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| << | < | > | >> |IndiceIX Ringraziamenti 2 Premessa all'edizione italiana 6 Introduzione Parte prima I primi contatti culturali nell'età classica 12 1. L'Egitto e il Medio Oriente: il contatto con la Grecia arcaica 18 2. L'incontro tra ellenismo e India 24 3. Il buddhismo e i nuovi contatti culturali in Asia 32 4. La diaspora ebraica 40 5. La diffusione del cristianesimo Parte seconda L'età postclassica e l'inizio dell'età moderna, 450-1750 50 6. La diffusione dell'islamismo 60 7. Lo scambio colombiano 66 8. Il cristianesimo e le Americhe 72 9. Il trasferimento di tecnologie in età premoderna 78 10. La diffusione della scienza 82 11. La diaspora africana Parte terza L'età moderna 92 12. La diffusione del nazionalismo 100 13. Colonialismo e decolonizzazione 108 14. Le concezioni imperialiste sulla donna 116 15. Le migrazioni internazionali 122 16. Lo sviluppo dell'arte internazionale 128 17. La diffusione del marxismo 138 18. La cultura internazionale del consumo 143 Indice dei nomi e dei luoghi |
| << | < | > | >> |Pagina 6Introduzione
La nostra epoca conosce molti esempi di contatti culturali e le
influenze e le conseguenze che essi hanno provocato sono ben note.
I missionari cristiani evangelici provenienti dall'Europa occidentale, e più
spesso dagli Stati Uniti, portarono il proprio messaggio in Russia dove, nel
1997, il governo cercò di limitarne l'azione. Negli ultimi decenni l'opera
missionaria ha generato anche uno dei più importanti cambiamenti culturali che
si siano verificati nell'America Latina: la diffusione del fondamentalismo
protestante. La disseminazione dei ristoranti McDonald's in Europa, in Asia e in
Russia è una sfida alle scelte dei modelli alimentari tradizionali: il
suo successo è fonte di cambiamenti importanti nel campo dei
valori e nello stesso tempo li riflette. I periodici femminili indiani
hanno aperto un dibattito sull'impatto delle immagini di amore
romantico di stampo hollywoodiano su una cultura in cui i matrimoni combinati
fanno parte della tradizione. In epoca moderna
influenze significative viaggiano in entrambe le direzioni: tanto
verso Occidente quando verso Oriente. Negli anni ottanta del
Novecento le grandi corporation statunitensi furono invitate a imitare la
cultura aziendale giapponese, che enfatizzava lo spirito di
corpo e gli scambi di opinioni tra i gruppi di lavoratori.
Come è ovvio, i modelli odierni di contatto culturale non sono
stati sempre prevalenti. L'Europa occidentale e gli Stati Uniti
sono diventati fonti egemoni di influenza internazionale solo
negli ultimi secoli. Prima del XVII secolo i contatti più significativi
implicavano influenze provenienti dall'Asia e da alcune aree
dell'Africa. Il ritmo dell'interazione culturale si è accelerato in
epoca moderna con l'aumento del commercio mondiale e con il
progresso delle tecnologie della comunicazione. Ma il tema del
contatto ha origine nel passato più lontano. La Cina importò il
buddhismo dall'India circa diciassette secoli or sono; e già da
tempo, dopo il breve ma intenso scambio con gli eserciti di
Alessandro Magno, gli artisti indiani rappresentavano gli dei
indù in costume greco.
Il contatto culturale è un elemento di grande portata nella storia del mondo per due motivi tra loro connessi.
Prima di tutto, esso provoca eventi di ovvia drammaticità. Quale apporto
potevano ricevere gli indiani d'America dall'incontro con i conquistatori
europei e con i missionari, quando le loro credenze e i loro stili artistici si
erano sviluppati, letteralmente, per millenni nel più totale isolamento? Come
potevano i giapponesi, da tempo giustamente orgogliosi della propria cultura
distintiva, accettare di importare la scienza e l'istruzione europee occidentali
e americane alla fine del XIX secolo senza perdere il proprio orgoglio e la
propria identità culturale?
In secondo luogo, il contatto è una delle grandi forze di cambiamento della
storia del mondo. Lo sviluppo filosofico e scientifico dell'Europa occidentale
non avrebbe potuto seguire le strade che calcò a partire dall'XI secolo se non
avesse attinto alcuni prestiti dalla dottrina islamica (sia pure tra odio e
paura dell'Islam). Il nazionalismo, uno dei temi della storia mondiale moderna,
fu un prodotto del contatto culturale con l'Europa occidentale; ironicamente,
esso facilitò lo scambio nella stessa misura in cui lo intralciò.
In questo libro esporremo un certo numero di casi esemplari di culture in
movimento a partire dalle prime civiltà per giungere ai giorni d'oggi,
avvalendoci anche di carte e di altri materiali. Il nostro scopo, più che
presentare una ricerca di vasta portata, è quello di esplorare i contatti più
importanti. Nello studio di molti episodi chiave di contatto culturale, di
culture in movimento geografico, ci fonderemo su due definizioni fondamentali –
la prima di carattere culturale e la seconda riguardante le circostanze che
fecero da sfondo al contatto – per comprendere il motivo per cui, in genere,
questo porta con sé sfide e controversie significative.
La cultura di una società comprende le sue credenze e i suoi valori
fondamentali, oltre agli stili e ai metodi impiegati per esprimere quelle
credenze e quei valori. Noi esseri umani abbiamo bisogno di sistemi di credenze
elaborati perché, come specie, i nostri istinti innati sono piuttosto modesti.
Non ci serve la cultura per imparare a evitare le fiamme o ad allattare i
neonati, ma abbiamo bisogno di credenze o di ipotesi che ci indichino
quale tipo di famiglia formare o come affrontare la morte, o anche se il sole
ritornerà quando ci troviamo nell'oscurità dell'inverno. La fiducia più nella
cultura che nell'istinto aiuta gli individui ad adattarsi alle situazioni più
varie: per essere una specie complessa, gli esseri umani sono straordinariamente
adattabili ai diversi ambienti. Ma la stessa fiducia significa che tra un'area e
quella vicina si può sviluppare una grande varietà di sistemi di credenze
diversi. Talvolta le culture possono anche stimolare una negazione dell'istinto,
e questo avviene per esempio quando le società arrivano a credere che
l'allattamento al seno sia sconveniente o dannoso per la salute e, per nutrire i
neonati, si rivolgono ad altri metodi.
All'inizio le culture si svilupparono in un grande isolamento. Durante la
lunga fase della storia umana caratterizzata dalla caccia e dalla raccolta gli
individui dovevano coprire aree geografiche molto vaste. Entro il 10000 a.C.,
alla vigilia della rivoluzione agricola, tutta la Terra poteva essere popolata
da una decina di milioni di individui, che però erano sparsi su quasi tutte le
terre abitabili. Naturalmente, i gruppi di cacciatori e raccoglitori, composti
da un'ottantina di individui ciascuno, avevano contatti gli uni con gli altri.
Ma i gruppi di una regione potevano sviluppare credenze molto diverse da quelle
dei gruppi della regione adiacente. Potevano parlare lingue differenti (la
lingua riflette le convinzioni e inoltre vincola le credenze), potevano avere
concezioni differenti su certe particolari divinità o sugli elementi della
natura, o anche sull'interpretazione di ciò che accade dopo la morte. Nei vari
gruppi regionali si svilupparono identità fondate sulle proprie credenze, come
per esempio la consapevolezza che altre aree avevano credenze e stili differenti
(e, come spesso si credeva, inferiori).
L'isolamento non fu mai assoluto, sia perché molto spesso la specie umana ha
avuto bisogno di migrare, sia perché l'impulso a intrattenere contatti
commerciali si sviluppò molto presto. Alcuni contatti iniziali furono dovuti
agli spostamenti di successive specie di umanoidi, per lo più dall'Africa verso
l'Asia e l'Europa, ma anche dall'Asia verso le Americhe, l'Australia e le
isole del Pacifico. Le migrazioni successive non solo diffusero le specie
geograficamente, ma permisero pure il contatto con i progressi tecnologici ivi
compresa, alla fine, la stessa agricoltura. E vi furono pure indubbie
implicazioni culturali: attraverso il contatto gli individui poterono apprendere
nuove fedi religiose o nuove forme artistiche. Tuttavia, nella maggior parte dei
casi non disponiamo di prove specifiche sulle idee che furono scambiate. Eppure,
anche quando si riconosca che l'interazione è una costante dell'umanità, bisogna
osservare il forte grado di delimitazione degli spazi entro i quali le prime
società svilupparono le loro diverse specificità. Anche società che maturarono
relativamente vicine, come l'Egitto e il Medio Oriente dopo il 3500 a.C., e che
condivisero un contatto periodico attraverso il commercio e la guerra, dettero
vita a religioni e a forme artistiche molto differenti, e perfino a diversi
atteggiamenti collettivi di base, come l'ottimismo o il pessimismo. Questo tipo
di differenze contribuì a rendere il contatto successivo allo stesso tempo
vantaggioso e destabilizzante.
Fin dalla fase della caccia e della raccolta una parte importante della
storia umana ha implicato contatti tra una cultura regionale e quella vicina. Lo
sviluppo dell'agricoltura, che ebbe inizio verso il 9000 a.C., incoraggio il
contatto in almeno due sensi. Prima di tutto, alcune popolazioni agricole
dettero luogo a movimenti in espansione (con l'avvento dell'agricoltura il tasso
di natalità aumentò). A loro volta, queste popolazioni si sparsero su altre aree
in cui riuscirono a soppiantare i gruppi preesistenti o a fondersi con essi. Le
guerre di conquista territoriale tra regioni confinanti rappresentarono una
forma specifica di questo processo. In secondo luogo, la maggior parte delle
società agricole produsse eccedenze e dette luogo a specializzazioni che
stimolarono il commercio il quale, a sua volta, per sua specifica natura,
provocò contatti ulteriori. Talvolta il contatto fu talmente ampio che due
culture si fusero fino a diventare una sola, creando aree culturali più vaste.
Le civiltà, particolarmente a partire dall'età classica, furono il risultato di
questo processo di integrazione delle culture in unità più ampie, come nel caso
della Cina e dell'India. Spesso, però, l'interazione culturale non riuscì a
operare una fusione completa, anche se comportò ugualmente un'influenza
reciproca significativa.
Il contatto tra due culture poteva avere un grande impatto proprio perché
spesso le differenze erano consistenti. Dal contatto potevano nascere idee
religiose o scientifiche; gli artisti potevano fare riferimento a stili diversi.
Ma poteva anche accadere che una cultura, nello sforzo di ridurre l'interazione
e di preservare i valori preesistenti, si richiudesse in se stessa; anche questo
comunque rappresentava un cambiamento. Alcuni contatti culturali furono del
tutto accidentali, come conseguenze di una guerra, di un'invasione o del
commercio, senza per questo risultare sgraditi. Qualche contatto, però, poté
anche essere il risultato di una ricerca deliberata, come accadeva quando una
società cominciava a imitare taluni aspetti di una cultura vicina. Una variante
fondamentale dipendeva dal grado di apertura al mondo esterno di una data
cultura. Alcune società, spesso grazie a esperienze precedenti, presero
l'abitudine di studiare le credenze e gli stili delle altre per poi sceglierne i
tratti che potevano essere incorporati nelle proprie tradizioni. Altre
svilupparono l'impulso a opporre resistenza a questo genere di influenze. Fin
dai primi stadi della storia del mondo il ventaglio di reazioni al contatto fu
molto ampio.
In realtà, gran parte dello studio della storia del mondo implica
l'osservazione del modo in cui le società si sono confrontate con le opportunità
culturali: se le hanno ricercate, se vi si sono adattate sotto costrizione o se
hanno resistito loro attivamente. E, come è ovvio, le reazioni cambiano nel
tempo. All'inizio del XXI secolo, per esempio, molte delle società più
importanti dimostrano una certa volontà di imparare dalle altre culture
ma si sono sviluppate anche alcune reazioni all'eccesso di ricettività e a
favore di tradizioni religiose o nazionali, reali o immaginarie. Un modo
fondamentale per capire le influenze e le sensibilità interculturali dei nostri
giorni è lo studio dei modelli del passato.
Come si è visto, i contatti tra popoli che possedevano modelli di
credenze e di stili ben definiti cominciarono presto; il motivo è
semplice, e sta nella frequente mobilità delle popolazioni. Nella
storia del mondo la valutazione dei contatti estensivi diventa più
facile quando, a partire dal 3500 a.C., nelle principali valli fluviali
asiatiche e africane si formarono le prime civiltà.
Per loro stessa natura, le civiltà erano più vaste di quasi tutte le aree
culturali precedenti. Per lo più, esse godevano di eccedenze agricole maggiori
che consentirono la nascita di città più grandi, ma anche l'insorgere di
ineguaglianze sociali più pronunciate. Le loro istituzioni governative ebbero un
carattere più formalizzato. Spesso queste caratteristiche comportavano sforzi
più espliciti (talvolta condotti dai governi) per diffondere una cultura comune
all'interno della civiltà stessa e anche per enfatizzare le proprie differenze
rispetto alle credenze e agli stili di altre società. La civiltà, in altre
parole, influenzava il processo del contatto, rendendolo in qualche
modo più stimolante. Contemporaneamente, però, molti popoli furono a lungo
esclusi dalle civiltà; alcuni gruppi nomadi, in particolare, svilupparono
proprie credenze e istituzioni di grande importanza e, muovendosi lungo le
frontiere delle civiltà, contribuirono a far loro evitare un isolamento
completo.
Nel corso dell'età classica della storia del mondo, che ebbe inizio dopo il
1000 a.C., diverse civiltà si adoperarono per diffondere culture coerenti in
zone più ampie, come la Cina, l'India e l'area mediterranea. Il contatto tra
queste culture più ampie fu raro, ma potenzialmente molto importante. Dopo il
declino dei grandi imperi della classicità, per lo più entro il V secolo d.C.,
le interazioni culturali diventarono più ampie, in particolare in seguito alla
diffusione delle religioni che svolgevano attività missionaria – il buddhismo,
il cristianesimo e l'islamismo – e anche grazie allo sviluppo di reti
commerciali internazionali più regolari. Durante il periodo postclassico vari
generi di contatto culturale subirono un'accelerazione. Dal 1450 al 1750 – cioè
durante i primi secoli dell'età moderna della storia mondiale – alcune società
si sforzarono di evitare qualunque contatto, mentre altre furono soggette a
influenze esterne nuove e spesso non ben accette. Le interazioni tra le culture
americana, europea e africana furono un elemento nuovo e vitale della storia del
mondo. Tra il 1750 e l'inizio del XX secolo le nuove tecnologie dei trasporti e
delle comunicazioni, oltre alla crescente potenza dell'Europa occidentale
rispetto al resto del mondo, spinsero quasi tutte le società a interrogarsi sul
che fare di fronte all'esempio culturale fornito dall'Europa occidentale.
Infine, nel XX secolo, gli ulteriori e più massicci cambiamenti avvenuti nelle
comunicazioni e nel commercio, uniti a una complessa modificazione
dell'equilibrio dei poteri, ridefinirono di nuovo la questione del contatto
culturale.
Il contatto culturale, insomma, ha sperimentato molte interazioni
a seconda dei modelli commerciali internazionali, della tecnologia
dominante nel periodo dato e anche, semplicemente, a seconda
della volontà di diffondere le credenze o della riluttanza a farlo.
In questo libro esporremo alcuni tra i principali episodi chiave di
contatto, unendovi una breve descrizione di ogni periodo in ordine cronologico.
La cultura – ciò in cui gli individui credono e ciò che le loro convinzioni li
inducono a fare – è uno degli aspetti più affascinanti della specie umana e
della sua lunga storia. Proprio perché le culture sono alla base dell'identità e
spesso provocano una resistenza al cambiamento in nome di presupposti
consolidati, lo studio delle varie conseguenze degli incontri culturali offre
una chiave di lettura di alcuni dei processi più ampi verificatisi nel
corso della storia del mondo.
Tre punti conclusivi. Primo: in questo libro non ci occuperemo
di tutti i casi di contatto culturale, anche dopo le prime fasi della
storia dell'uomo. Al contrario, abbiamo scelto i casi esemplari
più importanti in cui sistemi di credenze (religiose, politiche o
organizzative) si sono diffusi con maggiore ampiezza. Il che permette una
comprensione di come avviene il processo di contatto culturale che possa essere
applicabile anche ad altri esempi, sia del passato sia contemporanei.
Secondo: i casi indagati illustrano chiaramente la complessità
delle conseguenze del contatto interculturale, che possono essere valutate in
modo differente. I contatti portano idee nuove, talvolta enormemente creative e
liberatorie. Ma possono anche minare tradizioni e identità preziose. E questo
aiuta a spiegare perché spesso i contatti producano reazioni inattese e talvolta
negative, e anche perché molti individui, nelle società interessate, si chiedano
legittimamente se non sarebbe stato meglio rimanere isolati. I capitoli che
seguono consentono di analizzare questi diversi risultati e anche di apprezzare
l'ingegnosità con cui l'uomo progetta le combinazioni delle influenze culturali.
Infine, il contatto culturale avviene spesso in società dotate di
gradi diversi di potere, il che può fare apparire una cultura
"superiore" ad altre. Ma, in realtà, significa solo che le idee e gli
stili di quella società sono associati a un determinato successo
militare o economico e non che essi sono, in linea di principio,
più veri o migliori. Seguire le potenti ramificazioni del contatto
culturale è parte essenziale dell'analisi. Questo è vero per il
primo periodo della civiltà, ma lo è anche per l'epoca in cui
divenne dominante quella che viene talvolta chiamata civiltà
occidentale (la civiltà che si sviluppò nell'Europa occidentale e
si estese, in larga misura, a varie aree come gli Stati Uniti).
Ma qui entra di nuovo in gioco il meccanismo della complessità: le culture che sono superiori in termini di potere, solo di rado trionfano del tutto, pure quando le loro classi dirigenti ritengono di avere vinto; e anche le culture "superiori" subiscono l'influenza delle idee con cui entrano in contatto. | << | < | > | >> |Pagina 52Dalla sua base nel Medio Oriente e nel Nordafrica, l'islamismo si diffuse in diverse aree dell'Europa meridionale, dell'Africa subsahariana, dell'Asia centrale — compresa la Cina occidentale — dell'India e del sudest asiatico. Le date e le modalità della diffusione variarono da un caso all'altro. Per dare ragione del modo in cui l'islamismo fece presa, bisogna assolutamente tenere conto della variabile dell'equilibrio tra la conquista da un lato e il commercio e l'esempio spirituale dall'altro. Un'ulteriore discriminante, quando la diffusione dell'islamismo fu dovuta soprattutto alla persuasione, è quella dei rapporti tra le élite e le masse nelle aree riceventi. In alcuni casi, le élite e le classi di governo si convertirono per prime, attirate tanto dalla religione quanto dal fatto che essa guardava con rispetto ai mercanti e registrava successi politici; in questi casi, a loro volta le élite propagarono ulteriormente la religione. In altri casi la conversione cominciò tra il popolo, e questo si verificò quando i maestri sufi interagirono con i villaggi rurali.
Inevitabilmente, dato che l'islamismo si manifestava in aree di
credenze e di stili tradizionali differenti, si determinò un amalgama culturale.
Alcune aree accolsero la religione nella sua interezza, facendo propri anche gli
stili artistici a essa associati come l'architettura delle moschee e la
ricchezza delle decorazioni dovute al fatto che la religione stessa si sforzava
di proibire la rappresentazione della figura umana e degli animali.
Altre aree, però, pur accettando la religione, non ne accolsero
alcuni tratti specifici riguardanti l'arte o la vita familiare. Si
ebbe quindi una varietà di modelli di sincretismo, o di misture
culturali. Infine, alcune aree assistettero contemporaneamente
allo sviluppo di un'importante minoranza musulmana e alla
resistenza opposta dalla cultura maggioritaria. Individuare la
geografia dell'Islam vuol dire esplorare questi esiti importanti e vari.
L'islamismo e l'Europa
La nascita dell'Islam ingenerò timori e odio nell'Europa cristiana, che
presto nella nuova religione identificò un rivale potente
e, in realtà, di gran lunga superiore. Le crociate promosse dagli
europei alla fine dell'XI secolo avevano lo scopo di strappare la
Terra Santa ai musulmani, ma il loro successo fu effimero.
L'ostilità verso l'islamismo è ancora oggi uno dei problemi principali nella
storia d'Europa. Da parte loro, i musulmani guardarono spesso con disprezzo
all'arretratezza e alla grossolanità degli europei e, quando la potenza
dell'Europa si accrebbe, scartarono talvolta puntigliosamente le opportunità di
imitarla e di interagire con essa.
Tuttavia, alcuni contatti furono significativi. I musulmani fecero
due diverse scorrerie in Europa: la prima provocò una massiccia fusione
culturale che si rivelò vitale per la storia europea e anche, in seguito, per
quella americana, mentre la seconda insediò una presenza musulmana durevole e
attiva ancora ai nostri giorni.
Le conquiste del VII secolo in Spagna furono dovute alle rapide
incursioni degli arabi del Nordafrica. Entro il 732 gli arabi avevano occupato
tutta la penisola iberica, a eccezione di un territorio
residuo nel nordest. Gli eserciti franchi li sconfissero in Francia,
impedendo ulteriori avanzamenti e una breve occupazione della
Sicilia e di altre isole italiane fu respinta da controinvasioni cristiane.
Tuttavia, il dominio musulmano in Spagna e in Portogallo ebbe
conseguenze vitali. La classe di governo islamica, pur non cessando di mostrare
grande tolleranza nei confronti dei sudditi cristiani, mise a punto un'elaborata
struttura politica e culturale. Moltissimi spagnoli si convertirono sia grazie
all'influenza esercitata dalla conquista sia a seguito del successo dei
musulmani. Anche dopo la loro cacciata, gli stili artistici musulmani
continuarono a lungo a influenzare l'architettura e la decorazione spagnole. Le
tradizioni si mescolarono anche nella musica (non si deve dimenticare che la
chitarra è uno strumento arabo) e in seguito dalla Spagna
i nuovi stili si diffusero nelle Americhe. Alcuni centri culturali,
come per esempio Toledo, attirarono studiosi di tutta Europa
ansiosi di fare tesoro della scienza e della filosofia musulmane ed
ebraiche; ciò che ne risultò contribuì a spronare il cambiamento e
il progresso della vita culturale europea.
Dal X secolo, mentre si verificavano tutte queste proficue interazioni, gli eserciti cristiani prepararono un solido contrattacco a partire dal nord della Spagna, di cui a poco a poco riconquistarono tutto il territorio. La forza del cristianesimo e, ironicamente, le limitate opportunità commerciali dell'Europa arretrata impedirono la propagazione dell'influenza musulmana. La ritirata fu inesorabile, in particolare quando il mancato consolidamento politico degli arabi in Medio Oriente e in Africa lasciò isolati i musulmani al governo della Spagna. Nel 1492 l'ultima sacca rimasta, a Granada, fu scacciata dagli eserciti uniti della monarchia spagnola di Ferdinando e Isabella. | << | < | > | >> |Pagina 7810. La diffusione della scienza
La rivoluzione scientifica del XVII secolo in Europa occidentale
ebbe, nell'immediato, ripercussioni drammatiche per la cultura
occidentale e, sul lungo termine, anche per le culture delle altre
aree del mondo. Le scoperte scientifiche relative alla circolazione
sanguigna o alle leggi di gravità o, ancora, al movimento dei pianeti non si
limitarono a fornire nuove conoscenze sui meccanismi della natura. Esse
svilupparono, inoltre, metodologie formali coniugando la generalizzazione,
spesso con l'utilizzo della matematica più avanzata, e l'indagine empirica, così
che la conoscenza poté fare ulteriori progressi. Ed elevarono, infine, la
posizione della scienza e del pensiero razionale nel campo culturale più
generale, riducendo gradualmente la credibilità della fede religiosa.
A dire il vero, il termine "rivoluzione scientifica" può essere
fuorviante. Secondo l'affermazione di Steven Shapin non vi fu
un'autentica rivoluzione scientifica, intesa come un insieme di
procedure compiutamente coerenti e standardizzate intese a sviluppare le
conoscenze scientifiche. Per penetrare il mondo della
natura gli scienziati non perseguirono un processo unico, ma
svilupparono piuttosto una serie di procedure culturali. Per di
più, molte nuove scoperte non ebbero alcun impatto pratico
immediato, benché alcuni ricercatori, tra cui Francis Bacon nel
XVII secolo, pronosticassero fiduciosi che la scienza avrebbe
aperto la strada ai progressi della tecnica. Scoperte come quella
inerente alla circolazione sanguigna non furono rilevanti per la
medicina, quanto meno fino al XIX secolo. L'insieme di scoperte scientifiche
cambiò il clima intellettuale dell'Europa occidentale, ma fu un fenomeno
complesso.
La nuova scienza europea non nasceva dal nulla. La Cina aveva
una tradizione scientifica molto antica e molto affermata, ma
diversa da quella che finì per essere chiamata la scienza moderna. La nuova
scienza europea si basava in gran parte su osservazioni empiriche ed era priva
di più ampie generalizzazioni sulla natura: per queste ragioni non riuscì a
conquistare un posto di riguardo presso la cultura cinese. (I seguaci del
confucianesimo, in particolare, mostrarono raramente un interesse
profondo). Per di più, nel XVII e nel XVIII secolo la creatività
scientifica stava declinando. Il Medio Oriente era il centro di
un'altra tradizione dinamica, basata in parte su quella stessa
scienza greca che aveva concorso a stimolare l'Europa occidentale. A partire
all'incirca dal XII secolo, tuttavia, a causa del crescente fervore religioso la
scienza mediorientale rimaneva arretrata, e l'ostilità verso le lezioni
dell'Europa cristiana frenò le risposte ai progressi conseguiti in Occidente.
Per un certo periodo, dunque, l'Occidente sembrò ergersi da solo nel suo
nuovo ruolo di avanguardia scientifica.
La forza del pensiero scientifico, tuttavia, e la sua associazione reale
o immaginaria con altri aspetti del progresso occidentale, tra cui
quelli tecnologici, spinsero inevitabilmente le altre società all'imitazione man
mano che prendevano coscienza dei nuovi sviluppi.
Singoli intellettuali affascinati dall'innovazione, governanti desiderosi di far
progredire le proprie società grazie a nuove ricerche: tutto un esercito di
persone poté subire il fascino della nuova scienza. L'inserimento dei nuovi
modelli di formazione scientifica nei sistemi scolastici, quali si svilupparono
nel XIX e nel XX secolo nel mondo occidentale e altrove, fu un passo
importantissimo per il nuovo orientamento delle culture mondiali.
In ultima analisi, possiamo affermare che tutte le società del globo
sono state influenzate dalla forza dell'istruzione e del pensiero
scientifico. Dal XX secolo, la scienza fa parte dei piani di studio scolastici
di ogni paese, sia nei cicli di istruzione primaria sia, ancora
più ovviamente, nella formazione superiore destinata alle élite.
I convegni di studio internazionale per aver accesso all'istruzione
scientifica sono stati un'altra occasione vitale del contatto culturale. A
seconda delle proprie risorse economiche, quasi tutti i paesi
hanno formato ricercatori scientifici, i cui contatti in occasione di
incontri internazionali hanno dato vita a uno dei più importanti
rapporti tra civiltà del mondo contemporaneo. L'influenza
dell'Occidente e l'impegno di una moltitudine di nuove o risorte
nazioni hanno contribuito a estendere la forza creativa globale della
scienza.
La tempestività e l'intensità dell'interesse nei confronti della scienza dell'Europa occidentale furono, comunque, meno omogenee di quanto gli esiti finali potrebbero far pensare. Diverse società manifestarono una sensibilizzazione precoce. Nelle colonie nordamericane, per esempio, alcuni cultori della scienza cominciarono a scambiare informazioni con gli scienziati europei e, già entro la fine del XVIII secolo, furono in grado di svolgere alcune ricerche per proprio conto. Al contrario, in Medio Oriente, l'impero ottomano ignorò a lungo la scienza occidentale, limitandosi ad ammettere, nel XVIII secolo, alcuni medici europei alla corte del sultano e mantenendo una posizione di sostanziale isolamento nonostante i contatti frequenti con l'Europa. | << | < | > | >> |Pagina 103La prima guerra mondiale non aveva mietuto vittime soltanto tra le popolazioni europee. Centomila soldati indiani erano morti nelle Fiandre e in Medio Oriente al seguito delle truppe inglesi, ventimila erano stati i caduti tra i quasi duecentomila africani del Maghreb che si erano arruolati nell'esercito francese. I bianchi avevano preteso un drammatico tributo di sangue dagli abitanti delle colonie e il primo ministro inglese Lloyd George aveva accettato che nel suo governo di guerra sedessero con pari dignità anche i rappresentanti dei dominion dell'impero britannico. Ma proprio quei soldati che venivano da così lontano erano stati spettatori di un massacro di vite umane che ai loro occhi aveva fortemente incrinato il mito di una civiltà europea superiore. Al tempo stesso, tra i motivi di quella guerra avevano incontrato idee di indipendenza e libertà che potevano trovare applicazione anche al passato di soggezione e sfruttamento dei loro paesi d'origine. Tra i "Quattordici punti" proposti dal presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson come base per un nuovo ordine Internazionale figurava anche l'istituto del mandato che stabiliva il principio della salvaguardia degli interessi dei popoli nativi delle colonie e limitava la presenza della potenza coloniale europea a un aiuto per il raggiungimento della capacità di autogoverno.
In Asia la reazione nazionalista si accompagnò alla diffusione
del marxismo. Mao Zedong e Ho Chi Min, i leader indipendentisti di Cina e
Vietnam, erano militanti dell'Internazionale
Comunista. I movimenti anticoloniali da loro diretti vinsero
coniugando questione nazionale e questione sociale, grazie a
un'energica azione di riforma agraria che espropriò i grandi latifondi e
distribuì la terra ai contadini. Proprio in questo ambiente rurale si sviluppò
la guerriglia partigiana degli eserciti indipendentisti. Nella colonia olandese
dell'Indonesia, invece, il risveglio del sentimento nazionale venne guidato
all'inizio da un partito musulmano, il Saraket Islam, cui si contrappose negli
anni venti il partito comunista indonesiano. Nel 1927, in alternativa alla
religione islamica e all'ideologia marxista, venne fondato il Partito nazionale,
che sotto la guida di Akmed Sukarno si pose l'obiettivo di un'indipendenza
limitata alla politica interna, secondo il modello del Commonwealth britannico.
Ancora diversa fu l'esperienza indiana, dominata dalla guida
spirituale di Gandhi: l'indipendenza dell'India significava la
ricerca di una via di sviluppo alternativa a quella occidentale,
fondata sul rifiuto della civiltà industriale e il rilancio del
khaddar,
la filatura e tessitura a mano, nel quadro del boicottaggio
delle merci di importazione inglese e del ritorno a un'economia
di autoconsumo contro la corruzione commerciale introdotta
dall'Occidente. Gandhi però si lanciava anche contro le incongruenze più
ingiuste della pratica religiosa indiana come la condizione degradante della
donna e il dogma dell'intoccabilità che condannava alla segregazione e alla
miseria la casta dei
paria,
cioè dei cittadini più poveri e destinati ai lavori più degradanti.
La sua pratica di lotta non violenta, condotta attraverso scioperi della fame e
campagne di boicottaggio dei prodotti soggetti al monopolio britannico, ebbe
alla lunga ragione della dominazione straniera.
In gran parte dell'Asia una svolta decisiva avvenne con l'espansione
giapponese che nel corso della seconda guerra mondiale sconfisse le potenze
coloniali: la Francia in Indocina, l'Olanda in Indonesia, la Gran Bretagna in
Birmania. In ognuno di questi paesi l'effetto delle truppe giapponesi fu simile
a quello degli eserciti napoleonici nell'Europa di primo Ottocento: un grande
impulso allo sviluppo di sentimenti nazionali che legavano l'idea
dell'indipendenza all'idea di una grande riforma costituzionale e sociale.
Tra gli effetti del dominio straniero vi fu anche una radicalizzazione in
senso politico della religione musulmana. L'Islam, infatti, rappresentava
insieme una fede e un codice etico che definiva le regole della convivenza
civile: il movimento panislamico fondava su questa base un'ideologia politica,
non nazionalista ma universalistica, di totale contrapposizione al mondo
occidentale. La società dei Fratelli Musulmani, fondata nel 1928 e
rapidamente diffusasi in Iran, Pakistan, Egitto e Algeria, imputava il ritardo
della nazione araba proprio a un allontanamento dalla religione e proponeva un
modello di società radicalmente alternativa, priva di partiti politici, legata
alla
shari'a
(la legge canonica fissata nel Corano) e all'educazione religiosa, ispirata a un
controllo della morale dei cittadini da parte dello stato.
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