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| << | < | > | >> |Indice7 Prefazione La Storia delle tre storie di Michael Holroyd 13 Introduzione Broderie Anglaise o dell'"Orlando" ricamato di Tiziana Masucci 33 BRODERIE ANGLAISE 139 Note |
| << | < | > | >> |Pagina 7Violet Trefusis nasce il 6 giugno 1894 ed è la primogenita di Alice Keppel, famosa ma prudente favorita del principe di Galles (il futuro re Edoardo VII). «Mi domando se riuscirò mai a giocare la carta del romance nella mia vita come mia madre ha fatto nella sua», scriveva la giovane Violet nell'estate del 1918 a Vita Sackville-West con la quale avrebbe vissuto un romance travolgente e scandaloso. Questa passione intensa diede spunto ad un romanzo di Vita intitolato Sfida. Il libro fu segretamente dedicato a Violet che aveva contribuito anche alla stesura di alcuni capitoli, i migliori, poiché nel complesso la storia è piuttosto noiosa. Vivaci sono, dunque, le pagine che raccontano Eve, la affascinante protagonista ispirata a Violet. I lettori che vi si immergono riescono, infatti, a capire e a sentire quello che Vita provava in presenza della sua amata. Ci sembra di ascoltare la sensualità di quella sua voce umbratile; di ammirare quelle sue irresistibili labbra carnose e quel mistero nei suoi occhi magnetici, profondi e leggermente a mandorla verso l'alto, luminosi di ironia e, qualche volta, velati di tristezza. «Un po' viziata, un po' bambina, Eve pare destinata» scrive la Sackville-West «a diventare una donna di straordinaria seduzione. Per queste donne la vita è piena di insidie». Sfida fu pubblicato nel 1924 negli Stati Uniti e, in Inghilterra, per non alimentare ulteriormente lo scandalo legato a quel noto love affair, fu stampato solo cinquanta anni dopo. Fu, pertanto, l'edizione americana quella che Virginia Woolf lesse alla metà degli anni Venti prima di scrivere Orlando, il suo meraviglioso romanzo, «la più lunga e affascinante lettera d'amore di tutta la letteratura» come lo ha definito Nigel Nicolson, il figlio di Vita. È la "lettera d'amore" di Virginia Woolf a Vita Sackville-West a cui questa biografia immaginaria è dedicata. Vita è Orlando che attraversa quattro secoli trasformandosi da giovane aristocratico, bello ed elegante, in una donna dei nostri tempi. Il capitolo più poetico è quello in cui Virginia Woolf ci fornisce la sua personale visione dell'amore appassionato tra Vita e Violet che, nel romanzo, diventa la incantevole principessa russa Marousha Stanilovska Dagmar Natasha lleana Romanovitch, conosciuta come Sacha. Accaldati dalla corsa sui pattini e dall'amore, si gettavano in qualche canale solitario dalla riva frangiata di canne gialle, e Orlando, avvolto in una ampia pelliccia, la stringeva tra le braccia e conosceva, per la prima volta, sussurrava, le delizie dell'amore [...]. Sacha era come una volpe, o come un ulivo; come le onde del mare viste dall'alto di una scogliera; come uno smeraldo; come il sole su una collina verde ancora avvolta dalle nuvole, come niente che avesse visto o conosciuto in Inghilterra. L'epilogo amaro della relazione con Vita porta Violet a trasferirsi in Francia — in esilio — dove alacremente comincia a dedicarsi alla scrittura. Non aveva vissuto un periodo facile. Aveva ceduto alle insistenze della madre per un mariage blanc e il marito, Denys Trefusis, sarebbe morto nel settembre del 1929 poco prima che Violet pubblicasse il primo romanzo Sortíe de secours. Sia questo che il secondo, Eco — un indimenticabile romanzo intessuto di ricordi — furono scritti in francese, probabilmente perché in entrambi vi sono riferimenti autobiografici. Verso i primi anni del 1930, dopo aver letto Orlando, Violet scrive, in inglese, il suo terzo romanzo, Tandem, e lo propone alla Hogarth Press di Virginia Woolf. Nel diario di Virginia non vi è traccia di questo incontro ma, successivamente, in una lettera a Vita Sackville-West, Virginia Woolf scrive con entusiasmo: Ora ho capito perché ne eri tanto innamorata... Che seduzione! Che fascino! E quella voce, come un dolce mormorio, titubante, che calore, che arrendevolezza... mi ricorda uno scoiattolo fulvo tra nocciole marroni. Quando anche la sua relazione con Vita giunge al termine, Virginia confida alla compositrice Ethel Smyth: «non ho provato simpatia per la Trefusis». In realtà, si riferisce a Tandem la cui lettura non l'aveva particolarmente colpita. Infatti, a parte i vari passaggi arguti e ben scritti, è un libro dispersivo, sicuramente non uno dei migliori di Violet, e con uno stile, come diceva Graham Greene, «volutamente ricercato». Il rifiuto dalla Hogarth Press (Tandem fu subito dopo pubblicato in Inghilterra da William Heinemann) spinge Violet a scrivere, in francese, Broderie Anglaise. Orlando era nato da Sfida, Broderie Anglaise da Orlando. Broderie Anglaise è un romanzo intrigante e ingegnoso, la variante di un racconto che, in parte, funge da critica letteraria (come Fielding scrisse della Pamela di Richardson o il Don Chisciotte di Cervantes di Amadis di Gaula). Non gioca al massacro con il Tempo, sebbene i fremiti di un dramma dell'anima riverberino dal passato e turbino il presente. In Broderie Anglaise, Alexa Harrowby Quince è la rappresentazione di come Violet Trefusis vede Virginia Woolf: una intellettuale di Bloomsbury, socialmente ritrosa e sessualmente frigida che, grazie ai suoi scritti inusuali e stravaganti, è diventata una donna molto famosa in Inghilterra. Era piacevole sapere che non c'era un particolare del proprio aspetto che non fosse celebre: le sue mani medievali, il suo sguardo impaurito, i suoi capelli nostalgici, perfino la sua borsetta che sembrava un pollo spennato a metà. L'indecisione, o meglio, la mancanza di coraggio, dei suoi vestiti conferiva ai suoi gesti un che di anemone di mare: fluttuante e inafferrabile come un'alga, come uno sbuffo di fumo... E Sacha, l'incantevole romantica principessa russa, diventa in Broderie Anglaise «una creatura brillante, capricciosa, sofisticata, un po' troppo prevedibile nell'imprevisto; un personaggio storico». In breve, lei (Violet\Eve\Sacha) è un essere mitico reso sulla pagina dal riflettore della fantasia luminosa di Virginia Woolf, simulacro di vita. Forse è questo il personaggio, indomitamente romantico e fatale – Violet ne era certa –, che Alexa (Virginia) avrebbe voluto essere. «La conosceva già come se l'avesse creata lei; ogni tratto del suo viso, ogni inflessione della voce...». Ma lei «temeva che la conoscenza della realtà ostacolasse la sua immaginazione, così libera quando era sola...». In altre parole, usando proprio il vocabolario woolfiano, in quella donna c'era troppo di arcobaleno e tropo poco di granito. Il granito che manca viene fornito da Anne Lindell, l'autoritratto di Violet in Broderie Anglaise. La scena cardine del romanzo è l'incontro tra Alexa e Anne. Entrambe sono state innamorate, anzi, lo sono ancora, dello stesso uomo. Si incontrano da rivali e si salutano da alleate. Lo sono davvero? In un primo momento, personaggio leggendario, spirito essenziale di un mondo magico, Anne diventa «la portavoce della contingenza, l'apoteosi del quotidiano». Due qualità ordinarie che rappresentano quella solidità granitica del mondo reale che in Orlando è totalmente assente. L'incontro risulta costruttivo per entrambe le protagoniste. Alexa acquista una fiducia nella sua femminilità fino ad allora sconosciuta; Anne rinnova la speranza di una carriera europea da scrittrice. Il personaggio maschile in questo triplice intreccio è lord Shorne, rampollo di una delle più illustri famiglie del suo Paese. Un Principe azzurro troppo sicuro di sé, «un volto ereditario, di pietra, abituato alla noia da almeno cinque secoli». Nelle prime pagine di questo romanzo brioso, il giovane aristocratico sentenzia convinto: «Si amano solo le persone delle quali non si può mai essere sicuri». Ma, sul finale, lui stesso non è più certo di niente. Il racconto di Vita Sackville-West del grande amore con Violet Trefusis conosce una notorietà internazionale nel 1973 con la pubblicazione di Ritratto di matrimonio nel quale Nigel Nicolson trasforma la dettagliata e inedita confessione della madre in una difesa del matrimonio dei suoi genitori. Dodici anni dopo, a metà del 1980, Broderie Anglaise viene tradotto per la prima volta in inglese e pubblicato sia in America che in Gran Bretagna; ed ora, dopo quasi un quarto di secolo, lo si può apprezzare anche in italiano grazie a una attenta traduzione di Tiziana Masucci e al suo eccellente saggio critico. Questo libro non ha assolutamente perso nel tempo la sua raffinatezza e la sua ironia. A chiunque abbia amato Orlando, e non solo, raccomando vivamente di leggere Broderie Anglaise per un piacere ulteriore e per la visione interessante che propone. Entrambi i libri, il primo, un'originale opera di fantasia, il secondo, una commedia sofisticata e arguta, avranno moltissimi lettori in futuro. Michael Holroyd | << | < | > | >> |Pagina 35«Lord Shorne, signorina» annunciò l'anziana cameriera facendosi da parte per lasciarlo entrare.Alexa assunse una posa che ostentava concentrazione nel suo lavoro, oblio del presente e fastidio ad essere disturbata. «Sei tu?» domandò con voce volutamente distratta, guardandolo appena poiché era impegnata a terminare la frase che stava scrivendo. Ma l'ospite era tutt'altro che ingenuo e sapeva benissimo che Alexa, prima che lui arrivasse, aveva interrogato una dozzina di volte l'orologio, vagando dalla scrivania al caminetto; e la frase, dalla quale sembrava essere tanto presa, probabilmente aspettava lì da ore. Lui scelse una sigaretta dal suo astuccio, la batté sul coperchio d'oro, la accese con mano esperta e con fare sicuro, poi si lasciò cadere sull'unica poltrona comoda, accavallando le gambe. «Mi hai già dimenticato?» chiese con un sorriso ironico. Qualcuno doveva cominciare il gioco. «Hai ragione, era oggi che dovevi venire! Sono stata così presa dal mio lavoro...». «Ah sì? Allora se sono di troppo...» e fece per alzarsi. Alexa si voltò di scatto. Chiuse il suo quaderno degli appunti, si alzò e andò a sedersi sul bracciolo della poltrona. «Non mi è più permesso di scherzare?» chiese con una smorfia che voleva essere da ragazzina. «Sai molto bene che la tua Alexa è contenta di vederti, anche quando ciò mi deconcentra! Cattivone». E gli diede una tiratina ai capelli. «Smettila, Alexa! Dovresti sapere che i miei capelli non si toccano. Vai a sederti su quel divanetto come una brava bimba cresciuta e ascoltami». «Oh, tremo di paura!» e agitò la mano per prenderlo in giro. «Forse hai ragione. Valuta tu» aggiunse lui, in tono non meno scherzoso. «Ho appena accettato l'invito di Manning a passare le vacanze di Pasqua a Roma». Sulla coppia piombò un silenzio pesante. Lord Shorne taceva, aspettando che la prima a parlare fosse Alexa. Dalla reazione di lei, disinvolta o impacciata, dipendeva l'esito di quell'incontro. Ma non era molto agitato. Alexa non sarebbe stata all'altezza della situazione. Non era femminile a sufficienza, pensò lui, provando una certa compassione. «Quindi, mi stai lasciando?» domandò lei, con la prevista gravità. «Non ho mai pensato che un'assenza di quindici giorni sancisse una rottura definitiva. Mia povera Alexa, perché affronti ogni situazione in modo così drammatico?». Gli occhi di Alexa si riempirono di lacrime. «Perché ti amo». Era proprio la risposta che lo irritava maggiormente. Alexa era sentimentale invece che sarcastica, ostinata quando avrebbe dovuto arrendersi. «Amarmi ti offusca la mente. Non ho nessuna intenzione di trascorrere il resto dei miei giorni a Roma. Mi chiedo perché insisti a confondere il provvisorio con il definitivo. Al contrario dovresti spingermi a fare questo viaggio da cui non vedrei l'ora di ritornare da te». E con un tocco di humour aggiunse: «Sarei rimasto così sorpreso se mi avessi invece detto: "Ma che bella idea!" che non sarei più partito. Perché non mi stupisci mai?». Ma il suo tentativo di dare al discorso un tono più frivolo non sortì effetto alcuno su Alexa. «Suppongo che vai a Roma per rivedere quella Pamela?» disse lei. «E cosa poi?». Alexa aveva già perso la partita e lui provava rancore per la velocità della disfatta. «Sarà difficile non vedere quella Pamela, come la chiami tu, visto che sarà lei ad ospitarmi. Mia povera Alexa, arrivi a certe assurde conclusioni... come è possibile che una donna tanto stimata nel mondo delle lettere sia così incapace — potrei usare termini poco gradevoli — di affrontare una situazione che la persona con il più comune dei savoir-faire riuscirebbe a risolvere tranquillamente?». «Non so» rispose lei, dispiaciuta. «Sono troppo vecchia per imparare». Questa risposta disarmante spezzò il tono frivolo che lord Shorne aveva cercato di dare alla conversazione. Provò un moto di pietà per lei e, per stemperare la situazione, le porse il suo portasigarette d'oro. Ma Alexa rifiutò la sigaretta della pace, opportunità per una soluzione amichevole. Nessuna pietà. Era proprio decisa a fare la vittima. E così sia. «Carissima, certe cose non si imparano. Donna si nasce, oppure...». «Zitella». Ancora una volta rigirava la lama nella piaga. «Sì, ho conosciuto l'amore» continuò afflitta, «ma rimarrò zitella per sempre. Sì, ne sono certa. Non è una questione di verginità. Sarebbe troppo facile. È un modo di essere, una abitudine che il mio cervello non ha intenzione di cambiare. Per questo non ti capisco fino in fondo. Tu mi hai imposto un ritmo che non mi appartiene, un ritmo sincopato che non riesco a fare mio». | << | < | > | >> |Pagina 46Risolto il problema del profumo, si presentò quello della sciarpa. Alexa era sempre stata ritratta con una sciarpa. Era difficile immaginarla senza, fosse di seta o di chiffon. Era come una nuvola che sfumava i suoi tratti austeri. Restava in contatto con l'umanità grazie alla sua sciarpa. Era la benda della dea Fortuna. Anche il segno della sua debolezza. Quando qualcuno le poneva delle domande, ne tirava leggermente un lembo. E ora, in modo del tutto inusuale, per la prima volta in dieci anni, Alexa pensò di fare a meno della sciarpa. Come abbellire il suo collo? si chiese. Avendolo sempre coperto, la gente era sicura che fosse ancora più magro di quanto lo fosse in realtà. Alexa doveva essere all'altezza del suo collo. In fin dei conti, la collana d'ambra doveva pur servire a qualcosa. Slancio di emancipazione: Alexa ripudiò la sciarpa. La calpestò. Era tutto finito tra loro due. Si corre il rischio di assomigliare eccessivamente ai propri ritratti.Così com'era, alta, filiforme, contemplativa, sarebbe piaciuta a un pittore fiammingo del Quattrocento, che però non avrebbe dimenticato di aggiungere nel dipinto un cardellino in gabbia e un garofano con una lacrima di rugiada. Su ogni mobile coppe, recipienti, caraffe ospitavano una o più piante che nascevano dai loro bulbi, ne emergevano come tante piccole imbacuccate. Due o tre giacinti, trionfalmente sbocciati, sembravano dare l'esempio agli altri boccioli. Più che in una camera da letto, sembrava di essere in una infermeria per piante. Alexa, capo infermiera, andava da una pianta all'altra, rimproverando questa, incoraggiando quella. Quasi tutte le stanze sono dominate dal letto; in camera di Alexa lo si doveva cercare, per quanto era piccolo e timido. Aveva l'aria di doversi scusare per il fatto di trovarsi lì. Tutte quelle piantine assennate, quel letto monacale, perfino quella luce flebile, sembravano essere in attesa di qualcosa. Ma cosa? Una visione, la visita di un angelo? Un tempo Alexa, per mancanza di spazio, aveva dichiarato che la sua camera da letto fosse capiente tanto da ricevere... «Le stigmate, è ovvio» si era affrettato a rispondere John, lui che era abituato ai saloni del suo castello di famiglia. Anche le molte fotografie, ricordo di altrettanti viaggi, non bastavano a dissolvere l'impressione di un'imminente Annunciazione. Secondo il capriccio del caso si confondevano luoghi e personaggi, fiumi e montagne. Una madonna di Van Eyck era vicina alla Maya desnuda di Goya, le Dolomiti accettavano di essere un semplice prolungamento delle montagne scozzesi, il bel Danubio blu sfociava tumultuoso nel Guadalquivir. Queste fotografie avevano un ruolo fondamentale nella vita di Alexa. Le concedevano il diritto all'immobilità al quale aspirava con tutta se stessa; testimoni di viaggi passati, avevano lo stesso significato delle medaglie dei soldati in pensione: testimoniavano che aveva fatto la guerra anche lei, ma ai doganieri, agli albergatori, alle zanzare. Grazie alle sue fotografie Alexa veniva considerata una cosmopolita nel microcosmo illuminato di Oxford. Si diceva: «Era l'anno del tuo viaggio in Spagna», oppure «Questo libro è stato pubblicato prima del tuo ritorno dalle Dolomiti». Oltre a queste fotografie, diciamo artistiche, ce ne erano altre, più private. John, indolente come un animale di razza, era stato immortalato in diverse pose: in piedi a Copenaghen, seduto a Bordeaux, sdraiato a Capri. Una bellezza alquanto torva si intuiva nel suo tl ardo, si scorgeva nelle labbra troppo tumide, per trovare conferma nel mento con la fossetta. C'era in lui una sorta di grazia languida, un fuoco latente che trasformava questa immagine di indolenza in una figura retorica. La sua discendenza latina – sua madre era italiana – appariva più chiara in fotografia che di persona; l'ambiente al quale apparteneva gli impediva di sembrare straniero, confinando questo sospetto nel limbo delle supposizioni improbabili, addirittura scandalose. John, per un inconscio mimetismo, si sforzava di apparire più alto, più freddo. Ma il Sud reclama il suo frutto; fuori dal suo ambiente austero, John diventava se stesso, sorrideva beato. | << | < | > | >> |Pagina 54«Anne Lindell. Sta lavorando a un libro su Oxford e conoscere Oxford significa conoscere obbligatoriamente Alexa Harrowby Quince. Ti andrebbe di incontrarla? Parte dopodomani e muore dalla voglia di vederti».Riflettendo, il fatto che una scrittrice debuttante morisse dalla voglia di conoscere una autorità in materia era più che logico: normalissimo poi che Anne Lindell fosse amica di Jeremy Curtiss (famoso in tutti i salotti di Parigi) e per farla breve, lecito che fosse attratta dal prestigio intellettuale di Oxford... Ma lei "sapeva"? Quello era il punto fondamentale. Alexa aveva valutato a lungo i pro e i contro. Al corrente della sua relazione con lord Shorne, erano solo la madre di John e la servitù. Nella piccola cerchia letteraria di Oxford, John aveva assunto il ruolo del giovane postulante nel tempio della vestale: nessuno avrebbe immaginato e creduto che la vestale potesse rinnegare i suoi principi; anche se qualcuno li avesse visti insieme durante un viaggio, non avrebbe mai dedotto che erano amanti. Alexa era al di sopra di ogni sospetto e Shorne aveva un'età e una situazione sociale tali da fare apparire la loro relazione sentimentale del tutto improbabile. No, Alexa si convinse che il desiderio di Anne fosse puramente casuale, nato da una serie di circostanze fortuite. A suo agio nell'anonimato, avrebbe studiato Anne con la lucidità del distacco... Anne? La conosceva come se l'avesse creata lei; ogni tratto del suo viso, ogni inflessione della voce... «Com'era?» domandava spesso a John che era sempre pronto a rispondere volentieri a questa domanda. Durante le prime settimane, quando ancora Alexa era restia a lasciarsi andare, Anne la bugiarda, la zingara, era stata l'argomento principale delle loro conversazioni: si affidavano a lei continuamente, come a una droga... Era lei che li univa. «Insomma, il giorno prima non ti ha fornito nessun indizio su quello che stava per fare? E tu non hai sospettato niente?». «Niente. Anzi, è stata più affettuosa e appassionata del solito». «Pazzesco. E vi sareste sposati il giorno seguente?». «Aveva provveduto a richiedere in tempo anche il suo atto di nascita. Suo cugino avrebbe fatto da testimone alle nostre nozze. Tutto, era tutto pronto». «Ti sarai chiesto come mai ti abbia piantato in asso all'ultimo momento?». «L'idea di legare per sempre le nostre esistenze la avrà spaventata. Odiava l'irrevocabilità, in ogni situazione. Prendere una decisione la faceva stare male. Perfino scegliere la destinazione di un viaggio diventava un problema. Avrei dovuto acquistare cinque o sei biglietti diversi, metterli in un cilindro e fargliene tirare uno a sorte... e ne avrebbe presi due per volta! È sempre stata attratta dall'alternativa a quello che fa. Sarcastica nelle faccende serie, grave in quelle di poca importanza. Un'eterna insoddisfatta: qualsiasi cosa meravigliosa le capitasse, non era mai contenta. Fuggendo da me ha ubbidito alla sua natura decisamente indomabile. Ora che ci penso, i suoi difetti non appartengono a un essere umano, ma a un animaletto selvatico». «Lo dici per giustificarla» osservava Alexa, furente di gelosia. | << | < | > | >> |Pagina 76Per una brava zitella della borghesia inglese frequentare un ambiente come Otterways comportava seri pericoli. Alexa era attenta a non lasciarsi andare facilmente ed evitava di manifestare i suoi sentimenti e la sua riconoscenza a John per averla "prescelta".Non bisogna dimenticare il prestigio incomparabile di cui gode l'aristocrazia inglese presso borghesia e popolo, l'avidità di notizie che riguardano i nobili, la assiduità con la quale ci si informa dei dettagli più irrisori per poi approvare in maniera incondizionata ogni azione, come i bambini che decidono in anticipo che tutto quello che faranno gli acrobati sarà uno spettacolo meraviglioso. Se una persona non blasonata si comportasse allo stesso modo, susciterebbe ilarità e dileggio. Ma lo snobismo è la principale forza motrice dell'Inghilterra. La felicità di Alexa raggiunse il suo culmine quando fu invitata a trascorrere un week-end a Otterways. Ogni dettaglio, il vassoio della colazione con le brioche fragranti (Shorne considerava un disonore avere un cuoco inglese), il panetto di burro che portava stampato lo stemma di famiglia, contribuiva a farle guardare con sdegno la sua vita frugale. Scoprì che il piacere dei sensi non consiste, come aveva sempre creduto, in un atto unico. La sensualità può rivelarsi in ogni gesto, nel modo di accendere una sigaretta, di sbucciare una mela. Il piacere non è un'azione, ma uno stato diffuso e continuo: un modo particolare di vedere le cose, che si acquisisce alla nascita e si perde solo quando si muore. Alexa stava capitolando. Se solo non fosse esistita lady Shorne! Sarebbe stato perfetto. La madre di John aveva il dono di rendere imprevedibile qualsiasi tipo di discorso. Si parlava di un amico di famiglia andato in rovina e lei, in tono di sfida, diceva: «Ha fatto bene!». «Come puoi dire una cosa del genere, mamma? Lo sai perfettamente che si è rovinato per la droga». «Almeno si è divertito. Se io fossi un uomo, non ci sarebbe vizio a cui non mi sarei abbandonata, così, tanto per curiosità... da quello che mi hanno detto, le sensazioni che prova un fumatore d'oppio sono paradisiache...». La spensieratezza di lady Shorne, il suo tono convinto sottolineavano l'immoralità delle sue affermazioni. Alexa ne fu scandalizzata. Eppure, aveva l'abitudine di parlare liberamente di qualsiasi argomento, adottando criteri imparziali, quasi scientifici. I vizi senza veli (e, di conseguenza, senza fascino) in quelle discussioni venivano tradotti sul banco degli imputati. Ci si stupiva, nel vederli esibiti, di sapere che qualcuno vi avesse trovato qualche interesse: catalogati e suddivisi per genere e per tipo avrebbero, al limite, potuto sollecitare una curiosità clinica. Insomma, Alexa trovava del tutto naturale prendere parte a una discussione freudiana tra tre o quattro giovani con occhiali di tartaruga, ma le disquisizioni lubriche di una madre cinquantenne le suonavano indecenti. Quell'atteggiamento formò un'eco nella sua memoria: un libro? una commedia? Ricordò all'improvviso di avere letto un libro sulla vecchia imperatrice della Cina, la quale, per meglio assicurare il suo potere, costringeva il figlio impotente a fumare dieci pipe di oppio al giorno. Come conciliare questo aspetto con la fama di filantropa di cui godeva lady Shorne? Che non avesse, dunque, qualcosa in comune con Caterina de' Medici? Quella donna casta e criminale usava la propria sensualità per irretire le vittime, guidava con mano ferma e santa la mano dell'assassino, e si logorava le ginocchia gonfie sui pavimenti di pietra delle cappelle? Lady Shorne non avrebbe potuto essere, dopotutto, uno di quei vecchi liberi pensatori, perduti nel ventesimo secolo, costretti a mantenere l'incognito, a vedere limitato il loro campo d'azione e la forza delle loro stoccate, vanificata dall'antidoto della mediocrità universale? Ma Alexa aveva bisogno di tranquillizzarsi e si costringeva a considerare queste ipotesi puramente letterarie. L'atmosfera di Otterways la turbava profondamente. In quella dimora gli individui più banali sembravano straordinari, si trasformavano, si seppellivano s'otto vesti sontuose accentuando la somiglianza con un antenato riprovevole, i modi pittoreschi del quale erano legittimati e resi comprensibili solo dal passare del tempo. Le mani inespressive prendevano vita, risalto, e componevano uno di quei diabolici "studi di mani" che si trovano spesso nei bozzetti di Leonardo...
Alexa sapeva su che sedia sedersi per apparire al suo meglio, che posa
assumere quando John la raggiungeva in biblioteca.
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