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Sulla tolda del Beagle
Albeggia.
Un prete che non è più prete
sulla tolda di una nave
che beccheggia
come un pastore
può salvare
molti più corpi e anime
assordati
riconducendoli nel flusso
della scienza.
L'oceano che tace
intorno a me
posa le sue labbra
sul mio sforzo
come Dio
con la sua massa azzurra,
toccandomi, benedicendomi
di spruzzi incandescenti.
E sono schiere,
torri innalzate
dall'accanimento della luce
già esposte al crollo
che le insegue.
Qui l'azzurro è un inizio
che barbaglia lontano
perché le navi arano
un germoglio profondo
che sala il cuore
sopra e sotto,
dove ogni grido cade.
Io ho curato i dubbi
con le lame
dei mattini salmastri,
quando il vento schiaffeggia
le false direzioni
con uno schiocco
nelle vele,
e la scia di poppa
sperpera bianca
le false sirene
del viaggio.
Ma l'azzurro,
l'azzurro del cosmo
che s'impenna
in un'innumerevole scoperta
è presente dovunque
con le sue raffiche violente,
e trasforma la mente
nel polmone
di un nuovo slancio,
di una fresca energia
che accende il vissuto
dai suoi primordi
a oggi.
Chi ripete
la frase che è in tutti
dice: ho sete,
ma qui l'arsura
è spazio,
onda che stana un'altra onda
eternamente.
Nel vento
un prete che non è più prete
ha molte più cose da salvare,
come quel soffio avventato
a cui si adatta
la nostra specie
manovrando le vele
per acquistare un assetto
di viaggio.
Sto andando,
penso con le nubi che mi aprono
la pelle,
e non ho rimpianto:
la mia mano è umida
di un mare
più vasto
del mio sguardo.
La luce, e l'acqua, e la luce
saluta la mia rotta
irta di scorie
e di sgomento.
Perché
chi può sgombrare il vento
dall'essere in balia?
Io non ho abbastanza mura,
per quanto è lontana
solo davanti al mare
posso trovare la mia lingua.
Accanto
un marinaio si issa
su un pennone:
ha avvistato la terra.
La vedo profilarsi
oltre una nuvola confusa
di gabbiani
che mi orienta
gridando senza posa
la sua breccia randagia
che spalancata
vola a ventosa
sul cielo che cede
con uno scricchiolio di piuma
la sua sosta.
Anche se ho perso
la mia vecchia vocazione
apro le braccia alle ali
e aspetto
turbinando
lo slancio della vita
che onda per onda
mi consegna
a un'altra forma.
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Nei mari del sud
Accanto all'oceano
le specie
dimenticano in fretta
i propri ricordi.
La salsedine
stacca chele e membrane
come se fossero sogni,
unghie agitate
dal fantasma di un sauro.
Il sole batte,
ma l'onda è un mattino
o una notte allungata
da un ritmo
che mugghia i suoi inganni?
Il mio sguardo è spaccato
da strane libellule
come se fossero nomi,
suoni sciamanti dall'acqua
che mi fermano il sangue:
può la scienza
essere aperta
fin dove la mente finisce
e poi aprirsi ancora
nel lampo, nella ventosa purpurea
in cui la visione si accelera
pulsando
in una scia di vapore?
Di nuovo
accade tutto così all'improvviso
da essere lento.
La sabbia spazzata dal vento
mi acceca
mi penetra.
Stanotte ero estraneo
e oggi non potrò più diventare
un uomo
irrimediabilmente lontano.
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Pagina 92
Ipotesi sulla pazienza di Darwin in campagna
Le querce sfasciano il verde
con il tonfo delle ghiande
cadute
all'improvviso,
quasi giocando
a rimpiattino.
Seguire il caso
è come rincorrere una lepre:
mi è davanti
o l'aspetto?
La vita sfreccia
e non trovo più le idee
nascoste accanto al libro,
ma come un ospite
sopraggiunto troppo presto
guardando la natura
ho appreso la pazienza.
Come ogni antica scienza
è una cattura.
Il fagiano che sfiora
la rete dell'uccellatore
riempiendola di un'evanescenza
odorosa di muschio.
O la spuma che invade
l'orlo più alto dello scoglio
aspettando che la propria cresta
rifranga il sole.
La pazienza mi placa
con la sua voglia sicura,
dando un ritmo smorzato
a ciò che sfugge.
Se mi affrettassi
a ghermire il tempo
questo istante lucente
sotto il castagno
prenderebbe forma
in un punto lontano
immediatamente svanito
tra le dita,
ma la mia fronte trattiene
quel punto preciso
come l'ombra di un nibbio
dandogli uno spazio tenace,
il nido di un'attesa
che l'impiglia.
Lo spazio
anticipa il gesto
e la teoria:
a che servirebbe altrimenti
la cruna dell'ago
abbagliante
in attesa del filo indeciso
di cotone?
Alla fine
tutte le cose si staccano
per andare incontro
alla nuova figura
che viene
e mettersi in contatto
grano a grano.
Per chi precede
basta avere pazienza.
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Pagina 136
Dopo
La sua teoria
sarà osteggiata e bandita
nei nostri giorni bigotti
dentro le scuole d'oltreoceano,
e in epoche più mistiche
avrebbe visto il rogo.
Dio occupa tutto per loro,
come Narciso
accanto al lago.
«Chi è senza peccato
— dicono —
scagli la prima pietra».
O chi è senza pensiero?
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Pagina 161
Gli eternauti
Aerodinamici Bonobo!
Sconfiggono il male
con il corpo,
da viventi
sedotti dalla materia
dove abitano.
Se il sesso è il motore
che avvia il mondo
propongono un prototipo
così sperimentale
da buttare a mare
con l'amplesso
i giochi di potere
e di conflitto
che appestano il nostro branco
culturale.
La ricetta è geniale:
come un principio vincolante
il piacere è l'unica fonte
di scambio. Incontrollabile.
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