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| << | < | > | >> |IndiceIX Prefazione XV Premessa 1 Capitolo primo Per volontà di una stampante 13 Capitolo secondo 200l: Odissea di un hacker 25 Capitolo terzo Un ritratto dell'hacker da giovane 35 Capitolo quarto Processiamo Dio 55 Capitolo quinto Una piccola pozzanghera di libertà 73 Capitolo sesto La comune dell'Emacs 85 Capitolo settimo Una difficile scelta morale 105 Capitolo ottavo Sant'Ignucius 117 Capitolo nono La GNU General Public License 135 Capitolo decimo GNU/Linux 147 Capitolo undicesimo Open Source 161 Capitolo dodicesimo Una breve discesa nell'inferno hacker 167 Capitolo tredicesimo La lotta continua 177 Epilogo Come sconfiggere la solitudine 193 Appendice A Terminologia 195 Appendice B Hack, hacker e hacking 201 Appendice C Licenza per Documentazione Libera GNU 211 Appendice D GNU Free Documentation License |
| << | < | > | >> |Pagina 44Per avere un assaggio di rigidità burocratica era sufficiente che Stallman visitasse i laboratori informatici di Harvard. Qui l'accesso ai terminali era subordinato al grado accademico. In quanto studente non ancora laureato, generalmente Stallman doveva mettersi in lista e attendere fino a mezzanotte, quando la maggior parte dei professori e dei laureati finivano i compiti giornalieri. Non era difficile starsene ad aspettare, ma quanto meno frustrante. Dover attendere un terminale pubblico sapendo che nel frattempo una mezza dozzina di macchine ugualmente utilizzabili se ne stavano spente negli uffici chiusi dei professori, pareva il massimo dell'illogicità. Nonostante Stallman visitasse occasionalmente i laboratori informatici di Harvard, preferiva le procedure più egualitarie in vigore in quello di intelligenza artificiale al MIT. "Era una boccata d'aria fresca", aggiunge. "Qui la gente si preoccupava più del lavoro che della posizione accademica."Stallman imparò rapidamente che in quell'ambito la pratica del "chi prima arriva, meglio alloggia" si doveva in gran parte agli sforzi di un pugno di persone. Molti erano reduci dall'epoca del progetto MAC, il programma di ricerca sostenuto dal Ministero della Difesa che aveva dato i natali ai primi sistemi operativi a condivisione di tempo (time-sharing). Alcuni erano già leggende del mondo informatico. C'era Richard Greenblatt, l'esperto locale di Lisp e autore di MacHack, programma per giocare a scacchi che una volta aveva umiliato Hubert Dreyfus, critico feroce dell'intelligenza artificiale. C'era Gerald Sussman, creatore originale del programma per funzioni robotiche denominato HACKER. E ancora, Bill Gosper, il mago della matematica già nel bel mezzo di un lavoro di hacking durato 18 mesi, messo in moto dalle implicazioni filosofiche del computer game LIFE. Gli aderenti a questo gruppo ristretto si autodefinivano "hacker". Col passare del tempo allargarono tale definizione allo stesso Stallman. In questo passaggo, egli venne messo al corrente delle tradizioni morali condensate nella "etica hacker". Essere un hacker significava qualcosa di più che sviluppare semplicemente dei programmi, imparò presto Stallman. Voleva dire scrivere il miglior codice possibile e stare seduti davanti a un terminale anche per 36 ore consecutive, se per riuscirci occorreva tutto quel tempo. Fatto ancor più importante, significava aver continuamente accesso alle migliori macchine esistenti e alle informazioni più utili. Gli hacker dicevano apertamente di voler cambiare il mondo tramite il software, e Stallman imparò che l'hacker istintivo supera ogni ostacolo pur di raggiungere un tale nobile obiettivo. Tra questi ostacoli, i maggiori erano rappresentati dal software scadente, dalla burocrazia accademica e dai comportamenti egoistici. | << | < | > | >> |Pagina 52Pur se la danza e l'hacking non riuscirono a migliorare di molto la situazione sociale di Stallman, lo aiutarono a superare quella sensazione di stranezza che ne aveva contrassegnato l'esistenza nel periodo pre-Harvard. Anziché doversi lagnare dei propri difetti caratteriali, trovò il modo per celebrarli. Nel 1977, mentre partecipava a un incontro sulla fantascienza, s'imbatté in una ragazza che vendeva spillette con slogan personalizzati. Eccitato, Stallman gliene ordinò una con la scritta "Processiamo Dio."Per Stallman si trattava di un messaggio che operava a diversi livelli. Ateo fin dalla prima giovinezza, quella frase rappresentava il tentativo di implementare un "secondo fronte" nel dibattito aperto sulla religione. "A quel tempo tutti parevano chiedersi se Dio fosse vivo o morto", rammenta Stallman. "Quel 'Processiamo Dio' proponeva un approccio completamente diverso al problema. Se Dio era davvero così potente da aver creato il mondo senza tuttavia far nulla per correggerne i problemi, perché mai avremmo dovuto adorare un tale Dio? Non sarebbe stato invece meglio metterlo sotto processo?" Contemporaneamente lo slogan andava inteso come una battuta ironica contro l'America e il relativo sistema politico. Negli anni '70 Stallman era rimasto molto colpito dallo scandalo Watergate. Fin da piccolo aveva imparato a non aver fiducia nell'autorità costituita. Ora, da adulto, quella sfiducia era stata rafforzata dalla cultura in vigore nella comunità hacker del laboratorio di intelligenza artificiale. Per gli hacker lo scandalo Watergate non era altro che un adattamento shakespeariano di quella lotta quotidiana per il potere colpevole di rendere misera l'esistenza di coloro senza privilegi. Era una parabola amplificata di quel che accade quando la gente rinuncia alla libertà e all'apertura in cambio della sicurezza e della convenienza. Sostenuto da una crescente fiducia in se stesso, Stallman prese a indossare la spilletta con orgoglio. Ai più curiosi che s'azzardavano a chiedergli spiegazioni, impartiva un'identica litania ben preparata: "Il mio nome è Jehovah", replicava Stallman. "Ho un progetto speciale per la salvezza dell'universo, ma per motivi di sicurezza a livello del paradiso non posso rivelare nulla di più. Devi soltanto aver fiducia in me, perché soltanto io sono in grado di vedere come stanno le cose. Tu sai che io rappresento il bene supremo perché così ti ho insegnato. Se non avrai fede in me, ti metterò sulla lista dei nemici per gettarti nell'abisso dove l'Ufficio Infernale delle Imposte passerà al vaglio le tue dichiarazioni dei redditi da qui all'eternità." | << | < | > | >> |Pagina 67Secondo Stallman le opere sotto copyright vanno divise in tre diverse categorie. La prima include quelle "funzionali", ovvero programmi informatici, dizionari, libri di testo. La seconda è per le opere definite "testimoniali", cioè relazioni scientifiche e documenti storici. Si tratta di lavori il cui senso verrebbe stravolto qualora lettori e altri autori potessero modificarli a piacimento. L'ultima categoria riguarda le opere di espressione personale, quali diari, resoconti, autobiografie. Modificare questi documenti significherebbe alterarne i ricordi o il punto di vista - azione eticamente ingiustificabile nell'opinione di Stallman. Delle tre categorie, la prima dovrebbe garantire agli utenti il diritto illimitato alla creazione di versioni modificate, mentre per la seconda e la terza tale diritto andrebbe regolamentato a seconda della volontà dell'autore originale. Indipendentemente dalla categoria di appartenenza, dovrebbe tuttavia rimanere inalterata la libertà di copia e redistribuzione a livello non commerciale, insiste Stallman. Se ciò significa consentire agli utenti Internet di generare un centinaio di copie di un articolo, un'immagine, una canzone o un libro per poi inviarle via email a un centinaio di sconosciuti, ebbene così sia. "È chiaro che la redistribuzione occasionale in ambito privato debba essere permessa, perché soltanto uno stato di polizia potrebbe impedirlo", aggiunge. "È pratica antisociale frapporsi tra una persona e i propri amici. Napster mi ha convinto della necessità di permettere perfino la redistribuzione non-commerciale al pubblico più ampio anche solo per il divertimento. Perché c'è così tanta gente che la considera un'attività utile."Quando gli chiesi se i tribunali sarebbero disposti ad accettare uno scenario talmente permissivo, Stallman m'interruppe bruscamente. "Ecco una domanda sbagliata", replicò. "Hai spostato completamente l'argomento, passando da una questione etica all'interpretazione legislativa. Si tratta di due aspetti totalmente diversi pur nello stesso ambito. È inutile saltare da uno all'altro. I tribunali continueranno a interpretare le norme attuali per lo più in maniera restrittiva, poiché è così che tali norme sono state imposte dagli editori." Il commento portò a una riflessione sulla filosofia politica di Stallman: solo perché attualmente il sistema legale permette agli imprenditori di trattare il copyright come l'equivalente informatico di un contratto di proprietà terriera, ciò non significa che gli utenti debbano necessariamente conformarsi a queste regole. La libertà è una faccenda etica, non legale. "Guardo al di là delle norme esistenti per considerare come invece dovrebbero essere", spiegò Stallman. "Non sto cercando di stilare una legislazione. Mi sto forse occupando delle applicazioni della legge? Piuttosto, considero le norme che vietano la condivisione di copie col vicino come l'equivalente morale di Jim Crow. Qualcosa che non merita alcun rispetto." | << | < | > | >> |Pagina 70"Sì, ho esitato ad ampliare l'importanza di questa piccola pozzanghera di libertà", rispose. "Perché le aree convenzionali e collaudate in cui si lavora per la libertà e per una società migliore sono tremendamente importanti. Non ritengo ugualmente vitale la battaglia a sostegno del software libero. Questa è la responsabilità che mi sono assunto, perché mi è caduta in grembo e ho capito che avrei potuto portare contributi positivi. Ma, ad esempio, porre fine alla brutalità della polizia, alla guerra per droga, alle forme di razzismo tuttora presenti, oppure aiutare qualcuno a vivere meglio, a tutelare il diritto delle donne ad abortire, a proteggerci dalla teocrazia, si tratta di questioni di enorme importanza, ben superiori a ogni mio possibile intervento. Non saprei come offrire contributi efficaci in quei contesti."Ancora una volta Stallman presentava la propria attività politica come dipendente dalla fiducia in sé stessi. Considerando il tempo che aveva impiegato per sviluppare e affinare i principi cardine del movimento del software libero, appariva esitante a coinvolgersi in ogni tematica o tendenza che potesse trascinarlo in territori inesplorati. "Vorrei essere in grado di contribuire in maniera significativa alle questioni di maggiore rilevanza, ne sarei tremendamente orgoglioso, ma si tratta di problemi davvero grossi e quanti se ne occupano, ben più in gamba del sottoscritto, non sono ancora riusciti a risolvere granché", aggiunse. "Eppure, per come la vedo io, mentre altre persone ci difendevano contro queste grandi minacce ben visibili, io ne ho individuata un'altra rimasta sguarnita. E così ho deciso di combatterla. Forse non è un minaccia altrettanto grande, ma io sono stato l'unico a farmi avanti." | << | < | > | >> |Pagina 201Appendice C
Licenza per Documentazione Libera GNU
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Versione 1.2, Novembre 2002
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0. PREAMBOLO Lo scopo di questa licenza è di rendere un manuale, un testo o altri documenti utili e funzionali, "liberi" nel senso di assicurare a tutti la libertà effettiva di copiarli e redistribuirli, con o senza modifiche, a fini di lucro o meno. In secondo luogo questa licenza prevede per autori ed editori il modo per ottenere il giusto riconoscimento del proprio lavoro, preservandoli dall'essere considerati responsabili per modifiche apportate da altri. Questa licenza è un "copyleft": ciò vuol dire che i lavori che derivano dal documento originale devono essere ugualmente liberi. È il complemento alla Licenza Pubblica Generale GNU, che è una licenza di tipo "copyleft" pensata per il software libero.
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