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| << | < | > | >> |Pagina 1Il premio Carlomagno si desta. Ha fatto parte, suppongo, dei miei sogni e ora eccolo qui, a portata di mano. Devo soltanto alzarmi e andarlo a ritirare a Magonza o a Bruxelles, questo è ancora da decidere, all'inizio della prossima primavera. Lo ricordo tutti i giorni quando mi sveglio e immagino me stesso mentre lo ricevo, ho addirittura già in mente la scaletta del breve discorso che devo pronunciare. Passo da un discorso all'altro, anche se io li chiamo conferenze, e domani, proprio domani, 23 dicembre, ne devo tenere uno su La transustanziazione mitica di Erec e Enide. Dalla finestra della mia stanza d'albergo posso scorgere tutto il percorso delle poche lance che da Cesantes raggiungono il porticciolo delle isole di San Simón e San Antonio, quasi attaccate tra loro, e anche se ignoro l'orario del trasbordo di Myrna voglio credere che il semplice gesto di affacciarmi, di appoggiare i gomiti al davanzale, accelererà l'arrivo di Mrs War Breast, la Signora Petto Guerriero. Vecchio ormai di quasi trent'anni, appariva il flash-back di Myrna War Breast a un incontro di arturiani a Exeter, un impatto biondo dai capelli corti, un collo stile modella di Modigliani ma corretto dalla ginnastica ritmica di tutte le mattine, un vitino di vespa per allungare all'alterità l'offerta dei suoi due seni sufficienti e insieme spettacolari, capaci di restare sospesi nel vuoto senza il reggipetto, un omaggio della natura a se stessa, i seni di Myrna, la nona meraviglia del mondo, come solevano definirla gli arturiani. Burton, avendo osservato l'effetto suscitato su di me da Myrna, mi avvertì:«Julio, è pericolosissima. Ha appena trent'anni e ha già divorziato due volte. Ma lei è una di quelle che divorziano per sposarsi, e adora rimpiazzare uno specialista in materia arturiana con un altro specialista in materia arturiana. Sicuramente viene per cacciare». Aveva un viso bello ma troppo piccolo per giustificare la sua arroganza, impertinenza quasi, che senza dubbio si fondava sul triangolo armonioso della vita e dei seni, eppure se riuscivi a smettere di osservarli e alzavi lo sguardo, davi un gran bel voto a quel volto in cui le labbra e gli occhi custodivano e insieme promettevano malizie, soprattutto gli occhi, che sembravano sapere tutto sul tuo conto, e avere visto tutto di te. Era tra le cose più belle che io avessi mai ammirato in un'università, a un congresso, in particolare tra i professori, e forse per questo mi costò due incontri, quello di Exeter e quello di Saint-Malo, considerarla come un collega tra gli altri, competitivo e straordinariamente preparato, soprattutto nel trattamento del Graal della leggenda arturiana, a partire da una certa fascinazione nei confronti di Perceval il Gallese, il figlio della Dama Vedova, del quale Myrna apprezzava che gli fosse bastato veder passare cinque cavalieri per capire che il solo destino possibile era quello della cavalleria. La maternità tre volte vissuta di Myrna l'aveva aiutata ad assumere il ruolo della madre di Perceval, terrorizzata dalla sorte del figlio minore e ormai unico, dopo la morte del marito e dei figli maggiori in combattimenti di cavalleria. Perceval era una specie di figlio adottivo di Myrna, in particolare nella versione di Chrétien de Troyes, e sentiva come troppo compiuto il Parsifal di Von Eschenbach, anche se si rendeva conto del grande risultato consistente nel sottolineare la dualità del personaggio, eroe contraddittorio, buono e malvagio nel contempo. Neanche una docente specializzata in letteratura medievale può negare del tutto la dipendenza al proprio momento di apogeo adolescenziale, nel caso di Myrna la fine degli anni Cinquanta, quando il cinema trasformava eroi ambigui in beni di consumo. Raramente uno specialista di materia arturiana e di Bretagna si limita a una materia tanto sottile quanto ristretta, ragion per cui la maggior parte degli esperti si interessa di altre cause all'interno del Basso Medioevo o addirittura si rivolge al Rinascimento o va in esilio, come Myrna, in altre epoche e culture e, come lei, riesce a diventare un'autorità universale di Defoe. Perché proprio Defoe? Perché era al servizio della rivoluzione borghese? No. Sto dalla parte di Defoe perché era un confidente, venne condannato alla gogna e tuttavia disegnò il prototipo dell'eroe del suo tempo, Robinson Crusoe. | << | < | > | >> |Pagina 52Era urgente parlare dei progetti per i regali e finalmente abbiamo compilato una splendida lista delle meraviglie da mettere sotto l'albero di Natale la sera del 24 dicembre. Per noi, ormai, nulla. La festa è per gli altri, a partire dai nipoti, nell'evidenza che i nostri mariti ci regaleranno comunque qualcosa. Julio mi fa dei bellissimi regali natalizi, dai gioielli di Montse Guardiola fino a volumi della Pléyade che rare volte leggo del tutto, ma che amo possedere e toccare. Una volta addirittura ho scritto agli editori per avere un preventivo dei libri che mi mancavano per completare la collana, ma poi ho pensato che così facendo avrei mutilato una delle due vie immaginative per i regali di Julio, e ho preferito continuare ad aggiungere volumi della Pléyade un Natale dopo l'altro o per i miei compleanni. Julio non tiene conto degli onomastici.Con le liste al completo ci siamo spartite le incombenze e come sempre il magazzino per la raccolta dei regali sarà il superattico di Marta al Turó, e poi la sua casa di Llavaneres, dove festeggiamo la vigilia alla quale Julio ha smesso di partecipare dalla morte dei miei genitori. Le mie sorelle non se la prendono perché Julio è un vincitore, sui giornali parlano di lui e sempre bene, talvolta è apparso accanto al re in televisione nell'atto di consegnare o ricevere onorificenze. So di certo che le mie sorelle se ne vanno in giro a vantarsi del loro cognato, uno dei sette saggi della Catalogna, come lo battezzai segretamente in una certa occasione, e tenni per me il segreto perché mi piaceva che fosse esclusivamente mio, incomunicabile. Ho preso degli squisiti antipasti all' Indret di Semon e colto l'occasione per comprare in anticipo alcuni degli elementi fondamentali della gastrosofia natalizia di mio marito. Per esempio, il caviale non può mancare, né il Roederer Cristal, champagne che la mia fortuna aveva fatto entrare nella sua vita consentendogli di superare una delle sue più lunghe frustrazioni. «Se una banda di zar cretini monopolizzò lo champagne Roederer fino al 1917, perché non bere tutto il Roederer Cristal che mi pare e piace una volta all'anno?» | << | < | > | >> |Pagina 94«Ricorderai che mi sono sposata più volte e che ho dei figli, tre, due femmine e un maschio, di padri diversi, ma si sentono fratelli, si vogliono bene, mi vogliono bene anche se alcuni di loro, soprattutto il ragazzo, l'ho visto molto poco, gli sono stata dietro pochissimo. Una delle ragazze vive in Canada. Fa l'antropologa e suo marito, canadese, pure. L'altra si fa l'Inghilterra trecentosessantacinque volte l'anno diffondendo il teatro di animazione nelle scuole, se tu la vedessi ti verrebbe un colpo. È come me trent'anni fa. Le stesse tette. Ma è una brava ragazza un po' frigida che non sfrutta quello che ha. Mio figlio è un'altra cosa. Vuole dedicarsi agli affari e vive in qualche città australiana o neozelandese, faccio fatica a ricordare, anche se mi spedisce con frequenza delle e-mail e ci vediamo una volta all'anno. Non ho presente in quale occasione. Ricordi la battaglia di Waterloo? Non ridi? Non mi ringrazi ancora perché sono la ragazza più divertente e colta con cui tu sia mai andato a letto? Ti parlo dei miei figli perché ci penso sempre di più, come se per il fatto di ammettere di averli ammettessi di essere piuttosto attempata. Non ho solo tre figli, ho anche cinque nipoti, quattro dalla mia figlia canadese e uno da mio figlio finanziere, e ti confesso che mi sento un'infelice ogni volta che vedo i nipotini per doverli lasciare subito dopo, perché da loro ricevo un'energia vitale straordinaria, come se quei bambini spontanei e occulti mi inviassero vibrazioni positive che agiscono su di me alla pari di un'operazione incruenta di chirurgia etica ed estetica. Potendo, ci vivrei sempre accanto, ma la cosa non sarebbe determinante, li vorrei comunque vicini, tanto vicini da poterli veder vivere secondo dopo secondo e così per sempre, per decenni, fin quando avranno la mia età e cominceranno a conoscere la paura di avere la mia età. Ma ammetto di aver bevuto troppo per tutta la vita per durare molto a lungo, e che a loro una specialista di Perceval e Daniel Defoe può servire a ben poco, e mi angoscia quella condizione di spiriti occulti propria dei bambini fin da quando nascono e non raccontano nulla del mistero di avere attraversato i confini della placenta. Poi li vedi sperimentare, fallire, conoscere il successo, cercare di capirti e di spiegarsi, ma non sai come loro ti vedono e rabbrividisco ogni volta che leggo manuali di pediatria in cui si suppone che cosa passa per la testa dei neonati, dei bambini nell'età prelogica. Sono dei saggi in miniatura. Animali mostruosamente saggi che imparano giorno dopo giorno i meccanismi del potere e dell'egemonia che ci hanno fatti così come siamo, e che pertanto stanno apprendendo a essere felici o sventurati a seconda della loro capacità di controllare questi meccanismi del potere. Ma sta di fatto che lo imparano quando non hanno che pochi mesi. Pochi mesi e li vedi già che cercano di orientarsi in mezzo agli altri, e direi persino che hanno già elementi per sospettare, come Sartre, che l'inferno sono gli altri. Mi pento di non aver posto maggior attenzione alla crescita del miei figli, ero troppo distratta dalle mie lezioni, dai miei divorzi, da te. E ora mi terrorizza la distanza che mi separa dai miei nipoti. Canada, Australia. Tu, nipoti non ne hai. Non hai nemmeno dei figli veri e propri.»| << | < | > | >> |Pagina 200Sono le cinque del mattino, troppo presto per quasi tutto, tranne che per accendere il televisore in camera mia e cercare un film qualsiasi in grado di attirare una cinefila come me, fu grazie a questa passione che conobbi Julio, e sul Canal Digital appare la proposta di Mumford, di Lawrence Kasdan, uno dei miei preferiti, il regista della pellicola Il grande freddo o di Grand Canyon, una commedia agrodolce sulle esperienze di un sedicente psicologo in un bellissimo e ipotetico paese degli Stati Uniti, una commedia stimolante, meravigliosa, che ogni tanto mi fa piangere perché comunica il valore della solidarietà e descrive tipi sublimi, per esempio un giovane arcimilionario che va sempre in monopattino e finisce con l'innamorarsi di una nera più vecchia di lui, bellissima, una nera stupenda. C'è un lieto fine, necessariamente lieto o lietamente necessario, non riesco a capirmi del tutto quando mi chiedo l'uno o l'altro, ma sono contenta, soddisfatta, piena di un intenso frammento di bellezza e umanità. Mi metterei a scrivere subito le mie impressioni sulla pellicola, una voglia che ho avuto sempre e che in un periodo della mia gioventù aveva entusiasmato mio padre, ostinato a farmi scrivere critiche cinematografiche per La Vanguardia, addirittura parlò della cosa con un giornalista di quella testata, incaricato della critica di cinema e teatro per l'appunto, credo si chiamasse Martínez Tomás. E questo signore mi chiese di scrivere qualche rigo su Delitto in pieno sole, un film di René Clément tratto da un romanzo del ciclo Ripley di Patricia Highsmith, quasi un lancio per Alain Delon e per una bellissima attrice francese, poi non tanto fortunata, con degli occhi bellissimi, Marie Laforet. Secondo Martínez Tomás, un signore calvo e poco sorridente, in quella critica avevo messo troppa carne al fuoco e soprattutto avevo parlato troppo sentimentalmente di un altro film di Clément che mi aveva fatto piangere, Giochi proibiti, tuttavia mi pubblicò il pezzo anche se un po' tagliato vista la lunghezza, e a casa nostra quello fu un giorno di festa.| << | < | |