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| << | < | > | >> |Pagina 5trois.douze«L'emendamento che protegge...» Voce stridula che giunge ovattata alle orecchie. Ho una media perfetta, e un credito di cinque punti. Scusate se mi sembra inutile ascoltare. Potrei dedicarmi a qualcosa di costruttivo o magari potrei ascoltare, ma scelgo di non fare niente. Nessuno ha mai appurato se l'apatia è per scelta o dipende da fattori ambientali. Scelgo l'apatia, ma poi me ne pento. Mi rigiro nel letto come un'anima in pena e vado in paranoia per tutto quello che avrei dovuto fare... Quando mi sono svegliata, è stato brutto. Gli oggetti casuali che ingombravano la mia stanza erano illuminati da una luce grigia schifosamente radiosa. Mi drizzo a sedere sul letto e guardo fuori dalla finestra. Le strade sono asciutte e silenziose e un cielo pappa insipida si spalma sulle case in maniera uniforme, senza fine. Vorrei scivolare di nuovo nei miei incubi alla marijuana ma decido di no. «Scrivete il numero effettivo dei quesiti risolti in rapporto al numero di quelli richiesti...» Sta ancora parlando. Rimugino sul taglio alla nocca che mi sono fatta con un foglio. Questa non è la scuola. Sono all'asilo infantile. Dieci e ventotto del mattino e diciassette secondi.
Houston, abbiamo perso potere. Gli orologi si sono fermati. Il ronzio della
radiazione fluorescente si è interrotto. Voci febbrili che continuano a
rimbalzare e spezzarsi. Tamburellare di matita, inchiostro silenzioso su foglio
sbiancato. Perché non hanno almeno provato a mettermi in classe con
gente che sopporto?
trois.treize Ieri in biblioteca, lui era lí, col suo cappello di marmellata e la sua lingua docile. Bibliotecari straniti che si arricciano di piú i capelli, «Stai cercando poesia? Quella non è poesia». Stronzi. Non ditemi cosa è e cosa non è arte. E piantatela di sbirciarmi da sopra la spalla come fossi una criminale quando navigo su internet. Siete voi che siete finiti a lavorare nella biblioteca di un liceo. Nessuno sceglie un lavoro del genere, sono sicura. La rivista letteraria: orgia settimanale di pizza a domicilio, bottiglie di soda da un litro, alterna-divi, perdenti, proposte di arte-poesia. Mangiamo e leggiamo ad alta voce. Facciamo finta di vomitare sulle poesie d'amore. Mettiamo le nostre parole elitarie in un libro che uscirà in primavera. Noi non andiamo a genio alla direzione. Io non vado a genio alla direzione perché la mia poesia, contenente la parola «frocio», è stata pubblicata sul numero di quest'inverno.
L'appuntamento di oggi mi fa venire in testa parolacce. La mia ragazza dai
capelli opachi rubata da lentiggini al carboncino. I muscoli di Vegan Grrl
sottomettono i miei a furia di massaggi. Le mie mani ispezionano una tuta jeans
scura. Plum Sweater sente il solletico, caccia un gridolino. Braccia che non
vogliono svitarsi. Labbra che mimano parole non richieste.
trois.quatorze Saggio tenere le orecchie aperte, la bocca chiusa. Stupide previsioni del tempo che rovinano i miei piani per l'ennesima volta. L'ironia sa di acqua e piombo. La evito. Radici greche che non riescono a insegnarmi parole nuove. Ha detto: Iconoclastico, e ha chiesto un esempio. Ho detto: Sinead O'Connor. Sono caduti tutti quanti dalle nuvole. Meglio cosi. Da piccola leggevo le riviste per teenager. Perché le chiamano riviste per teenager se le ragazzine cominciano a leggerle a dieci anni? Si occupano soprattutto di moda. Una lettrice ha scritto: «Non metto mai lo stesso vestito due volte!» Cinquemiladuecentoquattordici vestiti. Dita rovinate di ragazze indiane. Capelli neri crespi. Lingue che schioccano e nocche rugose. Della mia età ma già troppo vecchie. E quella lí invece porta cinquemiladuecentoquattordici abiti diversi. Quante paia di jeans avranno cucito le sue dita? Troppe. Vorrei tanto ricordarmi dove viveva la lettrice. L'avrei spedita ad Haiti o in India o in Indonesia dove avrebbe potuto cucire tutti i suoi cinquemila duecento e quattordici maledetti vestiti.
Mi piacciono le cose aspre. Gli orsetti gommosi. I razzi all'arancia. I
limoni. Cose cosi. L'idea che sono aspra non mi offende. Potrebbe essere un
complimento. Davvero mi dispiacerebbe finire in bocca a qualcuno, farmi
succhiare, sentire la smorfia delle guance? Sarebbe cosi tremendo dare dolore
per dare piacere? Sono un masochistico bastoncino caramellato, un lecca-lecca e
una ragazzina gommosa, tutte queste cose insieme. Sono io il dolore che andate
cercando. Soltanto io.
trois.quinze Indecisa sulla scelta tra i due immaginari spiritelli posati sulle mie spalle. Il diavoletto eterno-tentatore mi sta stuzzicando. L'angioletto invece legge una rivista, fregandosene altamente. Che noia. Il prof di informatica non c'è come sempre. Il server è fuori uso come sempre. Il supplente è apatico, come sempre. Apro la bocca e bisbiglio all'orecchio di Techno Boy. Mc-Donald's? Mmm. E i soldi? Caccio il portafogli con dentro le banconote spiegazzate. Okay. E il permesso per la biblioteca? Preso. Allora via! I compagni ci hanno fatto ciao mentre entravamo in macchina. Mmm, acqua e piombo. McDonald's ha un gusto migliore. Mi ha accompagnato a casa. Gentile. Anche se la sua ragazza è quella stronza di Sloppy Charcoal. Mia madre si spaventa a morte e nemmeno si prende la briga di castigarmi. Pensavo che il supplente ci avesse visto, invece sembrerebbe proprio di no. Imparata la lezione per oggi? Puoi raccontare una balla al supplente, saltare la lezione, avere una sfilza di testimoni oculari e perfino raccontare ai tuoi genitori che hai saltato la lezione... e tutto questo passandola liscia.
Rapporti interpersonali appresi nell'ora di educazione civica. Capirai
quanto mi interessa sentire di quella che si è scopata uno dell'ultimo anno e ha
cercato di ficcargli la lingua nel cuore. Che puttana. Gli altri sicuramente
parlerebbero cosi di lei. Io no. Io sono solo un limone che oltre a una smorfia
può offrire ben poco. Un giorno sarò una mela. Un giorno imparerò a essere
dolce.
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