Copertina
Autore Federico Zeri
Titolo I francobolli italiani
SottotitoloGrafica e ideologia dalle origini al 1948
Edizioneil melangolo, Genova, 1993 [1980], nugae 43 , pag. 82, cop.fle., dim. 105x160x10 mm , Isbn 978-88-7018-213-2
LettoreCorrado Leonardo, 2004
Classe storia sociale , storia contemporanea d'Italia , illustrazione , critica d'arte , paesi: Italia , collezionismo
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La funzione del francobollo è di affrancare la corrispondenza al fine di inoltrarla al destinatario, attraverso i servizi postali, pubblici o privati. Affinché possa espletare questa funzione, è indispensabile che il francobollo rechi l'indicazione dell'autorità che lo ha emesso (indicazione che denota anche l'origine della corrispondenza affrancata) includendo anche una cifra relativa al suo valore facciale. In altre parole, il francobollo è un mezzo di comunicazione grafica latore di due messaggi, l'uno relativo all'autorità emittente, l'altro riguardante il suo costo, che è anche il costo della funzione cui è destinato.

Costituito da un piccolo pezzo di carta dai contorni regolari, di formato rettangolare, quadrato o (raramente) triangolare (non interessa qui se il verso ne sia gommato o no, e neppure se i suoi margini siano dentellati o debbano essere singolarmente ritagliati con le forbici) il francobollo reca sulla sua faccia, eseguiti a stampa, i due messaggi che ne costituiscono gli elementi essenziali. In condizioni ideali, da cui fosse esente ogni elemento accessorio, dati costitutivi e funzione dovrebbero identificarsi. Ma tali condizioni vengono meno nella nascita stessa del francobollo, la cui genesi e la cui realizzazione comportano necessariamente una serie di scelte grafiche, tecniche e simboliche. Il tipo della stampa, i caratteri delle scritte e delle cifre, l'immagine con cui l'autorità emittente si dichiara, sono tutti dati da cui il bollo postale deriva una precisa posizione storica, ben più complessa di quel che sia implicito nel suo semplice atto di nascita. Ed è una posizione le cui radici assumono valori e legami culturali, divenuti via via più articolati con il diffondersi delle emissioni commemorative (di cui la più antica, dedicata al cinquantesimo anniversario dell'assunzione al trono della regina Vittoria, apparve nel 1887 nel Regno Unito d'Inghilterra) seguite poi da altri tipi, celebrativi di speciali occasioni, di avvenimenti di particolare significato politico, oppure relativi ad aspetti di costume e di arte, della fauna o della flora.

Beninteso, non mancheranno certo occasioni in cui il francobollo (come la carta moneta) potrà presentarsi sotto aspetti di estrema concisione, con le indicazioni indispensabili ridotte al minimo; ma anche in casi siffatti (e infrequenti) saranno il tipo della carta, l'anonimità generica dei caratteri di stampa, la rozzezza dell'esecuzione a costituire le precipue componenti di stile e di connotati, denunciando anormali circostanze di crisi sociale o politica, dalle quali è stata preclusa la necessaria gestazione preliminare, la rosa delle scelte e la cura nel realizzarle.

Provvisto di connotati così vari e complessi, di una carica semantica talmente ampia e di radici storiche e figurative tanto profonde e articolate, il francobollo può anche venir considerato e giudicato sotto il semplice profilo estetico, alla stregua cioè di un'incisione o di una stampa più o meno d'arte. Una lettura del genere non terrà in alcun conto la sua ricca (e praticamente infinita) serie di allusioni, simboli, riferimenti, né si preoccuperà di rilevare quello che è il suo significato primario: di essere un indicatore assai preciso di situazioni politiche e culturali. Ma come l'interpretazione delle opere figurative maggiori, siano esse dipinti o sculture, architetture o incisioni, risulta parziale, quando venga condotta sotto il solo ed esclusivo aspetto formale (senza tenere cioè in alcun conto i connotati iconografici o iconologici, e gli aspetti socio-culturali) risultandone una successione di testi figurativi avulsi dalla realtà storica e legati tra di loro da una astratta rete di rapporti di stile e di evoluzione delle forme; così la lettura del francobollo, se condotta in modo unilaterale sotto l'esclusivo aspetto grafico, rimane sorda e cieca ai suoi connotati più validi e significativi. In realtà, il francobollo è oggi il mezzo figurativo più stringato e concentrato di propaganda, quasi un manifesto murale ridotto ai minimi termini, dal quale il substrato sociale e politico si rivela con estrema chiarezza e pregnanza. Ed è anche il mezzo figurativo di propaganda più capillarmente diffuso, sia nei diversi strati della società, cioè a livello locale, sia, in senso orizzontale, per i suoi destinatari situati in un sistema terminale che ignora distanze e frontiere.

È bene ricordare che l'emissione dei primi francobolli postali spetta al Regno Unito d'Inghilterra, ed è del 6 maggio 1840. La loro adozione in Europa e altrove avvenne progressivamente, a volte con lentezza, a cominciare dal cantone di Zurigo (marzo 1843), dal Brasile (luglio 1843), dal cantone di Ginevra (ottobre 1843) e da quello di Basilea (luglio 1845), sino a entrare nell'uso universale. Quanto all'Italia e agli Stati preunitari, i primi francobolli sono del Lombardo-Veneto (10 giugno 1850), gli ultimi del regno delle Due Sicilie (alla data dello gennaio 1858 per Napoli, dello gennaio 1859 per la Sicilia). Tra tali estremi, gli Stati sardi decretano la prima serie il 10 gennaio 1851, seguiti dal granducato di Toscana il 10 aprile dello stesso anno, dallo Stato pontificio il 10 gennaio 1852 e dai ducati di Parma e di Modena il 10 giugno 1852.

Di questi francobolli degli antichi Stati italiani la lettura può effettuarsi a tre livelli, distinti ma strettamente legati tra loro: quello relativo alla data di emissione, l'altro riguardante i soggetti dell'immagine facciale, e il terzo rivolto al tipo, alla tecnica e alla qualità dell'incisione. Sul primo punto, le date di introduzione dei francobolli adesivi riflettono, nel loro scalarsi lungo un decennio, la capacità dei singoli poteri politici e delle loro burocrazie a comprendere l'importanza del nuovo mezzo per facilitare la corrispondenza postale; rispecchiano dunque la maggiore o minore disponibilità (adottando quanto veniva inventato e diffuso oltralpe) a rinnovarsi, snellirsi, adeguarsi alla tecnologia dei paesi industrialmente ed economicamente più avanzati. Sotto questo aspetto, è significativo che il Lombardo-Veneto accolga per primo l'innovazione, seguito dagli Stati sardi: le due aree cioè più avanzate industrialmente e più legate ai fatti culturali europei. Altrettanto sintomatico è che all'ultimo posto nel susseguirsi dell'adozione dei bolli stia il regno delle Due Sicilie, sulla cui struttura economica essenzialmente agricola (nonostante taluni impulsi all'apertura industriale) e sulla cui tendenza a respingere o comunque a guardare con sospetto le innovazioni provenienti dai paesi liberali sarebbe superfluo insistere in questa sede. Del resto, la Russia zarista aveva iniziato l'emissione di francobolli nel 1857, un anno soltanto prima di Napoli, quando Francia e Belgio li avevano adottati sin dal 1849.

Circa le vignette che appaiono nelle serie dei diversi Stati italiani, esse non escono dal repertorio di semplice alternativa (del resto comune a gran parte delle più antiche emissioni europee) per cui la scelta cade sull'effigie del monarca oppure sull'emblema araldico dello Stato.

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Resta invece da esaminare, seppure in modo sommario, le ulteriori vicende del francobollo italiano, nei primi anni dopo la fine del conflitto voluto dal fascismo e che vide l'Italia tra i perdenti.

Non è il caso, data la povertà improvvisata dei risultati, discutere le emissioni seguite all'8 settembre 1943; anche perché si tratta di riprese e di rifacimenti (sopprimendo l'emblema del fascio) della vecchia serie normale del 1929. La prima serie del dopoguerra, basata su bozzetti nuovi, è quella emessa il 1° ottobre 1945, e soprannominata democratica. Le vignette, dovute a vari artisti, sono di insignificante valore figurativo, in accordo con la retorica, vacua e consunta, che ne costituisce la tematica: «un pesante martello che spezza una catena», «una mano che pianta nel terreno un ramoscello d'olivo», «un lavoratore dei campi che lega a un sostegno verticale una giovane pianticella», «un uomo che stringe una face ardente [...] con la fiamma piegata dall'impeto della corsa [...] simbolo della fiaccola della libertà inestinguibile nell'Italia». Altrove, non manca l'accento demagogico, come nei valori da 20 centesimi e da 5 lire, che presentano «un gruppo familiare di lavoratori inquadrato nella sagoma di una bilancia a piatti in perfetto equilibrio», che simboleggia la giustizia sociale. Ricompare infine, nei valori più alti della serie (anche se sotto connotati nuovi) la vecchia retorica patriottico-romanista; vi si vede infatti «un tronco di una vecchia quercia spezzato a poca distanza dal suolo, dal quale si alzano alcuni esili rami che recano nuove foglie, simbolo della rinascita del Paese. Nel cielo dietro il tronco si scorge, come una visione luminosa, la figura della Dea Roma, ispirata alla statua che si erge sull'altare della Patria». Si è voluto evidenziare, per questa serie, il commento che se ne legge nel volume sui Francobolli dello Stato Italiano edito dal Ministero delle poste e delle telecomunicazioni (1959): sono parole estremamente significative da cui risalta non già la restaurazione (ché di restaurazione sarebbe improprio parlare), bensì la perfetta continuità dell'ossatura burocratica dello Stato italiano fascista e postfascista, della sua ideologia e della sua capacità a mascherarne l'essenza dietro slogan alla moda, ora quello libertario. Continuità, dunque, che si rivela anche nella serie emessa il 31 ottobre 1946 per celebrare il referendum che il 2 giugno dello stesso anno aveva segnato la fine della monarchia: gli otto valori che la compongono sono basati su bozzetti di Corrado Mezzana ritornato al ruolo di protagonista del francobollo italiano dopo una effimera fase di eclissi «epurativa». Le vignette illustrano le repubbliche italiane del Medioevo, Amalfi, Lucca, Siena, Firenze, Pisa, Genova e Venezia, mentre il valore più alto riprende la tela del Giuramento di Pontida quale lo immaginò il pittore ottocentesco Amos Cassioli. Dal travisamento, in chiave nazionalista, della storia di Roma antica, si passa ora a quello della storia dell'Italia medievale, in un'atmosfera che si fa sempre più pesante e sempre più cattolica (specie dopo che la nuova Costituzione, proclamata il 10 gennaio 1948, ha incluso i Patti lateranensi tra i suoi articoli). È ancora il Mezzana, con i quattro valori emessi il 10 marzo 1948 in memoria di santa Caterina da Siena, a inaugurare la successione di temi celebrativi cattolici da cui è caratterizzato il francobollo italiano di questi ultimi decenni, in una vicenda che appartiene ad altro e diverso capitolo, e che esula dall'argomento del presente scritto.

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