Copertina
Autore Zoran Živković
Titolo Sei biblioteche
SottotitoloStorie impossibili
EdizioneTEA, Milano, 2011, narrativa , pag. 128, cop.fle., dim. 14x21,5x1,2 cm , Isbn 978-88-502-2392-3
TraduttoreJelena Mirković, Elisabetta Boscolo Gnolo
LettoreRenato di Stefano, 2011
Classe narrativa serba , libri
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Indice


    SEI BIBLIOTECHE

1.  La biblioteca di casa             7

2.  La biblioteca virtuale           25

3.  La biblioteca notturna           43

4.  La biblioteca infernale          67

5.  La biblioteca minima             83

6.  La biblioteca raffinata         109


 

 

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Pagina 7

1.
La biblioteca di casa



Aprii la cassetta della posta.

Di solito ci trovavo soltanto bollette, all'inizio del mese, ma la controllavo comunque con regolarità al ritorno dal lavoro. Lo facevo anche il sabato e la domenica, sempre alla stessa ora, sebbene in quei giorni il postino non passasse. Per ogni evenienza. Inoltre il martedì, pulivo sempre con il fazzoletto la polvere che si depositava all'interno, benché da fuori non si vedesse. Bisogna tener conto anche di quei posti, e magari più di quelli che sono accessibili agli sguardi. La gente di solito li trascura, quando, in verità, essi rappresentano il vero specchio dell'ordine.

La cassetta sarebbe dovuta essere vuota perché era appena passata la metà del mese. Ma quando aprii lo sportello di legno, vidi un grosso libro con una rigida rilegatura giallo scuro. Occupava quasi tutto lo spazio disponibile. Un altro al mio posto avrebbe probabilmente trovato molte ragioni per stupirsi. Anzitutto, chi era il mittente? Nessuno mi aveva mai spedito un libro prima, e perché mai qualcuno avrebbe dovuto farlo ora? E poi non era nemmeno impacchettato, e non era indicato in nessun modo che fosse destinato a me. Allora, perché il postino l'aveva messo nella mia cassetta? E, infine, com'era riuscito a farlo? Il libro era molto più grosso della stretta fessura nella parte superiore attraverso la quale si potevano infilare le lettere. Non poteva assolutamente averlo fatto passare da lì.

Io, invece, non mi stupii di nulla. Non permisi a nessuna di queste inquietanti domande di assillarmi. Da un pezzo mi ero reso conto che il mondo è pieno di cose prodigiose che non si possono spiegare. Non serve crucciarsi. La gente che ci prova lo stesso, alla fine, ne ricava soltanto infelicità. E perché l'uomo dovrebbe essere infelice, se non è necessario? Le cose insolite vanno semplicemente accettate così come sono, senza spiegazioni. Č il modo più facile per conviverci.

Prima che tutto questo mi diventasse chiaro, diversi inspiegabili fenomeni mi avevano inutilmente reso la vita difficile. Ad esempio il numero di scalini tra il mio appartamento al secondo piano e il piano terra. Io ho l'abitudine di contare gli scalini a mezza voce, ovunque e in ogni occasione, persino quando so benissimo quanti ce ne sono. Tutte le volte che salivo verso il mio appartamento, ne contavo sempre quarantaquattro, mentre scendendo verso il piano terra ce n'erano soltanto quarantuno. Dopo essere venuto ad abitare qui, mi sono scervellato a lungo a causa di questa differenza. E cosa non ho fatto per venirne a capo!

Anzitutto ho tentato di risolvere la questione scalini con l'astuzia, contando gli scalini in silenzio. Tenevo la bocca serrata, in modo che non si capisse che cosa stessi facendo, ma non valse a niente. Salendo ce n'erano sempre ostinatamente tre in più che scendendo. Poi li ho contati camminando all'indietro, il che non soltanto era difficile e pericoloso, nonostante la mia cautela, ma, chissà perché, suscitava sguardi confusi e sospetti da parte dei vicini di casa che incontravo. Io naturalmente, li ho sempre salutati in modo cortese, togliendo il cappello e chinando il capo, ma loro a testa bassa borbottavano qualcosa tra i denti, e si spostavano lasciandomi passare. La gente è capace davvero di comportarsi in maniera strana.

L'ultima cosa che mi era venuta in mente fu di contarli al buio. Uscivo dal mio appartamento dopo la mezzanotte, indossando scarpe leggere con la suola di gomma, in modo che i miei passi non svegliassero nessuno. Senza accendere la luce delle scale, scendevo al piano terra per poi salire al mio appartamento, e così finché non cominciava ad albeggiare. Non era difficile farlo nel buio fitto, perché sapevo esattamente quanti scalini c'erano in ogni direzione. Me la sarei passata male – le scale possono essere pericolose, eccome!, persino alla luce del giorno, figuriamoci di notte – se mi fossi attenuto a quello che suggeriva il buon senso: che il numero di scalini deve essere uguale salendo e scendendo.

Allora rinunciai all'intenzione di trovare a tutti i costi una spiegazione per ogni cosa. Tanto di cappello al buon senso, però uno non ci può contare sempre. A volte è molto più conveniente e utile accettare i miracoli. Cosi ci si può anche salvare il collo, e non è poco.

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Pagina 25

2.
La biblioteca virtuale



La posta elettronica non è perfetta. Sebbene i provider facciano probabilmente del loro meglio per proteggere gli utenti, pare che non ci sia rimedio per i messaggi indesiderati. Quando apro la casella della posta in arrivo, trovo quasi sempre almeno un'email da parte di qualcuno che non conosco e di solito ce n'è più d'una. Il record è di ben tredici messaggi di questo genere, accumulati nell'arco di pochissime ore, tra due avvii del computer.

In quell'occasione mi arrabbiai davvero e cambiai il mio indirizzo di posta elettronica, benché fosse una cosa piuttosto fastidiosa. Ne informai soltanto un piccolo numero di persone, ma non servì a niente. In breve le email aggressive ripresero ad arrivare. Me ne lamentai con il mio provider, che ammise, seppur in modo indiretto, di non poter farci nulla e mi consigliò semplicemente di non badarvi: sarebbe stata la soluzione più facile, cancellare tutto quello che non mi interessava, tanto più in considerazione del fatto che i pericolosi virus informatici si diffondevano proprio grazie alla posta indesiderata.

La raccomandazione era superflua, poiché lo stavo già facendo, anche se ignaro dell'esistenza dei virus. Soltanto all'inizio, e per un breve periodo, avevo letto con sconcerto quelle email; in seguito, non appena ebbi capito di che si trattava, presi a distruggere, senza esitazione, ogni messaggio dalla provenienza sconosciuta, senza nemmeno leggerlo di sfuggita, per quanto i mittenti cercassero in ogni modo di attirare la mia attenzione: richiami pomposi e lampeggianti e illustrazioni chiassose promuovevano straordinari vantaggi che non avrei dovuto lasciarmi sfuggire per nessun motivo.

Mi suggerivano, per esempio, di arricchirmi presto e facilmente investendo i miei risparmi attraverso la mediazione di un'agenzia dal nome affascinante con sede in qualche Paese del Pacifico di cui non avevo mai sentito parlare. Oppure di ottenere per corrispondenza, in appena due settimane, l'investitura a sacerdote di una qualsiasi chiesa cristiana, autorizzato a ufficiare battesimi, matrimoni e funerali. Mi si presentava anche la possibilità, senza riguardo all'età, di ringiovanirmi di venticinque anni con l'aiuto di un nuovo preparato macrobiotico. Mi si offriva pure la singolare occasione, con una modesta provvigione del quarantanove per cento, di riscuotere finalmente i crediti riconosciuti in giudicato, nel caso ne avessi avuti. Potevo, in qualsiasi ora del giorno e della notte, persino dar sfogo alle mie presunte passioni per l'azzardo, giocando in qualche casinò virtuale sicuramente onesto. Infine, il colmo, mi si offriva di comprare sotto banco, per un prezzo stracciato, fino a due milioni e mezzo di indirizzi di posta elettronica con attività controllata dimostrata, ai quali avrei potuto poi inviare ciò che volevo.

Č probabile che, se non fosse stata così breve, persino l'email con la quale tutto cominciò sarebbe andata subito a finire nel cestino, come tutte le altre sue simili. Invece, involontariamente, la lessi. Su uno sfondo nero, senza alcuna decorazione grafica, campeggiavano appena due righe. La prima annunciava a grandi lettere gialle: LA BIBLIOTECA VIRTUALE; sotto di essa appariva uno slogan in blu: «Noi abbiamo tutto!» in corpo molto più piccolo, contrariamente al tono aggressivo tipico di quel genere di messaggi.

Il mio primo pensiero fu che, tra tutte le esagerazioni che avevo incontrato su Internet, quella era una delle più grandi. Davvero, tutto! Un'affermazione del genere suonerebbe inadeguata persino sui siti delle più importanti biblioteche del mondo, quelle che hanno motivo di vantarsi dei loro enormi fondi. Chiunque lo avesse scritto non aveva sicuramente la più pallida idea di quanti libri fossero stati pubblicati negli ultimi cinquemila anni. Nessuno era mai riuscito a raccogliere in un unico luogo una tale biblioteca, sia pure senza le opere scomparse.

E poi anche quel virtuale. Se l'aggettivo fosse stato usato con il significato corretto, la biblioteca avrebbe dovuto essere composta da libri elettronici. Ci sono diversi siti in rete che contengono queste pubblicazioni elettroniche e io ogni tanto li visito. Ma la loro offerta è ancora scarsa, il che non dovrebbe stupire se si tiene conto dell'impegno necessario per creare un libro elettronico. Come minimo, bisogna trasferirlo su un computer. Potete trovarci sì e no qualche migliaio di titoli: una mera goccia nel mare se paragonata al tutto, inteso nel suo significato letterale. Chi potrebbe anche solo sperare che questa infinita moltitudine possa mai essere riversata in forma digitale? E a chi potrebbe mai convenire una cosa del genere?

Nonostante fossi convinto che si trattasse di una truffa, la curiosità mi impedì di agire nella solita maniera. Se si fosse trattato di qualsiasi altra cosa, e non di libri, avrei ignorato il messaggio senza pensarci. Ma per uno scrittore, era come sventolare un drappo rosso davanti al muso di un toro. Invece di cestinare il messaggio, portai il cursore sul testo. La freccia si trasformò in una mano con l'indice alzato e mi ritrovai all'istante nel sito della Biblioteca Virtuale.

Il cambiamento fu appena percettibile. Lo sfondo rimase nero e sotto il nome del sito e lo slogan apparvero soltanto due piccole aggiunte. La prima era una casella standard per la ricerca: dentro uno stretto rettangolo bianco bisognava digitare ciò che si desiderava trovare. Questo, però, non poteva essere il titolo dell'opera o qualche altro dato, visto che davanti al rettangolo c'era scritto «Autore», e non c'era possibilità di cambiare. Scossi il capo: uno si aspetterebbe maggiori opzioni di ricerca da una biblioteca che si vanta di essere universale. In fondo allo schermo era riportato un indirizzo di posta elettronica.

Digitai il mio nome. Non si trattava di vanità, anche se potrebbe sembrare. L'avevo fatto per il semplice motivo che, naturalmente, ero più informato di chiunque altro sulla mia opera: così sarà più facile controllare. Se la Biblioteca Virtuale avesse davvero contenuto quello che affermava nel suo slogan, allora i miei tre libri non avrebbero fatto eccezione. Io non rientro certamente nel novero degli scrittori noti o popolari, però avrei dovuto avere un mio posto lì, dove tutti erano compresi, dove qualsiasi discriminazione era bandita.

Due erano le possibilità. Se la ricerca non avesse dato il risultato atteso, il che era molto probabile, allora era ovvio che si trattava di uno scherzo insulso. Qualcuno aveva deciso di giocare un po' a spese di scrittori, e anche di editori, critici, bibliotecari, librai o di chiunque avesse a che fare con i libri. Chissà quale burla sarebbe comparsa all'improvviso al posto del breve elenco dei miei libri. Certo non ho il diritto di lamentarmi. Nessuno mi obbliga a farmi coinvolgere in tutto questo. Mi sta proprio bene se vado a ficcare il naso nel posto sbagliato.

Se invece fosse apparso l'elenco dei miei libri in formato elettronico, allora la situazione sarebbe stata molto più sconveniente. Non avevo concesso a nessuno i diritti di tale edizione, e quindi si sarebbe trattato di pirateria. Sarebbe stata davvero una seccatura, la rete è piena di abusi del genere e, da quanto ho sentito, proteggersi è difficile come difendersi dai messaggi importuni.

Se si fosse trattato di questa seconda eventualità, sarebbe occorso un po' di tempo: per quanto sia aumentata la velocità dei computer, la ricerca in un corpus gigantesco come quello non sarebbe stata in alcun modo istantanea. Invece fu proprio quello che accadde. Non appena cliccai per avviare la ricerca, sul monitor si presentò una nuova pagina. Questa volta lo sfondo era grigio e le scritte erano in bianco e in nero. Apparve anche una piccola immagine a colori che alterava l'uniformità.

In quel momento, prima ancora di riuscire a mettere a fuoco la nuova pagina, pensai a come la velocità di ricerca fosse un indicatore certo che dietro tutto quello c'era un imbroglio. Poi mi ritrovai a strizzare gli occhi davanti all'immagine del mio volto, e provai un brivido lungo la schiena. Quello lì ero io, senza ombra di dubbio, anche se non avevo idea di quando e dove la foto fosse stata scattata. Sembravo un po' più giovane, ma era difficile valutare quanto.

Sotto la foto, sul lato sinistro dello schermo, era riportata una mia concisa biografia. Tutti i fatti contenuti erano esatti, tranne l'ultimo: a meno che non mi fosse sfuggito, non ero ancora deceduto. Il dato sulla mia morte, a dire la verità, era stranamente vago. Dopo le parole «morto nel» Si susseguivano le cifré di nove anni diversi, separati tra di loro da virgole. Diversamente dalle lettere nere del rimanente testo, quei numeri erano in bianco. La data più vicina si trovava dieci anni avanti nel futuro, mentre da quella più lontana mi separava quasi mezzo secolo. Chiunque avesse preparato quella nota aveva ovviamente un senso dell'umorismo piuttosto macabro.

Sul lato destro dello schermo era riportato l'elenco dei miei libri. Esso però non terminava dopo la terza voce, come avrebbe dovuto. Continuava fino al numero ventuno, il che, in realtà, era assurdo. Non dico che una bibliografia così estesa non mi avrebbe fatto piacere, ma semplicemente non era la mia. Anche qui erano utilizzati due colori. I tre libri che avevo pubblicato erano scritti in nero, mentre i rimanenti diciotto erano in bianco. Questi ultimi titoli erano ordinati cronologicamente. Il primo portava la data dell'anno successivo, e fino alla pubblicazione dell'ultimo sarebbero dovuti passare quattro decenni e mezzo. Quindi non soltanto avevo a che fare con qualche burlone svitato ma, a quanto sembrava, con qualcuno che si credeva chiaroveggente.

A ogni modo, niente di tutto ciò aveva importanza, bisognava stabilire la cosa più importante. Si trattava solo di un perditempo, che non aveva niente di più intelligente da fare che occuparsi di quelle stupidaggini? La rete è piena di tipi che non risparmiano tempo e fatica per mettere a punto simili seccature. I migliori esempi non sono forse le persone che inventano e diffondono micidiali virus informatici, anche se l'unico vantaggio che ne traggono è soddisfare la loro sinistra natura? Portai il cursore sul primo titolo dei miei tre libri, credendo ingenuamente che non sarebbe successo nulla. Ma la freccia, purtroppo, si trasformò di nuovo in una manina e un testo riempì all'istante la schermata.

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