che però continuava a dissolversi e lei era costretta a lottare per recuperarlo. Quando faceva per parlare, lo sforzo di trovare cosa dire in quelle particolari circostanze la annientava. Non riusciva piú a ricordare chi fosse in relazione a tutte quelle persone nella stanza. La tenacia non funzionava piú; piú cercava di aggrapparsi forte a un'idea, piú questa le sfuggiva veloce.

Alla fine, strinse incerta le dita intorno a qualcosa, sollevò gli occhi sul padre di Robert e disse: - Io... gli... sto simpatica?

- Sí, - rispose subito la madre di Robert, come se quella fosse la domanda piú naturale del mondo.

- Sí, - disse sua nonna, mentre la pozza di disperazione che era affiorata nei suoi occhi straripava sul resto del viso. Non aveva voluto chiedere quello, ma una domanda che si era aperta un varco. Sprofondò nuovamente nella poltrona.

Dopo quanto aveva sentito quella mattina, Robert era rimasto colpito dalla domanda di sua nonna, e dal fatto che sembrasse rivolta a suo padre. D'altra parte, non lo stupiva che fosse stata sua madre a rispondere al posto di lui.

Quella mattina, mentre sua madre era di sopra a preparare la borsa con le cose di Thomas, lui era in cucina a giocare. Non si era accorto che l'interfono era ancora acceso finché non aveva sentito Thomas svegliarsi con qualche strilletto, e sua madre andare nella sua stanza e parlargli con voce rasserenante. Non aveva fatto in tempo a valutare se sua madre fosse persino piú dolce con Thomas quando lui non era presente, che dall'apparecchio era sopraggiunto come un tuono la voce di suo padre.

- Non riesco a credere a questa cazzo di lettera.

- Quale lettera? - aveva chiesto sua madre.

- Quello stronzo di Seamus Dourke sta cercando di convincere Eleanor a rendere effettiva la donazione di questa proprietà mentre è ancora in vita. Io avevo fatto in modo che il notaio facesse una concessione reversibile. Nel suo testamento si rinuncia al debito e la casa viene trasferita irrevocabilmente all'ente benefico, ma finché lei è in vita il valore della proprietà viene solo dato in garanzia, e se lei estingue i debiti il posto torna suo. Lei ha acconsentito a sistemare le cose in questo modo col pretesto che magari si sarebbe ammalata e avrebbe avuto bisogno dei soldi per curarsi ma, inutile dirlo, io speravo anche che tornasse in sé e capisse che questo scherzo dell'istituzione benefica danneggiava molto tutti noi e faceva guadagnare soltanto Seamus. Alla faccia della fortuna dell'irlandese! Ma pensa, ha fatto l'infermiere della mutua e ha cambiato le padelle al County Meath finché mia madre non l'ha prelevato in aereo dall'isola di smeraldo rendendolo l'unico beneficiario di un enorme reddito esentasse frutto di un albergo New Age che spacciano per istituzione benefica. Mi dà la nausea, una vera nausea.

A questo punto, suo padre stava gridando.

- Tesoro, stai sbraitando, - aveva detto sua madre. - Thomas comincia a spaventarsi.

- Non posso non sbraitare! - aveva detto suo padre. - Ho appena visto questa lettera. È sempre stata una pessima madre, ma credevo che verso la fine della sua esistenza si sarebbe presa una vacanza, che avrebbe capito di aver ottenuto abbastanza attraverso il tradimento e la trascuratezza, e che era il momento di fare una pausa, di giocare con i nipotini, di lasciarci rimanere nella casa, questo genere di cose. Quello che mi terrorizza veramente è la consapevolezza di quanto la odio. Quando ho letto la lettera, ho provato ad allentare il colletto della camicia per riuscire a respirare, ma poi mi sono accorto che era già abbastanza allentato; mi sembrava di avere un cappio stretto intorno al collo, un cappio di odio.

- È una donna anziana e confusa, - aveva detto la madre di Robert.

- Lo so.

- E piú tardi andremo a trovarla.

- Lo so, - aveva detto suo padre, adesso con voce molto piú bassa, quasi impercettibile. - La cosa che odio veramente è il veleno che trasuda da una generazione all'altra. Mia madre si è sentita diseredata perché tutti i soldi della madre sono finiti in tasca al patrigno e adesso, dopo trenta anni di laboratori di terapia di autoconsapevolezza e di programmi per la crescita personale, ha trovato Seamus Dourke come controfigura del patrigno. Quell'uomo è lo strumento, incredibilmente zelante, del suo inconscio. E la ripetitività della cosa che mi manda al manicomio. Preferirei tagliarmi la gola piuttosto che infliggere la stessa cosa ai miei figli.

- Non lo farai, - aveva replicato sua madre.

- Se fosse possibile prevederlo...

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10

Dalla piscina azzurra per bambini dove aveva giocato contento fino a un attimo prima, Thomas attaccò una corsa improvvisa sulla sabbia, guardandosi da sopra la spalla per vedere se sua madre lo seguisse. Mary spinse indietro la sedia e gli sfrecciò dietro. Era diventato veloce ormai, piú veloce ogni giorno che passava. Era già arrivato all'ultimo gradino e gli bastava attraversare la Promenade Rose per ritrovarsi in mezzo al traffico. Lei sali tre gradini alla volta e lo acciuffò prima che arrivasse all'angolo dell'auto parcheggiata dove restava nascosto agli automobilisti che circolavano a velocità moderata sul lungomare. Quando lo sollevò da terra, lui cominciò a scalciare e dimenarsi.

- Non farlo mai piú, - disse Mary quasi in lacrime. - Mai piú. È troppo pericoloso.

Thomas esplose in una risata gorgogliante di eccitazione. Aveva scoperto questo nuovo gioco ieri, tornando alla Tahiti Beach. L'anno scorso, dopo essersi allontanato di piú di tre metri da lei, tornava sempre indietro.

Mentre Mary lo riportava dalla strada all'ombrellone, lui cambiò umore, succhiandosi il pollice e accarezzandole affettuosamente il viso con il palmo della mano.

- Stai bene, mamma?

- Sono sconvolta perche sei corso in strada.

- Farò qualcosa di molto pericoloso, - disse orgoglioso Thomas. - Sí che lo farò!

Mary non riuscí a trattenere un sorriso. Thomas era incantevole.

Come faceva a dire di essere triste quando un attimo dopo era cosí felice? Come faceva a dire di essere felice quando un attimo dopo avrebbe voluto mettersi a gridare? Non aveva il tempo di disegnare l'albero genealogico di tutte le emozioni che la attraversavano. Aveva passato troppo tempo in uno stato di rovinosa empatia, entrando in sintonia con gli umori erranti dei figli. A volte aveva l'impressione di essere sul punto di dimenticarsi completamente della propria esistenza. Doveva piangere per rivendicare se stessa. Le persone, quelle che non capivano, pensavano che le sue lacrime fossero il frutto di una mondana catastrofe a lungo repressa, l'estrema spossatezza, l'enorme scoperto in banca o l'infedeltà del coniuge, ma in realtà erano un corso intensivo di egotismo necessario di qualcuno cui serviva rimettere in sesto la propria persona per poi sacrificarla di nuovo. Era sempre stata cosí. Sin da bambina le bastava vedere un uccellino atterrare su un ramo per sentire il battito impazzito dell'animale sostituirsi al suo. A volte si domandava se il proprio altruismo fosse un merito o una patologia. Ma neppure a questo sapeva dare una risposta. Era Patrick colui che lavorava in un mondo dove giudizi e opinioni andavano dati con un'aria di autorità.

Mise Thomas a sedere sulle sedie di plastica impilate al suo posto a tavola.

- No, mamma. Non voglio sedermi sulle sedie doppie, - disse Thomas, scendendo con un sorriso birichino mentre si dirigeva di nuovo verso i gradini. Mary lo riacciuffò all'istante sollevandolo nuovamente sulle sedie.

- No, mamma, quando mi prendi cosí davvero non lo sopporto.

- Ma dove le impari queste frasi? - rise Mary.

Michelle, la proprietaria, si avvicinò con la loro dorade alla griglia e guardò Thomas con aria di rimprovero.

- C'est dangereux, ça - lo rimbrottò.

Il giorno prima, Michelle aveva detto che i figli li avrebbe presi a sculacciate se fossero scappati in strada in quel modo. Mary continuava a ricevere consigli inutili. Per nessun motivo avrebbe mai potuto prendere Thomas a sculacciate. A parte la sensazione di nausea che le veniva al solo pensarci, riteneva che le punizioni fossero il modo perfetto per mascherare la lezione che avrebbe dovuto far osservare; tutto quello che il bambino avrebbe ricordato era la violenza, sostituendo l'angoscia giustificata dei genitori con la sua.

Kettle era una fonte suprema di consigli inutili, alimentata dai pozzi profondi della sua stessa inutilità come madre. Aveva sempre cercato di soffocare l'identità autonoma di Mary. Non che avesse trattato Mary come una bambola - era troppo occupata a fare la bambola lei stessa - ma come una specie di fondo di capitale di rischio: inizialmente di nessun valore, ma che un giorno avrebbe potuto rendere se avesse sposato un grande casato o un grande nome. Non aveva avuto peli sulla lingua dicendo che sposare un avvocato che stava per perdere una casa di medie dimensioni all'estero, non le avrebbe fatto ottenere la ricchezza che aveva in mente. La delusione di Kettle nei confronti della Mary adulta era solo il seguito alla delusione che aveva provato mettendola al mondo. Mary non era un maschio. Le femmine che non erano maschi erano una vera beffa. Kettle fingeva che il padre di Mary volesse disperatamente un maschio, un desiderio che in realtà era appartenuto a suo padre, un soldato che preferiva la guerra di trincea alla compagnia femminile e che acconsentiva ad avere contatti con il sesso debole solo il minimo indispensabile, con la speranza di generare un erede maschio. Tre figlie femmine piú tardi, si era ritirato nel suo studio.

Il padre di Mary, al contrario, era stato felice di avere lei, proprio per come era. La timidezza di lui si armonizzava con quella di lei in un modo che li rendeva entrambi liberi. Mary, che per i primi venti anni della sua vita aveva parlato ben poco, gli voleva bene perché non le faceva pesare quel silenzio come un fallimento. Lui capiva che era il frutto di una eccessiva intensità, una sovrabbondanza di sensazioni. Il divario tra la sua vita emotiva e le convenzioni sociali era troppo grande perché lei potesse superarlo. Da giovane era stato cosí anche lui, ma pian piano aveva imparato a presentare al mondo una persona che non era veramente lui. La violenta autenticità di Mary lo riportava alla sua vera essenza.

Mary aveva un vivido ricordo di lui anche se i ricordi erano imbalsamati dalla sua morte prematura. Quando lui era morto di cancro, lei aveva quattordici anni. Era stata «protetta» dalla sua malattia da una vana segretezza che aveva reso la situazione piú preoccupante di quanto realmente fosse. La segretezza era stato il contribuito di Kettle, il surrogato della sua comprensione. Dopo la morte di Henry, Kettle aveva detto a Mary di «essere coraggiosa». Essere coraggiosa significava non chiedere la sua comprensione neppure adesso, Non avrebbe avuto senso chiederla, anche se le era stata impedita la possibilità di farlo. Le loro esperienze erano fondamentalmente molto diverse. Mary era completamente perduta nella perdita, perduta nell'immaginare la sofferenza del padre, perduta nella follia della consapevolezza che solamente lui avrebbe capito cosa provava lei riguardo alla sua morte. Allo stesso tempo, gran parte del loro rapporto era trascorsa in ambigua e silenziosa comunione, tanto da non vedere motivo di porvi fine. Kettle sembrava soltanto condividere lo stesso lutto. In realtà, soffriva a causa dell'ultima puntata della sua inevitabile delusione. Che ingiustizia. Era troppo giovane per fare la vedova, ma anche troppo vecchia per ricominciare a condizioni accettabili. Era stato sulla scia della morte di suo padre che Mark aveva afferrato pienamente la misura della sterilità emotiva di sua madre, imparando a disprezzarla. Quella crosta di pietà che aveva generato sin da allora aveva cominciato ad assottigliarsi quando aveva avuto dei figli suoi. Ormai viveva nel pericolo costante di essere dilaniata da nuovi scoppi di furia.

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Dopo aver fatto il bagno, Thomas volle mettersi nel lettone e lei non ebbe il coraggio di negarglielo. Si accoccolarono vicini a leggere Il vento nei salici e Thomas si addormentò proprio mentre il Topo e la Talpa cominciavano a riscendere il fiume dopo il picnic. Quando arrivò Patrick, vide che anche lei si era addormentata con il libro in grembo e gli occhiali per leggere ancora sul naso.

- C'è mancato poco che non litigassi con Henry, - disse, entrando a grandi falcate e con i pugni serrati, ancora alla ricerca di una destinazione.

- Oddio, ma che è successo stasera? - chiese.

Patrick non faceva che dire che le loro vite, scambi sociali, erotici e conversativi erano finite, e che erano solamente due genitori burocratici. Invece, eccola li, distrutta e svegliata bruscamente, ma pronta a intavolare una vivace conversazione.

- La Corea del Nord.

- Lo sapevo.

- Tu sai sempre tutto. Non mi stupisce il fatto che sapessi già di poter saltare la cena.

Tutto quello che diceva lei era sbagliato. Qualunque cosa lei facesse, Patrick si sentiva ugualmente abbandonato. Mary fece un altro tentativo.

- È che prima di cena me lo sentivo che poi sarebbe toccato alla Corea del Nord, tutto qua.

- Ed è esattamente quello che pensa Henry: subito dopo toccherà alla Corea.

- Ci hai litigato o invece vuoi litigare con me, adesso?

- Facciamo troppo affidamento sul miracolo democratico del consenso per dissentire. Henry odia la libertà di parola ma, proprio come parziale conseguenza di questo, non è libero di poterlo dichiarare. Non ha fatto altro che dire quanto siamo fortunati di non vivere in un paese dove ti ammazzano solo perché la pensi nel modo sbagliato.

- Quello vuole ammazzare te.

- Esattamente.

- Fantastico. Questo ci renderà la vacanza piú divertente.

- Piú divertente? Ma per divertirsi di piú non bisognerebbe intanto divertirsi già un po'?

- Secondo me, i bambini si stanno divertendo.

- Ah, be', questo è l'importante, - disse Patrick con rigorosa devozione. - Ho lasciato intendere a Henry, - continuò facendo avanti e indietro in fondo al letto, - di avere l'impressione che la politica estera del presente governo consista di progettazione. Che l'America sia lo stato canaglia con un presidente fondamentalista, e con un numero di armi di distruzione di massa centinaia di volte superiore a quello di tutte le nazioni messe insieme, eccetera, eccetera.

- E come l'ha presa? - Mary non voleva farlo smettere, voleva mantenere l'aggressione sul politico.

- Risate incredule. Un sacco di allungatine di collo. Falsi sorrisi. Mi ha fatto tornare alla mente un «certo avvenimento che qui giocò un ruolo tutt'altro che secondario nelle nostre vite». Ho detto che l'11 settembre è stata una delle cose piú sconvolgenti della storia, ma che il modo in cui è stato sfruttato, quello che io amo chiamare il 12 settembre, è stato a suo modo altrettanto sconvolgente. Il proiettile tracciante è stato l'uso fatto della parola «guerra» il giorno seguente. La guerra è una attività fra due stati-nazione. Una parola che per trenta anni il governo britannico ha cercato accuratamente di evitare nella sua battaglia con l'Ira. Perché legittimare a stato-nazione poche centinaia di maniaci omicidi se non per usarli come pretesto per fare la guerra contro degli stati-nazione veri? Henry ha detto: «Credo che si tratti di una distinzione che il comune uomo della strada non coglierebbe. Avevamo una guerra da far credere al pubblico americano». Ecco il guaio della nostra conversazione, le mie accuse sono i suoi assunti: una guerra da far credere al pubblico americano, testare nuove armi, stimolare il complesso dell'industria militare, usare il denaro pubblico per demolire un paese le cui società di capitali favorite dal governo traggono vantaggi dalla ricostruzione e cosí via. Adora tutto, quindi impossibile coglierlo nell'atto di formulare false scuse.

- E Robert come si è comportato?

- Da ottimo avvocato praticante, - disse Patrick. - Ha sostenuto il punto dei legami non provati ed è stato molto abile nel giocare con l'idea delle «vite innocenti». Ha chiesto a Henry se l'innocenza fosse esclusivamente americana. E comunque, il guaio è che per Henry la risposta è veramente «Sí», perciò è difficile farlo cadere. Non si è nemmeno dato troppa pena di far finta, se non per la libertà di parola.

- E che risposta ha dato a Robert?

- Oh, ha semplicemente detto che si vedeva che l'avevo «educato» io. Evidentemente pensava che fossimo due complici venuti dall'inferno. Ciò che l'ha infastidito è stata la mia ultima missione di bombardamento, durante la quale ho dichiarato che una nazione veramente «sviluppata», di contro a una semplicemente potente, potrebbe quanto meno prendersi la briga di immaginare l'impatto causato dal due per cento della popolazione mondiale che delle risorse mondiali consuma il cinquanta per cento, della rapida estinzione di tutte le specie di culture non americane e cosí via. Mi sono lasciato prendere un po' troppo la mano cosí ho detto che la morte della natura era un prezzo troppo alto da pagare per aggiungere gli ultimi pochi vantaggi alle vite degli straricchi.

- Mi sorprende che non ci abbia buttati fuori di casa, - disse Mary.

- Tranquilla, domani ci riprovo. Alla fine lo faccio capitolare. Adesso so cosa gli dà fastidio. La politica è un gioco eccitante, ma il denaro è sacro.

Mary capí che Patrick faceva sul serio. Il suo senso della tensione era talmente estremo che doveva distruggere qualcosa, ma questa volta non sarebbe stato se stesso.

- Ti dispiace non farci buttare fuori per un altro paio di giorni? Ho appena finito di disfare i bagagli, - disse forzando un tono gioviale.

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