Copertina
Autore Robert Walser
Titolo Una cena elegante
EdizioneQuodlibet, Macerata, 2003 [1961], In ottavo 4 , pag.150, cop.fle., dim.145x210x11mm , Isbn 978-88-7462-010-4
OriginaleAufsätze [1913], Kleine Dichtungen [1914]
TraduttoreAloisio Rendi
LettoreElisabetta Cavalli, 2005
Classe narrativa svizzera
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Indice


    Da Saggi

 11 Lettera di Simon Tanner
 15 Una rappresentazione teatrale
 20 Una signora a un attore
 24 Progetto di un preludio
 26 Due piccole fiabe
 28 Le birrerie alpine
 30 Quadro vivente
 33 Ovazione
 35 Mercato
 38 Una cena elegante
 41 Viaggio in pallone
 44 La piccola berlinese
 53 Brentano
 58 Germer
 64 Due storie curiose
 66 Il giovane forestiero


    Da Poemetti in prosa

 71 Uscar
 74 La risata
 76 Il cavallo e la donna
 78 Lettera di un poeta
 81 Pierrot
 83 Meta
 86 Il bacio
 88 Visione di sogno
 90 Giovanna
 92 Il fanciullo
 94 La statua dell'idolo
 96 Le poesie
 98 La storia di Helbling
112 Un padre a suo figlio
115 Il sognatore
117 La salita notturna
119 Il paesaggio
121 Il danzatore
123 Il sogno
125 Il padre
127 Il dottore
129 Ricordo
131 La sarta

135 Misura smemorata di Ginevra Bompiani

 

 

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Pagina 35

Mercato


Un mercato all'aperto è uno spettacolo di luce, di vita, di abbondanza e di allegria. Lungo la strada, così tranquilla altrimenti, si stendono, interrotte da vuoti, due lunghe file di banchi gremiti e ricoperti di tutto ciò che serve ai bisogni quotidiani della casa e della famiglia. Il sole, che di solito qui può starsene pigramente e dispoticamente sdraiato, oggi deve correre e risplendere, dimenarsi, per così dire, perché ogni oggetto che gira da queste parti, ogni cappello, ogni grembiule, ogni pentola, ogni salsiccia, tutto vuol essere illuminato. Le salsicce immerse nella luce del sole hanno un aspetto magnifico. La carne risplende con sfarzo dai ganci da cui pende, fiera e purpurea. Le verdure verdeggiano e ridono, le arance scherzano in sfarzosi mucchi gialli, i pesci nuotano in larghi mastelli pieni d'acqua. Si sta lì fermi e poi si fa un passo. Lo si fa: non è poi tanto importante se il passo progettato, tentato ed eseguito sia poi un passo vero e proprio. Come è attraente nella sua modestia questa vita semplice ed allegra, come ci accoglie con un riso familiare e piccolo borghese! Il cielo, per giunta, è di un azzurro assolutamente di prima qualità. Di prima qualità! Non ci si vuole azzardare alla parola "dolce". Dove si sente la poesia non c'è bisogno di velleità poetiche. "Tre aransce per un descino". Quante volte l'hai già detto ormai, buon uomo! Che scelta e varietà di magnifiche donne grasse! Figure umane grossolane ci ricordano proprio la terra, la campagna con la sua vita e il suo lavoro! E Dio stesso, che certo non ha neanche lui un corpo così esageratamente bello. Dio è il contrario di Rodin. È magnifico poter goder un po' il gusto di qualcosa di contadinesco, anche se solo per un "descino". Uova fresche, prosciutto di campagna, salsicce di fegato, di città e di campagna! Devo dirlo apertamente: mi piace stare a bighellonare intorno a commestibili attraenti. Ci ricordano nuovamente ciò che è vivace e caduco, ed io amo più le cose vive che quelle immortali. Qua vi son fiori, là vasellame in ceramica; accanto, del formaggio svizzero, olandese, di Tilsit, dello Harz, ognuno con l'odore corrispondente. A guardare in lontananza, è tutta una folla di motivi per un paesaggista; se si guarda per terra, si scoprono bucce di mele e gusci di noci, resti di carne e pezzi di carta, quotidiani di fama mondiale interi e a pezzi, un bottone dei calzoni, una giarrettiera. A guardar verso l'alto, è un cielo; a guardar dritto davanti a sé, è la faccia di un uomo medio. Non si usa parlare di giorni o notti medie, e neanche di una natura media. Forse che ciò che è medio non è anche quanto vi è di più solido e di migliore? Ne faccio volentieri a meno di giorni o settimane geniali, o addirittura di un Padreterno eccezionale. Ciò che è mobile è anche ciò che vi è di più giusto. E come sanno guardarci graziosamente le contadine! Con quali strane mosse silenziose si voltano di qua e di là. Il mercato lascia sempre nel quartiere cittadino una certa sensazione di campagna, come per scuoterlo dal suo monotono orgoglio. Come è carino che tutta questa merce sia esposta all'aria fresca e libera. I ragazzi comprano salsicce calde e se le fanno spalmare di senape da ambo i lati per divorarle subito a regola d'arte. Mangiare è una cosa che si conviene così bene sotto il cielo alto ed azzurro. Che aspetto attraente hanno quei rigogliosi cespi di cavolfiori. Li confronto (non proprio volentieri) con turgidi seni femminili. Il confronto è impertinente se non è appropriato. Quante donne qui intorno! Ma il mercato sta per chiudersi a quanto vedo. È giunta l'ora di levare le tende. La frutta viene ammucchiata in ceste, le aringhe e le sardelle vengono impacchettate, si comincia a smontare i banchi. Il brulichìo della folla si è disperso. Tra poco, la strada avrà riacchiappato il suo aspetto precedente. Addio, colori. Addio a molte cose. Addio arlecchinata di suoni, profumi, movimenti, passi e luci. Del resto ho acquistato mezzo chilo di noci. Così ora posso trottarmene a casa mia, nel mio alloggio di ih-ih e uah-uah, di urla di bambini. Mi piace mangiare pressappoco tutto, ma quando mangio noci sono addirittura felice.

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Pagina 74

La risata


Ho udito una risata celestiale, una risata di bambini, un riso incantevole, puro e fine come d'argento. Un sorriso degli dei, era. Me ne tornavo a casa, ieri, domenica, verso le sette, quando l'udii, e adesso devo assolutamente riferirne. Come son poveri i grandi, gli adulti, con la loro serietà e con le loro facce aride e rigide! Come son ricchi e grandi e felici i piccoli, i bambini! Vi era una felicità così ricca e dolce e piena nella risata di due bambini, che camminavano accanto ad una adulta: una tale gioia esuberante e deliziosa. Erano assolutamente beati, abbandonandosi alla loro risata. Io rallentai intenzionalmente il passo per poterli sentir ridere il più a lungo possibile. Era un godimento per loro, godevano tutte le delizie che possono esservi in una risata. Non potevano più smettere di ridere; vedevo che ne erano letteralmente scossi. Si contorcevano addirittura sotto la risata. Era così puro, tutto ciò, così veramente infantile! Ciò di cui forse ridevano più sfrenatamente e più amabilmente era il piglio severo che la signorina adulta accanto a loro si sentiva in dovere di fare. La serietà della ragazza grande li faceva ridere più di ogni altra cosa. Ma alla fine, travolta da tanta e così graziosa allegria, anche la grande seria e compassata si mise a ridere. Era vinta dai bambini e adesso rideva cme una bambina con i vincitori, coi piccoli. I felici trionfano sui malinconici! I due bambini, nella loro innocenza, ridevano di tutto, delle cose di oggi e delle cose di ieri, di questo e di quello, di se stessi. Dovevano ridere della loro propria risata. La loro risata sembrava loro sempre più buffa, sempre più ridicola. Lo sentivo e udivo assai distintamente. Mi congratulai con me stesso per aver potuto ascoltare questo concerto di risa, questo concerto di campanelline. Per tutta la strada continuavano a ridere. Erano sul punto di cadere in terra, per dissolversi e consumarsi dalle risa. Tutto, in quelle care bambine felici partecipava alla risata: le teste, le membra, le mani, gambe, piedi. Erano ormai composte soltanto di risa. Come luccicava e splendeva nei loro occhi la gioia di ridere! Credo quasi che dovessero ridere così orribilmente, così crudelmente, così a lungo, per un qualche ragazzino stupido. Era così birichino questo riso, e insieme così bello, commovente e così sfrenato! Probabilmente la causa delle risa era stata del tutto futile. I bambini sono appunto degli artisti nell'approfittare di ogni occasione per essere felici. Sarà stato un piccolo e quieto avvenimento, e ne fecero una grande storia, ci attaccarono una lunga, grande, larga, ricca risata. I bambini sanno che cos'è che li fa felici.

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Pagina 90

Giovanna


Mi ricordo che avevo diciannove anni, scrivevo poesie, non avevo ancora un colletto decente, andavo in giro a piedi anche con la neve e con la pioggia, mi alzavo sempre presto la mattina, leggevo Lenau, trovavo che un soprabito era un indumento superfluo, ricevevo mensilmente uno stipendio di centoventi franchi e non sapevo che farmene di tanto denaro. Ero a pensione dal postino Senn. Questo Senn mi è rimasto indimenticabile. Faceva sempre una faccia altrettanto stupida che truce, aveva una barba ispida, nera come il carbone, e recitava la parte del tiranno irritato, una parte che, per brutta che fosse, gli piaceva follemente. I suoi due figli, Teodoro ed Emilio Senn, li prendeva continuamente a legnate. Poveri ragazzi, venivano picchiati perché imitavano le cattive abitudini di quell'imbecille del loro padre. La signora Senn era una cara e povera donna, sempre martirizzata, completamente schiava di quel meschino dittatore. Il vitto era buono; c'era sempre della gente allegra a pensione, e il vino bianco del postino era eccellente. Ma che cos'era il vin bianco di fronte alla ragazza Giovanna che aveva anche lei il piacere di poter abitare e mangiare dal selvaggio postino? Lavorava in un ufficio, come me, e ogni mattina andavamo insieme, lei la dama e io il suo cavaliere, alle nostre ditte per lavorare da bravi tutti e due. Lei era occupata nel ramo delle macchine da scrivere, mentre io mettevo cortesemente a disposizione della società per azioni di assicurazioni quel poco di forza e di buona volontà di cui disponevo. Giovanna era cara come non si può neanche descrivere, e mite come il chiaro di luna. Le scrissi una poesia nell'album, la mia prima opera letteraria, audace e bizzarra: lei la mostrò a sua madre, e questa mise in guardia la figlioletta nei miei confronti: del che dovemmo ridere cordialmente tutti e due. Come mi pareva dolce il leggiadro servizio di cavaliere! Abitavamo al quarto piano. Ora, se per caso Giovanna, già ormai in basso sulla porta di casa, aveva dimenticato il suo ombrello o fazzoletto o che altro fosse, ricevevo l'incarico di salire di corsa a prendere quel che aveva lasciato di sopra. Come mi rendeva felice ciò, e che sorriso, dolce, bello, delicato, mi rivolgeva dopo! Le sue mani erano morbide e piene e bianche come la neve, e baciarle mi inebriava, mi estasiava. Senn era furibondo con noi perché studiavamo insieme inglese fin nel cuor della notte in camera di Giovanna. Evidentemente egli udiva attraverso la parete che specie carezzevole e divertente d'inglese era quella che noi praticavamo. Soave e indimenticabile lezione di lingue, cara e indimenticabile fanciulla.

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