Copertina
Autore Antonio Tabucchi
Titolo Requiem
Sottotitoloun'allucinazione
EdizioneFeltrinelli, Milano, 2012 [1992], UE 1282 , pag. 142, cop.fle., dim. 12,5x19,5x0,9 cm , Isbn 978-88-07-81282-8
OriginaleRequiem uma alucinaçao
EdizioneQuetzal, Lisboa, 1991
TraduttoreSergio Vecchio
LettoreRenato di Stefano, 2012
Classe narrativa portoghese , narrativa italiana , paesi: Portogallo
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Indice


  7 Nota dell'Autore

  9 I personaggi che si incontrano in questo libro

 11 Cap. 1
 21 Cap. 2
 35 Cap. 3
 51 Cap. 4
 65 Cap. 5
 81 Cap. 6
 95 Cap. 7
107 Cap. 8
115 Cap. 9

131 I piatti che si mangiano (o si potrebbero mangiare)
    in questo libro (N.d.T.)

135 Nota del Traduttore


 

 

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Pagina 9

I personaggi che si incontrano in questo libro:
    Il Ragazzo Drogato
    Lo Zoppo della Lotteria
    Il Tassista
    Il Cameriere della Brasileira
    La Vecchia Zingara
    Il Guardiano del Cimitero
    Tadeus
    Il Signor Casimiro
    La Moglie del Signor Casimiro
    Il Portiere della Pensione Isadora
    La Isadora
    La Viriata
    Il Padre Giovane
    Il Barman del Museo di Arte Antica
    Il Copista
    Il Controllore del Treno
    La Moglie del Guardiano del Faro
    Il Maître della Casa do Alentejo
    Isabel
    Il Venditore di Storie
    La Mariazinha
    Il Convitato
    Il Suonatore di Fisarmonica

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Pagina 13

Pensai: quel tizio non arriva più. E poi pensai: mica posso chiamarlo "tizio", è un grande poeta, forse il più grande poeta del ventesimo secolo, è morto ormai da tanti anni, devo trattarlo con rispetto, meglio, con tutto il rispetto. Ma intanto cominciavo a sentire fastidio, il sole dardeggiava, il sole di fine luglio, e pensai ancora: sono in ferie, stavo tanto bene là ad Azeitão, nella casa di campagna dei miei amici, chi me l'ha fatto fare di accettare questo incontro qui sul molo?, tutto questo è assurdo. E adocchiai ai miei piedi la mia ombra, e anche lei mi parve assurda e incongrua, non aveva senso, era un'ombra corta, appiattita dal sole di mezzogiorno, e fu allora che ricordai: lui aveva fissato per le dodici, ma forse aveva voluto dire le dodici di notte, visto che i fantasmi appaiono a mezzanotte. Mi alzai e percorsi il molo. Sul viale il traffico sembrava morto, passavano poche macchine, alcune con degli ombrelloni sul portabagagli, era tutta gente che se ne andava alle spiagge della Caparica, era una giornata caldissima, pensai: che ci faccio qui, io, l'ultima domenica di luglio?, e accelerai il passo per vedere di arrivare il più in fretta possibile a Santos, chissà mai che nel giardino non facesse un po' più fresco.

Il giardino era deserto, c'era solo l'uomo dei giornali davanti al suo banchetto. Mi avvicinai e l'uomo sorrise. Il Benfica ha vinto, disse raggiante, ha visto sul giornale? Feci segno che no, che non avevo ancora visto, e l'uomo disse: una partita notturna in Spagna, una partita per beneficienza. Comprai "A Bola" e scelsi una panchina per sedermici. Stavo leggendo come si era svolta l'azione che aveva portato il Benfica al gol della vittoria contro il Real Madrid quando sentii dire: buongiorno, e alzai la testa. Buongiorno, ripeté il giovane con la barba lunga che mi stava di fronte, avevo bisogno di un suo aiuto. Aiuto per che cosa?, chiesi io. Aiuto per mangiare, disse il giovanotto, sono due giorni che sto senza mangiare. Era un giovanotto sui vent'anni, in blue-jeans e camicia, che mi stendeva timidamente la mano, come se chiedesse la carità. Era biondo, e aveva due grandi occhiaie. Due giorni senza farti di roba, dissi io d'istinto, e il giovane replicò: è lo stesso, mangiare o farsi sempre là finisce, almeno per me. In linea di principio io sono a favore di tutte le droghe, dissi io, leggere o pesanti, ma solo in linea di principio, in pratica sono contro, scusi, sono un intellettuale borghese pieno di preconcetti, non posso accettare che lei faccia uso di droghe in questo giardino pubblico offrendo un'immagine desolante del suo corpo, scusi sa ma è contro i miei principi, potrei anche arrivare ad ammettere che si drogasse in casa sua come si faceva una volta, in compagnia di amici colti e intelligenti, ascoltando Mozart o Erik Satie. A proposito, aggiunsi, le piace Erik Satie? Il Ragazzo Drogato mi guardò con aria meravigliata. È un suo amico?, domandò. No, dissi io, è un musicista francese, ha fatto parte delle avanguardie, è un grande musicista dell'epoca surrealista, posto che il surrealismo possa ascriversi a un'epoca, ha scritto soprattutto musica per piano, penso che fosse un uomo molto nevrotico, come lei e come me, forse, mi piacerebbe averlo conosciuto ma le nostre epoche non hanno coinciso. Solo duecento escudos, disse il Ragazzo Drogato, me ne bastano duecento, il resto già ce l'ho, tra una mezz'ora passa il Gambero, è lui lo spacciatore, ho bisogno di una busta, sono in astinenza. Il Ragazzo Drogato cavò di tasca un fazzoletto e si soffiò il naso con forza. Aveva gli occhi bagnati di lacrime. Lei è cattivo, sa, disse il Ragazzo Drogato, io potevo essere aggressivo, potevo minacciarla, potevo fare il drogato per davvero, e invece no, sono stato amabile e cordiale, abbiamo parlato perfino di musica e non mi vuole neanche dare duecento escudos, da non crederci. Si asciugò il naso un'altra volta e continuò: per di più i biglietti da cento sono carini, c'è su Pessoa, e adesso sono io che le faccio una domanda, al signore piace Pessoa? Mi piace eccome, risposi, tanto che le potrei raccontare una bella storia, ma non ne vale la pena, credo d'essere un po' fuori di testa, sono appena venuto dal molo di Alcântara ma sul molo non c'era nessuno, però credo che ci tornerò a mezzanotte, non so se mi capisce. Non ci capisco niente, disse il Ragazzo Drogato, ma non importa, grazie. Si infilò in tasca i duecento escudos che gli tendevo e si asciugò il naso un'altra volta. Va bene, disse, mi scusi, devo beccare il Gambero, scusi sa, mi ha fatto tanto piacere parlare con lei, le auguro una buona giornata, arrivederla, con permesso.


Mi addossai allo schienale della panchina e chiusi gli occhi. Faceva un caldo terrificante, non avevo più voglia di leggere "A Bola", forse avevo anche un po' di fame, ma più mi costava alzarmi e andare in cerca di un ristorante, preferivo restare lì, all'ombra, quasi senza respirare.

Domani c'è l'estrazione, disse una voce, non vuole comprare una cartella? Aprii gli occhi. Era un omettino sui settanta, vestiva modestamente ma aveva nel volto e nei modi l'aria di un decoro perduto. Avanzò zoppicando nella mia direzione ed io pensai: lo conosco questo tipo, e poi gli dissi: un momento, noi ci siamo già visti da qualche parte, lei è lo Zoppo della Lotteria, altroché se l'ho incontrata. Dove?, chiese l'uomo sedendosi sulla mia panchina con un sospiro di sollievo. Non so, dissi io, ora come ora non saprei dire, ho un'impressione assurda, l'idea d'averla incontrata dentro un libro, ma forse sarà il caldo o la fame, a volte il caldo e la fame fanno di questi scherzi. Ho l'impressione che il signore sia un poco fissato, disse il vecchio, mi scuserà se glielo dico, ma mi pare un poco fissato. No, dissi io, il problema è un altro, il problema è che neanche so perché mi trovo qui, è come se fosse un'allucinazione, neanche saprei spiegare quel che sto dicendo, diciamo che stavo ad Azeitão, conosce Azeitão?, ero nella casa di campagna di certi amici miei, sotto un grande albero che c'è là, un gelso, mi pare, stavo disteso su una sdraio di tela a leggere un libro che amo molto e ad un certo punto mi sono trovato qui, ah, adesso mi ricordo, era Il Libro dell'Inquietudine, lei è lo Zoppo della Lotteria che rompeva inutilmente le scatole a Bernardo Soares, ecco dove l'ho incontrata, in quel libro che stavo leggendo sotto un gelso in una casa di campagna di Azeitão. L'inquietudine ce l'ho io, disse lo Zoppo della Lotteria, anch'io ho l'impressione di essere uscito da un libro riccamente illustrato, con ricche tavole imbandite, ricchi saloni, ma adesso la ricchezza se n'è andata, e Bernardo era mio fratello, Bernardo António Pereira de Melo, è stato lui che ha sperperato il patrimonio, Londra Parigi e puttane, e così le fattorie del Nord sono state vendute per poco o niente, i soldi in banca sono finiti e io adesso sto qua, a vendere cartelle. Lo Zoppo della Lotteria riprese fiato e disse: ad ogni modo, scusi tanto, non è che voglia far polemiche, ma dato che io l'ho sempre trattata da signore non capisco tutta questa confidenza da parte sua, permetta che mi presenti, Francisco Maria Pereira de Melo, molto lieto di conoscerla. Il signore mi perdonerà, replicai, sono italiano, a volte tutte queste vostre forme di trattamento mi traggono in inganno, le forme portoghesi di trattamento sono talmente complicate, abbia pazienza. Se il signore preferisce possiamo parlare in inglese, disse lo Zoppo della Lotteria, in inglese non c'è problema, è sempre you, io l'inglese lo parlo bene, il francese anche, anche lì non ci si sbaglia, è sempre vous, parlo benissimo anche il francese. No, risposi io, mi scusi, preferirei parlare portoghese, questa è un'avventura portoghese, non voglio uscire dalla mia avventura.

Lo Zoppo della Lotteria stese le gambe e si appoggiò alla spalliera. Ed ora mi scuserà, disse, voglio leggere un pochino, tutti i giorni una parte del mio tempo la dedico alla lettura. Cavò un libro di tasca e si mise a leggere. Era la rivista "Esprit", e disse: sto leggendo l'articolo di un filosofo francese sull'anima, pensi un po' che curioso tornare a leggere cose sull'anima, per tanto tempo nessuno ha più parlato dell'anima, perlomeno dal decennio dei Quaranta, ora pare che sia tornata di moda un'altra volta, la stanno riscoprendo, io non sono cattolico ma credo nell'anima in un senso vitale e collettivo, forse in una concezione spinoziana, il signore ci crede nell'anima? È una delle poche cose in cui credo, dissi io, perlomeno adesso, qui, in questo giardino dove stiamo conversando, è stata la mia anima a combinarmi tutto questo, voglio dire, non so bene se è l'anima, magari sarà stato l'Inconscio, perché è stato il mio Inconscio a portarmi fino a questo punto. Alto là, disse lo Zoppo della Lotteria, l'Inconscio, cosa vuol dire con questo?, l'Inconscio è roba della borghesia viennese d'inizio secolo, qui siamo in Portogallo ed il signore è italiano, noi siamo roba del Sud, la civiltà greco-romana, non abbiamo niente a che fare con la Mitteleuropa, scusi sa, noi abbiamo l'anima. È vero, dissi io, io l'anima ce l'ho, di sicuro, ma ho anche l'Inconscio, voglio dire, ormai l'Inconscio io ce l'ho, l'Inconscio uno se lo prende, è come una malattia, mi sono preso il virus dell'Inconscio, càpita.

Lo Zoppo della Lotteria mi guardò con aria avvilita. Senta, disse poi, lo vuol fare uno scambio?, io le presto "Esprit", lei mi presta "A Bola". Ma non era interessato all'anima?, obiettai. Lo ero, disse lui con rassegnazione, questo è l'ultimo numero dell'abbonamento, ma adesso sto per rientrare nel mio ruolo, sto per trasformarmi in uno Zoppo della Lotteria, mi interessa di più il gol del Benfica. Se è così, dissi io, avrei voglia di comprare una cartella, ce l'ha una cartella che finisce col nove?, sa, il nove è il mio mese, sono nato di settembre, mi piacerebbe comprare una cartella col numero del mio mese. Sì che ce l'ho, signore, disse lo Zoppo della Lotteria, quand'è che è nato lei?, anch'io sono nato di settembre. Sono nato l'equinozio d'autunno, risposi, quando la luna è lunatica e l'Oceano si gonfia. È un'ora fortunata, disse lo Zoppo della Lotteria, il signore avrà una buona sorte. È proprio quello di cui ho bisogno, replicai pagando la cartella, ma non per l'estrazione, proprio per questa giornata d'oggi, oggi per me è un giorno molto strano, sto sognando ma mi pare che sia vero, e devo incontrare delle persone che esistono soltanto nel mio ricordo. Oggi è l'ultima domenica di luglio, disse lo Zoppo della Lotteria, la città è deserta, ci saranno almeno quaranta gradi all'ombra, suppongo che sia il giorno più indicato per incontrare persone che esistono soltanto nel ricordo, la sua anima, pardon, il suo Inconscio, avrà un gran daffare in un giorno come questo, le auguro una buona giornata ed una buona sorte.

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Pagina 109

La notte è calda, la notte è lunga, la notte è magnifica per ascoltare storie, disse l'uomo che venne a sedermisi di fianco sul muro del piedistallo della statua di Don José. Era davvero una notte magnifica, di luna piena, calda e tenera, con qualcosa di sensuale e di magico, nella piazza quasi non c'erano macchine, la città era come ferma, la gente doveva essere rimasta alle spiagge e sarebbe tornata più tardi, il Terreiro do Paço era solitario, un traghetto fischiò prima di partire, le uniche luci che si vedevano sul Tago erano le sue, tutto era immobile come in un incantamento, io guardai verso il mio interlocutore, era un vagabondo magro con scarpe da tennis e una maglietta gialla, aveva la barba lunga ed era quasi calvo, avrà avuto la mia età o poco di più, anche lui guardò verso di me ed alzò il braccio in un gesto teatrale. Questa è la luna dei poeti, disse, dei poeti e dei fabulatori, questa è una notte ideale per ascoltare storie, per raccontarle anche, non vuole ascoltare una storia? E perché dovrei ascoltare una storia?, dissi io, non ne vedo la ragione. La ragione è semplice, rispose lui, perché è una notte di luna piena e perché lei se ne sta qui tutto solo a guardare il fiume, la sua anima è solitaria e nostalgica, e una storia potrebbe darle allegria. Ho avuto una giornata piena di storie, dissi, non credo che me ne servano altre. L'uomo incrociò le gambe, appoggiò il mento sulle mani con aria meditabonda e disse: abbiamo sempre bisogno di una storia, anche quando sembra di no. Ma perché proprio lei dovrebbe raccontarmi una storia?, domandai, non capisco. Perché le storie le vendo, io, disse lui, sono un venditore di storie, è il mio mestiere, vendo le storie che m'invento da me. Non capisco, dissi. Senta, disse lui, sarebbe una storia lunga, ma non è quella che voglio raccontarle questa notte, in genere non mi piace parlare di me, mi piace parlare dei miei personaggi. No no, protestai, è la sua storia che m'interessa, mi racconti più cose di sé. Semplice, disse il Venditore di Storie, sono uno scrittore fallito, la mia storia è tutta qui. Scusi, dissi io, ma veramente non la capisco, non vuole raccontarmi qualcosa di più? Beh, disse lui, io sono medico, ho studiato medicina, ma la medicina non era la scienza che volevo studiare, da studente passavo le notti a scrivere storie, poi mi sono laureato e ho cominciato ad esercitare la professione, ho cominciato a lavorare in un consultorio, ma con i miei pazienti mi annoiavo, i loro casi non m'interessavano, quel che m'interessava era di restare al mio tavolo a scrivere storie, perché io ho un'immaginazione prodigiosa alla quale non riesco a mettere freno, è una cosa che s'impossessa di me e mi obbliga ad inventare storie, storie di tutti i tipi, tragiche, comiche, drammatiche, allegre, superficiali, profonde, e quando la mia immaginazione si scatena quasi non posso più vivere, comincio a sudare, mi sento male, mi inquieto, mi stranisco, resto lì a pensare alle mie storie, non c'è posto per nient'altro.

Il Venditore di Storie fece una piccola pausa e ripeté il suo gesto teatrale col braccio, come se volesse acchiappare la luna. E allora?, domandai. E allora, disse lui, ad un certo momento ho pensato che dovevo scrivere le storie che venivano a farmi visita, e così scrissi dieci storie, una tragica, una comica, una tragicomica, una drammatica, una sentimentale, una ironica, una cinica, una satirica, una fantastica e una realistica, e portai il mio mazzo di fogli ad una casa editrice. Ci trovai il direttore editoriale, un signore molto sportivo che portava i jeans e masticava una cicca. Questi disse che avrebbe letto tutto, che tornassi di lì a una settimana. Dopo una settimana tornai e il direttore editoriale mi disse: si vede che lei non ha mai letto il minimalismo americano, mi dispiace, ma purtroppo le manca: non ha letto il minimalismo americano. Io non volli darmi per vinto e andai da un altro editore. C'era una signora molto elegante con un foulard al collo, anche lei mi chiese di tornare di lì a una settimana ed io tornai. Le sue storie hanno troppo plot, signore, mi disse la signora elegante, si capisce perfettamente che non ha letto le avanguardie, le avanguardie il plot l'hanno fatto fuori, mio caro signore, fare un plot adesso è di retroguardia. Io non volli darmi per vinto e andai da un terzo editore. Ci trovai un signore molto serio che fumava la pipa, mi chiese di tornare di lì a una settimana e io tornai. Lei non ha la minima idea di cosa sia il pragma, mi disse il signore molto serio, la sua realtà è completamente disintegrata, quello di cui lei ha bisogno è uno psichiatra. Uscii e cominciai a vagare per la città. Il mio consultorio era chiuso, non ci andava più nessuno, io ero triste e senza un soldo, triste sì, ma con un'immensa volontà di raccontare le mie storie alla gente, e così cominciai a camminare e pensai: bene, se ho tutte queste storie da raccontare può darsi che ci sia gente che abbia voglia di ascoltarle, la città è grande, e così cominciai a circolare per la città e a raccontare storie, e adesso è così che mi guadagno la vita.

Il Venditore di Storie abbassò il braccio e mi tese la mano come se mi offrisse qualcosa. Le do la luna di stanotte, disse, e le do la storia della quale ha voglia, io lo so che lei ha voglia di una storia. Effettivamente adesso ne ho voglia, dissi io, adesso ne ho proprio voglia, ma guardi che non può essere una storia molto lunga, ho un appuntamento tra poco al molo di Alcântara e non vorrei arrivare in ritardo. Non c'è problema, disse il Venditore di Storie, basta che scelga il genere di storia che le piacerebbe ascoltare questa notte. Senta, dissi, io le volevo già chiedere un'informazione, credo che mi tocchi invitare a cena la persona con la quale ho appuntamento, lei deve conoscerla bene la città, magari mi può dire se c'è un ristorante ragionevole ad Alcântara. Altroché se c'è, signore, disse il Venditore di Storie, proprio di fronte al molo c'è un ristorante che prima era una stazione o qualcosa del genere, adesso l'hanno trasformato in un luogo d'incontro polivalente, c'è ristorante, bar, discoteca e non so che altro, è un posto molto alla moda, credo che sia un locale post-moderno. Post-moderno?, dissi io, in che senso post-moderno? Non glielo saprei spiegare neanch'io, disse il Venditore di Storie, voglio dire che è un posto con molti stili, guardi, è un ristorante con molti specchi e una cucina che non si sa bene cos'è, insomma, è un posto che ha rotto con la tradizione recuperando la tradizione, diciamo che sembra il riassunto di varie forme diverse, secondo me è in questo che consiste il post-moderno. Mi pare il posto indicato per il mio ospite, dissi, e poi chiesi: è caro?, perché non ho molti soldi e mi piaceva anche ascoltare una delle sue storie, ma non so se ho il denaro che ci vuole. No che non è caro, disse il Venditore di Storie, se non mangia pesce spada affumicato o ostriche, perché è un locale elegante e c'è tutta quella roba lì, non lo troverà caro, e per di più le mie storie sono a buon mercato, posso farle un prezzo speciale visto che è tardi e data la sua situazione, e comunque le mie storie hanno vari prezzi, dipende dal genere. Che cos'ha da raccontarmi stanotte?, chiesi. Senta, disse lui, ho una storia abbastanza sentimentale, che forse le può essere di conforto in una notte come questa. Di storie sentimentali non ne voglio, dissi io, la mia giornata è stata anche troppo sentimentale, sono stufo. Allora ho una storia molto divertente, disse lui, una storia da scoppiare dal ridere. Neanche questa mi serve, dissi io, non ho voglia di scoppiare dal ridere. Il Venditore di Storie sospirò. Lei è piuttosto difficile, disse. Guardi, dissi, seguiti a sciorinarmi la sua mercanzia e mi dica i prezzi. Ho una storia onirica per duecento escudos, disse lui, una storia davvero delirante. Per carità, dissi, non voglio cose deliranti, la mia giornata è stata abbastanza delirante. Infine ho una favola per bambini da trecento escudos, disse lui, una di quelle storie che una volta si raccontavano ai bambini per farli addormentare, non è proprio un racconto di fate ma parla di un mondo magico, di una sirena che lavorava in un circo e che si prese d'amore per un pescatore di Ericeira, è una bella storia, un po' malinconica, con un finale che fa piangere. Va bene, amico mio, dissi, forse stanotte ho voglia di piangere un poco, mi racconti questa storia della sirena, io chiudo gli occhi e l'ascolto come se fossi un bambino che sta per addormentarsi.

Il battello che veniva da Cacilhas fischiò all'attracco. La notte era veramente magnifica, con una luna sospesa sopra gli archi del Terreiro do Paço così che bastava stendere una mano per acchiapparla. Mi misi a guardare la luna, accesi una sigaretta e il Venditore di Storie cominciò a raccontare la sua storia.

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