|
|
| << | < | > | >> |IndiceIntroduzione 3 1. Forze del cambiamento e della conservazione 9 - Premessa, p. 9 - 1.1. Il nuovo modello, p. 11 - 1.2. Le fonti rinnovabili, p. 12 - 1.3. Vulnerabilità del sistema e reazione dell'Occidente, p. 15 - 1.4. La fragilità dei pianeta, p. 19 - 1.5. Tecnica e natura, p. 21 - 1.6. La difesa di un bene comune globale, p. 25 - 1.7. "Cecità intenzionale", p. 27 - 1.8. Movimenti di faglia e cicli dei prezzi, p. 29 - Conclusioni, p. 31 2. Il secolo del petrolio 33 - Premessa, p. 33 - 2.1. Dalle miniere al petrolio, p. 35 - 2.2. Il Medio Oriente, p. 38 - 2.3. II dramma dei paesi del Golfo, p. 41 - 2.4. L'egemonia socialista, p. 42 - 2.5. Leadership religiosa, p. 44 - 2.6. La forza dell'Occidente, p. 47 - 2.7. Il potere delle grandi imprese, p. 50 - 2.8. Oligopolio dei produttori: il grande balzo del prezzo, p. 51 - 2.9. Nuovo millennio, nuovi scenari, p. 56 - Conclusioni, p. 60 3. Petrodollari e squilibri globali 63 - Premessa, p. 63 - 3.1. L'uso del dollaro, p. 67 - 3.2. Dopo gli anni Settanta, p. 70 - 3.3. Petrodollari: non solo una "piramide di carta", p. 73 - 3,4. Incertezza valutaria e istituzioni sovrannazionali, p. 77 - 3.5. Petrolio e altre valute, p. 80 - 3.6. Le imprese: una nuova fragilità finanziaria, p. 82 - 3.7. Rischi di impresa dopo il 2015, p. 84 - 3.8. La strategia finanziaria della Cina: nuovi rischi, p. 87 - 3.9. La finanza diventa verde, p. 91 - Conclusioni, p. 93 4. A tutto gas 95 - Premessa, p. 95 - 4.1. Verso la concorrenza globale. Qualche dato, p. 99 - 4.2. Il gas cerca sbocchi, p. 106 - 4.3. Guerra dei mari e dei gasdotti, p. 107 - 4.4. Nuove vie del gas: Europa, Russia e Cina, p. 109 - 4.5. Note di geopolitica, p. 111 - 4.6. Mediterraneo, Europa, Italia, p. 112 - 4.7. Un compito storico per l'Italia, p. 114 - Conclusioni, p. 117 5. Nuove fonti, petrolio e democrazia 119 - Premessa, p. 119 - 5.1. Fonti rinnovabili e democrazia, p. 121 - 5.2, Indizi di un dopo-petrolio, p. 126 - 5.3. OPEC: l'oligopolio perde peso, p. 129 - 5.4. La transizione nei paesi del Golfo, p. 131 - 5.5. L'impatto economico, p. 132 - 5.6. Deficit pubblico e spesa, p. 134 - 5.7. Verso nuove soluzioni, p. 138 - 5.8. L'organizzazione sociale, p. 140 - 5.9. Corruzione e rendita, p. 143 - 5.10. Tasse, istituzioni e rappresentanza politica. Una storia di democrazia occidentale, p. 145 - 5.11. I paesi rentier hanno radici diverse, p. 149 - 5.12. L'Arabia Saudita: un esempio di difficile transizione, p. 151 - 5.13. Demografia, p. 152 - 5.14. L'etica della rendita, p. 153 - 5.15. Le tasse, p. 154 - 5.16. La strategia di Vision 2030. Rendita e produttività, p. 155 - Conclusioni, p. 159 6. Nella trappola di Tucidide tra Cina e Stati Uniti 162 - Premessa, p. 162 - 6.1. La trappola di Tucidide, p. 164 - 6.2. Le ragioni dell'economia e della politica, p. 167 - 6.3. Natura e tecnica, p. 171 - 6.4. La cultura del cambiamento climatico, p. 173 - 6.5. La decarbonizzazione: politiche e industria, p. 176 - 6.6. La svolta di Xi Jinping. L'energia, p. 178 - 6.7. I trasporti, p. 180 - 6.8. Stati Uniti. L'energia di Mr Trump, p. 182 - Conclusioni, p. 187 Conclusioni. L'energia nel futuro della crescita sostenibile 192 - Le leggi della trasformazione energetica, p. 192 - Tempi, obiettivi, strumenti, p. 196 - Criticità e prospettive, p. 200 - L'incontro tra culture, p. 205 Note 209 Riferimenti bibliografici 231 Ringraziamenti 243 |
| << | < | > | >> |Pagina 3INTRODUZIONEHumanas actiones non ridere, nec lugere, neque detestari, sed intelligere. Baruch Spinoza Per la terza volta nella storia, una rivoluzione energetica cambia il mondo. Incide radicalmente sulla traiettoria della crescita, modifica l'organizzazione dell'industria e la vita quotidiana degli abitanti del pianeta, altera gli equilibri geopolitici: apre così una nuova fase nel capitalismo del XXI secolo. La prima grande trasformazione energetica, è noto, risale al carbone, che avviò la rivoluzione industriale in Inghilterra; poi fu la volta del petrolio, grazie al quale si annullarono le distanze geografiche con la rivoluzione nei trasporti, mentre i prodotti della nuova industria petrolchimica entravano nelle case e nell'industria, introducendo la plastica, fertilizzanti agricoli, nuovi medicinali e persino nuovi alimenti. Ogni volta che il nucleo centrale dei paesi del sistema capitalistico ha dovuto affrontare una vulnerabilità dalle fonti energetiche ritenuta troppo destabilizzante, si è avuta una trasformazione energetica inarrestabile, più o meno governata dalle potenze egemoni del periodo. L'era del carbone si esaurì all'inizio del Novecento con l'innovazione tecnologica che permise di superare la conflittualità e gli scioperi dei minatori e dei portuali; nel nuovo millennio si è avviata la fine dell'era del petrolio con l'inasprirsi della forza negoziale dei paesi produttori. Oggi sono le nuove fonti rinnovabili, inesauribili e disponibili localmente - sole, vento, maree, geotermia, biomasse -, a cambiare il quadro: insieme alle innovazioni tecnologiche nel dominio digitale e all'uso di nuovi materiali generano una discontinuità con il passato. Promettono un mondo migliore, più democratico e pulito: prospettano un freno al riscaldamento del pianeta, intossicato dai combustibili fossili dopo la rivoluzione industriale e oggi dallo sviluppo industriale dei paesi emergenti; disegnano scenari più democratici, grazie alla produzione autonoma di elettricità "pulita" che rende partecipi e responsabili i cittadini dei paesi avanzati, produttori diretti dell'elettricità che consumano con pannelli solari e pale eoliche; fanno intravedere nuovi servizi grazie alla tecnologia digitale, che consente di costruire reti elettriche intelligenti e di fornire piattaforme pubbliche in "eco-città", a beneficio dei cittadini e dell'ambiente. E soprattutto le nuove fonti rinnovabili lasciano intravedere la possibilità di accesso all'energia elettrica alle popolazioni di metà del pianeta che ancora oggi ne sono prive. In Africa, ma anche in molte regioni dell'Asia e dell'America Latina, l'accesso all'elettricità è reso possibile attraverso piccoli impianti di generazione elettrica attivati e gestiti dalle comunità locali con l'utilizzo di fonti naturali inesauribili, offrendo così le premesse indispensabili per uno sviluppo locale autonomo. Le nuove fonti prefigurano anche un cambiamento profondo negli equilibri geopolitici, dopo il secolo del petrolio e i disastri provocati alle popolazioni locali per il controllo delle risorse da un Occidente dipendente dal petrolio per la crescita, spesso colluso e altre volte in conflitto con gli autocrati degli Stati produttori di petrolio. Da ultimo, la trasformazione energetica entra nella grande competizione del XXI secolo tra Stati Uniti e Cina per conservare gli uni e conquistare l'altra una posizione di egemonia negli equilibri globali. La tesi avanzata nel libro è che la trasformazione energetica rafforza la Cina, che ha acquisito una posizione preminente nell'intera filiera delle fonti rinnovabili, dal controllo delle risorse naturali - le cosiddette "terre rare" - alla frontiera tecnologica per la produzione delle componenti industriali di energia solare ed eolica. Ma le terre rare portano un'ombra seria sulle promesse della trasformazione energetica che, si argomenta nel libro, non è affatto priva di contraddizioni e forze contrastanti e non ha certo le caratteristiche di un processo positivo lineare. Dalla grande trasfor mazione, infatti, derivano luci e ombre, non solo le promesse di un mondo migliore. Le dinamiche che si attivano investono tutti i campi dell'economia, della politica, dell'ambiente, della scienza, dell'immaginario collettivo, di comunità che iniziano a percepire l'urgenza del cambiamento e sono impreparate a governarlo. È vero, il riscaldamento del pianeta trarrà grande giovamento dalle nuove "fonti pulite" per la riduzione delle emissioni di biossido di carbonio (CO2) nell'atmosfera; ma l'uso su larga scala di minerali pesanti - cobalto, litio, nichel - necessari per la conservazione dell'energia, per le batterie del trasporto elettrico e degli strumenti digitali nella nuova filiera alimentata dalle fonti rinnovabili introduce nuovi rischi, in primo luogo ambientali, anche per lo smaltimento dei materiali. In secondo luogo rischia di ricostituire le condizioni di oligopolio globale conosciute col petrolio, con altri protagonisti e risorse naturali diverse. Ne hanno il controllo la Cina e pochi paesi africani. Un altro rischio è che l'energia attivi un ritorno in miniera, per l'estrazione dei minerali pesanti necessari alla produzione di energia rinnovabile, dopo che il petrolio ha liberato il lavoro dalle miniere di carbone; che si crei cioè una sorta di "ciclo minerario" riportando i lavoratori alle condizioni insopportabili, che conosciamo oggi nelle fotografie di Salgado e nelle descrizioni crude di Émile Zola, vissute dai minatori inglesi del XIX secolo. L'allarme arriva dalle recenti indagini delle Nazioni Unite e dalle ingiunzioni imposte a grandi aziende come Tesla e Apple, coinvolte nel drammatico sfruttamento in miniera del lavoro non protetto di bambini locali. La grande trasformazione energetica è inarrestabile, ma il suo percorso è accidentato, come emergerà nei prossimi capitoli. Le forze contrastanti sono potenti. L'Europa butta il cuore oltre l'ostacolo, sostenendo il nuovo modello energetico fondato sul gas, il meno inquinante degli idrocarburi, e sulle nuove fonti rinnovabili. Ma ancora una volta l'Unione Europea deve fare i conti con le difficoltà di una governance incompiuta, che enfatizza le differenze tra i paesi membri, complica l'attuazione di politiche energetiche industriali condivise e rende difficile o impossibile l'assunzione di un ruolo centrale nei cambiamenti in corso. È una responsabilità storica che l'Unione Europea è chiamata ad assumere nel quadro geopolitico che la grande trasformazione energetica va delineando, a partire dalla centralità del Mediterraneo, nuovo crocevia dei trasporti di gas e snodo delle nuove Vie della Seta; l'Unione Europea non riesce neppure a condividere con la Cina, lasciata sola dagli Stati Uniti di Trump, la leadership per la decarbonizzazione del pianeta. Ma la pandemia ha impresso una svolta, un cambio di passo negli indirizzi europei verso una crescita sostenibile. Lo European Green Deal aveva coagulato il sostegno di forze politiche lontane tra loro dei paesi membri intorno a un programma di decarbonizzazione e crescita comune (dicembre 2019). Intorno ad esso si sono costruiti i piani per affrontare l'emergenza sanitaria ed economica stanziando ingenti fondi per i quali sono prevalsi un indirizzo solidaristico e una visione di lungo periodo. Nell'emergenza l'Europa torna ad essere un laboratorio avanzato di valori politici e sociali, sostenuti da una nuova concezione dell'economia. La realizzazione dipenderà dal concreto agire dei paesi membri, tra i quali l'Italia può e deve svolgere un ruolo, poiché in quella direzione sono i suoi punti migliori e le nicchie di eccellenza. Le forze che contrastano il cambiamento sono rappresentate da Trump e dalle sue politiche a sostegno del carbone e dei combustibili fossili, che non hanno successo nelle strategie interne del paese, ma provocano danni seri per l'incertezza politica ed economica che mettono in rete. La tesi proposta è che, nonostante la resistenza delle forze contrastanti, la grande trasformazione energetica ha avviato processi di discontinuità radicale nelle traiettorie economiche e politiche del XXI secolo e che i suoi tempi potranno essere molto più rapidi di quanto atteso, come insegna la storia e l'impatto globale delle precedenti rivoluzioni energetiche. Chi non studia la storia è condannato a ripeterne gli errori, ammonisce Graham Allison, il grande politologo di Harvard. In quest'ottica la riflessione del libro seleziona ed esamina i drivers che nel tempo hanno portato al cambiamento, al ridimensionamento del ruolo del petrolio e al sostegno al nuovo paradigma energetico (cap. 2). Molti indizi permettono di cogliere l'irreversibilità dei processi: sono esaminati nella rivoluzione della filiera del gas nel capitolo 4 e nel consumarsi del binomio dollaro e petrolio nel capitolo 3. Tra le incertezze del percorso avviato sono le turbolenze che i paesi produttori di petrolio incontreranno con la riduzione della rendita del petrolio, fonte principale di reddito dei reggenti per tutto il secolo passato. Gli esiti politici ed economici entrano in un quadro estremamente complesso, che coinvolge le radici culturali, religiose e la storia dei singoli Stati, in particolare nella regione del Golfo, e sono oggetto di analisi del capitolo 5. I tempi potranno essere rapidi, venti o trent'anni al massimo, poiché si accompagnano alla rapidità della trasformazione economica della Cina, nuovo protagonista della scena economica ed energetica mondiale (analizzata nel capitolo 6). Il quadro è davvero complesso e queste affermazioni corrispondono ad altrettanti interrogativi; sono le domande per le quali il libro cerca, e in parte offre, risposte attendibili. | << | < | > | >> |Pagina 188La sfida maggiore cui Xi Jinping cerca di rispondere con la via del compromesso cinese è la ricerca di un difficile equilibrio tra i fattori che spingono la Cina sulla nuova frontiera energetica - l'innovazione, il connubio tra digitale avanzato e nuove fonti di generazione elettrica, l'offerta al mondo di batterie e veicoli elettrici a costi estremamente competitivi - da un lato, e dall'altro l'urgenza di far crescere l'economia di territori sconfinati e terre agricole ancora molto lontani dagli obiettivi perseguiti.È un equilibrio difficilissimo da mantenere, pena la disgregazione del paese e del modello politico. Le ricche città della costa orientale aprono la via al cambiamento dello stile di vita richiesto dalla trasformazione energetica e le regioni avanzate sono protagoniste della nuova filiera industriale nella catena globale del valore. Ma il confronto con i valori delle democrazie liberali - i diritti umani e di competizione aperta propagandati dalla cultura occidentale -, dove i giovani cinesi studiano per poi tornare nella loro terra secondo il patto stretto con il governo, è aspro. La crescita economica deve poter continuare a ridurre le condizioni di povertà di larga parte della Cina; al riguardo sono rilevanti i dati della Banca mondiale, secondo i quali mentre nel 2000 il 90% della popolazione viveva con un reddito inferiore o uguale a 2 dollari al giorno, considerata la soglia della povertà, nel 2018 solo l'1% dei cinesi ha un reddito di quel valore. Infine, la ricerca di un difficile equilibrio economico impone anche in Cina i costi di una posizione debitoria, del governo e delle imprese, che può diventare insostenibile e aumenta i rischi di instabilità globale. Il ridimensionamento del ruolo del petrolio, d'altro canto, e la riduzione strutturale del suo prezzo, positiva per un paese importatore come la Cina, rendono però in parte inesigibili i crediti contratti con paesi produttori di petrolio ad alto rischio (dal Venezuela alla Nigeria, persino la Russia) dai quali la Cina importa combustibili fossili. È un altro equilibrio che si rompe con la grande trasformazione energetica, i cui effetti positivi si paleseranno nel medio-lungo periodo, ma nell'immediato concorrono a determinare condizioni di instabilità finanziaria, incertezza economica e rischio. Non è detto che il cambiamento si converta in scontro. In un'ottica di lungo periodo sono molti i punti di convergenza e gli interessi condivisi nelle componenti della trasformazione energetica che possono prevalere per preparare il terreno alle prossime generazioni. Queste condizioni vanno cercate nel complesso di forze in movimento. La difesa del pianeta, la possibilità che la perdita di centralità del petrolio apra spazi politici autonomi e consenta la costruzione di istituzioni locali solide alle popolazioni che hanno patito il dominio del petrolio, infine lo sviluppo dell'Africa e di regioni asiatiche che hanno sofferto dell'assenza di energia elettrica e che potranno trarre beneficio dalla diffusione dell'elettricità decentrata e a buon mercato per lo sviluppo interno: sono tutti elementi centrali potenzialmente positivi della svolta storica in cui viviamo. Molto dipenderà dalla capacità di gestire il cambiamento energetico e di aprirsi al nuovo ordine mondiale dei governanti delle principali potenze che oggi si confrontano: il piano economico è solo uno degli elementi in gioco nel confronto tra Cina e Stati Uniti, nel quale l'Europa ha un ruolo politico da svolgere e deve ritrovarlo. Cosa aspettarsi, dunque, dalla svolta generata dalla trasformazione energetica all'interno di un confronto storico della Cina con gli Stati Uniti? Di certo questa svolta è parte della crescita cinese, che sull'economia, più che sulla politica, ha focalizzato le proprie spinte propulsive per riconquistare un posto preminente nel mondo. Le dinamiche attivate dalla rivoluzione energetica e digitale hanno contribuito a falsificare le interpretazioni sulla "fine della storia" e sul dominio ormai definitivo degli Stati Uniti nella geopolitica del nuovo millennio, secondo i criteri con i quali alcuni politologi hanno interpretato l'egemonia americana della fine del secolo scorso, dopo l'implosione dell'Unione Sovietica e la fine della guerra fredda. La Cina ha una storia che la mette in guardia da ogni forma di confronto diretto, l'errore che fecero le nuove potenze emergenti (Germania e Giappone) nel Novecento e che portò a guerre sanguinose, come ricorda Lee Kuan Yew, grande conoscitore della Cina e del mondo occidentale. I legami che la Cina tesse nella regione asiatica per accrescere la propria influenza sono fatti di una sottile trama economica, che investe la strategia energetica digitale, ma anche la componente finanziaria fatta di prestiti in cambio di risorse e fonti primarie, e che rendono la Cina indispensabile interlocutore per molti paesi. Raggiungere un mercato protetto di un miliardo e quattrocentomila persone è uno sbocco imperdibile per i quattordici paesi confinanti; ma ciò non implica affatto che si incrinino i rapporti privilegiati che alcuni di loro, in particolare le "tigri asiatiche" - a partire da Singapore, Corea, Malesia, Thailandia, Filippine, Taiwan, Indonesia -, hanno stretto con gli Stati Uniti su un altro terreno, tecnologico e finanziario. La Cina stessa per alcuni decenni avrà bisogno degli Stati Uniti dai quali trarre innovazioni tecnologiche radicali e istruzione di eccellenza per formare la propria classe dirigente. Le infrastrutture energetiche, accompagnate dalle tecniche digitali, sono al centro del grande progetto One Belt One Road - la nuova Via della Seta -, con il quale Xi Jinping ha aperto la propria strategia di connessione di lungo periodo attraverso le "regioni asiatiche di mezzo" per raggiungere l'Europa e biforcarsi verso l'Africa. Ma nei confronti dell'Africa la Cina ha aperto da anni anche un diverso indirizzo, che ancora una volta investe la strategia energetica: con una forma pericolosa di "nuovo colonialismo" si approvvigiona delle vecchie fonti energetiche fossili, in particolare del petrolio, in cambio di investimenti in infrastrutture costruite da imprese cinesi, con lavoratori cinesi - in Kenya come in Nigeria e in Congo -, garantendosi inoltre il controllo delle terre rare necessarie alle batterie per il nuovo modello energetico - primo fra tutti il controllo del cobalto in Congo. Il rischio è che la Cina costruisca così un nuovo monopolio nella filiera energetica del futuro sulle risorse necessarie all'elettrificazione diffusa e al supporto digitale alle reti elettriche intelligenti. In Africa, ad esempio in Kenya, la Cina ha poi delocalizzato i propri impianti a carbone più inquinanti per proteggere l'ambiente del proprio territorio ed essere allineata con gli obiettivi vincolanti fissati nella COP 21 di Parigi (2015). Sono questi comportamenti di free riding sui quali le istituzioni internazionali dovranno intervenire nei confronti della potenza che si propone come leader nella difesa del pianeta. Poiché nella sua strategia di crescita di lungo periodo la Cina agisce anche per ottenere un riconoscimento nelle istituzioni internazionali occidentali, ma certo non persegue un confronto diretto con gli Stati Uniti. Ha bisogno di crescere e consolidarsi in questo secolo, ha bisogno del modello di innovazione radicale che si genera nell'industria dell'Occidente capitalista, delle scuole di eccellenza americane dove istruire e formare la nuova classe dirigente cinese. Deve lasciar maturare le dinamiche sociali interne, ridurre la povertà entro i propri confini e infine costruire una governance interna, di cui non si intravede ancora dall'esterno un modello definito. Lo Stato di diritto emerge come obiettivo da perseguire, ma il territorio è immenso, e le comunità locali, difficili da coinvolgere. Infine, la domanda che si pone, a fronte della grande trasformazione, è se la Cina saprà e potrà svolgere nella regione asiatica il ruolo di leadership che gli Stati Uniti hanno esercitato nell'Occidente dopo la seconda guerra mondiale. Il messaggio di Xi Jinping ai paesi della regione è chiaro: seguite la Cina e crescerete con noi. Ma per le "tigri asiatiche", e non solo, è necessario un bilanciamento dei poteri che richiede il coinvolgimento degli Stati Uniti. Molto dipenderà dalla volontà e dalla capacità dei leader occidentali di concepire un nuovo equilibrio multipolare, dopo le intemperanze di Trump, che si concretizzi anche simbolicamente nella partecipazione della Cina in istituzioni globali e in un nuovo ordine monetario che la comprenda in regole comuni. Molti passaggi sono ancora incerti per questa costruzione di cui potranno beneficiare grandemente i nostri nipoti nella contaminazione di culture diverse e ricche e nella crescita economica. Un passaggio essenziale è il ruolo che l'Unione Europea saprà svolgere, inevitabile ponte, per traghettare il mondo verso una direzione pacifica. | << | < | > | >> |Pagina 192Conclusioni
L'ENERGIA NEL FUTURO DELLA CRESCITA SOSTENIBILE
LE LEGGI DELLA TRASFORMAZIONE ENERGETICA La complessità della trasformazione energetica è emersa in ogni pagina del libro: niente è lineare, conseguenze contrastanti si susseguono in ogni passaggio del cambiamento. Questa è la realtà che si sviluppa nei processi della storia, dove i contrasti e il caso minano il cammino lineare dei cambiamenti di lungo periodo e ne fanno un percorso accidentato, dagli esiti imprevedibili. Per l'economista la sfida è estrapolare dalle grandi trasformazioni energetiche del passato alcuni nessi causali per applicarli, stilizzati, ai processi in corso. Questo procedimento consente di ricondurre i cambiamenti attuali a pochi passaggi essenziali che si manifestano in altrettante fasi sequenziali, fino a convergere in una trasformazione energetica compiuta, oggi come allora. È questo lo sforzo teorico che ha motivato nel libro l'analisi delle trasformazioni energetiche passate per rendere comprensibili le dinamiche dei processi in atto, nonostante la storia non si ripeta e l'effettiva sequenza dei fatti incontri inciampi imprevisti, cosicché i punti di arrivo sono soggetti a svolte talvolta imprevedibili. Mentre scrivo ne viviamo una: quella drammatica della pandemia da Coronavirus che ha imposto l'arresto di attività e dei trasporti nel mondo, facendo crollare - non si sa per quanto tempo - la domanda di combustibili fossili. I nessi causali individuati nel libro per interpretare le grandi trasformazioni energetiche possono essere utilizzati tuttavia come conclusioni, perché mostrano che il percorso avviato è irreversibile, ha una portata storica e il suo compimento è assai più vicino di quanto sia colto nella percezione comune. Li definirò "leggi dinamiche della transizione energetica" applicandoli alla trasformazione in corso. La prima è la spinta al cambiamento provocata da vulnerabilità percepite nel sistema esistente. Il modello incentrato sul petrolio ha mostrato alla fine del secolo scorso fragilità politiche, economiche e ambientali - ricordo, tra le altre, la dipendenza dai paesi politicamente instabili dell'OPEC, la crescita di enormi squilibri tra paesi consumatori e produttori, l'entità di movimenti speculativi globali destabilizzanti (attivati dagli anni Settanta), fino alla devastazione dell'ambiente, legata all'uso dei combustibili fossili. Questa pressione ha generato la seconda fase, la più lunga nel tempo, attraverso la quale il capitalismo si rinnova. La spinta al cambiamento si combina con la possibilità di ricavare ingenti profitti industriali costruendo percorsi energetici alternativi. Si producono innovazioni radicali, frutto della capacità creativa di pochi imprenditori, più o meno sostenuti dai governi nella ricerca di base, che sanno cogliere l'orizzonte potenziale per trarne profitti di oligopolio. In questa seconda fase innovazioni radicali hanno creato le fondamenta per l'utilizzo delle fonti rinnovabili in un nuovo modello energetico - batterie per conservare l'elettricità nel tempo, strumenti per catturare e trasformare le fonti naturali in energia, reti intelligenti per trasmetterla. Sommandosi, pressione al cambiamento e innovazioni radicali alimentano movimenti di faglia di lungo periodo, tessere che attivano un cambiamento sottotraccia nel terreno energetico. I movimenti di faglia attivano a loro volta un percorso che via via crea prodotti nuovi e servizi sperimentali. Il primo nucleo di innovazioni radicali è seguito poi da un'onda di innovazioni incrementali che, come sempre accade, riducono il prezzo dei nuovi prodotti, talvolta sostenuti dalle politiche dei governi, rendendoli accessibili alla popolazione. Si creano così le premesse per la crescita di una domanda diffusa e per il precipitare in tempi rapidissimi della terza fase sui mercati globali. Nella terza fase la diffusione dei nuovi prodotti e di nuove filiere industriali investe tutti gli ambiti, altera la traiettoria della crescita, ne cambia la direzione. I nuovi prodotti e servizi creano in modo mirabile la propria domanda e innescano cambiamenti profondi nei costumi e nell'organizzazione della vita quotidiana. Si diffondono ovunque, grazie a comportamenti imitativi, che sono resi immediati dalle nuove modalità di comunicazione; si manifestano oggi nella generazione locale di energia e nel suo controllo da remoto, domani nel trasporto elettrico, nell'applicazione alla domotica di fonti naturali meno inquinanti, tra gli altri nuovi servizi. Coglie di sorpresa per la rapidità del suo precipitare nel mondo, ma è il risultato dei processi cumulativi che l'hanno preceduta. Oggi siamo sulla soglia di questa terza fase, ancora impreparati alla frammentazione che la transizione contribuisce a generare nella produzione, nelle relazioni sociali e negli usi quotidiani. Il futuro della trasformazione energetica è nei nuovi servizi di cui oggi riusciamo a intravedere solo le potenzialità; nel nuovo scenario, trasformazione energetica e rivoluzione digitale sono inscindibili e intaccano le filiere tradizionali dell'industria, costringendo le imprese a rinnovarsi. Seguono in realtà i passaggi veloci della "teoria delle catastrofi", secondo la quale, spiega René Thom , il ripetersi di mutazioni anche piccole provoca a un tratto un improvviso cambiamento di stato; oppure, nel diverso linguaggio dei fisici, sono parte della dinamica descritta da Feynman per mostrare i cambiamenti di stato improvvisi nell'universo. Da ultimo, nella quarta fase, i cambiamenti consolidati si ripercuotono sugli equilibri politici internazionali che accompagnano e seguono gli eventi economici, quando la trasformazione è giunta a compimento. In questo ultimo tratto cambiano le catene globali del valore della filiera energetica: i paesi del petrolio diventano gradualmente marginali, via via sostituiti dalla centralità di paesi ricchi di risorse minerali necessarie al nuovo modello, le terre rare - concentrate in Cina e in poche altre regioni (quelle in Congo controllate dalla stessa Cina). Ne consegue un riassetto degli equilibri geopolitici, nei quali la Cina, si argomenta nel libro, trova i suoi punti di forza. Questa concatenazione logica dei fatti è del tutto analoga a quella che portò il petrolio ovunque nel mondo, all'inizio del secolo scorso, analizzata nelle pagine del libro; la ritroviamo oggi, nei processi che generano un nuovo modello energetico fondato sulle fonti rinnovabili, in sinergia con i nuovi strumenti digitali, con il supporto del gas - il meno inquinante tra i combustibili fossili - e l'utilizzo di nuove risorse minerali, le terre rare. Le dinamiche del processo possono essere espresse in sintesi e generalizzate. In estrema sintesi, un insieme di cause iniziali si coagulano, maturano nel tempo, e premono perché si attivi la spinta al cambiamento del modello energetico esistente (esprimono la dinamica della prima legge della trasformazione); se individuate, ne lasciano ben presto intravedere la direzione a imprenditori innovatori. La loro pressione attiva le dinamiche della seconda legge, che si manifesta in un primo nucleo di innovazioni radicali, apparentemente disgiunte in ambiti lontani tra loro, ma che di fatto preparano il tessuto della trasformazione energetica; generano quindi un'ondata diffusa di innovazioni incrementali che riducono i costi e consentono una prima cauta sperimentazione del consumo, fino a far esplodere nel mondo la domanda dei nuovi prodotti e di servizi innovativi (è la dinamica della terza legge). L'intero processo produce, infine, una nuova organizzazione degli usi e dei costumi in tutto il mondo industrializzato e attiva ripercussioni economiche e geopolitiche globali (è la dinamica conclusiva della quarta legge della trasformazione energetica). L'esito finale corrisponde al passaggio a una nuova fase del capitalismo. | << | < | > | >> |Pagina 205L'INCONTRO TRA CULTURENella difesa del pianeta la trasformazione energetica mette a contatto culture diverse, offrendo la ricchezza potenziale di un mondo multiculturale. L'incrocio dell'Occidente con altre culture, più consapevoli del posto dell'uomo nella natura e nel cosmo e dell'armonia necessaria, dovrà essere accolto con intelligenza positiva. Il peso nell'economia globale e il soft power espresso dalla Cina nel mondo della COP 21, a sostegno di uno sviluppo sostenibile e a tutela dell'ambiente, ad esempio, sono fondati su princìpi antichi e su un capitalismo autoritario ben lontani dai valori delle democrazie occidentali. Come bene interpretò Lee Kuan Yew nel guidare una modernizzazione avvenuta in tempi rapidissimi a Singapore, è fondamentale rispettare le radici asiatiche confuciane. Ovvero, come aveva ben visto anche Habermas (1975) in termini più generali, si pone la necessità di coniugare le esigenze della democrazia politica - la tutela dei diritti dell'individuo - con l'identità culturale di regioni, come quella asiatica, dove l'identità sociale è basata sulla collettività. Il futuro è nel loro incontro: da un lato la difesa di alcuni (pochi) diritti fondamentali della persona, dall'Occidente liberale; dall'altro la consapevolezza dell'appartenenza collettiva dell'umanità al cosmo e il rispetto delle leggi della natura, ad esempio dalla cultura cinese che ritrova le proprie radici confuciane. Questa contaminazione è il volto luminoso della grande trasformazione energetica, che si contrappone al lato buio delle miniere. All'Europa spetta un ruolo storico, quello di tessere la tela della complementarità tra i diversi modelli, dei quali Habermas ha tracciato alcune forme possibili, come "intersezione compatibile". Un processo che i filosofi definiscono "interculturale" si è aperto, purché l'umanità sappia ancora una volta trarre dalle nuove emergenze e dalle scoperte una via di salvezza. All'orizzonte trascendente nel quale tante volte l'umanità ha cercato rifugio, attribuendo alla divinità ruoli salvifici o la punizione di comportamenti irrispettosi dell'equilibrio del cosmo - punizione vissuta dal singolo, Prometeo, o dall'umanità intera con pandemie e catastrofi naturali, esempi dei quali la Bibbia e il mondo greco sono traboccanti -, si accompagnano le possibilità aperte da una via della ragione civile, del governo organizzato degli eventi con gli strumenti di una buona tecnica, dell'arte creativa dell'umanità, dell'intuizione e del governo di un pensiero illuminato, messi a disposizione del bene comune. Questo ci riporta all'affermazione introduttiva, che ha guidato lo studio e ispirato il libro: ogni volta che il nucleo centrale dei paesi del sistema capitalistico incontra vulnerabilità nelle fonti energetiche e le percepisce come strutturalmente destabilizzanti, attiva e persegue una profonda trasformazione, governata dalle potenze egemoni del periodo. Quella dal carbone al petrolio ha avuto ripercussioni economiche di lungo periodo; ha indotto un profondo cambiamento nei costumi, nei rapporti di lavoro, e con la rivoluzione nei trasporti ha reso il mondo più piccolo, cambiando gli equilibri politici interni e internazionali, che hanno portato a una nuova fase storica. La via degli scambi commerciali è uno degli strumenti che l'umanità si è data nella storia e ha fatto dialogare tra loro culture diverse fin dai tempi delle prime Vie della Seta. Il futuro ci restituisce anche questo percorso, con il grande progetto attraverso il quale la Cina vuole ritrovare la sua antica grandezza. Ma nell'era digitale strumenti potenti offrono ulteriori vie di comunicazione, di scambio economico e culturale, e aprono possibilità di collaborazione inesplorate a un'umanità confusa da cambiamenti troppo profondi per essere governati nell'arco di una sola generazione. La rapidità è una cifra del cambiamento. Tutto avviene nell'arco di una generazione, appunto, che è chiamata a preparare il terreno per le prossime, come i giovani reclamano a gran voce. I tempi imposti dalla trasformazione energetica sono la sfida maggiore da affrontare oggi, con una visione strategica di lungo periodo. Cambiamenti così veloci e radicali introdotti da innovazioni tecnologiche non governati creano rischi sociali importanti, con una pericolosa tendenza al conflitto esterno e allo smarrimento del senso comune identitario delle popolazioni. Un dubbio ancora riguarda il presente. Le potenze egemoni non sembrano trovare uno spazio cooperativo. La trasformazione energetica avviene in una fase di transizione geopolitica nella quale la potenza egemone - gli Stati Uniti - si è indebolita ed è costretta a confrontarsi con una potenza nuova - la Cina - fondata su premesse storiche millenarie e valori culturali del tutto diversi.
È difficile capire quale percorso avrà il sopravvento nel nuovo millennio.
Dalla contaminazione di civiltà diverse, sottoposte
alla stessa pressione da eventi naturali manifestamente sfuggiti
al controllo umano, potrà nascere un pensiero nuovo. È questa,
guardando al futuro, la grande sfida positiva del cambiamento climatico e della
grande trasformazione energetica che investe oggi la società industriale.
|