|
|
| << | < | > | >> |Indice1 Introduzione Parte prima Il computer e il mestiere di storico 1. Dodici righe per ottanta colonne: calcolatori e storia negli anni sessanta e settanta 7 1.1 La storia come scienza: la rivoluzione quantitativa degli anni sessanta 11 1.2 Mainframe e centri di calcolo 13 1.3 Una fonte medievale passata al computer 15 1.4 Struttura delle fonti e logica della macchina 17 1.5 Una nuova concezione delle fonti e del "fatto storico" 2. Nuovi strumenti, nuove opportunità: informatica e storia negli anni ottanta e novanta 23 2.1 Oltre la storia quantitativa 26 2.2 L'avvento del personal computer 28 2.3 Una piccola rivoluzione: scrivere con il computer 30 2.4 Mettere l'archivio nel computer 3. Database per lo storico 35 3.1 Modelli di realtà 40 3.2 Le fonti storiche sono fuzzy 44 3.3 Soluzioni pragmatiche 4. Dalla carta al digitale: la codifica dei testi 48 4.1 I linguaggi di marcatura 51 4.2 Le lettere di Margherita a Francesco di Marco Datini, mercante di Prato, e le Vite del Vasari 54 4.3 Che cos'è un testo? Strategie e problemi della codificazione 60 4.4 Documenti medievali e sogni contemporanei Parte seconda La storia sbarca sul Web 5. Dalla fonte alla risorsa 69 5.1 Nuovi strumenti, nuove forme di comunicazione 71 5.2 Fonti storiche e migrazione digitale 73 5.3 Il Web e gli Archivi 77 5.4 Le biblioteche sul Web 6. Strategie di ricerca sul Web fra serendipity e virtual libraries 84 6.1 Una navigazione piuttosto serendipitosa 88 6.2 Logiche e strumenti della ricerca digitale: i motori di ricerca 91 6.3 Repertori di risorse 7. Una nuova gerarchia di fonti? 97 7.1 Quando l'immagine è ovunque 101 7.2 Strategie di migrazione digitale 104 7.3 Per una critica delle riproduzioni digitali di archivi e documenti 8. Rappresentazioni digitali di testi 111 8.1 Testi elettronici e biblioteche digitali 116 8.2 "Archivi inventati" 119 8.3 Narrazione storica e fonti nella dimensione della Rete Parte terza Fonti nuove, nuovi metodi 9. Metodo storico e fonti digitali 129 9.1 Tradizione storiografica e critica delle fonti 137 9.2 I caratteri delle fonti digitali 144 9.3 Quale critica per le fonti digitali? 10. Categorie in discussione 150 10.1 Il testo ha perso stabililità? 155 10.2 Che fine ha fatto l'autenticità? 162 10.3 Storiografia digitale: il problema della verificabilità 11. Strategie conservative 170 11.1 Documenti, archivi digitali e politiche della conservazione 177 11.2 Molti i chiamati, pochi gli eletti: la selezione documentaria in ambiente digitale 182 11.3 La conservazione a lungo termine: le soluzioni tecniche 186 11.4 Metadati: gli oggetti digitali e il loro doppio 12. Tempi e luoghi nel mondo digitale 195 12.1 La storia: disciplina del contesto 197 12.2 Coordinate temporali 201 12.3 Relazioni spaziali e geografia delle reti 13. Da agente di storia a fonte: Internet e il World Wide Web 208 13.1 Una fragile memoria 210 13.2 La Rete e i movimenti 215 13.3 Eventi globali 219 13.4 L'Internet Archive 227 Indice dei nomi |
| << | < | > | >> |Pagina 1IntroduzioneFin dal quando, fra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso, il computer e l'informatica hanno cominciato a proporsi allo storico come strumenti efficaci per perseguire determinati percorsi di ricerca, essi hanno aperto controverse problematiche metodologiche e posto non poche questioni epistemologiche. Le une e le altre hanno acquistato una crescente rilevanza nel corso degli ultimi decenni del Novecento, a mano a mano che le tecnologie informatiche e telematiche acquistavano una presenza sempre più pervasiva in ogni settore della vita sociale e il loro uso penetrava in maniera significativa in ambito accademico. Non sono mancate, in anni recenti, riflessioni sulla portata dei mutamenti che l'avvento di Internet e della comunicazione di Rete stanno provocando sul mestiere di storico e sui prodotti del suo lavoro, così come ci si è sovente soffermati a giudicare, con esiti necessariamente difformi, la qualità scientifica dei processi di "migrazione" digitale che trasferiscono sul Web i tradizionali strumenti di mediazione del sapere - a cominciare dai cataloghi di biblioteca, dagli inventari archivistici, dalle pubblicazioni periodiche - e che mettono in campo progetti, più o meno ampi, di trasposizione digitale delle tradizionali fonti storiche. Si tratta di fenomeni che hanno ispirato apprezzamenti positivi per le potenzialità di rinnovamento e di ampliamento della base documentaria a disposizione dello storico che essi lasciano intravedere, ma che hanno, al contempo, suscitato non poche perplessità. Di esse si è fatto portavoce anche chi, ben lungi dal dimostrare pregiudiziali rifiuti, è anzi animato dall'aspirazione a sperimentare l'applicazione dell'informatica e delle tecnologie di Rete alla ricerca storica. Per esempio, Rolando Minuti, in un'ampia riflessione sul rapporto fra Internet e storiografia, ne ha elencate alcune: perplessità sui contenuti, sull'oggetto stesso delle Rete come strumento autenticamente utile alla ricerca storica, perplessità sulla labilità dell'informazione e della documentazione affidata alla Rete, interrogativi sull'eccessiva rapidità della pubblicazione consentita dalla Rete, rispetto alle lentezze della ricerca [...] e sullo smarrimento della nozione di ricerca di fronte alla dilatazione della scrittura. Incertezze, tutte queste, che investono un ampio spettro di aspetti del "mutamento digitale" e delle sue ripercussioni sul mestiere di storico e che si amplificano ulteriormente quando si confrontano con il problema della utilizzabilità scientifica dei materiali in formato digitale e di quelli affidati alla Rete in particolare. Mentre, infatti, fra i cultori delle discipline storiche sono sempre meno coloro che rinunciano all'efficienza e alla rapidità delle ricerche bibliografiche e archivistiche on-line e sempre più coloro che vedono in Internet un potente e veloce strumento di "reference", un mezzo, insomma, attraverso il quale acquisire quel genere di informazioni di contorno (su eventi, persone, luoghi ecc.) che nel mondo di "carta" si cercano nelle opere di consultazione, nei grandi repertori o nelle enciclopedie e che, non di rado, sul Web si trovano ormai più celermente e, spesso, con maggiori dettagli che altrove, moltissimi sono invece coloro che continuano ad avere dubbi, talvolta taciti, talaltra espliciti, sulla compatibilità di Internet e dei prodotti che vi circolano con i canoni della moderna storiografia e sulla possibilità di ricorrervi come affidabili fonti di prova da affrontare e valutare sulla base degli standard correnti di critica delle testimonianze storiche. I documenti digitali hanno infatti dei caratteri "genetici" che sembrano lontani dal soddisfare appieno i requisiti che si ritiene che delle fonti storiche debbano avere - o che hanno fino adesso avuto. I documenti digitali sono infatti immateriali (sono una sequenza di uno e di zero, che abbisogna di una serie di condizioni per trasformarsi in qualcosa di intelligibile e significativo per l'uomo), sono dinamici (sono cioè facilmente manipolabili e soggetti a mutamento nel corso del tempo), sono fragili (sono cioè soggetti a "scomparire" a causa dell'obsolescenza delle tecnologie hardware e software, da cui dipende la loro accessibilità), sono spesso veicolati da un media, la Rete, per sua natura volatile e instabile, e soprattutto, insidioso, all'interno del quale non sempre è semplice distinguere fra verità e menzogna. Insomma, le fonti digitali - siano esse il risultato di trasposizioni o di elaborazioni di fonti tradizionali realizzate dagli storici o da altri soggetti oppure documenti prodotti fin dalla loro origine in formato digitale - dimostrano di possedere delle inedite potenzialità conoscitive, ma pongono al tempo stesso delle stimolanti sfide epistemologiche. Si tratta di questioni tutt'altro che irrilevanti, le quali, se condizionano sensibilmente la percezione e il giudizio espresso sui risultati dei progetti in corso per trasferire su supporto digitale parti più o meno consistenti del patrimonio culturale e documentario accumulatosi nel corso dei secoli passati, assumono uno spessore problematico di ben altro rilievo quando si abbandona l'orizzonte, tutto sommato ancora rassicurante, della migrazione digitale di archivi e biblioteche, per entrare a pieno titolo in quello dei documenti e dei prodotti editoriali che sono generati nativamente in formato elettronico e che non hanno equivalenti nell'ambito dei media tradizionali. In questo caso, non ci sono scappatoie di sorta, non si può ricorrere, se il "digitale" non convince, alla vetusta, cara, consunta, ma sempre leggibile pergamena. Se nel futuro si vorrà continuare a fare storiografia, a studiare e raccontare il passato nelle forme e secondo le regole con le quali ciò è stato fatto nel corso - almeno - degli ultimi due secoli, non si potrà non far ricorso a fonti digitali. Saranno principalmente esse le fonti primarie, i documenti originali nei quali cercare le voci e le immagini del passato e dovranno essere esse, e spesso soltanto esse, a fornire le prove che gli storici assumeranno a giustificazione dei propri percorsi interpretativi. Questo libro costituisce il tentativo di confrontarsi con alcune delle trasformazioni che l'avvento del digitale provoca nella pratica storiografica, con quelle, in particolare, che hanno a che fare con la ricerca, la selezione, lo studio, l'interpretazione e la critica delle fonti. O meglio costituisce il tentativo di esplorare i caratteri strutturali dei materiali digitali alla luce del corpus di principi e di metodologie di critica delle testimonianze, che si è venuto consolidando nel corso degli ultimi secoli e che fa della moderna storiografia uno studio del passato basato su prove documentarie verificabili. La nostra esplorazione partirà da lontano, dalle esperienze di applicazione dell'informatica alla ricerca storica condotte fin dagli anni sessanta-settanta, nell'epoca dei mainframe, e poi ancora a seguito dell'avvento del personal computer, per mettere a fuoco i problemi metodologici che l'elaborazione al computer di informazioni tratte da fonti storiche ha fatto emergere. Si tratta di una dimensione che, seppure profondamente modificata dalle trasformazioni delle tecnologie dell'ultimo decennio, conserva ancora uno straordinario interesse teorico e pratico. I cultori di discipline storiche, infatti, non sono soltanto utilizzatori di fonti digitali. Essi, al contrario, attraverso il trattamento informatico delle fonti tradizionali possono produrre fonti nuove, sulle quali basare le proprie argomentazioni e i propri percorsi interpretativi e che oggi, grazie alla Rete, possono essere messe a disposizione di un più vasto pubblico di studiosi. Nella seconda parte del volume indagheremo alcuni aspetti del rapporto fra ricerca storica e World Wide Web. Rifletteremo in particolare sulle strategie di reperimento delle risorse digitali più adeguate alle pratiche e agli stili di lavoro degli storici - comprese quelle che non disdegnano una certa dose di serendipitosa casualità - e, dato che il Web non è solo uno strumento per individuare e localizzare fonti storiche conservate in archivi e biblioteche, ma è anche uno spazio dove è possibile reperire trasposizioni digitali di fonti storiche, ci confronteremo con i caratteri che queste recano impresse e analizzeremo le diverse strategie che ispirano i progetti di "migrazione" digitale realizzati da una molteplicità di soggetti istituzionali e privati. La nostra Idea è che tali strategie condizionino le soluzioni tecnologiche adottate e le scelte culturali compiute e si riverberino nei risultati prodotti. Non intendiamo azzardare neppure lontanamente un inventario più o meno esaustivo delle "fonti storiche" reperibili in Rete, ormai innumerevoli, difformi e in continua mutazione. Riteniamo tuttavia che il tipo di analisi proposta possa essere utile per mettere a confronto le diverse opzioni perseguibili e possa, al contempo, fornire strumenti critici utili a valutare la qualità dei prodotti, aiutando a distinguere quelli ottimi, da quelli meno buoni e da quelli decisamente pessimi. Nell'ultima parte affronteremo più da vicino i problemi metodologici che documenti, archivi e prodotti editoriali digitali e diffusi sulla Rete pongono allo storico che se ne voglia servire come fonti, a causa dei caratteri delle tecnologie per mezzo delle quali vengono generati e conservati. Si tratta di problemi che sono comuni a tutti i materiali digitali, ma che assumono particolare rilievo per quelli che digitali sono fin dalla loro origine prima. Cercheremo di verificare se e quanto attributi, categorie di analisi e pratiche che si applicano comunemente alle fonti tradizionali conservino validità o richiedano piuttosto di essere riconfigurati o comunque sottoposti a un'approfondita discussione che consenta di porre le basi di una vera e propria "critica delle fonti digitali". Affronteremo così tematiche quali quelle della stabilità di testi e documenti, della loro autenticità, della verificabilità, delle politiche conservative, delle coordinate spazio-temporali e della conservazione a lungo termine dei materiali digitali. Infine proveremo a illustrare perché valga la pena, anzi sia indispensabile, occuparsi di problemi di questo genere, saggiando quali contenuti di conoscenza storica originale e non sostituibile, i materiali digital born e il World Wide Web, in particolare, potranno offrire in un futuro prossimo - anzi già offrono oggi - a chi voglia scrivere la storia dell'ultimo decennio del secolo scorso e dei primi anni di questo. I materiali sui quali ci siamo basati sono molteplici ed eterogenei. Alle riflessioni che gli storici hanno condotto sul rapporto fra storia e computer nel corso di almeno quattro decenni e che si sono infittite negli ultimi anni, abbiamo affiancato i dibattiti che, in tempi recenti, la transizione al digitale ha stimolato all'interno di vari altri ambiti disciplinari. Gli storici, infatti, risultano singolarmente assenti dalle discussioni su alcune tematiche cruciali, come quelle della conservazione a lungo termine dei materiali digitali, dei processi di selezione documentaria, della riconfigurazione delle tradizionali istituzioni conservative. Su queste tematiche sono invece preziose le elaborazioni teoriche e le esperienze pratiche di altre comunità professionali quali quelle degli umanisti informatici, degli archivisti, dei bibliotecari, degli scienziati dell'informazione.
Molte delle
questioni con le quali ci siamo confrontati sono estremamente complesse,
soggette a dinamiche di cambiamento assai rapide e continue. Siamo ben lungi dal
ritenere che le nostre analisi possano considerarsi esaustìve. Ci auguriamo
tuttavia che servano almeno a chiarire i termini generali di quelle questioni e
a suggerire che, di fronte alle fonti digitali e alla comunicazione di Rete, i
tradizionali ferri del mestiere dello storico, e soprattutto la sua acribia e il
suo rigore critico, richiedono certamente di essere riconsiderati e in parte
aggiornati, ma non perdono affatto la loro efficacia.
|