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| << | < | > | >> |IndiceVII Presentazione all'edizione italiana 3 Introduzione. «I fantastici micronauti» 11 Ringraziamenti 13 1. Il respiro della biosfera 1.1 Il respiro della vita globale 1.2 Cicli di cause 1.3 La principale regola per l'indagine gaiana 42 2. Un'olarchia globale 2.1 Microbi e azoto globale 2.2 Influenze verso l'esterno e verso l'interno 2.3 I tassi di ricircolo di Gaia 74 3. Luce fuori, fuoco dentro 3.1 I vortici del mondo 3.2 Il calore di Vulcano 3.3 L'unione della trinità 105 4. Le parti di Gaia 4.1 Quali sono le parti di Gaia? 4.2 I componenti primari 4.3 Geometrie per un metabolismo globale 138 5. Metabolismi planetari 5.1 Il collettore globale di fotoni 5.2 Made by Rubisco (il sensale dei matrimoni molecolari) 5.3 I piccoli enzimi che fanno girare il mondo 167 6. Energia incorporata 6.1 La cascata dell'energia dal Sole alla pianta 6.2 La logica ciclica della vita 6.3 L'impronta della vita 201 7. La sinfonia del pianeta 7.1 I tassi di ricircolo marini 7.2 Un duetto tra fosforo e azoto 7.3 Connessioni 233 8. Gaia nel tempo 8.1 La storia di Gaia 8.2 La continuità di Gaia 8.3 La gilda biochimica più recente 267 Bibliografia 277 Indice analitico |
| << | < | > | >> |Pagina 3Introduzione
«I fantastici micronauti»
Poco prima di lasciare New York per un anno per scrivere questo libro, sono andato a caccia di un vecchio film. I preparativi per il trasferimento in New Mexico stavano diventando sempre più frenetici. Ciò nonostante sentivo il bisogno di ritagliarmi il tempo per rivivere una storia avventurosa che avevo visto da adolescente, con la speranza di ottenere un'ispirazione per il mio libro. Così, qualche giorno prima di volare a Ovest, noleggiai la cassetta di Viaggio allucinante. [...] Perché, dopo più di trent'anni, avevo tanta voglia di rivedere questo film? Viaggiare all'interno di un corpo gigantesco è un'idea molto suggestiva. Nella mia mente ha un valore quasi di archetipo: io sono un passeggero nella biosfera. Ma in questo caso non abbiamo bisogno di attendere di essere miniaturizzati da qualche futuristico congegno per assistere dall'interno allo scambio di gas. Basta passeggiare in un bosco. Gli alberi captano l'anidride carbonica e rilasciano ossigeno attraverso le membrane delle loro foglie. Ciascuno di noi è dotato di un condotto per l'aria, la trachea, che ci collega all'atmosfera e grazie al quale inspiriamo ciò che gli alberi ci offrono gratuitamente. Respiriamo profondamente. Oppure, nuotiamo in mezzo ai colori viventi di una scogliera. Sdraiamoci in un prato che ondeggia al vento. Sentiamo la forza dell'acqua che scorre quando immergiamo la mano aperta in un torrente. Odoriamo un pugno di terra. Siamo già dei fantastici micronauti. Ciascuno di noi è una cellula all'interno di un sistema fisiologico che ci avvolge: un sistema che Jim Lovelock ha chiamato «Gaia». Quando consideriamo la superficie della Terra abitata dalla vita come un sistema fisiologico, è naturale configurarci l'immagine di un essere gigantesco dotato di coscienza - un'immagine, questa, che giustifica l'attribuzione al sistema del nome di una dea greca. Ma dobbiamo essere prudenti nell'uso di questa analogia. Gli organismi sono frutto di evoluzione, Gaia no. Al di là di qualche allusione a tali concetti, quindi, non mi schiererò a favore o contro l'idea che la Terra sia viva o che Gaia sia un organismo autosufficiente o forse un quasi-organismo. Questi concetti si fondano su un gran numero di parole il cui significato rimane ambiguo e che, anche quando venissero definite con cura, indurrebbero il lettore a una adesione acritica, oppure alla ricerca del pelo nell'uovo. In entrambi i casi, la nostra attenzione per la scienza di Gaia e i suoi principi ne risentirebbe. Proverò invece a lavorare su un delicato doppio binario. Da una parte, vorrei sperimentare la deliziosa sensazione di viaggiare nel metabolismo di un gigante. Questa percezione diventa tanto più acuta quante più cose imparo su Gaia; d'altra parte, sono anche convinto che essa sia molto diversa da qualsiasi organismo. Posso così, in tutta onestà, applicare i principi della scienza allo studio del metabolismo globale senza dover postulare l'esistenza di un organismo globale. Che cos'è Gaia? Riprendendo Lovelock, ritengo che Gaia sia un sistema interagente costituito da esseri viventi, suolo, atmosfera e oceano. Gaia costituisce il livello più elevato della trama della vita in un tessuto ricco di tonalità che comprende, e in verità trascende, gli esseri viventi - una trama che dalle biomolecole contenute nelle cellule si estende al sistema globale. All'interno di Gaia, come nelle viscere di un qualsiasi organismo vivente, sono all'opera cicli complessi e trasformazioni di materia guidate da energia biologica. Invero, ritenere la vita un componente primario di Gaia implica che, da una certa prospettiva, Gaia assomigli molto alla comunità biotica. Ma il modo in cui Gaia differisce dagli organismi viventi emerge come la sua maggiore peculiarità, il suo splendore. Osserviamo come, sebbene sia cambiata nel tempo, Gaia non sia evoluta in senso darwiniano. Ciò nondimeno, essa contiene organismi che si evolvono ed è da essi costituita. Inoltre, gli organismi sono sistemi aperti attraversati da flussi, mentre Gaia è relativamente chiusa al trasferimento di materia attraverso i suoi confini. Gaia esiste entro un suo proprio livello - peraltro unico - di regole operative. Un livello sicuramente complesso come quello degli organismi e altrettanto meritevole di studi e di una propria scienza, che Jim Lovelock ha chiamato «geofisiologia». Gaia è un'entità le cui proprietà stiamo solo ora cominciando a capire. Perché solo ora? Dopo tutto, ossigeno e anidride carbonica sono noti come coppia funzionale almeno dal 1779, quando Jan Ingenhousz scoprì che le piante producono aria «vitale» capace di sostenere la vita animale durante il giorno, e aria «viziata», pericolosa per gli animali, durante la notte. La scienza del nostro tempo si chiede, fra l'altro, perché la componente «vitale» dell'aria si sia attestata stabilmente al 21%. Basterebbe questo mistero fondamentale per difendere la mia asserzione che il nostro viaggio alla scoperta di Gaia sia praticamente solo agli inizi. Ma c'è dell'altro. Solo dal 1958 possediamo misure di anidride carbonica utili a testimoniare il respiro stagionale della biosfera. E solo di recente è diventato possibile monitorare il trasporto di ioni disciolti e particelle dai fiumi all'oceano, rivelando i flussi di materia che dalla terraferma sostengono la vita del mare. E quasi ogni giorno viene annunciata la scoperta di nuovi microbi nelle profondità della Terra o negli abissi marini, o anche solo nel suolo del giardino. I dati per tratteggiare un grande affresco - l'affresco gaiano - non fanno che aumentare. | << | < | > | >> |Pagina 351.3 La principale regola per l'indagine gaianaFinora ho cercato di mettere in evidenza alcuni modi per studiare il corpo di Gaia suggerendo un paio di strumenti essenziali per guidare le indagini. Possiamo fare ricorso a strumenti fisici o concettuali. I primi servono a eseguire le misure, e comprendono analizzatori all'infrarosso per i gas serra, spettrometri di massa per la misura di rapporti tra isotopi, calcolatori, satelliti. Strumenti come la matematica, invece, contribuiscono alla costruzione della conoscenza a un livello più concettuale: permettono di introdurre dati in sistemi, di quantificare le correlazioni esistenti tra diverse tendenze, costruire modelli formali di serbatoi, flussi e cause. Nei modelli formali (di cui mi occupo continuamente) si ricavano equazioni per descrivere le varie parti del sistema. Per esempio, nel sistema preso in esame in questo capitolo, occorrerebbero equazioni per l'anidride carbonica, la biomassa delle foglie, il carbonio presente nel suolo, la fotosintesi, la caduta di detriti, la respirazione del suolo, l'effetto serra. Ma come hanno origine le idee guida? Che cosa genera le idee per tracciare i diagrammi i cui dettagli saranno poi caratterizzati dalle misure e formalizzati dalla matematica? Rispondere a queste domande richiederebbe di dipanare le componenti della stessa indagine scientifica e certamente non intendo cercare di districare questo nodo gordiano in un paragrafo. Nondimeno voglio suggerire che - proprio come martelli e seghe ci permettono di costruire un numero indefinito di oggetti - esistono probabilmente strumenti concettuali che lavorano nelle profondità della mente per costruire vari modelli, mentre noi cerchiamo di accrescere le nostre conoscenze. Adattando un po' la metafora, potremmo dire che quegli strumenti concettuali diventano veicoli - come barche a vela, biciclette, razzi - che ci consentono la flessibilità necessaria per visitare un gran numero di luoghi diversi. Nell'indagine su Gaia i veicoli concettuali sono le regole principali per pensare alla Terra come a un tutto. Una prima regola potrebbe esortarci a prestare attenzione ai cicli della materia e porterebbe con sé diversi vantaggi: il percorso compie il giro del globo; la prospettiva offre un panorama da cui si possono formulare domande più specifiche su qualsiasi altro sottosistema; le componenti viventi e quelle inanimate si trovano legate insieme in un unico sistema. Il carbonio come protagonista e l'ossigeno come spalla al suo fianco hanno fin qui dominato la scena, ma sono cruciali anche l'azoto, il fosforo, lo zolfo, il calcio e altri elementi, compresi quelli presenti in tracce, ma essenziali per la vita, come ferro e magnesio. I loro circuiti globali sono chiamati «cicli biogeochimici». Essi combinano biologia, chimica, geologia. Quando li studiamo, entriamo direttamente nel cuore del metabolismo di Gaia. | << | < | > | >> |Pagina 1164.2 I componenti primariI cicli e le gilde biochimiche sono, a mio parere, due dei modi migliori per suddividere Gaia in modo da suscitare interrogativi stimolanti, e pertanto appariranno esplicitamente nei prossimi capitoli, proprio come hanno ispirato implicitamente quelli precedenti. C'è, tuttavia, una terza suddivisione che vorrei proporre e che ho finora aspettato a introdurre, ma il cui valore come strumento concettuale rivaleggia con quello delle altre due: è la suddivisione basata sui componenti primari. La ricerca di sostanze primarie è antica quasi quanto la civiltà stessa. Gli antichi greci ne riconoscevano quattro - terra, aria, fuoco e acqua - mentre la filosofia cinese ne individuava cinque: metallo, legno, terra, acqua e fuoco. Tali sostanze, o cosiddetti elementi, esistono in forme relativamente pure e, secondo gli antichi filosofi, possono essere variamente mescolate per comporre tutte le diverse cose del mondo. Possiamo considerare queste idee come i prodromi delle nostre attuali teorie, secondo le quali le particelle subatomiche si uniscono per formare i diversi elementi i cui atomi, a loro volta, si combinano per produrre un enorme numero di molecole e minerali. Io credo che le sostanze primarie di Gaia possano anche essere più semplici delle lettere di un sistema alfabetico. Per esempio, sono tutte visibili da una spiaggia: l'immenso e misterioso oceano, la sabbia e il suolo sotto i nostri piedi, la vegetazione di rampicanti che copre le dune dietro di noi e la dolce aria che respiriamo. Tutto questo assomiglia di più agli organi del nostro corpo che non agli elementi chimici di cui essi sono composti. Sono, tuttavia, molto simili ai quattro antichi «elementi»: terra, aria, acqua e fuoco, specialmente considerando quanto spesso il fuoco sia utilizzato come metafora della vita. Invero, i quattro grandi componenti primari di Gaia (vita, suolo, atmosfera e oceano) si mescolano e - qui sta l'essenziale - nel farlo integrano il tutto in un sistema che coinvolge l'intero pianeta. Comincerò con una smentita: non scommetterei la vita di nemmeno uno dei miei batteri intestinali sul fatto che esista un imperativo ultimo, logico, per sostenere che oceano, atmosfera, suolo e vita siano i componenti di Gaia. Forse sono cinque. Forse sei. Forse di più. Può darsi che il ricorso a sistemi di un piccolo numero per grandissime parti sia solo un'utile strategia euristica che soccorre il nostro pensiero e le nostre indagini. Forse l'oceano dovrebbe essere suddiviso in acque costiere e mare aperto, oppure in acque e sedimenti. E poi, siamo sicuri che sia giusto trattare la vita come un unico componente primario? Se non lo fosse, alcuni degli approcci considerati in precedenza in questo capitolo potrebbero offrire un'ampia scelta per compiere fondamentali suddivisioni nel mondo dei viventi. Prendiamo dunque i quattro componenti primari gaiani con un po' di buon senso e consideriamoli uno per uno. Cominciamo con la vita. Il russo Vladimir Vernadskij, uno dei fondatori delle scienze della biosfera, definiva la vita come «la più potente delle forze geologiche». La vita è il componente primario centrale nella principale regola della ricerca gaiana. Prendendo a prestito un termine dall'alchimia, la vita è la pietra filosofale. Mutuando un'espressione dell'ecologia, la vita è la chiave di volta. | << | < | > | >> |Pagina 120Il risultato è un altro componente primario, il suolo, che si presenta con più colori della pelle umana e con differenti sapori. (Gli esperti riconoscono un suolo dal sapore che lascia in bocca). I suoi vari nomi - alfisuolo, aridosuolo, mollisuolo, ossisuolo e molti altri ancora - come quelli dei biomi, ci aiutano a organizzare la sconcertante varietà dei suoli in termini di acidità, come pure di contenuto minerale e organico.Sebbene fra una regione e l'altra esistano grandi differenze, il suolo può essere considerato come una sostanza della fisiologia planetaria, perché supera lo stesso test che abbiamo usato per confermare tale status per la vita: le sue parti sono più o meno simili ovunque. Un aspetto chiave della fertilità del suolo deriva dalla vita stessa: le quattro principali classi di macronolecole, le cinquanta piccole unità molecolari, i sei elementi essenziali del CHNOPS. Alla morte degli organismi questo universale biologico-chimico crea un suolo comune. Il suolo riceve ovunque un flusso di resti organici - di vita morta - ragionevolmente simile, che viene poi mescolato, digerito e aggregato in una matrice assieme a particelle minerali. Dalla mia postazione sul fiume vedo un giovane ginepro, tutto ritorto nella lotta sulla roccia, teso alla ricerca di un sostegno strutturale e di acqua. Il tronco e le foglie squamiformi cadute alla sua base raccolgono steli d'erba, sabbia e limo: la costruzione del suolo è cominciata. Su queste rocce sterili l'albero non progredirà molto, sopraffatto dall'incapacità del sito di aggregare una sufficiente quantità di matrice per superare la sterilizzazione operata dalla siccità o l'erosione della pioggia battente. Ciò nondimeno, per il momento alcune forme di vita, hanno trovato una protezione soddisfacente nel ciclo della fertilità intorno all'albero. È nel suolo che si addensano i passaggi cruciali dei cicli biochimici. Per poter dire di sapere qualcosa dei cicli, dobbiamo conoscere il suolo e i suoi abitanti. Poiché, in larga misura, responsabili della formazione del suolo sono i prodotti di decomposizione della vita, in assenza di vita il suolo stesso non esisterebbe. Sedimenti si, ma suolo no. Senza la vita, le forze erosive ridurrebbero questa roccia in un particolato eterogeneo che alla fine sarebbe spazzato o soffiato via. Senza la vita, e quindi senza suolo, ogni giorno di sole provocherebbe uno stato di siccità e ogni giorno di pioggia un'inondazione. Senza la vita, e quindi senza suolo, le particelle sarebbero rapidamente dilavate o trasportate dal vento per accumularsi a fondovalle in profondi e duri sedimenti o finire in mare. Buona parte dei continenti sarebbe nuda come i terreni vulcanici recenti. L'interazione tra suolo e vita ha spinto lo scienziato olandese van Breemen, specialista di pedologia, a definire il suolo come un «costrutto della comunità biotica che favorisce la produttività primaria netta». | << | < | > | >> |Pagina 136La vita è viva, naturalmente, mentre gli altri tre componenti primari non lo sono. Ma le superfici ci permettono di apprezzare qualcosa che va al di là di questa distinzione binaria: suggeriscono un'osservazione a proposito della geometria complessiva delle relazioni tra la vita da una parte e gli altri tre componenti primari dall'altra. L'atmosfera, il suolo e l'oceano sono sostanze primarie imponenti, voluminose e anche piuttosto coerenti. L'aria trova coesione in un volume unico grazie alle sue correnti. Anche l'oceano è fondamentalmente un volume unico, che viene rimescolato nelle sue profondità nell'arco, pressappoco, di un migliaio di anni. Il suolo non subisce rimescolamenti orizzontali ma, come un manto disteso tra cielo e terra, può offrire rifugio a un milione di nematodi per metro quadro. È una sostanza primaria nella quale la vita brulica, cresce, mette radici, costruisce reti sotterranee di ife fungine e brulica di batteri negli interstizi fra i granuli del terreno. Nel suolo, la vita è ampiamente distribuita e interconnessa. Anche nell'occano la rete alimentare di fitoplancton, zooplancton e vita macroscopica è diffusa a tutto il corpo d'acqua. La vita normalmente si manifesta in forma di centri di attività interconnessi nel suolo e nell'oceano, come la rete di sfere e di tubi della Cabala ebraica nello sfondo uniforme.Nell'atmosfera, la vita non è diffusa come lo è nel suolo o nell'oceano, nonostante vi siano organismi che volano, come gli insetti e i pipistrelli, o anche semplicemente trasportati dal vento, come i ragni e le spore. Tuttavia, le foglie che, cadendo dagli alberi, si disperdono portate dal vento, indussero il naturalista svizzero Charles Bonnet a esprimere nel 1754 la seguente riflessione: «Le piante sono radicate tanto nell'aria come nella terra». E non solo le piante. Prendiamo il nostro polmone. Noi esseri umani siamo animali compatti, e abbiamo una superficie esterna relativamente limitata. Ma abbiamo al nostro interno gigantesche aree di assorbimento. Le superfici di scambio dei polmoni, per esempio, hanno un'area totale equivalente a mezzo campo da tennis: una superficie che scambia anidride carbonica e ossigeno ed è, pertanto, attiva rispetto all'aria come può esserlo qualunque albero. Come le piante, anche noi abbiamo radici nell'atmosfera. Le nostre superfici di scambio sono nascoste al nostro interno, ma partecipano al metabolismo di Gaia proprio come le altre. Estendendo questa metafora, si potrebbe sostenere che la vita è radicata nel suolo, nell'aria e nell'oceano. Dato che la vita è letteralmente dentro gli altri componenti primari, può essere utile introdurre una distinzione. Dobbiamo distinguere la vita come qualcosa di speciale. Lo possiamo fare chiamando la vita vita, e tutto il resto, tutti gli altri componenti primari, matrici. Questa parola ha una radice comune con la parola madre e può significare «ventre» o, più comunemente, «l'ambiente in cui qualcosa si origina, si sviluppa o è contenuto». Definizione che certamente si adatta all'aria, all'oceano e al suolo. Queste matrici bagnano la vita, l'accolgono, la circondano, la nutrono e (fatto non meno importante) servono come discarica per i suoi prodotti di rifiuto. Le tre matrici aiutano a trasferire le relazioni chimiche e a ritantenere pervie le vie di influenza tra tutte le forme di vita. Circondano la vita perché la vita si isinua e mette radici in esse. Inoltre, giacché le matrici stesse sono in gran parte prodotto della vita, potremmo abbellire la terminologia con un aggettivo. Probabilmente le matrici meritano di essere chiamate «matrici biogeniche», in ciò seguendo la prassi finora adottata di chiamare gas in tracce come il dimetil-solfuro «gas biogenico» e rocce come i carbonati «rocce biogeniche». Ma da ora in avanti le chiamerò semplicemente «matrici gaiane». Le dinamiche di Gaia scaturiscono dalla vita e dalle tre matrici gaiane. |
| << | < | > | >> |RiferimentiBibliografia generale BARLOW C., 1991, From Gaia to Selfish Genes. Selected Writings in the Life Sciences, MIT Press, Cambridge, Mass. I concetti di cause interne ed esterne si incontrano. BERNER E.K., BERNER R.A., 1996, Global Environment. Water, Air, and Geochemical Cycles, Prentice Hall, Upper Saddle River. Una splendida fonte di dati. BUNYARD P. (a cura di), 1996, Gaia in Action. Science of the Living Hearth, Floris Books, Edinburgo. Una panoramica sicuramente godibile. BUTCHER S.S., CHARLSON RJ., 0RIANS G.H., WOLFE G.V. (a cura di), 1992, Global Biogeochemical Cycles, Academic Press, San Diego. Un interessante contributo da parte di vari autori. JOSEPH L.E., 1990, Gaia. The Growth of an Idea, St. Martin's Press, New York. Due in uno: storia e scienza. LOVELOCK J.E., 1979, Gaia. A New Look at Life on Eartb, Oxford University Press, Oxford (trad. it. di V. Bassan Landucci, Gaia. Nuove idee sull'ecologia, Boringhieri, Torino 1981). Unico! - 1988. The Ages of Gaia. A Biography of Our Living Earth, Norton, New York (trad. it. di R. Valla, Le nuove età di Gaia, Bollati Boringhieri, Torino 1991). Gaia nel corso del tempo: un approfondimento delle intuizioni di Lovelock. MARGULIS L., SAGAN D., 1995, What is Life?, Simon & Schuster, New York. La migliore introduzione alla biodiversità. [...] | << | < | |