Autore Maryanne Wolf
CoautoreCatherine Stoodley [illustrazioni]
Titolo Lettore, vieni a casa
SottotitoloIl cervello che legge in un mondo digitale
EdizioneVita e Pensiero, Milano, 2018 , pag. 222, ill., cop.fle., dim. 16x22x1,5 cm , Isbn 978-88-343-3064-7
OriginaleReader, Come Home: The Reading Brain in a Digital World [2018]
TraduttorePatrizia Villani
LettoreGiorgia Pezzali, 2018
Classe scienze cognitive , psicologia , libri , comunicazione , bambini , scuola , scrittura-lettura , mente-corpo












 

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Indice


LETTERA I
La lettura, il canarino nella mente                           9

LETTERA II
Sotto la grande volta.
Veduta insolita del cervello che legge                       21

LETTERA III
La lettura profonda. È in pericolo?                          39

LETTERA IV
« Che ne sarà dei lettori che eravamo? »                     69

LETTERA V
Crescere dei bambini in un'era digitale                     101

LETTERA VI
Dal biberon al portatile nei primi cinque anni.
Non correte troppo                                          121

LETTERA VII
Scienza e poesia dell'imparare (e insegnare) a leggere      141

LETTERA VIII
Costruire un cervello bi-alfabetizzato                      157

LETTERA IX
Lettore, vieni a casa                                       175


Ringraziamenti                                              191

Note                                                        197


 

 

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Pagina 9

LETTERA I

La lettura, il canarino nella mente




                        [...] Fielding ti chiama ogni due o tre paragrafi come
                        per accertarsi che tu non abbia chiuso il libro, e
                        adesso sono io che ti convoco ancora, fantasma attento,
                        scura figura silenziosa in piedi sulla soglia di queste
                        parole.

                        (Billy Collins)



Caro Lettore,

ti trovi «sulla soglia delle mie parole», e insieme ci troviamo sulla soglia di cambiamenti galattici che avverranno nelle prossime generazioni. Queste Lettere sono il mio invito a riflettere su una problematica serie di fatti, a proposito della lettura e del cervello che legge, le cui implicazioni condurranno a sostanziali cambiamenti cognitivi in te e nella prossima generazione, e forse nella nostra specie. Le mie Lettere sono anche un invito a osservare altri cambiamenti, più sottili, e a valutare se per caso tu non ti sia allontanato, inconsapevolmente, da quella casa che la lettura era un tempo per te. Per la maggior parte di noi questi cambiamenti hanno già incominciato a verificarsi.

Iniziamo da un fatto apparentemente semplice che negli ultimi dieci anni ha ispirato il mio lavoro sul cervello che legge: non siamo nati per leggere. L'alfabetizzazione è una delle più importanti conquiste epigenetiche dell' Homo sapiens. Per quanto ne sappiamo, nessun'altra specie ci è riuscita. L'atto di imparare a leggere ha aggiunto un circuito interamente nuovo al repertorio del nostro cervello ominide. Il lungo processo evolutivo di imparare a leggere bene e in profondità ha cambiato la struttura stessa delle connessioni di quel circuito, il che ha ricablato il cervello, e questo a sua volta ha riplasmato la natura del pensiero umano.

Ciò che leggiamo, come leggiamo e perché leggiamo cambia il modo in cui pensiamo, e ora questi cambiamenti procedono a un ritmo più rapido. In un arco di soli seimila anni, la lettura è diventata il catalizzatore che ha trasformato lo sviluppo intellettuale degli individui e delle culture alfabetizzate. La qualità della lettura non è solo un indice della qualità del pensiero, è anche la strada più nota verso lo sviluppo di percorsi del tutto nuovi nell'evoluzione cerebrale della nostra specie. C'è molto in gioco nello sviluppo del cervello che legge, e nei cambiamenti sempre più rapidi che caratterizzano le sue attuali iterazioni evolutive.

Prova semplicemente a esaminare te stesso. Forse avrai già notato come la qualità della tua attenzione sia cambiata con l'aumentare della lettura su schermi e apparecchi digitali. Forse hai provato rimpianto per la mancanza di un certo qualcosa quando hai cercato di immergerti in un libro che prima amavi molto. Come nel caso di un arto fantasma, ti ricordi chi eri da lettore, ma non riesci a evocare quel «fantasma attento» con la stessa gioia provata in passato, quando ti sentivi trasportato in quello spazio interiore che si trova da qualche parte al di fuori del sé. È ancora più difficile per i bambini, la cui attenzione è continuamente distratta e inondata di stimoli che non verranno mai consolidati nelle loro riserve di conoscenza. Questo significa che la base stessa della loro capacità di creare analogie e trarre conclusioni durante la lettura si svilupperà sempre meno. I giovani cervelli che leggono stanno cambiando senza provocare un brivido di preoccupazione nella maggioranza delle persone, anche se un numero sempre più grande di giovani legge solo ciò che è richiesto a scuola, e spesso nemmeno quello: «tldl» (troppo lungo da leggere).

Nella transizione quasi completa verso una cultura digitale stiamo cambiando in modi che non avremmo mai immaginato fossero involontari effetti collaterali della più grande esplosione di creatività, invenzione e scoperta della nostra storia. Come scrivo in queste Lettere, c'è motivo sia di entusiasmo sia di cautela nel porre attenzione ai cambiamenti specifici dell'evoluzione del cervello che legge, cambiamenti che si stanno verificando e che fra pochi brevi anni potrebbero manifestarsi in modo ancora diverso. Questo perché la transizione da una cultura basata su testi stampati a una cultura digitale differisce radicalmente dalle precedenti transizioni da una forma di comunicazione a un'altra. Diversamente dal passato, ora possediamo le conoscenze scientifiche e tecnologiche per individuare i potenziali cambiamenti nel modo in cui leggiamo - e quindi pensiamo - prima che essi siano pienamente consolidati nella popolazione e accettati senza comprenderne le conseguenze.

La costruzione di questa conoscenza può fornire alla tecnologia che cambia la base teorica per correggere i propri punti deboli, usando modalità digitali di lettura più raffinate oppure creando approcci alternativi, ibridi, per acquisire tali capacità. Ciò che possiamo apprendere, quindi, sull'impatto delle varie forme di lettura sulla cognizione e la cultura ha profonde implicazioni per i cervelli che leggeranno in futuro. Così preparati, potremo modellare i circuiti della lettura in evoluzione nei nostri figli e nei figli dei nostri figli in modo più saggio e meglio informato.

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Pagina 14

L'origine innaturale, culturale dell'alfabetizzazione - primo fatto ingannevolmente semplice relativo alla lettura - significa che i piccoli lettori non hanno un programma su base genetica per lo sviluppo di queste connessioni. I circuiti del cervello che legge sono plasmati e sviluppati da fattori naturali e ambientali, incluso lo strumento tramite il quale la lettura viene acquisita e si sviluppa. Ciascun mezzo di comunicazione avvantaggia determinati processi cognitivi a scapito di altri. Traduzione: il giovane lettore potrebbe sviluppare tutti i molteplici processi di lettura attualmente incarnati dal cervello esperto e pienamente sofisticato; oppure il neofita cervello che legge potrebbe subire un 'corto circuito' nel suo sviluppo; o, ancora, potrebbe acquisire sistemi interamente nuovi in circuiti diversi. Ci saranno profonde differenze, in futuro, nel modo in cui leggiamo e pensiamo, a seconda dei processi che saranno determinanti nella formazione del circuito di lettura del bambino.

Questo ci riporta al presente e alle questioni difficili e più specifiche che si pongono per i bambini cresciuti in un ambiente digitale, e per noi. I nuovi lettori saranno in grado di sviluppare i processi cognitivi che richiedono più tempo e sono alimentati dai media stampati mentre assorbono e acquisiscono nuove capacità cognitive enfatizzate dei media digitali? Ad esempio, la combinazione della lettura su mezzi digitali e l'immersione quotidiana in una varietà di altre esperienze digitali - dai social media ai giochi virtuali - impedirà la formazione di processi cognitivi più lenti, quali il pensiero critico, la riflessione personale, l'immaginazione e l'empatia, che fanno tutti parte della lettura profonda? E la mescolanza di distrazioni ininterrottamente stimolanti per i bambini con l'accesso immediato a molteplici fonti d'informazione darà forse ai giovani lettori un minore incentivo sia a costruire le loro riserve di conoscenza sia a pensare in modo critico e autonomo?

In altre parole, la crescente dipendenza dei nostri giovani dai server informatici si dimostrerà, benché inintenzionalmente, la più grande minaccia per la capacità del giovane cervello di costruirsi i fondamenti di conoscenza, così come per il desiderio di pensare e immaginare da sé? Oppure le nuove tecnologie forniranno il ponte migliore e più completo finora realizzato verso forme di cognizione e immaginazione ancora più sofisticate che consentiranno ai nostri figli un balzo in nuovi mondi di conoscenza che noi in questo momento non riusciamo nemmeno a concepire? Svilupperanno una gamma di circuiti cerebrali completamente diversi? E se sarà così, quali saranno le implicazioni per la società? La diversità di tali circuiti sarà di beneficio per tutti? È possibile che un lettore individuale acquisisca consapevolmente vari tipi di circuiti, come fanno i lettori bilingui, che sono in grado di leggere scritture diverse?

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Pagina 17

Con questo libro spero di procedere molto più in là di quanto ho fatto nel mio lavoro passato, anche se ogni Lettera si basa su tutto ciò che ho fatto in precedenza, in particolare sulle ricerche contenute nei miei libri e articoli più recenti, tutti indicati nelle note alla fine del volume, dove alcune delle questioni qui affrontate vengono discusse in modo più ampio. La Lettera II è basata sul corpus più vasto di quelle ricerche, ma è anche la più scanzonata, con la sua panoramica impudentemente bizzarra delle attuali conoscenze sul cervello che legge. In quella Lettera spero di chiarire sia il motivo per cui la plasticità neuronale del cervello che legge è alla base della crescente complessità del pensiero umano, sia perché e come questo circuito cerebrale stia cambiando. Nella Lettera III conduco il lettore all'interno dei processi essenziali che costituiscono la lettura profonda - dalle abilità empatiche e inferenziali fino all'analisi critica e all'intuizione. Queste prime tre Lettere ci forniscono una base comune a partire dalla quale vedere come le caratteristiche dei vari mezzi, più precisamente testi su carta o su schermi digitali, abbiano iniziato a essere rispecchiate non solo nelle reti malleabili delle connessioni del cervello, ma anche in come e che cosa leggiamo adesso.

Le implicazioni comportate dalla plasticità del cervello che legge non sono semplici e neppure transitorie. Le connessioni fra come e che cosa leggiamo e ciò che è scritto sono cruciali per la società odierna. In un ambiente che ci propone continuamente un eccesso di informazioni, molti sono fortemente tentati di ripiegare su contenitori familiari di informazioni facilmente digeribili, meno dense, che richiedano un minore impegno intellettuale. L'illusione di essere informati da un diluvio quotidiano di informazioni a misura di colpo d'occhio può far venire meno l'analisi critica delle realtà complesse. Nella Lettera IV affronto questi problemi in maniera diretta, e discuto di come una società democratica dipenda da un uso integro di questa capacità critica e di quanto essa possa atrofizzarsi rapidamente senza che ce ne rendiamo conto.

Nelle Lettere dalla V all'VIII mi trasformo in una 'guerriera della lettura' per i futuri bambini del mondo, e descrivo una serie di preoccupazioni che vanno da come conservare i diversi ruoli che la lettura gioca nella loro formazione intellettuale, etica e socio-emotiva, ai timori circa gli aspetti dell'infanzia che stanno scomparendo. Esprimendo le loro paure più specifiche, molti genitori e nonni mi hanno posto l'equivalente delle tre grandi domande di Kant: Che cosa sappiamo? Che cosa dovremmo fare? Che cosa possiamo sperare? Nelle Lettere dalla VI all'VIII avanzo proposte di sviluppo per ciascuno di questi interrogativi, concludendo con un piano abbastanza insolito per costruire un cervello che legge 'bi-alfabetizzato'.

Il libro non offre soluzioni univoche per giungere a tale risultato. Uno dei filoni attuali e più importanti delle mie ricerche comporta il tentativo di raggiungere un'alfabetizzazione globale, nella quale sostengo pubblicamente i tablet digitali (contribuendo anche alla loro progettazione) come uno dei mezzi per migliorare la situazione di analfabetismo, in particolare per i bambini che non hanno scuole, o che ne hanno d'inadeguate. Non pensare, Lettore, che io sia contro la rivoluzione digitale. Anzi, è della massima importanza avere accesso alla crescente quantità di informazioni sull'impatto dei diversi media, se dobbiamo preparare i nostri figli, ovunque vivano, a leggere bene e in profondità, con qualsiasi strumento.

Queste Lettere ti prepareranno a considerare le molte questioni critiche implicate, incominciando da te stesso. Nell'ultima ti chiedo di pensare a chi siano i veri 'buoni lettori' in quest'epoca di cambiamento, e di riflettere sul ruolo di grandissima importanza che essi ricoprono in una società democratica - mai come ora. In queste pagine, ciò che significa essere un buon lettore ha poco a che fare con la capacità di decodificare bene le parole; ha invece molto a che fare con la fedeltà a ciò che Proust una volta descrisse come il «cuore» della lettura: andare oltre la saggezza dell'autore per scoprire la propria.

Non esistono scorciatoie per diventare un buon lettore, ma ci sono modi di vivere che spingono verso questo risultato e lo sostengono. Aristotele ha scritto che una buona società ha tre vite: la vita della conoscenza e della produttività; la vita dello svago, secondo l'interpretazione speciale dei greci del concetto di ozio; la vita della contemplazione. Così è anche per il buon lettore. Nella Lettera finale approfondisco il modo in cui questo lettore - come una buona società - incarna ciascuna delle tre vite di Aristotele, anche se quella della contemplazione nella nostra cultura è quotidianamente minacciata. A partire dalle varie prospettive della neuroscienza, della letteratura e dello sviluppo umano, sosterrò che questa forma di lettura rappresenta la nostra migliore possibilità di dare alla prossima generazione le basi per quella vita della mente unica e autonoma di cui avrà bisogno in un mondo che nessuno di noi riesce a immaginare del tutto. I processi espansivi e comprensivi, che stanno alla base di intuizione e riflessione nell'attuale cervello che legge, costituiscono il nostro miglior complemento e antidoto ai cambiamenti emotivi e cognitivi causati dalle molteplici conquiste dell'era digitale che ci migliorano la vita.

Per questo motivo nell'ultima Lettera, la più personale, affronteremo noi stessi e ci domanderemo se possediamo ciascuna delle tre vite del buon lettore, oppure se - e magari essendone a malapena consapevoli - abbiamo perso la capacità di accedere alla terza vita, e quindi la nostra casa della lettura. Suggerirò allora che il futuro della specie umana può sostenere e tramandare meglio le più alte forme dell'intelligenza, della compassione e della saggezza collettive nutrendo e proteggendo la dimensione contemplativa del cervello che legge.

Kurt Vonnegut ha paragonato il ruolo dell'artista nella società a quello del canarino nella miniera: entrambi ci avvertono della presenza di un pericolo. Il cervello che legge è il canarino nella nostra mente. Saremmo davvero stupidi se ignorassimo ciò che ha da insegnarci.

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Pagina 23

A differenza della lettura, la lingua orale è una delle funzioni umane basilari, e come tale possiede geni dedicati che si attivano con un'assistenza minima per produrre la nostra capacità di parlare e capire, e per pensare con le parole. Nel linguaggio, la natura è alimentata dalla necessità, in una sequenza universale valida in tutto il mondo. Ecco perché un bambino piccolo, collocato in un qualsiasi ambiente linguistico, imparerà a parlare quella lingua quasi senza istruzioni. E questa è una cosa sorprendente.

Non è così nel caso di sviluppi recenti, come la lettura. Per la verità, esistono dei geni coinvolti nelle capacità basilari come il linguaggio e la vista che vengono riorganizzati per formare il circuito cerebrale deputato alla lettura, ma in sé questi geni non producono l'abilità della lettura. Gli esseri umani devono imparare a leggere, e ciò significa che occorre un ambiente che ci aiuti a sviluppare e collegare un complesso assortimento di processi, basilari e non, così che ogni giovane cervello possa formare il proprio circuito cerebrale nuovo di zecca per la lettura.

Vorrei sottolineare qui una cosa essenziale: mancando un progetto genetico per leggere, non esiste un circuito ideale per la lettura. Possono esistere diversi tipi di circuiti. A differenza dello sviluppo del linguaggio orale, la mancanza di un progetto genetico per circuiti cerebrali deputati alla lettura significa che la loro formazione è soggetta a considerevoli variazioni, basate sui requisiti linguistici specifici del lettore e sull'ambiente di apprendimento.

[...]

In modo più specifico e altrettanto importante, la specializzazione cellulare consente a ogni gruppo di lavoro dei neuroni di agire automaticamente nella propria regione, e divenire virtualmente automatico nelle connessioni con altri guppi o reti nel circuito della lettura. In altre parole, perché il processo della lettura abbia luogo, deve esistere un automatismo a velocità sonica delle reti neuronali a livello locale (cioè all'interno delle aree strutturali come la corteccia visiva) che, a sua volta, consente connessioni altrettanto rapide attraverso intere estensioni strutturali del cervello (ad esempio, collegando le regioni visive alle aree linguistiche). In tal modo, ogni volta che nominiamo anche una singola lettera, stiamo attivando intere reti di specifici gruppi neuronali nella corteccia visiva che corrispondono a intere reti di gruppi altrettanto specifici di cellule a base linguistica, che a loro volta corrispondono a reti di gruppi di cellule specificamente articolatorio-motorie - e il tutto con una precisione al millesimo di secondo. Dovrai centuplicare questo scenario per raffigurare quello che stai facendo, Lettore, mentre leggi questo testo con attenzione e comprensione totale (o anche parziale) rispetto ai significati coinvolti.

In sostanza, la combinazione di questi tre principi costituisce la base di ciò che pochi di noi avrebbero mai sospettato: un circuito di lettura che incorpora input di due emisferi, quattro lobi in ciascun emisfero (frontale, temporale, parietale e occipitale) e i cinque strati del cervello (dal più alto telencefalo e dal diencefalo adiacente più in basso, agli strati intermedi del mesencefalo, fino ai livelli più bassi del metencefalo e del mielencefalo). Chiunque sia ancora convinto della vecchia panzana che usiamo solo una minima porzione del nostro cervello non è ancora consapevole di ciò che facciamo quando leggiamo.

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Pagina 62

[...] Il principio neurologico di base - «se non lo usi, lo perdi» - è vero per ogni processo di lettura profonda. E, cosa ancora più importante, è valido per l'intero circuito plastico del cervello che legge. Soltanto se lavoriamo continuamente per sviluppare e usare le nostre complesse capacità analogiche e inferenziali, le reti neuronali su cui si fondano sosterranno la nostra abilità di essere analisti critici e riflessivi della conoscenza, anziché consumatori passivi di informazioni.




Analisi critica


Un'affermazione come questa ci porta inevitabilmente a parlare del ruolo chiave dell'analisi critica per il circuito della lettura profonda. Dalla prospettiva della scienza, dell'istruzione, della letteratura o della poesia, sul pensiero critico si è scritto più che su qualsiasi altro processo della lettura profonda, per il ruolo cruciale che riveste nella formazione intellettuale. Nonostante questo, l'analisi critica rimane difficile tanto da definire quanto da promuovere. Nella prospettiva del cervello che legge, il pensiero critico rappresenta la somma totale dei processi del metodo scientifico e amalgama il contenuto del testo con le conoscenze pregresse, le analogie, le deduzioni, le induzioni e inferenze varie, per poi usare questa sintesi nella valutazione delle premesse, delle interpretazioni e delle conclusioni dell'autore. Un'attenta formazione del ragionamento critico è il modo migliore per 'vaccinare' la prossima generazione contro informazioni manipolatorie e superficiali, che siano cartacee oppure digitali.

Detto questo, in una cultura che premia l'immediatezza, la facilità e l'efficienza, il tempo e lo sforzo richiesti per sviluppare tutti gli aspetti del pensiero critico ne fanno un'entità sempre più minacciata. La maggior parte di noi crede di esercitare il pensiero critico, ma se siamo onesti con noi stessi ci renderemo conto che lo facciamo molto meno di quanto pensiamo. Siamo convinti che gli dedicheremo del tempo 'più tardi', quell'invisibile cestino delle intenzioni perdute.

Nel suo bel libro Why Read? il critico letterario Mark Edmundson chiede:

Che cos'è esattamente il pensiero critico?.

E risponde spiegando che esso comprende la facoltà di esaminare e potenzialmente di confutare convinzioni e credenze personali. Poi domanda ancora:

Quale beneficio apporta questa facoltà del pensiero critico se crediamo in qualcosa e non siano disposti a modificare queste convinzioni? Ciò che definiamo pensiero critico generalmente non si manifesta affatto da una posizione prestabilita.

Edmundson mostra qui due minacce al pensiero critico collegate tra loro e non abbastanza discusse. La prima si manifesta quando una forte struttura di pensiero per comprendere e interpretare il nostro mondo (come un'opinione politica o religiosa) diviene talmente impenetrabile al cambiamento e rigidamente seguita da ottenebrare qualsiasi tipo di pensiero divergente, anche se basato su prove o qualità morali.

La seconda minaccia è l'assenza totale di qualunque sistema di convinzioni personali in molti dei nostri giovani, che non sanno abbastanza dei sistemi di pensiero del passato (ad esempio gli scritti di Sigmund Freud , Charles Darwin o Noam Chomsky ) o sono troppo impazienti per leggerli e imparare qualcosa. Di conseguenza, la loro capacità di apprendere il genere di pensiero critico necessario per la comprensione profonda può rimanere sottosviluppata. La mancanza di ambizioni intellettuali e l'adesione a un modo di pensare che non consente domande sono minacce al pensiero critico di tutti noi.

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Pagina 68

La formazione del circuito del cervello che legge è una conquista epigenetica unica nella storia intellettuale della nostra specie. All'interno di questo circuito, la lettura profonda cambia in modo significativo ciò che percepiamo, proviamo e sappiamo, e così facendo cambia, informa ed elabora il circuito stesso. Il disegno finale di Catherine Stoodley del cervello che legge illustra quanto meravigliosamente complesso diventi il circuito cerebrale del lettore esperto. Come racconterà la prossima Lettera, tuttavia, le implicazioni della plasticità del cervello che legge rendono le sue future iterazioni in ambito digitale una questione con importanti ripercussioni - e non poche incertezze.

Cordialmente,

la tua Autrice

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Pagina 71

L'iperattenzione è una delle inevitabili conseguenze di questo affollamento. Il critico letterario Katherine Hayles ha descritto l'iperattenzione come un fenomeno causato dal saltare rapidamente da un compito all'altro (il che a sua volta ne accresce il bisogno), elevati livelli di sollecitazione e una bassa soglia di tolleranza della noia. Già nel 1998 Linda Stone, che allora faceva parte del Virtual Worlds Group alla Microsoft, aveva coniato il termine attenzione parziale continua per definire il modo in cui i bambini interagiscono con i loro dispositivi digitali e poi con l'ambiente circostante. Da allora, questi dispositivi si sono moltiplicati in numero e diffusione, inclusi quelli per bambini molto piccoli. Un rapido sguardo intorno a voi sul prossimo volo aereo vi fornirà dati sufficienti per questa osservazione. Il tablet è diventato il nuovo ciuccio.

Ci sono costi nascosti per ogni età. Secondo un calcolo che trascuriamo largamente, più la sollecitazione digitale è costante, più prevalgono la noia e il tedio, espressi anche da bambini molto piccoli quando vengono loro sottratti i dispositivi. Inoltre, più si incrementa l'uso dei dispositivi, più l'intera famiglia diventa dipendente da periodi di accesso prolungato a fonti digitali d'intrattenimento, informazione e distrazione. L'iperattenzione, l'attenzione parziale continua e ciò che lo psichiatra Edward Hallowell chiama deficit di attenzione indotti dall'ambiente riguardano noi tutti. Dal momento in cui apriamo gli occhi al suono della sveglia impostata su uno dei nostri dispositivi digitali, passando poi a controlli ogni quindici minuti anche su altri dispositivi durante tutta la giornata, fino agli ultimi minuti prima di dormire quando facciamo il nostro 'eroico' invio finale di email per prepararci alla giornata successiva, noi viviamo in un mondo di distrazioni.

Non c'è il tempo, o l'impulso, per alimentare l'attività di un «occhio tranquillo», e ancora meno per alimentare la memoria di quanto abbiamo raccolto. Dietro i nostri schermi, a casa e al lavoro, abbiamo suturato i segmenti temporali delle nostre giornate in modo da poter spostare l'attenzione da un impegno all'altro o da una fonte d'informazione a un'altra. Tutto questo non può che cambiarci.

E siamo cambiati - in modi che, Lettore, avrai incominciato a percepire. Negli ultimi dieci anni siamo cambiati rispetto a quanto, come, che cosa e perché leggiamo, in una 'catena digitale' che connette tutti questi aspetti e ne pretende un tributo che abbiamo appena iniziato a quantificare.

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Pagina 80

Che cosa leggiamo


Tutto ciò che ha a che fare con la lettura è collegato: lettore, autore, editore, libro; in altri termini, il presente e il futuro della lettura. Nel tempo, gli effetti dei comportamenti che cambiano il modo in cui leggiamo non possono che riversarsi su quello che leggiamo e su come è scritto. Questi cambiamenti potrebbero avere un impatto su vari aspetti del linguaggio scritto, dall'abilità di dare tempo sufficiente alla decodifica dei vari strati di significato delle parole, all'uso di parole e frasi che richiedono e premiano un'analisi complessa, fino all'apprezzamento dello scrittore da parte della società. Italo Calvino ha scritto a questo proposito una frase imprescindibile:

[...] per lo scrittore in prosa, la riuscita sta nella felicità dell'espressione verbale, che in qualche caso potrà realizzarsi per folgorazione improvvisa, ma che di regola vuol dire una paziente ricerca del mot juste, della frase in cui ogni parola è insostituibile, dell'accostamento di suoni e di concetti più efficace e deciso di significato [...] ricerca d'un'espressione necessaria, unica, densa, concisa e memorabile.


I lettori del XXI secolo, che leggono superficialmente e saltabeccano qua e là a caccia di singole parole, perderanno metà dei termini dell'enunciato pieno di locuzioni di Calvino? Oppure, mentre colgono 'folgorazione', 'mot juste', 'accostamento efficace' e 'memorabile', penseranno di aver capito il punto, il senso - senza mai rendersi conto che hanno perso le tracce della verità conquistata con fatica e la bellezza di ogni singola parola e di ogni pensiero che lo scrittore ha selezionato attentamente e organizzato in una sequenza deliberata? Calvino ha dedicato la propria vita a raggiungere una forma di precisione, raffinatezza e leggerezza di scrittura che può diventare invisibile o, peggio, irrilevante per chi legge solo superficialmente, il che è il tipo di lettore che noi tutti potremmo diventare.

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Pagina 105

Levitin sostiene che i bambini diventano così abituati a un flusso continuo di concorrenti per la loro attenzione che il loro cervello è completamente immerso in ormoni quali cortisolo e adrenalina, quelli maggiormente associati agli stimoli dello stress e alla condizione 'combatti o fuggi'. Hanno solo tre o quattro anni, e qualche volta persino meno - ma dapprima ricevono passivamente e in seguito richiedono sempre più attivamente e su base regolare i livelli di stimolo di bambini molto più grandi. Come sostiene Levitin, quando i bambini e i giovani sono circondati da questo livello costante di stimolazione sensoria nuova, sono proiettati in uno stato d'incessante iperattenzione:

Il multitasking crea un circolo vizioso di dipendenza da dopamina, ricompensando efficacemente il cervello per la perdita di concentrazione e la continua ricerca di stimoli esterni.

Questa condizione amplificata può produrre diversi fenomeni relativamente nuovi nell'infanzia di oggi. Come osserva la psicologa clinica Catherine Steiner-Adair, autrice di Disconnessi, la lamentela più frequente dei bambini ai quali si chiede di disconnettersi è «mi annoio». Davanti alle abbaglianti possibilità che si trovano su uno schermo, i bambini piccoli sono inondati di stimoli sensori continui, cui si abituano e da cui finiscono gradualmente col dipendere. Quando la fonte di stimolazione costante viene portata via, reagiscono con uno stato di noia in apparenza eccessivo.

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Pagina 158

Una proposta di sviluppo


Incominciamo col costruire un'infanzia che non sia divisa tra due strumenti di comunicazione, ma che sia piuttosto, come ha detto Walter Ong, «immersa» nel meglio di entrambi - con altre opzioni ancora da venire. Tu sai già, Lettore, che cosa penso del ruolo della carta stampata e dell'introduzione graduale a un secondo strumento, quello digitale, nei primi cinque anni d'età. Sono i cinque anni successivi a costituire la vera sfida.

Per questo propongo un progetto relativamente semplice, e forse nuovo, per introdurre diverse forme di lettura e apprendimento basate su testi a stampa e testi digitali durante il periodo che va dai cinque ai dieci anni d'età. Il progetto generale si basa su ciò che sappiamo sull'insegnamento ad alunni bilingui (cioè con madre e padre che parlano ciascuno una lingua diversa) e che trascorrono la maggior parte del tempo con il genitore la cui lingua è meno parlata nel mondo esterno. Questi bambini imparano a parlare bene entrambe le lingue. Gradualmente superano gli inevitabili errori che sorgono nel passare dall'una all'altra, e alla fine sono in grado di attingere ai propri pensieri profondi in entrambe. Ma la cosa più importante è che durante questo processo imparano a passare in maniera esperta da un codice all'altro. E quando raggiungono l'età adulta, il loro cervello è un capolavoro di flessibilità linguistica e cognitiva, con cui venire in contatto in vari modi affascinanti.

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Pagina 162

Insegnare la saggezza digitale


Nello stesso periodo in cui i bambini imparano a leggere e a pensare attraverso il mezzo più lento della carta stampata, apprendono anche a pensare in modo diverso grazie a schermi su cui scorrono immagini in rapida successione. Nel nostro progetto i dispositivi digitali verrebbero introdotti come strumenti per imparare a programmare, una sorta di 'parco giochi', come lo chiama Marina Bers, studiosa di tecnologia della Tufts University, per imparare un'incredibile varietà di abilità creative digitali: dal produrre arte grafica e programmare robot Lego fino a creare composizioni musicali con GarageBand. Nessuno dei due mezzi occuperebbe una posizione privilegiata in classe. Imparando a programmare, i bambini sviluppano le abilità deduttive, induttive e analogiche necessarie all'apprendimento delle scienze, della tecnologia, della matematica e dell'ingegneria, che al tempo stesso costituiscono il nucleo dei processi del 'metodo scientifico' nel circuito della lettura. Iniziano a comprendere, ad esempio, l'importanza della sequenza, cosa che non accade nella lettura digitale (ed è infatti il suo principale punto debole), come riscontrato dalle ricerche di Anne Mangen.

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Il nostro obiettivo ultimo è lo sviluppo di un cervello davvero bi-alfabetizzato, capace di assegnare tempo e attenzione alle abilità di lettura profonda a prescindere dal mezzo usato. Queste non solo forniscono antidoti efficaci agli effetti negativi della cultura digitale quali la dispersione dell'attenzione e il logoramento dell'empatia, ma completano anche in modo positivo le influenze digitali. Un bambino che combina la lettura di racconti su bambini rifugiati con l'accesso online a filmati di migranti in attesa di sapere cosa ne sarà della loro vita in Grecia, Turchia o nello Stato di New York, sviluppa più empatia di un bambino che si limita a leggere della situazione. A prima vista sembra che i bambini del XXI secolo siano più coscienti che in precedenza del loro mondo connesso, ma questo non vuol dire che stiano costruendo quella conoscenza più profonda che consenta loro di provare che cosa significa essere qualcun altro e che cosa questo qualcun altro stia provando. Come ha ricordato Sherry Turkle in Insieme ma soli, spesso ai nostri bambini riesce più facile mandarsi messaggi mentre sono seduti sullo stesso sedile posteriore che scambiarsi pensieri faccia a faccia. Capacità di lettura profonda che coinvolgano mezzi di comunicazione diversi possono aiutare i bambini a costruirsi un'immaginazione compassionevole più sviluppata.

Se tutto procederà bene nel progetto che abbiamo proposto, quando raggiungeranno i dieci o dodici anni d'età i bambini saranno competenti nella lettura su due strumenti e vari mezzi di comunicazione, e in grado di passare senza sforzo dall'uno all'altro. Avranno cominciato a riconoscere per conto proprio qual è lo strumento migliore, in base al contenuto e all'attività di apprendimento, e sapranno come leggere e pensare in profondità, indipendentemente dal mezzo usato. Se riusciremo a raggiungere questi obiettivi con la maggior parte dei nostri bambini, la società, come ha scritto papa Francesco, sarà più sana e il mondo più umano.

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[...] Come detto in precedenza, Aristotele ha scritto nell' Etica Nicomachea che una buona società ha tre vite: la vita della conoscenza e della produttività; quella di svago, secondo l'interpretazione speciale dei Greci del concetto di ozio; e, infine, la vita della contemplazione. Anche il 'buon lettore' ha tre vite. La prima vita è quella in cui raccoglie informazioni e acquisisce conoscenza. Noi siamo immersi in questo tipo di vita.

Nella seconda vita si trovano in abbondanza le varie forme d'intrattenimento della lettura: la distrazione assoluta dalla realtà e il puro piacere di immergersi nei racconti della vita degli altri o in resoconti su misteriosi pianeti extrasolari appena scoperti o ancora in poesie che ci tolgono il respiro. Possiamo scegliere di evadere nei romanzi d'amore, entrare nei mondi meticolosamente ricreati dei romanzi di Kazuo Ishiguro, Abraham Verghese o Elena Ferrante, esercitare il nostro ingegno nei misteri di John Irving o nelle biografie dei santi di G.K. Chesterton o di quelle dei presidenti di Doris Kearns Goodwin; scoprire il viaggio epico e genetico della nostra specie con Siddhartha Mukherjee o Yuval Noah Harari: leggiamo per prendere quest'economico mezzo di trasporto che ci porta via dalla nostra frenetica vita di ogni giorno.

La terza vita del buon lettore è l'apice della lettura e il capolinea delle altre due vite: la vita di riflessione in cui - quale che sia il genere che stiamo leggendo - entriamo in un regno personale e totalmente invisibile, il nostro «ancoraggio privato», dove possiamo contemplare ogni tipo di esistenza umana e riflettere su un universo i cui veri misteri fanno sembrare minuscoli quelli della nostra immaginazione.

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Nel primo quarto del XXI secolo noi mescoliamo quotidianamente l'informazione con la conoscenza, e la conoscenza con la saggezza - con il risultato che tutte e tre diminuiscono. Soltanto l'assegnazione di tempo alle nostre funzioni inferenziali e critico-analitiche esemplificata dalla dinamica interattiva che governa i nostri processi di lettura profonda può trasformare l'informazione che leggiamo in una conoscenza che si consolida nella nostra memoria. Solo questa conoscenza interiorizzata, a sua volta, ci consentirà di trarre analogie o inferenze da nuove informazioni. Il discernimento della verità e del valore di nuove informazioni dipende da questo stanziamento di tempo. E le ricompense sono molte, incluso, paradossalmente, il tempo stesso - per utilizzi che altrimenti finirebbero relegati ai margini della nostra vita: ecco la mia via per raggiungere i frutti invisibili che provengono dalla terza vita, quella contemplativa.




La vita contemplativa


Tempo per la gioia


Nessuno può vedere tutto ciò che succede durante gli ultimi nanosecondi in cui leggiamo; va oltre i limiti attuali dei metodi di scansione cerebrale. Io voglio seguire con voi tracce meno visibili che conducono nella terza vita del lettore, nella quale percepiamo consciamente il tempo in modi diversi, incominciando con la gioia.

Durante questi ultimi momenti insieme, quindi, ti chiedo, Lettore, di provare su di te ciò che Calvino ha descritto come

[...] il tempo che scorre senza altro intento che lasciare che i sentimenti e i pensieri si sedimentino, maturino, si distacchino da ogni impazienza e da ogni contingenza effimera.


Calvino ha usato anche l'espressione latina Festina lente, 'affrettati lentamente', per sottolineare la necessità dello scrittore di rallentare il tempo. Io la uso qui per aiutarti a sperimentare la terza vita in modo più consapevole: sapere come rallentare lo sguardo e consentire ai tuoi pensieri di sedimentarsi preparandosi a ciò che segue.

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