Copertina
Autore Elizabeth Strout
Titolo Resta con me
EdizioneFazi, Roma, 2010, Le strade 175 , pag. 372, cop.fle., dim. 14x21,2x2,4 cm , Isbn 978-88-6411-124-7
OriginaleAbide with me [2006]
TraduttoreSilvia Castoldi
LettoreGiovanna Bacci, 2010
Classe narrativa statunitense
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Pagina 11

Uno



Oh, saranno passati anni ormai, ma una volta un ministro del culto viveva con la figlioletta in una cittadina del Nord, vicino al Sabbanock River, lassù, dove il fiume è stretto e gli inverni erano particolarmente lunghi. Il ministro del culto si chiamava Tyler Caskey, e per un certo periodo questa storia fu raccontata nelle città lungo il corso del fiume, e addirittura sulla costa, fino ad assumere un numero di variazioni tali da perdere la propria originaria incisività, perché naturalmente solo il trascorrere del tempo influisce sulla potenza di certi eventi. Ma si dice che ci sia ancora qualche abitante della città di West Annett che ricorda con chiarezza i fatti verificatisi negli ultimi mesi invernali del 1959. E se li interrogate con sufficiente pazienza, trattenendo la vostra curiosità, probabilmente li convincerete a rivelarvi ciò che sostengono di sapere, anche se forse sarete voi a dover valutare l'accuratezza dei loro racconti.

Sappiamo per certo che all'epoca il reverendo Tyler Caskey aveva due figlie, ma la più piccola, poco più che una neonata, viveva con la madre di lui a qualche ora di distanza, lungo il corso inferiore del fiume, in una città di nome Shirley Falls, dove il corso d'acqua si allarga e le strade e gli edifici si infittiscono e diventano più solidi, e le cose assumono una fisionomia più seria di quella che si può trovare verso nord, nei pressi della cittadina di West Annett. Lassù, si poteva (si può ancora) guidare per chilometri lungo stradine tortuose, senza mai incrociare nient'altro che una fattoria qua e là, acri di campi e boschi tutto intorno. In una di quelle fattorie abitavano il reverendo e la figlioletta, Katherine.

La proprietà aveva almeno un secolo ed era stata costruita e coltivata per decenni dalla famiglia di Joshua Locke. Ma alla fine della Depressione, quando gli agricoltori non avevano denaro per pagare i braccianti, la fattoria era caduta in rovina. L'officina da fabbro, avviata anteriormente alla prima guerra mondiale, declinò e si estinse a sua volta. La casa fu occupata, e così rimase per anni, dall'unico erede, Carl Locke, che di rado veniva in città, e che quando qualcuno passava e gli chiedeva di aprire la porta, lo faceva con il fucile in mano. Ma alla sua morte Carl aveva lasciato l'intera proprietà (casa, fienile e qualche acro di campi coltivati) alla Chiesa Congregazionalista, sebbene nessuno sembrasse ricordarsi di averlo visto in chiesa più di due volte in tutta la sua esistenza.

A ogni modo West Annett, pur includendo i tre edifici bianchi della Annett Academy, era una città piuttosto piccola; e anche le casse della chiesa lo erano. Quando il reverendo Smith, che era stato ministro del culto per anni e anni, si decise ad andare in pensione, trascinando con sé la moglie sorda giù nel South Carolina, dove a quanto pareva c'era un nipote in attesa di occuparsi di loro, il consiglio di amministrazione della chiesa si congedò da loro con un tiepido addio, e poi voltò pagina con entusiasmo e concluse un'ottima transazione immobiliare. La canonica della Main Street fu venduta al dentista della città, e il nuovo ministro del culto sistemato a casa Locke, sulla Stepping Stone Road.

Il Comitato del Pulpito aveva raccomandato Tyler Caskey con questa prospettiva in mente, contando sul fatto che la sua giovinezza, la sua indole robusta e cordiale, e il disagio che aveva mostrato fin dall'inizio quando si parlava di soldi, gli avrebbero impedito di lamentarsi di essere alloggiato in mezzo a un campo a tre chilometri dalla città; e su questo i fatti diedero loro ragione. Il reverendo, nei sei anni in cui aveva abitato con loro, non si era mai lamentato, e non aveva mai chiesto nulla alla chiesa, a eccezione del permesso di dipingere di rosa le pareti del soggiorno e della sala da pranzo.

Il che spiega in parte per quale motivo la casa fosse rimasta un po' cadente, sia all'interno che all'esterno. La ringhiera del porticato era rotta e i gradini dell'ingresso sconnessi. Ma la sua piacevole fisionomia era quella che si ritrova a volte nelle vecchie case: un alto edificio a due piani, con ampie finestre e un tetto gradevolmente inclinato. E se si esaminava per un attimo la struttura (l'esposizione laterale a sud, la lavanderia che dava a nord) si capiva che coloro che l'avevano costruita tanti anni prima sapevano perfettamente cosa facevano; l'edificio possedeva una simmetria sobria, piacevole allo sguardo.

E così cominciamo, in un giorno d'inizio ottobre, quando è facile immaginare il sole brillare con forza, i campi intorno alla casa del reverendo tinti di marrone e oro, gli alberi sulle colline scintillanti di un rosso giallastro. C'era, come sempre, parecchio di cui preoccuparsi. I russi avevano spedito nello spazio i loro Sputnik due anni prima – ce n'è ancora uno che gira intorno a noi, con dentro quella povera cagnolina morta; si diceva che ci spiassero dallo spazio e anche all'interno del paese. Nikita Chruscëv, un uomo tozzo e dall'aspetto straordinariamente sgradevole, era perfino arrivato in visita in America un paio di settimane prima, che alla gente piacesse o meno, e a molti non piaceva; avevano paura che sarebbe stato ucciso prima di tornare a casa, e quali orrori ne sarebbero seguiti! Gli esperti, chiunque fossero, e qualunque sistema usassero, avevano stabilito che un missile teleguidato da Mosca a New York sarebbe caduto in un raggio di circa quindici chilometri rispetto al suo obiettivo, e sebbene fosse un sollievo abitare al di fuori di quel raggio, c'erano tuttavia tre famiglie a West Annett che possedevano rifugi antiatomici in cortile perché, dopo tutto, non si sa mai.

Eppure, si dava il caso che quello fosse il primo anno dopo tanto tempo in cui il numero dei seguaci della Chiesa non fosse cresciuto di una percentuale maggiore di quella della popolazione, il che, a pensarci bene, doveva pur avere un significato. Forse voleva dire che la gente non era in preda al panico. Forse voleva dire che la gente desiderava credere, sembrava credere – in particolare qui, all'estremità nord del New England, dove i medesimi abitanti vivevano da anni, e non c'erano molti comunisti tra loro (anche se qualcimo sì) – che dopo mezzo secolo di colossali orrori umani il mondo potesse forse diventare finalmente un luogo rispettabile, virtuoso e sicuro.

E oggi, il giorno da cui abbiamo deciso di cominciare, era una giornata bellissima, luminosa e soleggiata, con le cime degli alberi in lontananza che brillavano di uno smagliante e vivido rosso giallastro. Anche considerando quanto possano essere terribili quelle giornate autunnali, aspre e taglienti come frammenti di vetro, col cielo così azzurro che sembra sul punto di spaccarsi a metà, era comunque una splendida mattina, in cui era facile immaginare l'alto reverendo che usciva per una passeggiata, recitando tra sé Alzo gli occhi verso i monti. In effetti quell'autunno il reverendo Caskey aveva l'abitudine di fare una passeggiata mattutina lungo la Stepping Stone Road, per poi tornare indietro girando attorno al Ringrose Pond, e certe volte proseguiva fino in città, diretto al suo studio nel seminterrato della chiesa. Scambiava cenni di saluto con gli automobilisti che gli suonavano il clacson lungo la strada, o si fermava a chiacchierare con i passeggeri di un'auto che accostava al marciapiede, chinando la sua lunga figura per sbirciare dentro il finestrino, sorridendo e annuendo, con la mano appoggiata sulla portiera, finché il conducente non alzava il vetro e gli faceva un cenno di saluto.

Ma non questa mattina.

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Pagina 118

Quattro



Il fatto è questo: ciò che accadde alla bella moglie del reverendo era il genere di tragedia che avvince completamente una cittadina. Subito dopo la nascita della secondogenita dei Caskey (era davvero adorabile, rosea e paffuta; sembrava caduta giù dal soffitto della Cappella Sistina, diceva Marylin Dunlop, che insegnava arte all'Academy, aveva fatto un viaggio in Italia ed era diventata insopportabile per come continuava a parlarne), subito dopo la nascita dell'adorabile Jeanne Caskey cominciò a spargersi la voce che Lauren aveva un esaurimento nervoso. Capitò un episodio davvero strano: un giorno Lauren Caskey, con le bambine in macchina, era andata a Hollywell e all'improvviso non sapeva più dove fosse. Da una cabina pubblica alla stazione degli autobus telefonò al marito, che era nel suo ufficio nello scantinato della chiesa, e dato che Skogie Gowen, un avvocato in pensione che aveva l'abitudine di andare da lui a parlare di pesca, si trovava con Tyler in quel momento, per tutta la città si sparse la voce che il reverendo in preda al panico era stato costretto a chiedere alla moglie di leggere i nomi dei cartelli nelle vicinanze, la destinazione di tutti gli autobus che vedeva, per poi scoprire che in realtà si trovava alla stazione delle corriere di Hollywell. E poi, dopo averla pregata di rimanere esattamente dove si trovava, era andato a prenderla insieme a Skogie.

Era ferma sul marciapiede, pallida e sconcertata, ma più di ogni altra cosa, sembrava "partita". Quella era l'unica definizione che Skogie riuscì a trovare per descriverla. Skogie aggiunse che il reverendo era fuori di sé, mentre faceva salire la donna in macchina e si assicurava che le bambine stessero bene. Più tardi quella sera, quando Skogie gli aveva telefonato, il reverendo lo aveva ringraziato, ma sembrava prostrato, e aveva detto che Lauren era affaticata.

«Credo che tutti noi tendiamo a dimenticarci di quanto possa essere difficile», lo aveva rassicurato Skogie. «Tutti quei cambiamenti chimici quando nasce un bambino». Era imbarazzato, e pensò che lo fosse anche Tyler Caskey, che si limitò a rispondere: «Sì, è vero. Grazie ancora».

Molti ricordarono aneddoti sulla depressione post partum. Sharon Merrimen, dopo il quarto figlio, si era messa a letto a novembre e non si era più alzata fino a marzo. Betsy Bumpus per tutto il primo anno di vita dei suoi due gemelli aveva avuto perennemente le guance bagnate dalle lacrime; alla fine si era perfino disidratata. Era una situazione dura per un marito, ma cosa ci si poteva fare? Perlomeno nessuna di loro aveva annegato i figlioletti nella vasca da bagno, come si sentiva in giro di tanto in tanto.

Lauren Caskey non aveva intenzione di annegare le sue bambine, e nemmeno di far loro il bagno. Quello che le stava succedendo non aveva nulla a che fare con le sue figlie. Andò a Boston per farsi operare. Quella primavera le parole «è andata a Hanover per delle cure» serpeggiarono a bassa voce al telefono, al supermercato, nei cortili, mentre le donne scuotevano la testa accanto ai giacinti in fiore. A volte si sentiva pronunciare anche la parola parrucca.

La parola "cancro" non fu mai proferita. Quella era un'epoca in cui quel termine veniva immediatamente associato con un brivido a una condanna, ricordatevene. Anche se la rivista «Life», più o meno nel periodo in cui Lauren si ammalò, aveva dedicato l'articolo principale alla malattia, proclamando nuove speranze per le sfortunate vittime, la foto a pagina intera di una donna dentro una macchina per le radiazioni aveva spinto molti a voltare subito la pagina; perché la donna nell'immagine appariva nel fiore degli anni, ed era una cosa nel contempo affascinante e orribile, per alcuni più spaventosa di una guerra nucleare, perché trovava la sua fonte nella natura, e le vittime venivano scelte a caso.

Ben presto donne di West Annett che non piangevano da anni si ritrovarono a singhiozzare in cucina. Che Lauren Caskey fosse una che si era tenuta in disparte fu dimenticato o perdonato. Il suo destino era un'occasione per permettersi il lusso di manifestare emozioni che per un po' erano state tenute a freno. Povera, povera creatura, ripetevano tutti; che cosa terribile. La famiglia di lei era in arrivo per dare una mano? Nessuno lo sapeva. Jane Watson, in qualità di membro del Comitato per l'Assistenza ai Bisognosi, un giorno si era recata fino alla fattoria e si era offerta di leggere qualcosa alla donna quando sentisse il bisogno di distrarsi, nei lunghi e senza dubbio difficili giorni che si preparavano. Il reverendo Caskey era parso sorpreso da quell'offerta e aveva risposto che non era necessario, che Lauren sarebbe guarita.

Connie Hatch, che in quel periodo lavorava due mattine alla settimana per i Caskey, cominciò a ricevere telefonate a casa sua. Ma non era particolarmente disponibile, e si limitava a dire che la famiglia della signora Caskey e la madre e la sorella del reverendo erano arrivate per dare una mano. La notizia principale trapelò quando Jane Watson chiamò casa Hatch una sera e Adrian, ubriaco, rispose al telefono e disse: «Oh, certo, la signora è molto malata. Sta morendo di sicuro, e fa anche un fracasso d'inferno».

C'era anche dell'altro. Perfino Connie (alla quale il reverendo aveva detto di prendersi una vacanza, ora che erano arrivati gli altri membri della famiglia) non sapeva che i genitori e la sorella di Lauren volevano riportare la giovane donna nel Massachusetts, per prestarle le cure adeguate. «Lì almeno c'è l'acqua corrente!», aveva sibilato la sorella in corridoio una sera, e a quelle parole Belle aveva aperto il rubinetto della cucina e aveva esclamato ad alta voce: «Oh, guarda! L'acqua che esce dal rubinetto! Finalmente potremo liberarci del gabinetto esterno!».

Ma il reverendo disse di no. Lauren sarebbe rimasta lì; quella fattoria era casa sua. Spiegò il suo punto di vista con estrema cortesia, ma quelle parole, in ultima analisi, segnarono la fine dei suoi rapporti con i suoceri e la cognata. Aveva assunto quell'atteggiamento perché non riusciva a sopportare, o forse nemmeno a capire, la loro certezza che Lauren sarebbe morta («Solo un miracolo potrebbe salvarla ormai», aveva detto il suocero), e anche perché tra lui e i parenti della moglie era cresciuta una silenziosa tensione negli anni, per via di questioni di denaro.

Ogni sera e ogni mattina, Tyler pregava. Terminava sempre la sua preghiera con le parole: «Sia fatta la tua volontà». Non riteneva che fosse necessario un miracolo, e neppure ci credeva; per lui la vita stessa era un miracolo. E se credeva invece nel potere della preghiera, era perché le sue preghiere gli parevano forti e giuste, come un nuotatore che si è allenato per anni e si sente al sicuro nell'acqua che lo sostiene. Tyler amava molto Dio, e di certo Dio lo sapeva. Tyler amava Lauren, e di certo Dio sapeva anche questo.

Ma dopo la partenza del contingente del Massachusetts, che si era offerto di portare con sé Katherine per quell'estate (Tyler aveva rifiutato anche questo), quando toccò a lui, a sua madre e a Belle affrontare la situazione, la moglie cominciò a tormentarlo. Volarono parole terribili.

«Č la malattia a parlare», aveva mormorato una mattina Tyler alla madre in cucina, sapendo che aveva sentito.

Margaret Caskey non disse nulla. Lavorava con costanza, asciugava i piatti, accudiva la bambina, andava di sopra a cambiare la federa del cuscino di Lauren.

Jane Watson, comparsa quel giorno sul porticato del reverendo, col vestito estivo, la borsetta di paglia, gli occhiali con la montatura bianca sollevati sulla fronte, gli era parsa oscena per quanto scoppiava di salute. Tyler non l'aveva invitata a entrare. «Ti chiederei di fermarti», le disse, «ma Lauren sta riposando».

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