Copertina
Autore Franco Porcarelli (Adàn Zzywwurath)
Titolo L'ultimo caso del piccolo Lama Nanguj
EdizioneTheoria, Roma-Napoli, 1987, Riflessi 44 , pag. 110, dim. 105x155x9 mm
LettoreRenato di Stefano, 1987
Classe narrativa italiana
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Indice

  7 Cineserie
 15 Il siliquastro
 27 Rosa
 33 dal « Repertorio dei Popoli »
 39 « Ispirazione »
 51 da «Le Vite dei Padri »
 59 Una telefonata da Lubecca
 63 A Oscar Wilde
 73 da « I tre sogni sul Giudizio »
 77 L'ultimo caso del piccolo Lama Nanguj

 

 

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Pagina 9

Giunsero a casa di Tsiao-pi, filosofo,
alcuni dignitari di Corte.
Un ministro gli disse: - Gioisci,
perché l'Imperatore ha firmato la tua grazia!
- Ma io - rispose Tsiao-pi -
non sono mai stato condannato a morte.
Delusi, i dignitari
strapparono il documento
e si ritirarono.
L'indomani arrivarono gli armigeri
a prendere Tsiao-pi.
Nel cortile, il boia
gli recise la testa.

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Pagina 77

L'ULTIMO CASO DEL PICCOLO LAMA NANGUJ



Dalle prigioni di Khalèd

febbraio 19...

[...]

E questo è piú che sufficiente, credo, mia cara Antonia, per suggerirti un'idea delle infinite traversie che ho affrontato prima di raggiungere Bianca Khalèd. Ma ormai ero decisa a tutto, e l'aver perduto vestiti e denaro (almeno quella parte che non serbavo nel corsetto) non riuscí a sconfortarmi piú di tanto. Cominciammo quindi la discesa, e il nostro secondo sherpa, Buruni, che a stento c'eravamo trascinati dietro a quota 20mila, e che fino allora aveva invocato la morte piangendo e balbettando, e in vista della vetta aveva tentato anche una squallida fuga, mutò d'incanto atteggiamento. Assunse un aspetto nobile e fiero e principiò a condurci a valle con secchi comandi silenziosi. In compenso l'altro sherpa Koljàng, appena messo piede sul ripido sentiero in discesa, ebbe un mancamento e cadde in un penoso deliquio. Il fatto è che nel Nepal interiore esistono due tipi distinti di sherpa, uno per la discesa e l'altro per la scalata, e mentre uno guida l'altro è condannato a soffrire vertigini e paure, seguendo una filosofia che mi è stata cosi riassunta da un bonzo: «su o giú: non è la stessa montagna».

Tutti i problemi però mi parvero scomparire quando finalmente calcai gli stivali nel fango della piazza cittadina. Dall'interno, Bianca Khalèd sembrava ancora piú piccola di quella già sparuta macchia di case che avevo visto all'orizzonte scendendo. Uno dei pochi portatori che mi era rimasto, un giovane sui 23 o 25 anni dal volto mongolico e dal sorriso sdentato e sfrontato, si dava un gran da fare, contrattando con le guardie del Palazzo perché mi lasciassero entrare e tenendo lontani i curiosi che si accalcavano sciamando dal vicino mercato. Credo che questo ragazzo si fosse innamorato di me e una volta, in piena notte, mi toccò anche, sempre ridendo.

Insomma arrivò un funzionario e il portatore gli si inginocchiò davanti e garantí per me, con la sua vita, e io che non capivo un accidenti di quello che diceva mi ero infatti parecchio stupita di vederlo subito trascinato via da due guardie armate - e solo dopo che mi ebbero spiegato il suo gesto capii il suo strano saluto e il suo sorriso, come se non dovessimo piú incontrarci. E infatti è stato cosi. E se penso che forse mi condurranno in catene nel piccolo colonnato ancora lordo del sangue di quel povero diavolo... Mio Dio, che orrore, Antonia cara, che raccapriccio! Voglio essere sincera con te, veramente sincera e dirti [...]


[...] In quei momenti provavo invece una sorta di felice ubriacatura. Ero orgogliosa di essere il secondo o il terzo viaggiatore occidentale, e comunque l'unica donna, che avesse mai raggiunto Bianca Khalèd, di aver sopportato le fatiche di quel viaggio da sola, senza il fastidio di un accompagnatore maschio, senza doveri di riconoscenza per qualcuno che si fosse «sacrificato» per me. Per il giornale, non fa differenza: da tempo mi trattano come non avessi sesso, i direttori. Ma è una bella rivincita su quelli che alla partenza mi avevano predetto rovina o su quegli amorosi da strapazzo, come il miliardario Huckley, che piangeva, sí piangeva sulla mia mano, il giorno dell'addio e quell'altro che mi aveva offerto per l'impresa il suo braccio, il suo aereo e il suo paracadute e il tizio dell'Ambassador che mi aveva detto: «O vengo con lei, o mi uccido!», e che invece si sarebbe accontentato di una notte, insieme, in un motel.

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