Copertina
Autore Kurt Vonnegut
Titolo Madre notte
EdizioneES, Milano, 1993, Prosa e poesia del novecento 55 , pag. 210, dim. 128x220x19 mm , Isbn 978-88-7710-273-7
OriginaleMother Night [1961]
TraduttoreLuigi Ballerini
LettoreRenato di Stefano, 1993
Classe fantascienza
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Pagina 52

Nessun giovane sulla faccia della terra è così perfetto, sotto ogni punto di vista, da non aver bisogno di un amore senza riserve. Buon Dio... quando i giovani diventano interpreti di tragedie politiche che mettono in scena milioni di personaggi, un amore senza riserve è l'unico vero tesoro a cui possono aspirare.

"Das Reich der Zwei", lo stato di due persone... il suo territorio, un territorio che la mia Helga e io difendevamo tanto gelosamente, non si spingeva molto più in là dei confini del nostro grande letto a due piazze.

Un paese piccolo, molleggiato, piatto, con qualche ciuffo d'erba, e la mia Helga e io per montagne.

E poiché nella mia vita, all'infuori dell'amore, non c'era altro che avesse qualche significato, che perfetto studente di geografia posso dire di essere stato! Che carta avrei potuto disegnare per un turista alto un micron, un men che microscopico "Wandervogel" che andasse a spasso in bicicletta tra un neo e un ricciolo biondo sull'uno o l'altro lato dell'ombelico della mia Helga! Se questa immagine è di cattivo gusto, Dio m'aiuti. Tutti quelli che voglion preservarsi in buona salute mentale dovrebbero fare ogni tanto qualche giochetto. Io ho semplicemente descritto il nostro gioco, una versione per adulti di "Occhietto bello, suo fratello".

Oh, quanto eravamo uniti, la mia Helga e io... e con quanta "disattenzione" restavamo uniti.

Non sentivamo neppure le nostre reciproche parole. Solo la melodia delle nostre voci. Le parole che avremmo dovuto ascoltare non avrebbero significato molto di più delle fusa o dei brontolii di due grossi gatti.

Se avessimo cercato di sentire di più, di riflettere su quel che sentivamo, come ci saremmo nauseati presto l'uno dell'altro! Lontano dal territorio sovrano del nostro stato a due, parlavamo anche noi come tutti quei folli imbottiti di patriottismo che ci stavano intorno.

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Pagina 110

MEMORIE DI UN CASANOVA MONOGAMO, CAPITOLO 643

Non ci vedevamo da sedici anni. Quella notte il primo insorgere della concupiscenza lo avvertii nei polpastrelli delle dita. Altre parti del mio corpo... che furono più tardi appagate, lo furono in modo che direi rituale, compiutamente, con ... perfezione clinica. Nessuna parte di me ebbe da lamentarsi, e anche per ciò che riguarda mia moglie, credo che nessuna parte del suo corpo dovette lagnarsi di essere stata trascurata, o usata soltanto per tenerla occupata, per ingannare il tempo... o per dare anche ad essa un sia pur miserabile contentino. Comunque quella notte il meglio lo ebbero i polpastrelli delle dita.

Il che non vuol dire che scoprii di essere un vecchio... incapace, se gli capitava una donna da far godere, di superare i limiti del preludio. Al contrario, fui un amante così... come un ragazzo di diciassette anni... come un ragazzo di diciassette anni... con la ... della sua... ragazza.

E altrettanto pieno di meraviglia.

Ed era nei polpastrelli delle mie dita che la meraviglia viveva. Calmi, pieni di risorse, giudiziosi, questi... esploratori, questi... strateghi, questi... scout, questi... guerriglieri, si sparpagliarano sul... terreno.

E quelle notizie che raccolsero furono buone...

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Pagina 113

«Tu odi l'America, non è vero?» disse.

«Odiarla sarebbe stupido almeno quanto amarla» dissi. «Non riesco a provare nessuna emozione; la terra di per sé non mi interessa. Sono certo che si tratta di una grande lacuna nella mia personalità, ma non riesco a pensare in termini di confini. Per me quelle linee immaginarie non sono più reali degli elfi e dei folletti. Non posso credere che indichino veramente l'inizio o la fine di qualche cosa di importante per un essere umano. Le virtù e i vizi, il piacere e il dolore attraversano le frontiere a loro piacimento».

«Come sei cambiato» disse.

«Le guerre mondiali serviranno pure a qualcosa» dissi. «Altrimenti che scopo avrebbero?».

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Pagina 178

Non ho mai visto una più sublime manifestazione di mentalità totalitaria, una mentalità che può paragonarsi a un sistema di ruote dentate con dei denti mancanti, uno qua e uno là. Un meccanismo di pensiero così sdendato, guidato da una libido media, o anche sotto la media, ruota su se stesso con la medesima, sussultante, rumorosa, vistosa inutilità che avrebbe all'inferno un orologio a cucù.

Il capo dei G-men dedusse erroneamente che le rotelle della mente di Jones non avevano più neanche un dente. «Lei è completamente pazzo» disse.

Jones non era completamente pazzo. Quel che più spaventa in una mentalità totalitaria di stampo classico è che una qualsiasi ruota dentata, anche se mutilata, presenta sempre, lungo la sua circonferenza, tratti di denti interi che si conservano a lungo senza morchie e possono funzionare senza alcuna imperfezione.

Da qui l'orologio a cucù che segna il tempo all'inferno... scandisce regolarmente il tempo per otto minuti e ventitré secondi, poi scatta in avanti di quattordici minuti, quindi riprende a battere perfettamente per sei secondi, e poi ne salta due, riprende a funzionare perfettamente per due ore e un secondo, e poi scatta in avanti di un anno.

I denti mancanti sono, naturalmente, delle verità molto semplici, ovvie addirittura, verità che nella maggior parte dei casi capirebbe anche un ragazzino di dieci anni.

La volontaria eliminazione dei denti della ruota, l'ostinata volontà di agire pur senza possedere alcune informazioni elementari...

Per questo un sodalizio così contraddittorio come quello formato da Jones, Padre Keeley, il vice Bundesfuhrer Krapptauer e il Fuhrer dei negri poteva esistere in relativa armonia...

Per questo Rudolf Hoess, comandante di Auschwitz, poteva accettare che agli altoparlanti del campo si alternassero musica immortale con le chiamate dei portacadaveri...

Per questo la Germania nazista non avvertì alcuna differenza di rilievo tra la civiltà e l'idrofobia...

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