Copertina
Autore Jean Ziegler
CoautoreSally-Anne Way, Christophe Golay
Titolo Dalla parte dei deboli
SottotitoloIl diritto all'alimentazione
EdizioneMarco Tropea, Milano, 2004, Le Querce , pag.160, cop.fle., dim. 140x213x16 mm , Isbn 978-88-438-0491-7
OriginaleLe droit à l'alimentation [2002]
TraduttoreMonica Fiorini
LettoreRiccardo Terzi, 2006
Classe diritto , politica , storia sociale , globalizzazione
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Indice


La fame e i diritti dell'uomo                        11

IL DIRITTO ALL'ALIMENTAZIONE
Introduzione 41 I. Definizione del diritto all'alimentazione 47 II. Il diritto all'alimentazione nelle situazioni 57 di conflitto armato III. L'acqua potabile e il diritto all'alimentazione 66 IV. Commercio internazionale e diritto 73 all'alimentazione V. Misure concrete ai fini della promulgazione 82 di una legislazione nazionale VI. Misure concrete intese ad assicurare 89 la sicurezza alimentare locale VII. Conclusioni e raccomandazioni 94
APPENDICE. Missione in Niger
Introduzione 103 I. L'insicurezza alimentare e il diritto 107 all'alimentazione in Niger II. Il quadro giuridico del diritto 114 all'alimentazione in Niger III. Il quadro politico della lotta 121 contro l'insicurezza alimentare IV. Principali preoccupazioni in merito alla 127 realizzazione del diritto all'alimentazione V. Conclusioni e raccomandazioni 141 Epilogo 145 Note 147  

 

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Pagina 11

La fame e i diritti dell'uomo



I. Il sole rosso degli altipiani del Goiàs tramonta dietro le nere sagome di cemento e di vetro. A Brasilia, durante l'estate australe, la notte cala alle sette. Gli ultimi raggi fiammeggianti colpiscono le vetrate del palazzo del Planalto. Nell'ampio ufficio del presidente della repubblica, dove i raggi rossi attraversano le lamelle delle veneziane, l'udienza dura già da oltre due ore. Luis Inàcio Lula da Silva parla della sua infanzia e della sua adolescenza, segnate da fame e privazioni. È un uomo molto simpatico. Nel suo carattere si combinano determinazione e tenerezza.

Nato a Garanhuns, un villaggio rurale sperduto nell'immenso Nordeste devastato dal latifondismo, dai pistoleros dei proprietari terrieri, dalle siccità ricorrenti e dalla schiavitù, Lula e i suoi sette fratelli e sorelle devono la loro sopravvivenza al coraggio di una donna eccezionale, la loro madre Linda. Dopo un viaggio di tredici giorni su un camion diretto verso sud, la famiglia, che il padre aveva abbandonato diversi anni prima, aveva trovato rifugio nella Baixada Santista, una delle peggiori favelas di São Paulo.

Dice un proverbio brasiliano: "Se a Nord si muore di fame, è perché a Sud ci sono le pattumiere". Da adolescente Lula era uno dei brincaderos della Praça da Sé. Come decine di migliaia di altri ragazzini della megalopoli, si nutriva grazie alla spazzatura dei ricchi. Più tardi sarebbe diventato manovale, poi operaio metallurgico e infine leader sindacale in un'industria di São Bernardo do Campo, una città della cintura industriale dell'immensa São Paulo.

«Loro vennero a cercarmi durante la notte» racconta il presidente. "Loro" sono gli uomini del commissario Romeu Tuma, uno dei più temuti sbirri della dittatura militare. «Mi sentii molto sollevato» aggiunge sorridendo. Non capisco: la tortura, le peggiori umiliazioni non erano forse ciò che attendeva ogni prigioniero politico? «Sì, sì, mi sentivo sollevato» insiste Lula, «non pensavo che sarei stato arrestato, ero convinto che sarei stato ucciso dagli squadroni della morte, come tanti nostri compagni.»

Presidente del sindacato metallurgico di São Bernardo e Diadema, Lula era detenuto dal Departamento de Ordem Política e Social (DOPS), tristemente noto per la sua pratica quotidiana della tortura. Nell'aprile 1980 Amnesty International adottò Lula e una ventina di altri sindacalisti arrestati insieme a lui, in quanto prigioniero per reati di opinione, e lanciò una serie di azioni internazionali per ottenere la sua liberazione e quella dei suoi compagni, liberazione che ebbe luogo il 21 maggio 1980. Nel 1982 Lula fu condannato a tre anni e mezzo di prigione.

Oggi il governo brasiliano conta fra i suoi membri cinque ex comandanti - uomini e donne - della guerriglia urbana o rurale. Il più vicino collaboratore del presidente, il suo capo di gabinetto (capo della Casa civile, secondo la terminologia ufficiale), si chiama José Dirceu. Nome leggendario della resistenza alla dittatura, fu arrestato dalla polizia politica e poi scambiato con l'ambasciatore degli Stati Uniti in Brasile, rapito dalla guerriglia. A Cuba subì alcune operazioni di plastica facciale. Dotato di una nuova identità e di un nuovo volto, tornò in Brasile per riprendere la lotta all'interno dello stato di São Paulo.


Il Brasile è la decima potenza economica del mondo e uno dei paesi più affascinanti del pianeta. Su 176 milioni di abitanti, 44 milioni sono gravemente e cronicamente sottoalimentati. Il Brasile, insieme al Sudafrica, è il paese in cui le disuguaglianze sono più accentuate: il 2 percento dei proprietari terrieri possiede il 43 percento delle terre arabili; novanta milioni di ettari di terre arabili non sono coltivati; quattro milioni e mezzo di famiglie di contadini senza terra, umiliate e miserabili, errano per le strade di questo immenso territorio. La fame fa stragi nelle bidonville che si insinuano in tutti gli interstizi urbani e circondano le megalopoli. Nei villaggi rurali e nelle campagne, dove vive il 42 percento della popolazione, il kwashiorkor, la cecità dovuta alla mancanza di vitamina A, l'anemia, gli attacchi mortali di diarrea causati dall'acqua inquinata mietono ogni anno centinaia di migliaia di vittime.

Ricordo con angoscia gli esseri famelici, lividi, sporchi, vestiti di stracci, dagli sguardi sfuggenti, che ho visto vagare nella periferia occidentale di Rio de Janeiro, sotto il ponte dell'autostrada che collega il centro all'aeroporto Galeón, sull'Ilhâ do Governador. Vengono chiamati flagelados ("flagellati", "bastonati") questi immigranti che la siccità e la crudeltà dei fazendeiros hanno scacciato dagli stati del Nordeste. Di giorno vagano alla ricerca di cibo, senza prospettive, senza futuro, senza dignità. Di notte la polizia militare li taglieggia, li picchia e a volte li uccide.

[...]

II. Per un banchiere di Wall Street o di Zurigo, un sacco di riso è una merce come un'altra. Il suo prezzo di costo (comprendente trasporto, assicurazione, immagazzinamento ecc.) può essere determinato solo dal libero gioco del mercato, più precisamente dalle speculazioni alla Borsa delle materie prime agricole di Chicago (Chicago Commodity Stock Exchange), dove quotidianamente vengono fissati i prezzi di quasi tutti i generi alimentari esistenti sulla terra. Per l'affamato, al contrario, l'accesso a un'adeguata forma di nutrimento quotidiano, capace di assicurare un'esistenza fisica e psichica soddisfacente, libera dall'angoscia e dignitosa, costituisce una questione di vita o di morte.

Ogni giorno centomila persone muoiono di fame o per le conseguenze immediate della fame. Attualmente, ogni cinque secondi un bambino al di sotto dei dieci anni muore di fame o di malattie a essa legate. Sei milioni di bambini al di sotto dei dieci anni saranno morti di fame entro la fine di quest'anno. Nel 2004, la fame sta uccidendo più esseri umani di tutte le guerre condotte durante l'anno.

Che ne è della lotta contro la fame?

Sta arretrando.

Nel 2001, ogni sette secondi moriva di fame un bambino al di sotto dei dieci anni.

Nel 2001, 826 milioni di esseri umani divennero invalidi a causa di sottoalimentazione grave e cronica. Oggi le vittime sono 841 milioni.

Tra il 1995 e il 2004 il numero delle vittime della sottoalimentazione grave e permanente è aumentato di 28 milioni.

Il massacro continua e si aggrava.

Tutto ciò accade su un pianeta che rigurgita di ricchezze. Allo stadio attuale di sviluppo delle sue forze produttive agricole, il pianeta potrebbe nutrire senza problemi dodici miliardi di esseri umani, il doppio dell'attuale popolazione mondiale. Chi muore di fame muore assassinato. Questo massacro quotidiano per fame non obbedisce ad alcuna fatalità. Dietro ogni vittima c'è un assassino. L'attuale ordine mondiale non è solo omicida: è anche assurdo.

Jean-Jacques Rousseau ha scritto: "Tra il debole e il forte è la libertà che opprime e la legge che libera". Per ridurre le conseguenze disastrose delle politiche di liberalizzazione e di privatizzazione estrema praticate dai padroni del mondo e dai loro mercenari (FMI, Organizzazione mondiale del commercio), l'Assemblea generale delle Nazioni unite ha deciso di creare un nuovo diritto dell'uomo, il diritto all'alimentazione, e di rendere gradualmente possibile il ricorso ai tribunali in nome di questo diritto.

La definizione di questo nuovo diritto comporta i seguenti elementi: il diritto all'alimentazione prevede la possibilità di un accesso regolare, permanente e libero, sia direttamente sia tramite acquisti monetari, a un nutrimento qualitativamente e quantitativamente adeguato e sufficiente, corrispondente alle tradizioni culturali della popolazione alla quale appartiene il singolo e capace di assicurare una vita psichica e fisica, individuale e collettiva, priva di angoscia e dignitosa.

Tutti i diritti dell'uomo sono universali, interdipendenti ed equivalenti. Non si possono, evidentemente, contrapporre i diritti politici e civili ai diritti economici, sociali e culturali. La volontà di rendere possibile il ricorso ai tribunali in nome del diritto umano all'alimentazione è nata da un'evidenza che Bertolt Brecht riassume in questi termini: "Una scheda elettorale non nutre l'affamato".

Il presente libro non analizza le cause economiche, sociali e politiche del massacro quotidiano dovuto alla fame. Si limita a esplorare la genesi di una specifica arma di risposta: il diritto umano all'alimentazione, appunto.


III. I diritti dell'uomo purtroppo non fanno parte del diritto positivo. Questo significa che non esiste ancora nessun tribunale internazionale che possa rendere giustizia all'affamato, difendere il suo diritto all'alimentazione, sanzionare il suo diritto di produrre personalmente i propri alimenti o di procurarseli attraverso l'acquisto, e proteggere il suo diritto alla vita.

[...]

V. Dietro il cinismo e l'arroganza di altri governi si nasconde spesso un potere occulto, quello esercitato dalle società multinazionali del settore agroalimentare. Per esempio, il 15 ottobre 2002, alla vigilia della Giornata mondiale per la lotta contro la fame, ho tenuto una conferenza stampa al Palazzo delle Nazioni di Ginevra. Nell'Africa australe (Zimbabwe, Zambia, Malawi, Sud dell'Angola), tredici milioni di persone erano sull'orlo della fame. I responsabili della catastrofe? Una prolungata siccità, una riforma agraria caotica (Zimbabwe), gli effetti di una guerra atroce (Angola), il sottosviluppo economico generalizzato e la debolezza delle infrastrutture. Il PAM aveva cominciato a distribuire migliaia di tonnellate di cereali, in particolare mais geneticamente modificato; l'80 percento di queste forniture proveniva da eccedenze americane. Il presidente dello Zambia chiese che le distribuzioni fossero interrotte. Definì questo mais poisoned food, cibo avvelenato.

Durante la mia conferenza stampa, una giovane sudafricana, accreditata al Palazzo delle Nazioni, mi chiese quale fosse la mia opinione sulla posizione dello Zambia. La mia risposta fu ovvia. Sulla questione della nocività a medio e lungo termine degli alimenti geneticamente manipolati per la salute umana la comunità scientifica internazionale è profondamente divisa. L'Unione europea applica il principio di precauzione, vietando sul proprio territorio il libero commercio di organismi geneticamente modificati (OGM). Il mio punto di vista è semplice: un presidente africano ha gli stessi diritti di un presidente francese o tedesco e può, di conseguenza, rifiutare di lasciar entrare liberamente gli OGM sul suo territorio. Nel caso dello Zambia esisteva un altro problema: negli anni in cui il raccolto è più abbondante, il paese esporta le sue eccedenze di mais nei paesi dell'Unione europea. Se il mais dello Zambia fosse geneticamente modificato, non potrebbe più essere venduto a quei paesi, dal momento che l'Unione europea proibisce l'importazione di OGM. Il presidente dello Zambia vinse la sua battaglia e il PAM dovette sostituire il mais americano geneticamente modificato con mais naturale.

Dietro l'operazione umanitaria condotta attraverso la fornitura di mais geneticamente modificato vi era la volontà della multinazionale Monsanto di penetrare nel mercato dello Zambia. Di fatto, i contadini dello Zambia prelevano dagli aiuti umanitari la parte di mais che sarà utilizzata per la semina successiva. Se gli aiuti umanitari sono costituiti da mais geneticamente modificato, il raccolto dell'anno seguente e tutti gli altri raccolti a venire saranno costituiti da OGM.

Ma le sementi geneticamente modificate sono protette da un brevetto mondiale detenuto dal trust Monsanto. I contadini dello Zambia, poveri come Giobbe, sarebbero stati strangolati dalle tasse che la multinazionale avrebbe avuto il diritto di esigere ogni anno per l'utilizzo del suo brevetto.

Il rifiuto opposto dal presidente dello Zambia ha quindi scongiurato una catastrofe finanziaria per i contadini.

Il mio appoggio alla posizione dello Zambia provocò la collera del governo degli Stati Uniti. Il capo della rappresentanza americana accreditata a New York si rivolse direttamente al segretario generale Kofi Annan. L'ambasciatore americano presso l'ONU a Ginevra si appellò all'alto commissario per i diritti umani, Sérgio Vieira de Mello. Il segretario generale e l'alto commissario, entrambi uomini di saldi princìpi e di convinzioni irriducibili, difesero l'indipendenza del relatore.

Alla terza Commissione dell'Assemblea generale dell'ONU a New York, nel novembre 2002, subii un attacco violento e personale da parte dell'ambasciatore Sicham Sive, delegato americano presso il Consiglio economico e sociale. Mi accusò di "favorire la fame nell'Africa australe" e di "dubitare della generosità del popolo americano".

Dietro questo conflitto si nascondono in effetti enormi interessi finanziari. Le piante geneticamente modificate - una spiga di riso o di mais, per esempio - aumentano in un primo tempo la produttività del contadino. La spiga è più grande, più resistente alle intemperie ecc. Ma la pianta geneticamente modificata è protetta da un brevetto. Da millenni, il contadino preleva liberamente da ogni raccolto i semi necessari al raccolto successivo. Se utilizza OGM, questa libertà viene meno: il trust agroalimentare che detiene il brevetto gli chiede di pagare una tassa su ogni prelievo. I gelidi mostri dell'agroalimentare non hanno emozioni. La multinazionale Monsanto, per esempio, porta avanti attualmente diverse procedure giudiziarie contro coltivatori canadesi che rifiutano di pagare questa tassa. La Monsanto vince questi processi e intasca somme astronomiche. Per i contadini africani, gli OGM possono significare la rovina finanziaria; per i giganti dell'agroalimentare, al contrario, l'aiuto umanitario per mezzo degli OGM costituisce il metodo ideale per introdursi in un paese il cui governo vieta le sementi geneticamente modificate.

L'offensiva diplomatica americana contro di me è fallita: durante la sua cinquantanovesima sessione, la Commissione per i diritti dell'uomo delle Nazioni unite ha approvato il mio rapporto.

[...]

X. La Carta delle Nazioni unite, promulgata il 26 giugno 1945, comincia con queste parole:

Noi, popoli delle Nazioni unite, decisi [...] a creare le condizioni in cui la giustizia e il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e dalle altre fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti, a promuovere il progresso sociale e un più elevato tenore di vita in una più ampia libertà...

La Carta è costituita da centoundici articoli, che si rivolgono esclusivamente agli stati. Il preambolo è solo un'invocazione poetica. Anche il nome "Nazioni unite" è menzognero: i vincitori del 1945, autori della Carta, credevano solo nello stato. Sono dunque cinquantatré gli stati che compongono la Commissione per i diritti dell'uomo, depositaria e custode dei valori morali dell'organizzazione. Tutte le procedure e tutte le dichiarazioni, quella del 1948 come quella del 1993 (sui diritti sociali, economici e culturali), si rivolgono soltanto agli stati.

L'Assemblea generale, il parlamento dell'ONU, è composta da delegati dei centonovantadue stati membri. Se il sogno dei padri fondatori di San Francisco diventasse un giorno realtà, sarebbe il Consiglio di sicurezza, di cui fanno parte quindici rappresentanti degli stati, a diventare il governo del mondo.


Nel decennio passato, i principali vettori del modo di produzione capitalistico (monopolizzazione e multinazionalizzazione) hanno realizzato la fusione progressiva e forzata delle economie nazionali in un mercato capitalista mondiale e in un cyberspazio unificato. Una tirannia planetaria del capitale finanziario ha preso piede, esercitata da oligarchie detentrici esclusive del capitale, aiutate nei loro disegni da organizzazioni quali il WTO, il FMI e la Banca mondiale. L'integrazione forzata delle economie nazionali nel mercato globalizzato, la monetarizzazione progressiva delle relazioni umane e l'ideologia neoliberista professata e imposta dai padroni (che attribuisce all'azione di leggi naturali qualsiasi evento di tipo economico) hanno condotto a una rottura radicale con i valori dell'Illuminismo. Le oligarchie e i loro seguaci hanno provocato danni irreparabili allo stato nazionale repubblicano, che nel corso degli ultimi dieci anni ha perso una buona parte del suo potere normativo.

È a questo stato che la carta attribuisce il compito di proteggere, sviluppare e attuare i diritti dell'uomo.


La prima Dichiarazione dei diritti dell'uomo è quella concepita dai rivoluzionari americani a Philadelphia nel 1776. La seconda fu promulgata dai rivoluzionari francesi nel 1789. La terza dalle Nazioni unite il 10 dicembre 1948.

La politica di liberalizzazione e di privatizzazione a oltranza messa in opera dal WTO e dal FMI distrugge la capacità normativa dello stato, disconosce l'eredità dell'Illuminismo, priva i diritti dell'uomo del loro fondamento naturale.


XI. Ritorniamo alla questione di fondo. Le Nazioni unite sono il nuovo soggetto storico transnazionale capace di imporre al capitalismo della giungla un ordine umano, una globalizzazione dei diritti democratici, una coscienza pubblica universale? Il mercato capitalista unificato priva gli stati nazionali del loro potere normativo. Le Nazioni unite possono compensare questo vuoto? Hanno la capacità teorica e pratica, i mezzi politici per far fronte al decadimento dello stato? Possono assumere in sua vece le funzioni protettrici e regolatrici indispensabili a ogni società civilizzata? La risposta, evidentemente, è no.

In luogo della sicurezza collettiva, a trionfare oggi sono la NATO e la logica imperiale americana. Il sogno del progresso condiviso lascia il posto a un crescente sottosviluppo, all'emarginazione, alla distruzione attraverso la miseria di una parte sempre più grande dell'umanità. L'arbitrato internazionale propugnato dalle Nazioni unite è spazzato via dall'arroganza dell'impero americano. E che dire dell'equa distribuzione dei beni su questo pianeta? Una chimera... La mano invisibile del mercato decide giorno per giorno chi è destinato a vivere e chi a morire.

I predatori trionfano. Impongono al mondo la privatizzazione. Invece di affrontarli, le Nazioni unite cercano di ammansirli. Senza successo.


Che fare? Mobilitare le forze popolari, organizzare la resistenza.

Usare tutte le armi di cui disponiamo, mettendo al servizio di questa lotta tutto il nostro sapere e le nostre forze.


XII. Un relatore speciale delle Nazioni unite redige rapporti generali e rapporti di missione consacrati all'analisi di situazioni specifiche. In seguito li discute davanti all'Assemblea generale delle Nazioni unite a New York o durante le sessioni plenarie della Commissione per i diritti dell'uomo, che si riunisce a Ginevra. Fra tutti i rapporti generali e i rapporti di missione da me presentati fino a oggi, ne ho scelti due in particolare: quello che ho discusso davanti all'Assemblea generale delle Nazioni unite nel 2001 e quello che ho presentato alla Commissione per i diritti dell'uomo nel 2002 sulla mia missione in Niger. I rapporti sono stati redatti in inglese. Tutti gli altri rapporti generali e rapporti di missione, così come tutte le denunce di governi responsabili di violazioni del diritto all'alimentazione, possono essere consultati su Internet agli indirizzi www.unhchr.ch e www.righttofood.org.

Le edizioni Mille et une nuits hanno deciso di pubblicare i due rapporti senza apportarvi alcun cambiamento. Il lettore vi riscontrerà dunque quelle forme di prudenza diplomatica che caratterizzano tutti i documenti delle Nazioni unite. A qualcuno questo potrà dare fastidio. Ma tale linguaggio, epurato da qualsiasi forma di indignazione anche di fronte agli scandali più evidenti, indifferente al cinismo, all'arroganza e all'ipocrisia di tanti attori, è il solo attualmente considerato accettabile dalla comunità internazionale. O un relatore parla questo linguaggio o è ridotto al silenzio, dunque all'impotenza.

Sally-Anne Way e Christophe Golay sono i veri e propri coautori di questi rapporti. Senza di loro non potrei portare avanti la mia lotta quotidiana. Arlette Sallin si è occupata della preparazione del dattiloscritto.

Matteo Battarra e la traduttrice Monica Fiorini hanno messo a punto con talento e competenza l'edizione italiana di questo libro.

Editore brillante, amico di lunga data, Marco Tropea appoggia la mia lotta con coraggio e determinazione. Gli esprimo la mia profonda gratitudine.

Jean Ziegler

Ginevra, settembre 2004

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