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| << | < | > | >> |Pagina 15LUNEDÌ Questa nuova creatura dai capelli lunghi mi sta sempre intorno. Gira continuamente e mi segue dappertutto. Non mi piace questa faccenda; non sono abituato alla compagnia. Vorrei che stesse con gli altri animali... Oggi è nuvolo, c'è vento da est; credo che avremo la pioggia... Avremo? Dove ho preso questa parola? Adesso me lo ricordo: è questa nuova creatura che la adopera. MARTEDÌ Sono stato a esaminare la grande cascata. È la cosa più bella di tutta la proprietà, credo. La nuova creatura la chiama Cascate del Niagara: diamine, io non lo so di certo. Dice che somiglia alle Cascate del Niagara. Questa non è una ragione, è solo caparbietà e stupidaggine. Io non ho mai voglia di dare un nome alle cose; la nuova creatura invece dà un nome a tutto quello che le capita davanti, prima che io possa protestare. E si serve poi sempre dello stesso pretesto: somiglia a questo, somiglia a quello. Prendiamo il dodo, per esempio. Dice che appena si guarda, si vede subito che "sembra un dodo". E si chiamerà così. Mi logora il crucciarmi su queste storie, e oltretutto non serve a nulla. Dodo! Non somiglia a un dodo più di quanto non gli assomigli io. MERCOLEDÌ Mi sono costruito una capanna per ripararmi dalla pioggia, ma non ho potuto starci in pace. Vi si è intrufolata la nuova creatura. Quando ho cercato di farla uscire, ha mandato fuori dell'acqua da quei due buchi con cui guarda e se l'è asciugata col dorso delle zampe, e ha fatto un rumore come fanno anche gli altri animali quando si trovano nei guai. Vorrei che non parlasse e invece parla sempre. Non avevo mai sentito una voce umana prima, e ogni suono nuovo e strano che si insinua in queste solitudini piene di sogno, mi ferisce l'orecchio e mi suona una nota falsa. E questo nuovo suono è sempre così vicino a me, alla mia spalla, al mio orecchio, prima da una parte e poi dall'altra, mentre io sono abituato soltanto a suoni più o meno distanti da me. GIOVEDÌ Costei continua senza cessa a mettere nomi a tutto, qualunque cosa io faccia. Avevo un bellissimo nome per questa proprietà, molto musicale e simpatico: Giardino dell'Eden. Tra me continuo a chiamarlo così, ma con lei non più. La nuova creatura dice che è tutto boschi e rocce e panorami, e perciò non ha alcuna rassomiglianza con un giardino. Dice che assomiglia a un parco, a niente altro che a un parco. Di conseguenza, senza neppure consultarmi, gli ha dato un nuovo nome: Parco delle Cascate del Niagara. È abbastanza prepotente, mi sembra. E vi ha messo già un cartello: Si prega di non calpestare l'erba. La mia vita non è più felice come prima. SABATO La nuova creatura mangia troppa frutta. Andremo presto in rovina, probabilmente. Anche "andremo" NOI, è una parola sua; e adesso anche mia, a forza di udirla continuamente. C'è molta nebbia questa mattina. Io non esco quando c'è nebbia. La nuova creatura sì. Esce con qualsiasi tempo, e inciampa continuamente con i suoi piedi infangati. E parla. Era così piacevole e tranquillo, qui. DOMENICA È passata, finalmente. Questa giornata diventa sempre più difficile. Era stata scelta il novembre scorso come giornata di riposo. Ne avevo sei alla settimana, prima. Ma questa mattina ho trovato la nuova creatura che cercava di cogliere mele dall'albero proibito. LUNEDÌ La nuova creatura dice che si chiama Eva. Va benissimo, non faccio obiezioni. Dice che la debbo chiamare così, quando voglio che venga. Ho risposto allora che era superfluo. Questa parola evidentemente mi ha elevato nel suo rispetto; e veramente è una gran bella parola, che merita di essere ripetuta. Dice che lei è una donna: cosa probabilmente dubbia; comunque per me fa lo stesso; non mi importa nulla di quello che è, se solo volesse starsene per conto suo e non chiacchierare. MARTEDI Ha sporcato tutta la proprietà con nomi esecrabili e cartelli offensivi: Di qui per le cascate. Di qui per l'isola della Capra. Di qui per la grotta dei venti. Dice che questo parco sarebbe un bellissimo ritrovo per l'estate, se ci fosse una tassa d'entrata. Ritrovo: un'altra sua invenzione... parole, parole e parole, senza significato. Che cos'è un ritrovo per l'estate? Ma è meglio non chiederglielo: ha una tale frenesia di dare spiegazioni! GIOVEDI Si è messa a supplicarmi di smettere di andare alle cascate. Ma che male c'è? Dice che è una cosa che la fa stare in pensiero. Mi domando perché; l'ho sempre fatto, mi è sempre piaciuto tuffarmi per l'emozione e per quel fresco che mi procurano. Immaginavo che le cascate servissero per questo. Non hanno nessun'altra utilità, secondo me, eppure devono essere state fatte per qualche cosa. Lei dice che sono state fatte soltanto per il panorama, come i rinoceronti e il mastodonte. Sono andato sulle cascate con una botte: non è stata ugualmente soddisfatta. Ci sono andato in una tinozza: non era ancora soddisfatta! Ho nuotato alle sorgenti e alle rapide in un costume di foglie di fico. Si è rovinato molto. Non ha fatto altro che lamentarsi per la mia stravaganza. Sono troppo ostacolato. Ho bisogno di cambiare aria. SABATO Sono scappato giovedì sera, ho viaggiato per due giorni, mi sono fabbricato un altro rifugio in un posto appartato, e ho cancellato le mie tracce meglio che ho potuto; ma lei mi ha scovato per mezzo di una bestia che ha addomesticato e che chiama lupo, ed è venuta un'altra volta a fare quel pietoso rumore e versare acqua fuori da quei buchi con i quali guarda. Sono stato costretto a ritornare con lei, ma fuggirò di nuovo non appena si presenterà l'occasione. Lei si dedica a molte cose sciocche; tra l'altro, quella di studiare perché gli animali, chiamati leoni e tigri, vivono di erba e di fiori, mentre, dice lei, i loro denti sono fatti per mangiarsi l'un l'altro. È una pazzia, perché far questo li ucciderebbe a vicenda e introdurrebbe ciò che, per quanto ne so, si chiama 'morte'; e la morte, mi è stato detto, non è ancora entrata nel Parco. Il che è un peccato, da certi punti di vista. DOMENICA È passata, finalmente. LUNEDÌ Credo di capire a cosa serve la settimana: a dare il tempo di riposarsi dalla stanchezza della domenica. Mi sembra una buona idea... Lei si è arrampicata un'altra volta su quell'albero. Ho cercato di tirarla giù. Ha risposto che non c'era nessuno a guardare. Sembra che la consideri una giustificazione sufficiente. Gliel'ho detto. La parola 'giustificazione' ha destato la sua ammirazione... e anche la sua invidia, mi è parso. È una bellissima parola. | << | < | > | >> |Pagina 39SABATO Ho già quasi un giorno. Sono arrivata ieri, almeno mi sembra. Dev'essere proprio così, perché se fosse stato avant'ieri, non sarei stata qui quando è accaduto, o me ne ricorderei. Potrebbe darsi, naturalmente, che sia accaduto e che io non me ne sia accorta. Molto bene; starò attentissima d'ora in poi, e se dovesse capitare qualche altro avant'ieri ne prenderò nota. Sarà meglio cominciare con esattezza e non confondere le annotazioni, perché l'istinto mi dice che questi dettagli un giorno saranno importanti per gli storici. Perché io mi sento come un esperimento, proprio come un esperimento; sarebbe impossibile per una persona sentirsi più simile di me a un esperimento, così comincio a convincermi che sono un esperimento; un esperimento e niente altro. Ma se sono un esperimento, sono tutto l'esperimento? No, credo proprio di no. Ne sono la parte principale, ma penso che anche il resto abbia la sua importanza. La mia posizione è sicura, o debbo sorvegliarla e averne cura? Forse sì. L'istinto mi dice che la vigilanza è il prezzo della supremazia. (Questa è una bella frase credo, per una persona così giovane). Oggi tutto sembra migliore di ieri. Per la fretta di finire, ieri, i contorni delle montagne non erano stati ancora ben definiti, e alcune pianure erano così ingombre di avanzi e di macerie che il loro aspetto era molto sgradevole. Belle e nobili, le opere d'arte non dovrebbero essere fatte in fretta, e questo maestoso e nuovo mondo è certo una bellissima e nobile opera. Ed è certo meravigliosamente vicino alla perfezione, nonostante la brevità del tempo. Ci sono troppe stelle in taluni punti, e troppo poche in altri, ma a questo si può porre facilmente rimedio. Ieri sera, per esempio, si è perduta la luna. È scivolata, ed è caduta fuori dal panorama: è una perdita grandissima, e mi si spezza il cuore al solo pensarci. Nessun altro tra gli ornamenti e le decorazioni del mondo può essere paragonabile alla luna per bellezza e rifinitura. Bisogna fermarla meglio. Se solo potessimo farla ritornare... Ma naturalmente non sappiamo dove sia andata a finire. Del resto, chiunque l'abbia presa, l'avrà nascosta; lo so, perché farei anch'io così. In tutte le altre cose credo di saper essere onesta, ma comincio già a rendermi conto che l'essenza e il centro della mia natura è l'amore per il bello, e che non sarebbe una cosa saggia affidarmi una luna che appartiene ad un'altra persona, senza che questa lo sapesse. Potrei restituire una luna solo se la trovassi di giorno, perché avrei paura che qualcuno potesse avermi visto; ma se la dovessi trovar di notte, sono sicura che tirerei subito fuori qualche scusa per non dirlo. Perché mi piacciono le lune: sono così carine e così romantiche! Vorrei che ne avessimo cinque o sei; non andrei mai a letto; non mi stancherei mai di stare distesa sui prati a guardarle. Anche le stelle mi piacciono. Vorrei prenderne qualcuna per appuntarmela tra i capelli. Ma credo che non ci riuscirò mai. Sarete sorpresi di accorgervi quanto sono lontane, perché non ne hanno l'aria. Quando sono apparse ieri sera, ho cercato di colpirne qualcuna con un palo, ma non ci arrivava, cosa che mi ha molto meravigliato; poi ho provato con delle zolle di terra finché non mi stancai, ma non sono riuscita a raggiungerne neanche una. Forse dipende dal fatto che sono mancina e non so tirare bene. Anche quando non tiravo ad una in particolare, non riuscivo a colpirne nessuna, per quanto pure qualche colpo lo abbia mandato abbastanza vicino: infatti ho visto la massa scura della zolla passare proprio in mezzo a quei grappoli d'oro quaranta o cinquanta volte, mancandole solo per un pelo, e se avessi potuto seguitare ancora per un po' forse sarei riuscita a coglierne una. Così ho pianto un po', cosa naturale, suppongo, per una persona della mia età, e dopo essermi riposata, preso un cestino, mi sono avviata verso un punto all'estremo margine dell'orizzonte, dove le stelle toccano quasi terra, sono a portata di mano; il che è bene perché avrei potuto coglierle piano piano, senza romperle. Ma era più lontano di quanto immaginassi, e alla fine ho dovuto, mio malgrado, rinunciarvi; ero così stanca che i miei piedi, per il dolore, si rifiutavano di fare anche un solo altro passo. Non sono riuscita a tornare a casa; era troppo lontana e faceva freddo; ma ho trovato delle tigri e così rannicchiata in mezzo a loro stavo adorabilmente comoda, e il loro respiro era dolce e piacevole, perché si nutrono di fragole. Non avevo mai visto una tigre, ma le riconobbi in un attimo dalle strisce. Con una di queste pelli, ci verrebbe un magnifico vestito. Oggi ho intenzione di farmi delle idee più precise sulle distanze. Finora ero così ansiosa di impadronirmi di tutte le cose carine che mi ci buttavo sopra senza riflettere, a volte quando erano troppo lontane, a volte quando erano distanti solo dieci centimetri, ma ohimè! avevano le spine. È stata una lezione, e me ne sono fatta un assioma, tutto di testa mia; ed è proprio il primo: L'Esperimento graffiato evita le spine. E credo che sia abbastanza buono per una persona giovane come me. Ieri pomeriggio ho seguito l'altro Esperimento, a una certa distanza, per scoprire a cosa servisse. Ma non ne sono stata capace. Credo che sia un uomo. Non ho mai visto un uomo, ma quello gli assomiglia proprio: sono sicura che è così. Mi rendo anche conto che provo maggiore curiosità per lui che per qualunque altro rettile. Se è un rettile... e io suppongo che lo sia, perché ha i capelli arruffati e gli occhi azzurri, e somiglia a un rettile. Non ha anche; finisce a punta come una carota; e quando sta in piedi, si allunga come una gru; sicché penso che sia un rettile, per quanto possa essere benissimo qualche altra cosa. In principio avevo paura di lui, e scappavo ogni volta che lo vedevo in giro, perché credevo che avesse intenzione di darmi la caccia; ma a poco a poco mi sono accorta che cercava solo di andarsene, e allora non mi sono più sentita intimorita, anzi sono andata io sulle sue tracce per parecchie ore, tenendomi ad una ventina di metri di distanza, cosa che lo rendeva nervoso. Alla fine si è arrampicato su un albero. Ho aspettato un bel po', poi ho rinunciato e me ne sono tornata a casa.
Oggi è stato lo stesso. L'ho fatto andare su un albero un'altra volta.
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