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| << | < | > | >> |IndiceIntroduzione 5 1 Copernico tra eliocentrismo e astrologia 13 2 L'astrologia di Keplero 27 3 L'astrologia dopo Galileo 43 4 Astrologia e politica 65 5 La cultura enciclopedica e l'astrologia 91 6 L'astrologia fino ai giorni nostri 113 APPENDICI Appendice 1 — Almanacchi e astrologia in Francia 143 Appendice 2 — La beffa di Geminiano Montanari 149 Appendice 3 — Bickerstaff contro Partridge 167 FONTI BIBLIOGRAFICHE 207 NOTA DI Giorgio Galli 215 |
| << | < | > | >> |Pagina 5Durante il Seicento l'astrologia entrò in crisi e smise di essere ritenuta una scienza legittima dagli ambienti di maggiore cultura. Questo cambiamento di status, repentino se consideriamo la sua storia millenaria, fu dovuto a molti fattori, di ordine politico, sociale e scientifico. Da sempre usata e temuta come strumento di controllo del potere, la divinazione attraverso le stelle cadde in disgrazia inizialmente sotto la spinta controriformistica della chiesa cattolica, messa sulla difensiva dopo l'eresia protestante e determinata a porre un limite ad ogni forma di credenza superstiziosa che, ponendosi fuori dalla sua sfera d'influenza, potesse indebolirla. La bolla Coeli et Terrae Creator, emanata da papa Sisto V nel 1586, e la bolla Inscrutabilis, voluta da Urbano VIII nel 1631, proibirono ogni forma di divinazione, compresa l'astrologia giudiziaria, lasciando solamente spazio a quel tipo di «astrologia naturale» che indagava le influenze degli astri sui fenomeni meteorologici, sull'insorgere di calamità naturali, sulla resa dei raccolti ed infine sulla salute umana, dato che quest'ultima dipendeva, in una qualche misura, da variazioni nelle condizioni atmosferiche. L'occhio attento della censura vigilava affinché nessun opuscolo, almanacco o pronostico annuale riportasse previsioni sui destini umani in contrasto con la dottrina del libero arbitrio propugnata dalla Chiesa. Se infatti la sorte individuale fosse stata segnata e scritta nelle stelle, a nulla sarebbe valsa la possibilità di una redenzione. In un precedente libro ho parlato dell'evoluzione dell'astrologia in quel momento critico, a cavallo tra XVI e XVII secolo in cui visse Galileo Galilei (1564-1642), raccontando i rapporti dello scienziato pisano con questa pratica, i suoi adepti e i numerosi estimatori. L'epoca di Galileo era ancora immersa nel clima astrologico e non deve stupire se egli imparò ad esercitare con moderazione il «discorso delle stelle» nella prima parte della sua vita, e se ne allontanò quando questa attività non gli era più di aiuto per promuovere se stesso come matematico che non si occupava più - come era stata tradizione in passato - di arti divinatorie, ma di meccanica, astronomia osservativa e della teorizzazione di un universo in cui le leggi della fisica terrestre e dei corpi celesti erano le stesse, e in cui i pianeti ruotavano attorno a un Sole immobile contrariamente a quanto si riteneva. Associare il nome di Galileo all'astrologia ha suscitato stupore, anche se il coinvolgimento dello scienziato in questa pratica è stato estremamente modesto, se paragonato a quello di molti suoi prestigiosi colleghi «matematici-astronomi-astrologhi» come, ad esempio, Keplero, in Germania o Antonio Magini e Andrea Argoli in Italia. Questo deriva dal fatto che la nostra cultura ci porta ad avere un'immagine totalizzante di colui che forse è il più grande scienziato italiano nel mondo, facendocelo giustamente considerare un icona del moderno pensiero scientifico. Il paradosso di Galileo è che non è sempre facile inquadrarlo nel suo giusto contesto storico caratterizzato da un'influenza ancora forte della magia naturale di impronta rinascimentale. In realtà Galileo si dimostrò refrattario ad ammettere ogni «influenza occulta» che contaminasse il suo modo di vedere la scienza, al punto da arrivare a negare l'impalpabile forza di gravità e a spiegare - erroneamente - la forza delle maree come un effetto dei moti della Terra. Ma tra i suoi contemporanei, e nei decenni successivi alla sua morte in molti continuarono ad ammettere che nel campo dell'astrologia «naturale» le posizioni dei corpi celesti potevano ripercuotersi sui fenomeni che si sviluppavano nelle regioni più alte dell'atmosfera e da qui arrivare a influenzare i fenomeni biologici. Galileo è universalmente riconosciuto per le sue scoperte al cannocchiale e per il suo appoggio al sistema copernicano. Togliere la Terra dal centro dell'universo per metterla in rotazione attorno al Sole significava privarla di quel suo ruolo speciale ed equiparala ad un pianeta come gli altri. Non stupisce che, soprattutto all'inizio, molti astrologhi difesero strenuamente il geocentrismo. E anche se il declino dell'astrologia non dipese unicamente dall'affermarsi della dottrina copernicana, le loro vicende si intrecciarono. Questo libro inizia proprio dalla figura di colui che ripropose, dopo Aristarco da Samo , il sistema eliocentrico - Niccolò Copernico - e parla delle sue cautele non solo nel dare diffusione a quest'idea, ma anche nell'affrontare temi astrologici. Racconta anche dell'atteggiamento dei colleghi matematici-astronomi a lui contemporanei e successivi, mostrando come essi utilizzarono il libro che lo rese famoso - il De Revolutionibus Orbium Coelestium - come un'utile manuale per migliorare i calcoli dei corpi celesti piuttosto che come strumento di riflessione filosofica. Nel secondo capitolo si parla dei rapporti con l'astrologia di un contemporaneo - caratterialmente antitetico ma scientificamente complementare - di Galileo: Giovanni Keplero , l'ultimo grande astronomo che si occupò seriamente di quest'arte divinatoria. In un libro precedente ho mostrato come Galileo praticò l'astrologia con scarso interesse (basti pensare che non completò neppure il discorso interpretativo del tema natale della figlia Virginia), la abbandonò non appena possibile e la criticò, sia pure non in forma polemica per non irritare i potenti che vi credevano. Le cautele dello scienziato toscano sono comprensibili se consideriamo che egli non voleva mettere in pericolo il nuovo modello di astronomia che stava costruendo e per cui aveva bisogno di consensi anche di quelle figure ibride, a cavallo tra astronomia e astrologia, che rappresentavano ancora al suo tempo la maggioranza dei «professionisti delle stelle». Ben diverso fu il caso di Keplero: egli fu ancora più deciso ed esplicito che Galileo nel criticare l'astrologia, e nell'ammettere che lui stesso la praticava per necessità, ma ritenne anche che in essa esisteva un fondo di verità e che la pratica oroscopica potesse essere in un qualche modo riformata e salvata, anche se l'operazione di trasformazione che aveva in mente l'avrebbe completamente stravolta e forse uccisa. Ho parlato in precedenza delle reazioni dei contemporanei di Galileo che si occupavano di astrologia nel momento della scoperta dei satelliti di Giove, mostrando come non tutti furono ostili ad essa. Nel terzo capitolo di questo libro si analizza il percorso scientifico dell'astrologia dopo la morte del grande scienziato pisano. Nella seconda metà del Seicento la maggior parte dei pronosticatori furono refrattari a tener conto delle nuove scoperte, e soprattutto della teoria eliocentrica, dato che la prassi oroscopica non ne sembrava affetta. Ma l'atteggiamento non fu universale: un numero limitato di astrologhi furono sensibili al nuovo clima scientifico e si mossero per sviluppare una sorta di «astrologia naturale copernicana» che tenesse conto sia del crescente consenso verso l'eliocentrismo sia dell'affermarsi della fisica meccanicistica, atomistica e sperimentale. Ma le sorti dell'astrologia non furono unicamente legate alla sua credibilità scientifica o all'ostilità che le gerarchie religiose cattoliche e riformate aveva sviluppato nei suoi confronti. Per alcuni governi, nella seconda metà del Seicento la pratica del «discorso delle stelle» divenne anche una questione politica e di ordine pubblico. All'epoca i timori popolari di eventi astronomici particolari, come le eclissi e la comparsa di comete, non erano completamente sopiti e queste paure furono utilizzate in libelli dal tono apocalittico in grado di preoccupare le autorità e spingerle a prendere provvedimenti. Rifiutata ormai dal potere come strumento di controllo, nella seconda metà del XVII secolo l'astrologia era ancora una attività in grado di infastidirlo e continuò a preoccupare i governanti come fonte di instabilità e di disordini. È questo l'argomento del quarto capitolo. Vuoi per disinteresse, vuoi per imposizione, nel corso del tempo la letteratura popolare, costituita degli opuscoli a basso costo e degli almanacchi venduti nelle piazze e nei mercati, si allontanò gradualmente dall'astrologia che ne era stato l'elemento fondante, per riportare informazioni di utilità pratica. Con l'avvicinarsi del secolo dei Lumi si moltiplicarono anche i libelli satirici e di denuncia verso la sempre più screditata «arte di Urania», tra cui la beffa giocata con un oroscopo fasullo dall'astrologo modenese Geminiano Montanari, o i vari pseudoalmanacchi canzonatorii pubblicati in Inghilterra; per non dire della canzonatura operata – sotto lo pseudonimo di Isaac Bickerstaff – da Jonathan Swift. Verso la fine del Seicento non mancò chi continuava a credere nella possibilità di un'astrologia rinnovata, come il pavese Placido Titi. Ma con l'inizio del nuovo secolo forse il campo delle conoscenze che ebbe maggiore fiducia nella realtà ed efficacia degli influssi cosmici sull'ecosistema animale fu quello medico. Anche se, su consiglio di illustri dottori, i sovrani illuministici si sforzarono – spesso inutilmente – di sradicare dai loro stati ogni sorta di pratica curativa ritenuta superstiziosa, l'opinione che astronomia e medicina fossero in un qualche modo in relazione per certe patologie sopravvisse per tutto il Settecento fino all'Ottocento avanzato. Nel quinto capitolo racconto come, durante il XVIII secolo, gli intellettuali illuministi affrontarono l'astrologia non tanto sul piano scientifico ma soprattutto con argomenti retorici e di buon senso. Eruditi come Voltaire – e poco prima Pierre Bayle – ne mostrarono le contraddizioni interne e i fallimenti. Ma le pagine dell' Encyclopédie (la «macchina da guerra dell'Illuminismo») sull'astrologia curate da D'Alembert, dopo aver liquidato come superstiziose le pratiche oroscopiche tradizionali, davano ancora spazio alla possibilità di un'interpretazione scientificamente aggiornata degli influssi naturali sul nostro pianeta e sulla vita che lo popolava, illustrando le interpretazioni proposte dal chimico inglese Robert Boyle e dal medico Richard Mead. Quando apparve, l'opera simbolo dell'Illuminismo sembrava dare più spazio all'astrologia di quanto potremmo aspettarci. Ma la precipitosa caduta di prestigio dell'arte oroscopica nel corso del secolo fece sì che nel Supplément all' Encyclopédie, apparso dieci anni dopo l'uscita degli ultimi volumi, i riferimenti astrologici si ridussero notevolmente e scomparvero dagli articoli di astronomia curati dal celebre astronomo e divulgatore scientifico Lalande. Il sesto e ultimo capitolo porta l'arte delle stelle attraverso l'Ottocento e il Novecento fino ai giorni nostri. Al termine di questa sua parabola di credibilità, che ho voluto chiamare «l'autunno dell'astrologia», la pratica oroscopica rimase una «scienza obsoleta», indegna di interesse da parte di chi si occupava seriamente di conoscenza. Essa venne ignorata per lungo tempo degli ambienti colti e lasciata nelle mani dei ciarlatani e degli appassionati, fino a quando – ma saremo ormai giunti negli anni venti del Novecento – fu recuperata per il suo interesse culturale grazie a studiosi come lo storico dell'arte Aby Warburg , con gli studi iconologici sugli affreschi di Palazzo Schifanoia a Ferrara, e dal filosofo Ernst Cassirer , con l'analisi del simbolismo e del mito anche in campo astrologico. Ovviamente, come prassi in grado di trovare persone interessate ad essa, l'astrologia non è morta. Il suo percorso più recente la porta a riproporsi come una sorta di consulenza psicologica che rinuncia al rigore previsionale; ma sicuramente l'aspetto più inaspettato della sopravvivenza astrologica nella seconda metà del secolo trascorso è stato il ritorno dell'«astrologia mondiale», con l'attesa di una «Era dell'Acquario» promosso dalla concezione del mondo New Age. Per cercare di capire fatti e mentalità da cui ci separano molti secoli dobbiamo basarci essenzialmente sulle fonti scritte. Nella storia dell'astrologia tra queste fonti sono importanti i «Discorsi astrologici» composti da chi la praticava, e poi gli almanacchi e i lunarii che sono arrivati fino ai giorni nostri con un contenuto astrologico sempre più tenue. Ho quindi aggiunto una prima breve appendice dove riassumo il classico studio di Geneviève Bollème su gli «almanacchi popolari» francesi nel Seicento e Settecento. Per quanto il termine «popolare» sia stato messo in discussione dagli storici successivi (l'utenza reale di questo genere di letteratura non era, in realtà, unicamente confinata alle categorie meno istruite della popolazione), il lavoro della Bollème rimane, a mio avviso, importante per capire l'importanza di questo genere di letteratura in Francia e altrove. Nella seconda appendice ho inserito un estratto dall'opera l' Astrologia Convinta di Falso (1685) di Geminiano Montanari (1633-1687), professore di astronomia prima a Bologna e poi a Padova. In questo libro, a quanto ne so mai ripubblicato da allora, l'autore svela la burla che, insieme a un gruppo di amici, giocò agli astrologi di mestiere e a chi credeva in quest'arte, compilando per anni l'autorevole almanacco del Frugnuolo degl'Influssi del Gran Cacciatore di Lagoscuro, in cui le predizioni erano completamente inventate. L'appendice conclusiva parla di una controversia burlesca più nota: quella condotta nel 1708, sotto lo pseudonimo di Isaac Bickerstaff, da Jonathan Swift contro l'astrologia in generale, e il noto astrologo John Partridge in particolare. Nella traduzione di alcuni libelli di questa gustosa polemica mi sono basato sull'edizione delle opere di Swift curata nell'Ottocento da Walter Scott, e che comprende, oltre agli scritti sicuramente attribuiti allo scrittore irlandese, due altri testi anonimi sull'argomento utili per comprendere il fermento di pamphlet e scritti polemici che caratterizzavano il clima culturale dell'epoca in cui visse l'autore. | << | < | > | >> |Pagina 130Lo scopo principale di questo libro non è spiegare i punti deboli dell'astrologia ma fare una storia del suo declino in Occidente come scienza legittima. Una volta pienamente realizzata, la rivoluzione scientifica ebbe successo dove secoli di argomentazioni teologiche e filosofiche contro l'astrologia avevano avuto scarsi effetti. Ma il cambiamento di mentalità più profondo interessò soprattutto la sua élite culturale. In Francia, ad esempio, dopo la morte di Morin nel 1656, l'astrologia fu rifiutata dai massimi esponenti del mondo scientifico e nessun erudito si sentì più in grado di difenderla a spada tratta come aveva fatto l'anziano matematico.Le cose invece non cambiarono molto per una parte della borghesia urbana e per gli astrologhi ciarlatani di cui era cliente. Dopotutto, come abbiamo più volte ricordato, anche se il modello dell'universo era stato cambiato dall'eliocentrismo una teoria apparentemente contro intuitiva per chi consultava gli almanacchi l'immagine del cielo non era mutata. Se il sogno iniziale di Galileo era di riuscire a conoscere il mondo facendo appello a teorie matematiche ed esperimenti che talvolta violavano le nostre sensazioni quotidiane, dobbiamo ammettere che a partire da quel momento la scienza è diventata sempre più complicata. Ottenere un consenso universale usando questo tipo di armi intellettuali è arduo, e forse spiega in parte perché le convinzioni astrologiche sono vive ancora oggi e perché furono combattute a livello di divulgazione popolare principalmente con armi retoriche.
Quel che resta indubbio è che dopo aver lasciato le pratiche
divinatorie nelle mani di dilettanti e ciarlatani (che numericamente erano
sempre stati numerosi), per molto tempo il razionalismo
scientifico lottò contro la superstizione astrologica utilizzando
prevalentemente argomenti di buon senso e, quando necessario, la
polemica. Nessuno, prima del Novecento, tentò di risottoporre
alla verifica scientifica alcune previsioni astrologiche per cercare di
provare che non tutto era da buttare; oppure, nel caso degli scettici, per
dimostrare l'inadeguatezza degli studi presentati o per
farne di nuovi condotti in modo rigoroso. Esaurire questo interessante argomento
richiederebbe un volume a parte, limitiamoci a
dire che quando gli esperimenti furono ben condotti, le conclusioni ottenute non
risultarono favorevoli all'astrologia. Riportiamo in
nota alcune fonti per questi approfondimenti.
Se decidiamo di trascurare ogni considerazione teorica, il problema di un'astrologia che voglia essere scientifica è trovare una correlazione verificabile tra una situazione celeste e le sue presunte conseguenze; ad esempio tra la nascita sotto il segno dello Scorpione e lo sviluppo del tratto caratteriale che corrisponde ad un comportamento vendicativo. Questo deve essere esaminato in modo probabilistico, ossia, per tornare al nostro esempio, dobbiamo verificare se, presa una popolazione, mediamente i nati sotto lo Scorpione sono più vendicativi. In un approccio simile non è scientificamente significativo un risultato di tipo deterministico, come quando una singola predizione astrologica si avvera, restando un caso isolato. Il metodo attualmente più usato per verificare la validità dell'astrologia scrive Stefano Bagnasco è il matching test, un indagine che abbina una serie di descrizioni più o meno dettagliate del profilo psicologico di un soggetto con l'interpretazione del suo tema natale preparato da un astrologo. Nel caso più semplice l'astrologo sarà fornito di un tema natale, del reale profilo psicologico del soggetto e di due altri profili scelti a caso, e dovrà scegliere a quale corrisponde. Una valutazione statistica su un gruppo di soggetti partecipanti più grande possibile, confrontati con un gruppo di controllo formato da persone che scelgono a caso, sarà in grado di valutare scientificamente la bravura degli astrologhi, idealmente selezionati tra i più autorevoli e con cui è stato preliminarmente concordato il protocollo sperimentale. I vantaggi di questo metodo rispetto alla tradizionale ricerca di correlazioni tra tratti caratteriali e configurazioni astrali sono molteplici, sottolinea Bagnasco, innanzitutto perché non è lo sperimentatore a decidere quali tratti caratteriali e quali configurazioni astrali prendere in considerazione (con la possibilità di scelte selettive) ma tutto il lavoro di interpretazione è fatto da astrologhi professionisti. Per quanto sia amata o odiata nella nostra società, difficilmente la scienza può essere ignorata per determinare il «valore di verità» di una teoria. Visti i suoi insuccessi scientifici, non stupisce che la nuova frontiera dell'astrologia stia volgendo, da un lato, verso una pratica di consulenza psicologica in cui l'astrologo si presenta come un professionista che sa analizzare il carattere e dare consigli, mentre dall'altro viene rivalutato il carattere di attività essenzialmente divinatoria, rinunciando a ogni sua problematica implicazione scientifica. In fondo, l'unica eredità lasciata dall'astrologia alla pratica scientifica moderna - evidenzia la storica Judith Field - sembra essere stato il concetto di azione a distanza. Ciò non è bastato a farla scomparire, dato che anche in un mondo che si affida alla scienza e alla tecnica per la risoluzione dei propri problemi come il nostro, rimane spazio per una tradizione ben radicata nella mentalità occidentale, che si presenta come una forma di conoscenza su argomenti per loro natura incerti (il futuro, il destino, la salute). Sembrava rendersene perfettamente conto le stesso Cardano , astrologo ma anche medico cinquecentesco, quando paragonava «la grandezza e vastità del cielo e del mondo al piccolo cerchio sparuto di tenebra in cui, compagni d'ansia e miseria, ci aggiriamo confusi». In questa visione l'astrologia soddisfa più una necessità di tipo psicologico-sociale che scientifico-razionale. Possiamo ritenere che il desiderio di credere alle stelle nasca dall'angoscia dell'uomo nel trovarsi di fronte un universo apparentemente privo di senso, che lo spinge a vedere nell'astrologia un modo per creare collegamenti tra la sua individualità e il mondo. Normalmente il conforto da questo tipo di inquietudini viene dalla religione, ma sappiamo che l'astrologia ebbe grande successo anche quando il mondo era apparentemente meno secolarizzato rispetto ad oggi: in epoca rinascimentale l'arte delle stelle ebbe tra i suoi cultori svariati papi e cardinali, e nel mondo protestante troviamo Lutero e Melantone.
D'altra parte, da sempre l'astrologia è stata interpretata,
secondo la predisposizione personale dei suoi praticanti e dei suoi
clienti, come una scienza, una convinzione quasi-religiosa, un
complesso di regole per fornire un servizio al consumo, oppure
una delle tante opzioni tra cui scegliere in un programma di «crescita
personale». Come ogni sistema di credenze, una volta accettata, l'astrologia
tende ad autoconfermarsi nella mente di chi le dà
fiducia, indipendentemente da ogni verifica razionale della sua
validità. Abbiamo visto che le ragioni del suo declino come scienza esatta
derivarono da cause esterne e particolarmente da un
cambiamento generale di mentalità, che portò gradualmente a
ritenere che le soluzioni offerte dagli astrologhi ai problemi contingenti erano
sempre più insoddisfacenti. In questo, storicamente
la scienza galileiana giocò un ruolo significativo, così come ebbe
peso l'aumentata ostilità verso la pratica astrologica proveniente
da varie istituzioni religiose. Finita l'epoca delle eresie e dei dogmatismi
religiosi e scientifici assoluti, la principale opposizione
all'arte delle stelle sembra essere la paura del ridicolo ereditata da
due secoli di pessima pratica e cattiva stampa.
Possiamo trascurare l'astrologia come scienza e vederla
come un fenomeno sociale: un campo in cui non tutti sono stati
teneri con essa. Un giudizio negativo è venuto, ad esempio, dal
filosofo tedesco
Theodor Wiesengrund Adorno
(1903-1969), famoso per la sua critica alle forme più avanzate di capitalismo,
caratterizzate, a suo giudizio, dalla volontaria manipolazione delle
coscienze da parte dei media. In un saggio in cui analizzava la
rubrica astrologica del
Los Angeles Times
per un periodo di tre mesi tra il 1952 e il 1953, lo studioso che aveva unito il
marxismo con la psicanalisi riteneva che il credere nelle stelle fosse
un'indicazione patologica di irrazionalità autoritaria. Anche se per Adorno
quella dell'occultismo popolare era un'irrazionalità apparente,
che assolveva la funzione sociale di giustificare lo status quo. La
sapienza arcana e millenaria che veniva proposta era, in realtà, un
prodotto di mercato che predicava il conformismo; e nessun astrologo che
scriveva sui giornali avrebbe osato discostarvisi - ad
esempio suggerendo comportamenti non ortodossi - perché
avrebbe subito perso il lavoro. I concetti del filosofo tedesco sono
stati ripresi nella tesi di due altri studiosi, Cary L. Nederman e
James Wray Goulding, secondo cui l'enorme massa di rubriche
giornalistiche, libri, riviste e prodotti sull'occultismo e l'astrologia
di massa, non spingono l'individuo a riflettere ma piuttosto ad
auto contenersi; operando una distorsione della coscienza che
nasconde le condizioni materiali, e spinge chi segue le loro indicazioni a
razionalizzare e legittimare i valori della società liberale e
capitalistica, nonostante le disuguaglianze della vita di tutti i giorni. In
questo modo «i misteri delle stelle sottolineano la mistificazione della
società contemporanea». I lettori delle rubriche di
astrologia sono spinti al fatalismo: a prendere le cose come sono
perché predestinate; a concentrarsi solo su «salute», «danaro» e
«amore» considerando però la salute in termini di caso, piuttosto
che di accesso a servizi sanitari disponibili e adeguati. E implicitamente
l'oroscopo sostiene anche che ogni individuo è fondamentalmente responsabile [!]
per i propri fallimenti, dato che sono già scritti negli astri.
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