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| << | < | > | >> |IndiceRingraziamenti VII Prefazione IX Prologo 3 I. Varietà di coscienza 7 Coscienza e autocoscienza, p. 7 Coscienza e mondo esterno, p. 11 Mondo e cervello, p. 12 II. Coscienza e cervello 15 Cervelletto e cervello, p. 16 Sonno e veglia, p. 19 Lezione prima L'uno e i molti III. I due problemi della coscienza 29 Il primo problema: Galileo e il fotodiodo, p. 29 Il secondo problema: Galileo e il pipistrello, p. 36 IV. I molti, ossia Galileo e il fotodiodo 40 V. L'uno, ossia Galileo e la telecamera 45 Lezione seconda Misurare la coscienza VI. Il repertorio: misurare le possibilità 59 Entropia, p. 60 Informazione effettiva, p. 61 VII. L'informazione, ossia Galileo sull'astronave 66 VIII. Complessità e complessi: misurare 73 l'informazione integrata Complessità, p. 74 Complessi, p. 80 L'analisi dei complessi: un esempio ben poco rigoroso, p. 82 Complessità e organizzazione: un esempio ancor meno rigoroso, p. 84 Lezione terza La teoria del complesso cosciente IX. Complessi e non 95 Fegato e cervello, p. 96 Cervello e cervelletto, p. 96 Sonno e veglia, p. 98 X. Complessi in evoluzione 101 Ontogenesi, p. 101 Filogenesi, p. 104 XI. Complessi malati 107 XII. Complessi altrove 110 Coscienza e società, p. 112 Coscienza artificiale, p. 114 XIII. Galileo filosofo 116 Spazio, tempo e complessità, p. 117 Il possibile e l'attuale: massa e coscienza, p. 120 Coscienza, conoscenza e adattamento, p. 122 Epilogo 125 Note 133 |
| << | < | > | >> |Pagina IXQuando cadiamo addormentati di un sonno senza sogni, l'intero universo, per quanto ci riguarda, scompare. Quando ci svegliamo o quando sogniamo, l'intero universo ricompare, popolato di forme, colori, suoni, piaceri e dolori, pensieri, emozioni, desideri e decisioni. Il cervello è un ben modesto oggetto nel vasto arredamento del mondo eppure, per ciascuno di noi, in quel modesto oggetto è contenuto il mondo intero. Più di un filosofo ha dichiarato che il mistero di come il cervello possa generare la coscienza, la materia generare la mente, è e rimarrà insolubile. Molti scienziati hanno concluso che se le neuroscienze potranno un giorno offrire una spiegazione completa di come funziona il cervello, di come possiamo rispondere a segnali luminosi e acustici, non potranno mai spiegare come ne emerga la coscienza, l'esperienza soggettiva di un cielo stellato o del rombo di un tuono. E infatti gli enigmi e i paradossi abbondano. Sappiamo che la coscienza è prodotta in qualche modo dai 30 miliardi di cellule nervose della corteccia cerebrale. Ma perché allora i 50 miliardi di cellule nervose del cervelletto, una parte del sistema nervoso altrettanto complicata, non producono nulla di simile? Sappiamo che il cervello durante il sonno è attivo quanto durante la veglia. Perché allora in certi stadi del sonno la coscienza si riduce sino quasi a svanire? I paradossi sfidano la ragione, ma qualche volta la aguzzano. Perché una spiegazione, perché le cose stiano così e non altrimenti, ci deve pur essere. Con Galileo a fare da guida in una serie di esperimenti reali e immaginari, questo libro presenta i risultati di un viaggio alla ricerca di una soluzione. | << | < | > | >> |Pagina 25La teoria è la Cenerentola delle neuroscienze. I teorici sono i poveri e i diseredati dei grandi centri dove si studia il cervello. E a ragione. Il cervello è di una complessità tale che pretendere di comprenderne il funzionamento con una maglia per quanto fitta di mere equazioni è come cercare di raccogliere il mare con una rete da pesca. Lasciate pure che i teorici e i matematici scrivano le loro equazioni. Il cervello ha più alberi della giungla, più strade di una città, è più plastico della sabbia del deserto e più mutevole delle onde del mare. E chi penserebbe di poter ridurre i continui cambiamenti delle dune, il traffico dell'ora di punta o l'intreccio di foglie e animali nella volta della foresta tropicale a una serie di equazioni?Le neuroscienze sono ormai una disciplina ferocemente empirica. Ciò che conta sono i dati, e i dati vengono dagli esperimenti. I dati conferiscono prestigio e potere, e costituiscono l'alfa e l'omega di ogni progresso. Ogni volta che si scopre una nuova molecola, ogni volta che si sviluppa una nuova tecnica per sbirciare all'interno delle sinapsi, ogni volta che si genera un animale transgenico, ogni volta che si registra l'attività di uno, dieci, mille neuroni, o i mutevoli addensamenti di attività di intere aree cerebrali nelle mappe metereologiche del cervello umano in funzione, i neuroscienziati celebrano una vittoria. Negli ultimi anni le vittorie sono state molte, e molto importanti. Com'è possibile, allora, che il formicaio laborioso e inarrestabile delle neuroscienze non sembri riuscire a penetrare il palazzo della coscienza? Aveva ragione Freud? Arriveremo a conoscere ogni neurone, forse ogni sinapsi e ogni molecola del cervello umano, e tuttavia non comprenderemo mai perché dal fango grigio del cervello si sprigioni la fiamma guizzante della coscienza? Arriveremo davvero a scoprire tutti i segreti dell'intricato castello del cervello, senza mai neppure intravederne il proprietario? | << | < | > | >> |Pagina 57Nella prima lezione abbiamo fatto grande uso di esperimenti immaginari per caratterizzare le proprietà essenziali della coscienza: Galileo e il fotodiodo, per dimostrare che l'esperienza cosciente è differenziata; Galileo e la telecamera, per illustrare che l'esperienza cosciente è integrata. Qualunque esso sia, il substrato fisico della coscienza deve poter rendere conto di tali proprietà. Ne abbiamo pertanto tratto una conclusione importante: «Il substrato della coscienza deve costituire un'entità integrata capace di differenziare tra un numero straordinariamente grande di stati diversi».Gli esperimenti immaginari e le relative conclusioni costituiscono una preziosa stampella per l'intuizione. Ma se ci limitassimo a formulare le intuizioni in questi termini, non metteremmo a frutto una delle lezioni più importanti di tutta la storia della scienza. Forse la citazione più famosa dall'opera di Galileo è tratta dal Saggiatore, pubblicato nel 1623. In questo capolavoro della letteratura scientifica, ricco di pagine mordaci e ironiche, Galileo dichiara il suo credo: La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi (io dico l'universo), ma non si può intendere se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto. | << | < | > | >> |Pagina 84Complessità e organizzazione: un esempio ancor meno rigorosoL'analisi dei complessi rappresenta il modo «naturale» di suddividere un insieme di elementi, «naturale» perché basato sull'informazione che può essere integrata all'interno di una singola entità. Ed è soltanto una volta che si sia accertata la suddivisione in complessi che è possibile prenderne in esame la complessità ed effettuare confronti. È interessante chiedersi, ad esempio, come la complessità di un complesso vari a seconda di come il complesso è organizzato, o come sia possibile aumentarne la complessità modificandone l'organizzazione. Anche in questo caso si potrebbero discutere reti neuronali simulate al calcolatore, per esaminare che tipo di organizzazione, a parità di condizioni, sia associato a complessità elevata. Ma anche in questo caso, per finire, ricorreremo invece a un'analogia, forse ancora più azzardata della precedente. Questa volta, infatti, immagineremo come possa variare la complessità delle interazioni tra i membri di un ipotetico Parlamento italiano. Immaginiamo per cominciare un Parlamento caotico, in cui ogni membro è occupato a curare esclusivamente i propri interessi, in una confusione assordante dove ciascuno riesce a sentire al massimo ciò che dice il vicino di banco, ma niente di più. È facilissimo dividere un Parlamento di questo tipo in due metà tali per cui, qualunque cosa dica una metà dei parlamentari, ciò fa ben poca differenza all'altra metà. Per quanto dall'esterno possa ancora sembrare un Parlamento, e un Parlamento assai vivace, in realtà è un Parlamento che non è in grado di integrare informazione, salvo un poco tra vicini di banco. Nonostante la grande confusione, la complessità del Parlamento nel suo insieme è assai scarsa. Ma visitiamo ora un Parlamento totalitario. Uno solo parla e tutti ascoltano, e tutti si comportano esattamente allo stesso modo: l'unanimità è perfetta. Anche nel caso improbabile che ci sia permesso di mettere in bocca a una metà dei membri un sacco di proposte diverse, tanto per vedere che effetto fanno, l'altra metà risponderà sempre e comunque all'unisono. La risposta è sempre la stessa perché i membri del Parlamento marionetta, da bravi scolaretti, sono attentissimi a uniformarsi agli altri colleghi: non si permetterebbero mai di sgarrare ed esprimere un parere diverso. E così la metà non perturbata risponde sempre all'unanimità. Le risposte possibili sono di conseguenza ben poche, e la complessità è minima. Un Parlamento simile è un Parlamento perfettamente integrato. Costituisce indubbiamente un complesso, ma un complesso privo di qualunque differenziazione, un complesso privo di complessità. Immaginiamo infine un Parlamento ideale, un Parlamento i cui membri interagiscono costruttivamente, ma preservano grande autonomia e individualità di vedute. Ogni membro di conseguenza ascolta attentamente gli argomenti degli altri colleghi e, a seconda del proprio punto di vista altamente originale, offre una risposta differenziata e specifica. Il Parlamento è integrato e differenziato al tempo stesso: è un Parlamento che costituisce un complesso complesso, come costituisce un complesso complesso il cervello di Galileo. | << | < | > | >> |Pagina 91Ecco quindi, per quanto estremamente sintetica e solo abbozzata nelle implicazioni, un embrione di una teoria della coscienza. La potremmo chiamare la teoria del complesso cosciente. I suoi capisaldi si possono quindi riassumere molto facilmente.Secondo la teoria del complesso cosciente: 1) l'esperienza cosciente è differenziata - ossia il repertorio potenziale di stati di coscienza diversi è straordinariamente grande; 2) l'esperienza cosciente è integrata - ossia ogni stato di coscienza è esperito come una singola entità; 3) il substrato della coscienza è un'entità integrata capace di differenziare tra un numero straordinariamente grande di stati diversi; 4) specificamente, il substrato della coscienza è un complesso di elevata complessità. Secondo la teoria del complesso cosciente, quindi, la coscienza si identifica con la complessità di un complesso - la coscienza è complessità. La teoria ovviamente specifica come si possano individuare i complessi, e come vada misurata la complessità. La complessità, o meglio la MID-complessità, è infatti una quantità ben precisa, non un termine vago che indica qualche cosa di complicato o difficile da descrivere. Come Galileo ricorda, la MID-complessità misura precisamente quanta informazione effettiva è integrata all'interno di un insieme di elementi. La coscienza è complessità, e la complessità è integrazione di informazione. | << | < | > | >> |Pagina 120Il possibile e l'attuale: massa e coscienzaGalileo non ha smesso di sorridere a fior di labbra. Se non vogliamo parlare di velocità, parliamo almeno di potenza, soggiunge. C'è qualcosa di inusuale nella definizione di complessità, soprattutto quando si voglia sostenere l'equivalenza tra complessità e coscienza. Alla fin fine, la complessità è funzione di come ogni metà di un sistema potrebbe comportarsi se fosse perturbata in tutti i modi possibili dagli ingressi provenienti dalla metà rimanente. La complessità è quindi funzione delle potenzialità del sistema, si riferisce a cosa il sistema è in potenza, non tanto a cosa il sistema stia attualmente facendo in un dato istante. [...] E infatti, ecco il terzo modo per rispondere a Galileo, quello cui sarà più sensibile. Perché la complessità, ed equivalentemente la coscienza, è una proprietà del sistema non meno attuale della sua massa. Come si definisce infatti la massa, la proprietà più «materiale» che un corpo possa possedere? Galileo, che ha riflettuto a lungo sulla questione, e che ne ha potuto studiare l'evoluzione nell'opera dei suoi successori, sa bene dove andiamo a parare. Perché la definizione classica di massa è una definizione potenziale o disposizionale - la massa di un corpo è definita classicamente come la sua resistenza all'accelerazione da parte di una forza, è definita cioè sulla base di come potenzialmente il corpo accelererebbe se fosse perturbato da una forza di una certa entità. E la complessità, ossia la coscienza? Come il grado di differenziazione delle risposte di un sistema alle perturbazioni. Forse un po' più complicato da valutare in pratica, ma concettualmente altrettanto immediato: una potenzialità o disposizione. La coscienza di un corpo, questa proprietà considerata tanto evanescente ed elusiva, è quindi tanto o tanto poco materiale o fisica quanto la massa di un corpo. Entrambe - coscienza e massa - sono definite come potenzialità o disposizioni di un sistema. E come un corpo materiale non ha bisogno di calcolare come risponde all'accelerazione per avere massa, così un sistema di elementi interagenti non ha bisogno di calcolare le proprie risposte a tutti gli stimoli possibili per avere complessità e pertanto coscienza. Lo è e basta. Si applicano forze e si valutano accelerazioni per misurare la massa dall'esterno. Si impongono tutte le perturbazioni possibili e si misura la differenziazione delle risposte del sistema per stimare la complessità. Ma un corpo ha massa, e un sistema ha complessità/coscienza, che vengano fatte o meno le opportune misurazioni. Quando si ha a che fare con le proprietà fondamentali di un sistema, il possibile è attuale. Essere viene prima di descrivere. | << | < | > | >> |Pagina 122Coscienza, conoscenza e adattamentoChe si sia o meno convinto con la storia di massa e coscienza, Galileo ha un'ultima perplessità. Se la coscienza è complessità, e se il sogno dell'astronave ha un qualche valore, gli sembra inevitabile concludere che il mondo esterno in quanto tale sia inconoscibile. Per un fisico, ciò è a dir poco ripugnante. [...] Ogni conoscenza è pertanto adattamento - adattamento della struttura del cervello nonché del corpo alla struttura del mondo esterno. Nei millenni dell'evoluzione, durante lo sviluppo, e durante l'esperienza di ciascun individuo, la struttura del cervello si è accresciuta e modificata enormemente in maniera adattiva. Si è venuto a creare un vastissimo repertorio di stati tali per cui il sistema nel suo insieme risultava adattato al mondo esterno. Così che se il sistema, a causa delle interazioni con il mondo esterno, entrava preferenzialmente in un certo stato, era probabile che quello stato producesse delle risposte e dei comportamenti che offrivano maggiori garanzie di sopravvivenza.
Non si conosce il mondo riflettendolo come uno specchio. Lo si conosce
plasmando e limando il cervello, così che le leggi che ne governano il
funzionamento siano in armonia con quelle che governano il mondo. Quali siano le
leggi ultime che governano il mondo non ci è dato sapere, ma qualche volta ci è
dato sapere se abbiamo sbagliato. Il cervello è un modello di come il mondo
potrebbe essere, un modello originale e orgoglioso, acquisito in milioni di
anni, con immensi sacrifici, al prezzo di innumerevoli perdite, sulla pelle di
innumerevoli antenati, a costo di estenuanti lezioni, a pena di guerre, civiltà,
scuole e discussioni infinite, ma è un modello costruito nell'unico linguaggio
che ci appartiene, quello del cervello e della sua struttura. E per sapere
quanto il mondo sia a immagine e somiglianza del nostro cervello, basta ripetere
l'esperimento con cui sono iniziate queste lezioni. Basta cadere addormentati e
sognare. Ciò che sogniamo è ciò che conosciamo, e ciò che possiamo conoscere è
solo ciò che possiamo sognare.
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