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| << | < | > | >> |IndicePerché una guida tascabile sulle cipree? 6 E perché collezionare cipree 7 Ringraziamenti 8 La ciprea vivente 9 Molluschi, Gasteropodi, Cipreidi 9 L'animale: anatomia e biologia 10 Dove e come: habitat ed ecologia 12 Riproduzione e sviluppo 13 Sulla conservazione 13 Sistematica delle cipree 14 Evoluzione e documentazione fossile 14 Famiglia, genere, specie, sottospecie: tassonomia delle cipree 14 Glossario tematico illustrato 20 VERSO IL NICCHIO ADULTO: L'ACCRESCIMENTO DI UNA CIPREA 20 LA CONCHIGLIA ADULTA 22 GLI ELEMENTI DIAGNOSTICI 24 L'apertura, la fossula 24 Il peristoma columellare 24 La dentatura 26 La forma 28 Il profilo della conchiglia 28 I bordi e le estremità 30 Le colorazioni e le ornamentazioni 32 Terminologia conchiologica generica 34 Terminologia biologica 37 Lista delle specie in ordine sistematico 41 Bibliografia di riferimento 310 Indice 311 Check-list delle specie 316 |
| << | < | > | >> |Pagina 6Perché una guida tascabile sulle cipree?Forse per la loro variegata ed intrigante bellezza, forse per il legame immediato con il mare, culla ancestrale della vita (ma vuoi anche per la facile reperibilità su ogni litorale, spesso simbolico ricordo di azzurri che si fondono ed orizzonti luminosi), le conchiglie sono, tra tutti gli "oggetti di natura", quelli da sempre più raccolti e collezionati dall'uomo. E tra di esse, probabilmente in virtù della morbidezza delle forme, oltrechè della strabiliante varietà e brillantezza delle colorazioni, le cipree (famiglia Cypraeidae), hanno assunto un ruolo di particolare rilievo, definendo da tempi immemorabili una "nicchia" a parte con infinite valenze antropologiche all'interno dello sconfinato universo dei Molluschi. Non a caso, tra i collezionisti di conchiglie, gli amanti delle cipree costituiscono di fatto un'assoluta maggioranza (seguiti, ma a notevole distanza, dagli appassionati di coni – famiglia Conidae –, e poi, via via, da specialisti di altre famiglie). Ma, è esperienza comune, la prima tappa verso la passione malacologica passa sovente attraverso le cipree. Esiste ovviamente una cospicua biblioteca specializzata, libri esaustivi e basilari, imprescindibile strumento di consultazione per lo studioso ed il collezionista "navigato", ma il numero sempre crescente di appassionati di natura che per qualche ragione, un viaggio nei mari tra i due Tropici, o la visita casuale ad un'esposizione temporanea, si avvicinano a questo mondo multicolore, giustifica l'esigenza e l'esistenza di una guida tascabile, che, senza pretese di assoluta esaustività (il formato non lo consentirebbe in ogni modo...), permetta loro in primo luogo di apprezzare appieno il risultato di un lungo e affascinante percorso evolutivo, che ha portato un gruppo strettamente monofiletico a diversificarsi in oltre 200 buone specie viventi, e consenta inoltre il riconoscimento, tramite la descrizione e le immagini, delle cipree che potrà incontrare negli anfratti rocciosi di una baia piuttosto che nelle bacheche di un museo o di una mostra-mercato.
E se dall'osservazione dovesse nascere il desiderio di
approfondire la conoscenza, ed iniziare una collezione questa
guida vorrebbe essere lo strumento che accompagna
l'appassionato attraverso la rassegna sistematica di tutte (o
quasi, considerando le possibili future
new entries)
le specie riconosciute, e delle loro sottospecie e principali varianti
geografiche, ecotipi, morfotipi o forme...
E perché collezionare cipree... Una collezione, qualunque essa sia, è qualcosa di estremamente coinvolgente, soprattutto se ogni suo tassello è differente da tutti gli altri, e nella sua diversità apre la mente ad Inattesi interrogativi e nuove connessioni. Per questo, una collezime di elementi di origine naturale giustifica appieno il titolo di "viaggio infinito", in virtù della peculiare unicità di ogni individuo, frutto di una variabilità e diversificazione che nel caso specifico delle cipree si traducono in una commovente diversità, talvolta eclatante, altre volte costituita da dettagli riconoscibili solo ad un'osservazione sempre più minuziosa e ragionata. Non solo piacere per gli occhi dunque (e aggiungeremo anche per le mani, impossibile non percorrerle con le dita...), ma anche stimolo per la mente, memorizzazione di dettagli, istituzione di nessi logici forma-funzione, abitudine alla ricerca mirata delle parti "diagnostiche", e formazione di categorie mentali che col tempo consentono di inquadrare una ciprea in un genere piuttosto che in un altro. Ed è in particolare ai "nuovi" collezionisti che è dedicata l'ultima parte del libro, che propone una check-list aggiornata al 2005, e presentata per semplicità in ordine alfabetico, con spazi da riempire con i dati principali (dimensioni, provenienza) degli esemplari della collezione personale, con l'augurio che ne traggano quello stimolo ininterrotto e rasserenante che mettere assieme, un po' alla volta, una collezione di cipree ha dato agli autori di questo libro. Con in più quell'appagante sensazione di inesausta continuità data dalla certezza, appunto, che una collezione di cipree non finisce mai... come non dovrebbe conoscere arresto lo stupore reverenziale per le intricate trame dell'evoluzione che le hanno originate. | << | < | > | >> |Pagina 10L'animale: anatomia e biologiaA chi ha l'occasione di osservarla viva in ambiente naturale, una ciprea appare come un animale strisciante, dal tipico aspetto "lumacoide" di gran parte dei Gasteropodi marini dotati di conchiglia, e recante, in posizione dorsale, l'inconfondibile nicchio ovoidale che, quando l'organismo è in attività, può spesso non risultare visibile all'esterno in quanto in parte o completamente avvolto dai lembi del mantello. E il mantello è probabilmente la struttura molle che maggiormente caratterizza la ciprea viva: presente in tutte le specie, con spessore, colorazione e sviluppo variabile (ma comunque in genere cospicuo), consiste di due lobi carnosi appiattiti che si estendono ai lati del corpo del mollusco, fuoriuscendo in corrispondenza dei margini labiale e columellare dell'apertura a fenditura. L'animale è in grado di controllare attivamente l'estensione di tali lembi, che possono venire del tutto o in parte ritratti all'interno del nicchio, oppure massimamente espansi fino a ripiegarsi sulla porzione dorsale della conchiglia, "inglobandola" e venendo reciprocamente a contatto lungo una porzione assiale mediana del dorso, dove (in virtù delle particolari secrezioni dei margini mantellari) la conchiglia di molte specie reca poi una traccia di colore differente, rettilinea od irregolare, nota come linea (medio)dorsale. Tutto il mantello ha un'elevata attività secernente, la sua superficie "esterna" contiene ghiandole in grado di rilasciare secreti acidi a funzione difensiva, quella "interna" è responsabile dell'origine di ispessimenti di materiale conchiologico (in forma di callosità o rilievi) e della deposizione di pigmenti secondo pattern a forte controllo genico sulla faccia esterna del dorso della conchiglia, faccia che peraltro protegge da consunzione e colonizzazione ad opera di parassiti ed incrostanti (conservandone la tipica lucentezza), e di cui può riparare piccole fratture, perforazioni o danni da morsi di predatori. La superficie mantellare a contatto con l'acqua libera è dotata di un gran numero di recettori di stimoli chimici, tattili e luminosi, perlopiù addensati su espansioni (nel caso più semplice digitiformi, nel più complesso variamente ramificate) definite papille o papillae. Spesso di aspetto altamente specie-specifico ed elevato valore diagnostico, le papille hanno con ogni probabilità anche un ruolo respiratorio, in quanto aumentano la superficie di scambio gassoso a disposizione del mollusco, e, quando caratterizzate da ricca arborizzazione, possono inoltre assolvere ad una funzione criptica, mimettizzando l'animale con tappeti algali. Dall'apertura della conchiglia in corrispondenza del margine anteriore, protrude anche il sifone, organo molle tubolare deputato a veicolare l'acqua dentro alla cavità branchiale: all'interno del condotto sifonale, in posizione basale, si trova l'osfradio, un insieme di chemiocettori finalizzati al controllo del flusso idrico a funzione respiratoria. Sotto al sifone, tra due tentacoli tattili recanti (alla base) altrettanti occhi ben sviluppati, è infine localizzata la proboscide, definibile come l'apparato di prensione e manipolazione del cibo; come di norma nei Gasteropodi, ospita la radula, un sistema cordoniforme di infiniti dentelli cornei disposti in fasce (da 50 ad oltre 100), soggetti ad usura e continuo rimpiazzo. Strisciata velocemente ed energicamente sul substrato, la radula ne asporta minuti frammenti che l'animale ingloba in muco ed ingoia; forma e disposizione dei dentelli radulari hanno ovviamente subito una forte pressione adattativa ad opera della dieta, derivandone una specificità che ne fa, oltre alle già menzionate papille, l'altra struttura anatomica a forte valore sistematico. | << | < | > | >> |Pagina 12Dove e come: habitat ed ecologiaNel loro complesso le cipree possono a buon diritto definirsi un gruppo con marcata preferenza per le condizioni tropicali e subtropicali: per quanto diffuse in un ampio settore dei tre grandi oceani, Atlantico (Mediterraneo incluso), Indiano e Pacifico, compreso approssimativamente tra i 40° di latitudine N ed i 40° S, fanno registrare una brusca impennata verso l'alto nel gradiente della loro diversità di specie non appena si entra nella fascia compresa tra i 20° a N e a S dell'equatore. Organismi tendenzialmente termofili, preferiscono le acque basse (lagune, piane tidali, ambienti di barriera superficiale); la maggioranza delle specie si concentra tra la zona di marea ed i 3-5m di fondale (per quanto anche le specie "di superficie" possano talora scendere ad oltre 50m), e solo un ristretto gruppo di taxa "molto specializzati" frequenta le grandi profondità tra 100 e 600m al margine delle scarpate continentali. In prevalenza crepuscolari e notturne, mostrano perlopiù un fototropismo negativo, rifuggendo gli spazi aperti e ben illuminati e mantenendosi celate, durante il giorno, in anfratti di scogliera, tra il detrito madreporico o sotto ammassi rocciosi. A fronte di una gran abbondanza di specie che frequenta substati duri della più svariata natura, dal coralligeno alle pareti basaltiche, dalle rocce calcaree ai boulders granitici, relativamente poche sono le colonizzatrici elettive di substrati molli, dove prediligono le distese algali e i posidonieti. Negli ambienti corallini dell'Indopacifico, tracciando un'ipotetica sezione trasversa che tagli la barriera, si incontrerebbero un numero relativamente contenuto di specie nella laguna interna, calma ma "troppo" soleggiata, un picco di specie insediate all'interno della barriera stessa (soprattutto verso il suo limite esterno esposto agli apporti oceanici di nutrienti), e di nuovo uno sparuto manipolo di abitanti nel selettivo ambiente dei margini esposti all'impatto delle onde. Le cipree (adulte) sono animali relativamente "sedentari" con territori individuali che (ovviamente variabili a seconda delle specie e delle dimensioni) sono dell'ordine di pochi (o poche decine) di metri quadrati. Nelle zone ad elevata biodiversità dell'Indopacifico fino a 30-50 specie (spesso strettamente imparentate) possono essere compresenti in una stessa area, suggerendo l'evidente esistenza di efficaci meccanismi di segregazione ecologica (alimentare, di habitat) che evitino la reciproca esclusione competitiva. | << | < | > | >> |Pagina 13Riproduzione e sviluppoIn linea con quella che è la norma per i Gasteropodi, i Cipreidi sono animali con sessi separati e fecondazione interna; le femmine, in grado di trattenere gli spermatozoi all'interno di un ricettacolo seminale, possono deporre anche una decina di giorni dopo l'accoppiamento e, rinvenuto un sito adatto, depositano un numero variabile (da 100 a 1500) di capsule ovigere avvolte in ammassi gelatinosi, ognuna delle quali contiene in genere, immerse in un fluido viscoso, diverse centinaia di uova. Nella maggioranza delle specie della fascia intertropicale, dalle uova fecondate fuoriescono dopo 2-3 settimane piccole larve flottanti dette veliger (di circa 0.2mm di lunghezza) dotate di una sottilissima conchiglia sferica e di una doppia lobatura ciliata (velum), che consente loro di "vagare" nel plancton alla merce delle correnti per un periodo che va da alcune ore a diversi giorni; al termine di questa fase di dispersione i veliger si depositano sui fondali, il velum viene riassorbito ed inizia lo sviluppo del piede e la vita strisciante.
In alcune specie di contesti temperati (Sud-Africa, Australia
meridionale) si ha il cosiddetto "sviluppo diretto": all'interno
delle capsule una larva cannibalizza le altre e, in assenza di stadio di
veliger,
fuoriesce poi in forma di piccolo mollusco strisciante
che non va incontro a dispersione planctonica, ma colonizza
aree prossime a quella di nascita.
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