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| << | < | > | >> |IndicePrefazione alla nuova edizione del 1918 7 LA SCIENZA DELLA LIBERTĄ I - L'agire umano cosciente 11 II - L'impulso fondamentale alla scienza 20 III - Il pensare al servizio della comprensione del mondo 27 IV - Il mondo come percezione 43 V - La conoscenza del mondo 60 VI - L'individualità umana 78 VII - Vi sono limiti alla conoscenza? 84 LA REALTĄ DELLA LIBERTĄ VIII - I fattori della vita 101 IX - L'idea della libertà 107 X - Filosofia della libertà e monismo 128 XI - Scopo del mondo e scopo della vita 136 XII - La fantasia morale 141 XIII - Il valore della vita 152 XIV - Individualità e specie 176 GLI ULTIMI PROBLEMI Le conseguenze del monismo 180 Prima appendice alla seconda edizione del 1918 190 Seconda appendice 197 Indice degli autori citati nel testo 201 Opera omnia di Rudolf Steiner 203 |
| << | < | > | >> |Pagina 11Nel suo pensare ed agire è l'uomo un essere spiritualmente libero, oppure si trova sotto la costrizione di una ferrea necessità di leggi puramente naturali? A pochi problemi è stato rivolto tanto acume quanto a questo. L'idea della libertà del volere umano ha trovato un gran numero di caldi sostenitori e di ostinati oppositori. Vi sono persone che nel loro pathos morale chiamano spirito limitato chi possa negare un fatto così palese come la libertà. Di fronte a queste ve ne sono altre che vedono il colmo della non-scientificità nel credere interrotta la necessità delle leggi di natura nel campo dell'agire e del pensare umani. Una stessa cosa viene così in pari tempo dichiarata il più prezioso bene dell'umanità oppure la peggiore illusione. Infinito acume è stato impiegato per chiarire come la libertà umana sia compatibile con l'agire della natura, alla quale anche l'uomo appartiene. Non minore è l'impegno col quale dall'altra parte si è tentato di rendere comprensibile come sia potuta sorgere una simile idea errata. Che qui si abbia a che fare con uno dei più importanti problemi della vita, della religione, della pratica e della scienza, sente chiunque non abbia per tratto saliente del suo carattere il contrario della profondità. | << | < | > | >> |Pagina 43Attraverso il pensare sorgono concetti e idee. Che cosa sia un concetto non può venir detto con parole. Le parole possono solo far notare all'uomo che egli ha dei concetti. Quando qualcuno vede un albero, il suo pensare reagisce alla sua osservazione, all'oggetto si aggiunge una controparte ideale, ed egli considera l'oggetto e la controparte ideale come appartenentisi reciprocamente. Quando l'oggetto scompare dal suo campo d'osservazione, ne rimane solo la controparte ideale. Quest'ultima è il concetto dell'oggetto. Quanto più si allarga la nostra esperienza, tanto maggiore diventa la somma dei nostri concetti. I concetti non rimangono però isolati. Si riuniscono in un tutto ordinato. Per esempio il concetto «organismo» si unisce con altri quali: «sviluppo ordinato, crescita». Altri concetti formati da cose singole si fondono completamente in uno. Tutti i concetti che mi formo del leone si fondono nel concetto generale di «leone». In tal modo i singoli concetti si collegano in un sistema concettuale chiuso in cui ognuno di essi ha il suo posto particolare. Qualitativamente le idee non sono diverse dai concetti. Sono concetti, ma solo più ricchi di contenuto, più saturi, più vasti. Devo attribuire particolare valore a che qui si badi che come punto di partenza io ho indicato il pensare e non concetti e idee che possono venir conquistati soltanto mediante il pensare. Essi presuppongono il pensare. Non si potrà quindi semplicemente trasporre sui concetti quel che ho detto a proposito della natura del pensare poggiante su se stesso e da nulla determinato. (Faccio espressamente questa osservazione, perché qui vi è la differenza fra Hegel e me. Egli pone il concetto come elemento primo e originario). | << | < | > | >> |Pagina 84Abbiamo stabilito che gli elementi per la comprensione della realtà vanno tolti dai due campi: del percepire e del pensare. Come abbiamo visto, la nostra organizzazione fa sì che la piena e totale realtà, compresi noi stessi in quanto soggetti, ci appaia inizialmente come una dualità. Il conoscere supera tale dualità in quanto ricostruisce la cosa intera dai due elementi della realtà: la percezione e il concetto elaborato dal pensare. Chiameremo mondo dell'apparenza l'aspetto in cui il mondo ci si presenta prima che mediante la conoscenza esso abbia acquisito il suo giusto aspetto; mondo dell'apparenza in contrapposto all'entità unitaria composta da percezione e concetto. Possiamo così dire che il mondo ci è dato come dualità (dualistico), e che il conoscere lo elabora in unità (monistico). Una filosofia che parta da questo principio fondamentale può venir chiamata filosofia monistica o monismo. Le sta di fronte la teoria dei due mondi o dualismo. Quest'ultimo non considera i due dati della realtà unitaria solo come tenuti separati dalla nostra organizzazione, ma come due mondi fra loro assolutamente diversi; e cerca poi i princìpi esplicativi di ognuno dei due mondi nell'altro.
Il dualismo si basa su una concezione falsa di quella che chiamiamo
conoscenza. Divide l'essere complessivo in due campi, ognuno dei quali
ha le proprie leggi, e li pone esteriormente l'uno di fronte all'altro.
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