|
|
| << | < | > | >> |Pagina 9 [ inizio libro ]Enrico-Massimiliano Ligre procedeva a piccole tappe sulla via di Parigi. Dei contrasti che opponevano il Re all'Imperatore, ignorava tutto. Sapeva solamente che la pace conclusa da qualche mese si sfilacciava già come un abito indossato troppo a lungo. Non era un segreto per nessuno che Francesco di Valois persisteva nell'adocchiare il Milanese come un amante sfortunato la sua bella; si sapeva da fonte sicura che si adoprava in silenzio a equipaggiare e adunare su i confini del duca di Savoia truppe nuove, per mandarle a raccattare a Pavia gli speroni che vi aveva perduti. Alternando a frammenti di Virgilio gli scarni racconti di viaggio di suo padre banchiere, al di là dei monti corazzati di ghiaccio Enrico-Massimiliano si figurava file di cavalieri scendere verso vasti paesi, ridenti e fertili come una visione: pianure rossastre, sorgenti gorgoglianti ove si abbeveravano bianche mandrie, città cesellate come scrigni, traboccanti d'oro, di spezie e di corami, opulente come empori, maestose come chiese; giardini popolati di statue, sale colme di manoscritti rari; donne in vesti seriche, affabili col grande capitano; ogni sorta di raffinatezze nelle vivande e nel vizio, e, su tavole di argento massiccio, in caraffe di vetro veneziano, lo splendore pastoso della Malvasia.
Alcuni giorni prima, aveva lasciato senza rimpianti la
casa natia di Bruges e il suo avvenire di figlio di
mercante. Un sergente zoppo, che si vantava di aver
militato in Italia al tempo di Carlo VIII, una sera gli
aveva rievocato a gesti le sue imprese e descritto le donne
e i sacchi d'oro di cui era riuscito a far man bassa nel
saccheggio delle città. Enrico-Massimiliano lo aveva
ricompensato di tante fanfaronate con una bicchierata
all'osteria. Tornato a casa, disse tra sé che era giunto il
momento di mettersi un po' in giro a dare un'occhiata per il
mondo. Il futuro conestabile fu in dubbio se arruolarsi
nelle truppe dell'Imperatore o in quelle del re di Francia;
finí col rimettere la decisione a testa o croce: perse
l'Imperatore. Una fantesca rivelò i suoi preparativi di
partenza. Enrico-Giusto lí per lí picchiò il figliuol
prodigo, poi, intenerito alla vista del piú piccino in
vesticciuola lunga, che, sorretto alla vita, muoveva i primi
passi sul tappeto del salone, augurò scherzosamente al
giovanotto vento in poppa tra quegli scervellati dei
francesi. Un po' per viscere paterne, molto per vanagloria,
e per dimostrare a se stesso di avere appoggi dappertutto,
si ripromise di scrivere a tempo debito al suo agente
lionese, Maitre Muzot, affinché raccomandasse quel suo
ingovernabile figlio all'ammiraglio Chabot de Brion, che
aveva grossi debiti con la banca Ligre. Enrico-Massimiliano
poteva ben scuotersi dalle suole la polvere della bottega
paterna, non per nulla si è figlio di un uomo che alza o
abbassa i corsi delle derrate a piacimento e che dà denaro
in prestito ai principi. La madre dell'eroe in erba gli
riempí le tasche di viveri e gli regalò di nascosto il
denaro pel viaggio.
|