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| << | < | > | >> |IndiceI. L'ignoranza dell'architettura p. 13 II. Lo spazio, protagonista dell'architettura 21 III. La rappresentazione dello spazio 35 IV. Le diverse età dello spazio 53 La scala umana dei greci 56 Lo spazio statico di Roma antica 59 La direttrice umana dello spazio cristiano 63 L'accelerazione direzionale e la dilatazione di Bisanzio 66 La barbarica interruzione dei ritmi 70 La metrica romanica 73 I contrasti dimensionali e la continuità spaziale del gotico 76 Le leggi e le misure dello spazio del Quattrocento 81 Volumetria e plastica cinquecentesca 87 Il movimento e l'interpenetrazione nello spazio barocco 92 Lo spazio urbanistico dell'Ottocento 97 La «pianta libera» e lo spazio organico dell'età moderna 100 V. Le interpretazioni dell'architettura 109 L'interpretazione politica 112 L'interpretazione filosofico-religiosa 114 L'interpretazione scientifica 115 L'interpretazione economico-sociale 116 Interpretazioni materialistiche 119 L'interpretazione tecnica 123 Le interpretazioni fisio-psicologiche 125 L'interpretazione formalista 131 Dell'interpretazione spaziale 142 VI. Per una storia moderna dell'architettura 153 Note 161 Bibliografia 169 Indice dei nomi citati 187 Indice dei luoghi e dei monumenti citati 191 Indice delle illustrazioni nel testo 195 Indice delle tavole fuori testo 197 |
| << | < | > | >> |Pagina 21La mancanza di una soddisfacente storia dell'architettura deriva dalla disabitudine della maggioranza degli uomini di intendere lo spazio, e dall'insuccesso degli storici e dei critici dell'architettura nell'applicare e diffondere un coerente metodo di studio spaziale degli edifici. Tutti coloro che hanno anche fuggevolmente riflettuto sull'argomento sanno che il carattere precipuo dell'architettura - il carattere per cui essa si distingue dalle altre attività artistiche - sta nel suo agire con un vocabolario tridimensionale che include l'uomo. La pittura agisce su due dimensioni, anche se può suggerirne tre o quattro. La scultura agisce su tre dimensioni, ma l'uomo ne resta all'esterno, separato, guarda dal di fuori le tre dimensioni. L'architettura invece è come una grande scultura scavata nel cui interno l'uomo penetra e cammina. Quando volete costruire una casa, l'architetto vi presenta una prospettiva di una sua veduta esterna e magari un'altra della stanza di soggiorno. Poi vi sottopone piante, facciate e sezioni, cioè rappresenta il volume architettonico scomponendolo nei piani che lo racchiudono e lo dividono: pareti esterne ed interne, piani verticali e orizzontali. Dall'uso di questo metodo rappresentativo, riportato nei libri tecnici di storia dell'architettura e aggettivato nei testi popolari di storia dell'arte con fotografie, deriva in larga misura la nostra ineducazione spaziale. La pianta di un edificio non è infatti che un'astratta proiezione sul piano orizzontale di tutte le sue mura, una realtà che nessuno vede se non sulla carta, la cui ultima giustificazione dipende dalla necessità di misurare, per gli operai che devono eseguire materialmente il lavoro, le distanze tra i vari elementi della costruzione. Le facciate e gli spaccati, interni ed esterne, servono a misurare le altezze. Ma l'architettura non deriva da una somma di larghezze, lunghezze e altezze degli elementi costruttivi che racchiudono lo spazio, ma proprio dal vuoto, dallo spazio racchiuso, dallo spazio interno in cui gli uomini camminano e vivono. In altre parole, noi adoperiamo come rappresentazione dell'architettura il trasferimento pratico che l'architetto fa delle misure che la definiscono per uso del costruttore. Ai fini del saper vedere l'architettura, ciò equivale pressappoco ad un metodo che, per illustrare una pittura, desse le dimensioni della cornice o calcolasse le spaziature dei vari colori riproducendole staccatamente. È ovvio che una poesia è qualche cosa di piú che una somma di bei versi; quando la giudicate, ne studiate il contesto, l'insieme, e anche se poi procedete all'analisi dei singoli versi, fate questa analisi in funzione e in nome di quell'insieme. Chi si vuole iniziare allo studio dell'architettura deve anzitutto comprendere che una pianta può essere astrattamerite bella sulla carta, quattro facciate possono apparire ben studiate per equilibrio dei pieni e dei vuoti, di aggetti e di rientranze, il volume complessivo può anche essere proporzionato, eppure l'edificio può risultare povera architettura. Lo spazio interno, quello spazio che, come vedremo nel prossimo capitolo, non può essere rappresentato compiutamente in nessuna forma, che non può essere appreso e vissuto se non per esperienza diretta, è il protagonista del fatto architettonico. Impossesarsi dello spazio, saperlo «vedere», costituisce la chiave d'ingresso alla comprensione degli edifici. Fino a che non avremo imparato non solo a comprenderlo in sede teorica, ma ad applicarlo come elemento sostanziale nella critica architettonica, una storia e perciò un godimento dell'architettura non ci saranno che vagamente concessi. Ci dibatteremo in un linguaggio critico che giudica gli edifici in termini propri della pittura e della scultura, e tutt'al piú elogeremo lo spazio astrattamente immaginato e non concretamente sentito. Gli studi e le ricerche si limiteranno ai contributi filologici - i dati sociali, cioè della funzione, i dati costruttivi, cioè della tecnica, i dati volumetrici e decorativi, cioè della plastica e della pittura - certamente assai utili, ma inefficaci a far intendere il valore dell'architettura una volta che se ne dimentichi l'essenza, il sostantivo che è lo spazio. Continueremo ad adoperare parole come «ritmo», «scala», «balance», «massa» nel vago, fino a che non avremo dato loro uno specifico punto di applicazione nella realtà in cui si concreta l'architettura: lo spazio. Una parte immensa e certamente sproporzionata delle pagine sull'architettura che si trovano nelle storie scolastiche dell'arte è dedicata alla storia scultorea, alla storia pittorica, alla storia sociale, magari alla storia psicologica (attraverso lo studio della personalità degli autori) degli edifici, non alla loro realtà architettonica, alla loro essenza spaziale. Questo materiale è senza dubbio prezioso: per chi ignora l'inglese e intende leggere l' Amleto, è utilissimo imparare il significato di ogni parola, poi attraverso lo studio dei verbi cogliere il senso delle frasi, poi conoscere la storia britannica del XVI secolo e le vicende materiali e psicologiche della vita di Shakespeare. Ma sarebbe assurdo dimenticare, durante questa laboriosa preparazione, il suo motivo originale e il suo ultimo scopo, che è quello di rivivere il tragico poema. Tutto il lavoro archeologico-storico e filologico-critico in tanto è utile in quanto prepara e arricchisce la possibilità sintetica di una storia dell'architettura. Che cos'è l'architettura? E, ciò che piú interessa ora, che cos'è la non-architettura? È esatta l'identificazione tra architettura e edilizia artistica, e non-architettura e edilizia brutta? In altre parole, la distinzione tra architettura e non-architettura si basa su un giudizio meramente estetico? E che cos'è questo spazio protagonista dell'architettura? Quante sono le sue dimensioni?
Queste sono le immediate domande che si pongono alla
critica architettonica. Vediamo di rispondere cominciando
dall'ultima che è la piú specifica.
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