Copertina
Autore Stefano Bartezzaghi
Titolo Lezioni di enigmistica
EdizioneEinaudi, Torino, 2001, Grandi Tascabili 868 , pag. 314, dim. 135x207x22 mm , Isbn 978-88-06-14316-9
LettoreRenato di Stefano, 2001
Classe giochi
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Indice

 XI Introduzione
XIX Ringraziamenti

    Lezioni di enigmistica

3   Parte prima

    Le operazioni fondamentali dell'enigmista

  5 I.  Combinare
  5     Incominciare
  6     Sconnettere
  7     Ripetere
  8     Annodare
  9     Plasmare
  9     Rovesciare
 10     Sviluppare
 11     Incrociare
 11     Sezionare
 12     Combinare
 14 II. Leggere
 14     Compitare
 15     Completare
 16     Ricostruire
 16     Capire
 17     Interpretare
 17     Equivocare
 19     Deragliare
 19     Sdoppiare
 20     Allargare
 21     Contrarre
 22 III.Comporre
 22     Nascondere
 23     Definire
 24     Descrivere
 24     Distrarre
 24     Uniformare
 25     Limare
 25     Rinunciare
 26 IV. Risolvere
 26     Incastrare
 27     Fiutare
 27     Almanaccare
 29     Consultare
 32     Immaginare
 33     Rinunciare?

 35 Parte seconda

    Giochi enigmistici


 37 I.  Indovina indovinello

 38 L'indovinello
      Giocare agli indovinelli.  Partire dalla
      fine.  Vari tipi di indovinello.
      Analogia.  Contrasti.  Una cosa sembra
      un'altra.  Il kenning, il conundrum e
      altri mostri.
 48 L'enigma
      In cattedra.  Sulla strada per Tebe.  La
      sfida.  L'uomo.  Gli ingredienti dell'
      enigma e dell'indovinello tradizionali.
      Risolvere un enigma o un indovinello.
      Indovinare.
 53 L'indovinello enigmistico
      Come si presenta l'indovinello
      enigmistico.  Come si risolve un
      indovinello enigmistico.  Fan.  Come
      costruire un indovinello.
 65 L'enigma nell'enigmistica contemporanea
      Per fare un enigma.  Indovinello o
      enigma?  Difetti dell'enigma e dell'
      indovinello.

 75 II.  Pezzi di parola

 75 La sciarada
      Giudizio morale.  Per fare una sciarada.
      Sciarada, frase doppia, rebus.  Le parole
      che si trasformano.  Digressione sull'
      equipollenza.  Riepilogo: i meccanismi
      della sciarada.
 84 Il testo della sciarada (consigli per i
      solutori)
      Lo svolgimento a parti convenzionali.  Lo
      svolgimento a diagrammi.  Lo svolgimento
      a enigmi collegati.  Per l'autore di
      giochi a enigmi collegati.  Usi dei tre
      modi di svolgimento.
 96 Le frasi doppie
 97 Riepilogo
 98 Appendice 1. Perché la sciarada è un gioco
      fondamentale?
      Storia.  Mitologia.  Infanzia, sogno,
      gioco.
103 Appendice 2. La nascita dell'enigmistica:
      il manuale di Tolosani e di Rastrelli
107 Appendice 3. Professione sciaradista

110 III.  Il caso della cosa nel caos

111 L'anagramma
112 Anagrammi non enigmistici
113 L'anagramma in enigmistica
      L'anagramma fra parole singole.  Dalla
      parola alla frase.  Da una parola a due
      parole.  L'attinenza.  Dalla frase a
      un'altra frase.  Da una frase a due (o
      piú) parole.  Altri anagrammi.  A senso
      continuativo.
122 Come si fa un anagramma
      Anagramma semplice.  Da una parola a una
      frase.  Da una parola (o piú) a due
      parole (o piú).  Le armi dell'
      anagrammista.
131 Modi di svolgimento dell'anagramma

133 IV.  Da destra verso sinistra

134 Letture rovesciate
      Casi notevoli.
136 Bifronte e palindromo
      Parole.  Frasi.
140 Letture rovesciate in enigmistica
      Palindromi enigmistici.  I palindromi in
      versi.  Palindromi crittografici.
      Bifronti enigmistici.  La sillaba.
      Antipodi.  Antipodi crittografici.
      Cambio d'antipodo.  Riassumendo.  Una
      nuova frontiera per i palindromí?
151 Gente da palindromo
      I palindromi fuori dall'enigmistica.
      Giuseppe Varaldo (Beppe).  Georges Perec
      e i testi palindromici.  Anacleto
      Bendazzi e i poemi palindromici.  Douglas
      Hofstadter e gli ambigrammi.  Primo Levi
      e il palindromo narrativo.

159 V.  Come si fa un cruciverba?

161 Incrociare le parole
      La prima parola.  Parole proibite.  La
      seconda parola.  Dalla terza parola in
      poi.  Schema libero o schema fisso?  Le
      rinunce.  Le caselle nere.
      L'allestimento grafico dello schema.
174 Come definire un cruciverba
      La definizione.  Tipi di definizione.
      Generi di definizioni.  FA  (frequently
      asked questions).
180 Appendice: repertori, pronti soccorsi,
      macchinari

184 VI.  Falegnameria enigmistica

185 Ingresso alla falegnameria enigmistica
186 Laboratorio di ingresso
186 Lo scarto
      Lo scarto in enigmistica.  Giudizio
      morale.  Scarti non enigmistici: i
      cartelli stradali.
187 L'aggiunta e la zeppa
      Aggiunta e zeppe enigmistiche.  Giudizio
      morale.
188 Il cambio
      Il cambio in enigmistica.  Giudizio
      morale.  Cambi non enigmistici.
191 Lo spostamento
      Giudizio morale.
193 Lo scambio
      Giudizio morale.  Scambi non enigmistici:
      la contrepèterie.
195 Nel magazzino dei falsi derivati
195 Il falso accrescitivo  Giudizio morale.
196 Il falso diminutivo e il falso
      vezzeggiativo
      Giudizio morale.  I falsi derivati di
      Federico Fellini.
198 Il falso peggiorativo  Giudizio morale.
199 Il cambio di genere  Giudizio morale.
200 Digressione su falsi derivati vecchi e
      nuovi
201 La sala dell'ebanisteria
202 L'incastro  Giudizio morale.
203 La sciarada alterna  Giudizio morale.
204 L'intarsio  Giudizio morale.
205 La sciarada incatenata  Giudizio morale.
206 Il lucchetto  Giudizio morale.
207 I biscarti  Giudizio morale.
208 La cerniera  Giudizio morale.
209 La doppia estrazione  Giudizio morale.
210 La cernita
      Uscendo dalla sala dei doppi scarti.
212 Uscita della falegnameria
212 Il quadrato
214 L'enigmistica geometrica

216 VII.  Leggere le figure

217 Il rebus non enigmistico
      La scrittura delle cose.  Rebus no
      problem.  Per fare un rebus.  Partire
      dalla frase.  Costruire un rebus.
226 Il rebus enigmistico
      Vignetta unitaria.  I soggetti difficili
      da illustrare.  Posizione delle lettere.
      Soggetti e lettere.  Ordine di lettura
      della vignetta.  Soggetti in relazione.
      Dettagli e neutralità.  Il contrasto.
      Rebus senza etichetta.  Il rebus deve
      essere risolvibile.  Numero e posizione
      delle lettere-etichetta.  Lettura
      alfabetica e fonetica.  Altre convenzioni
      sulle etichette.  Lettere-etichetta
      sparse.  La frase risolutiva.  Meglio la
      cesura.
233 Il rebus stereoscopico
234 Per risolvere il rebus
      Est modus in rebus?

237 VIII.  Alchimia alfabetica

237 Le crittografie
238 Il monoverbo a frase
240 La crittografia mnemonica
      Per fare una crittografia mnemonica: la
      via passiva.  Per fare una crittografia
      mnemonica: la via attiva.  Per risolvere
      una crittografia mnemonica.  Crittografie
      mnemoniche di Umberto Eco.
248 Crittografie continuative
      Per fare un anagramma crittografico.  Il
      palindromo crittografico.  Altre
      crittografie continuative.
251 La crittografia a frase
252 La crittografia semplice
      Crittografie sinonimiche e perifrastiche.
253 La crittografia sillogistica

255 IX.  I mostri preistorici

255 Logogrifo
256 Acrostico
258 Mesostico
259 Telestico
260 Metanagramma
261 Bizzarrie

263 Parte terza

    Il futuro dell'enigmistica

265 I.  L'enigmistica del Novecento: cosa è
        stata
269 II. L'enigmistica: cosa non è stata


273 Bibliografia

275     Introduzione
275     Criteri di citazione dei giochi
        enigmistici
275     Reperibilità dei testi

277 I.  La biblioteca enigmistica: opere a
        carattere generale
277     Riviste e altre pubblicazioni
        periodiche
277     I manuali
278     Opere storiche
278     L'enigmistica vista dai non enigmisti
279     Raccolte e antologie di giochi
        enigmistici
279     Repertori: «il Medameo»
280     Dizionari e altri libri di
        consultazione
280     Enigmistica all'estero?

281 II. Giochi enigmistici e giochi di parole
        in Italia e all'estero
281     Giochi e giochi di parole
282     Semiotica dell'enigmistica
282     Per gli insegnanti
282     Oulipo
283     Enigma e indovinello
284     Rebus
284     Anagrammi, palindromi e altri giochi
285     Cruciverba
285     L'enigmistica italiana, oggi
        Edicola.  Abbonamento.  Premi
        enigmistici.  Internet.  Software.

287 Appendice
289     Glossario
308     Tavola dei giochi

 

 

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Pagina XI

Introduzione


Quando un lettore mi manda un gioco enigmistico e mi sfida a risolverlo, allora mi sento perduto. Un enigma proposto da qualcuno che non conosce l'enigmistica può essere uno scherzo, un gioco logico capziosissimo, un indovinello puerile, un bellissimo rompicapo o anche un indefinito guazzabuglio che mai si comprenderà, neppure conoscendo la soluzione.

Chi propone l'enigma il piú delle volte non ne tiene conto: non pensa di essere una spaventosa Sfinge che minaccia un Edipo sin troppo umano, ma si sente come Davide che affronta Golia. L'ideale sarebbe arrendersi ancora prima che parta la sassata, ma per non passare da vigliacchi tocca provare a risolvere.

Quando va molto bene l'enigma si rivela parte di un repertorio di giochi che in un modo o nell'altro sono conosciuti anche da chi non è proprio esperto. I casi tipici sono:

    N:        La Nona di Beethoven
    IS:       Le ultime lettere di Iacopo Ortis
    gg GG:    GiGi crescendo cambia carattere
    C C C:    Se mi cerchi, non ci sono
              (semicerchi, non C sono)

Questi esempi appartengono a un'enigmistica irregolare, che spesso risale all'Ottocento o al primo Novecento. Un'enigmistica che io trovo molto gioiosa e arguta. Negli indovinelli che piacciono ai bambini bisogna applicare una logica diversa dalla solita, una logica libera e quasi magica in cui il sole è un personaggio che si tuffa in mare anche se non sa nuotare, il bottone sta tutto il giorno alla finestra e rientra solo quando è sera, e le ruote del carro sono quattro sorelle che giocano a rincorrersi ma non si prendono mai. I giochi che abbiamo visto sopra applicano questa logica stravagante non al mare, al sole, alla luna e agli elementi del mondo, ma alle lettere e alle parole: agli elementi del linguaggio.

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Pagina XIII

Uno, due, tre.

Cos'è l'enigmistica?

«Il passatempo piú sano ed economico» (come dice un famoso slogan della «Settimana Enigmistica»)?

La «geniale palestra dell'intelligenza», la «forza di una passione ardente e fascinatrice», lo «studio serio, disciplinato», il «continuo progresso letterario ed artistico» di cui scrive un suo appassionato a metà del Novecento?

Una sciocchezza, un'arte, un hobby, una mania, un enigma?

Io voto per una definizione piú analitica che ho letto su una storia dell'enigmistica: «L'arte di proporre per la soluzione, mediante accorgimenti di dissimulazione della piú varia natura, composizioni in versi, oppure frasi, parole, lettere, segni tipografici o figure».

E poi ognuno ci trova dentro quel che ci trova.

La prima enigmistica che viene in mente è quella dei cruciverba, dei rebus, degli strani giochi con le x e con le y pubblicati da giornali che offrono anche barzellette e buffe curiosità. Si tratta innanzitutto della «Settimana Enigmistica», che è il piú antico e il piú diffuso, e poi la «Domenica Quiz», la «Nuova Enigmistica Tascabile», e altri ancora. Il venerdí o il sabato gli edicolanti di tutta Italia mettono la pigna delle «settimane enigmistiche» sopra il piatto di plastica delle monetine: la maggior parte di quelli che comprano il quotidiano e i vari settimanali televisivi del venerdí e del sabato (due giorni importanti, per le edicole) comprano anche la rivista delle parole crociate, e la ritirano con le monetine di resto. L'espressione «settimane enigmistiche» è stata usata da Paolo Conte in una delle sue migliori canzoni, Sotto le stelle del jazz (1984): «... nel tempo fatto di attimi | e settimane enigmistiche».

Questa prima forma di enigmistica è chiamata da alcuni «enigmistica popolare». «Popolare» significa appunto che tutti la conoscono, e che si rivolge al grande pubblico; ma c'è un'intenzionale sfumatura spregiativa. «Popolare» confina con «volgare»: è un'enigmistica un po' disprezzata dai cultori della seconda enigmistica, che la ritengono troppo facile, nozionistica e commerciale. Un atteggiamento in cui è presente anche una sfumatura di invidia, questa volta non intenzionale.

La seconda enigmistica viene detta «classica» dai suoi appassionati, alcuni dei quali la ritengono piú una forma d'arte vera e propria che un gioco. È fatta di enigmi, crittografie e altri giochi pubblicati da riviste che circolano per abbonamento in un giro ristretto di appassionati. È un'enigmistica che si è sviluppata prima di quella «popolare», ma non di molto. La distanza non si calcola in secoli, ma in generazioni: enigmistica o enimmistica è una parola attestata ufficialmente dal 1901 ed è apparsa nell'ultimo decennio dell'Ottocento, che è anche il periodo in cui questa forma enigmistica è sbocciata. L'enigmistica popolare invece si può dire che incomincia nel 1925, con l'arrivo in Italia del cruciverba («La Settimana Enigmistica» incomincia le pubblicazioni nel 1932).

Poi c'è una terza «enigmistica», che non è classica né popolare ma è «impropria», senza appartenenze e con regole molto piú elastiche. È l'enigmistica che è sempre stata praticata dall'uomo, dal primo antichissimo enigma fino al telequiz o al gioco di parole di un comico. È un cumulo disordinato di tecniche, di giochi, di forme, mistiche e poetiche, di bizzarrie, una piccola galassia di asteroidi che vorticano nel cielo del linguaggio. In questo disordine ci sono due linee di tendenza da tenere presenti.

La prima riguarda la forma elementare, semplicissima e cruciale di rapporto umano: la domanda e la risposta. Da «Dov'è tuo fratello Abele?» fino a «Chi ha incastrato Roger Rabbit?» e oltre, l'alternarsi di domande e risposte nasconde tranelli e trappole su cui l'uomo ha sempre giocato.

La seconda linea di tendenza riguarda ancor piú direttamente le basi del linguaggio. Ventisei lettere bastano a nominare il mondo, e questo potere è affidato alla loro combinazione, che produce però anche permutazioni prodigiose, incontri, incroci e ritorni di suoni, arguzie e suggestioni.


Questo libro.

In questo libro vorrei spiegare il funzionamento dei giochi dell'enigmistica numero uno e dell'enigmistica numero due, ma vorrei anche ricordarmi che senza l'enigmistica numero tre questi giochi non avrebbero, almeno per me, alcun fascino.

E per questo motivo che ancor prima di passare in rassegna i giochi enigmistici fondamentali uno per uno ho pensato che fosse utile chiarire quali qiano «le operazioni fondamentali dell'enigmista», quelle che stanno alle regole formali dei giochi come il tirare un calcio a una palla sta al Regolamento del Giuoco del Calcio.

Nella seconda parte presento i giochi enigmistici, che hanno preso la loro forma attuale nell'Ottocento e nel Novecento e sono giunti fino a noi.

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Pagina 5

I. Combinare


Incominciare.

Non è vero che per incominciare a giocare occorra conoscere le regole. Il gioco non è un tram, con rotaie e trolley, biglietti e controllori, fermate per salire e scendere. Il gioco è una bicicletta, su cui si parte sbilenchi, non sempre si riesce a evitare di cadere, di prosegue sbandando di qua e di là e solo continuando a pedalare si otterrà, prima o poi, un moto soddisfacentemente rettilineo. Anche senza conoscere il regolamento del Giro d'Italia si può incominciare ad andare.

Una bambina di quattro anni un giorno parlava di fiori: «Non c'è solo la margherita, c'è anche sua sorella, la tremariga». Se fosse stata la figlia di un enigmista magari il babbo le avrebbe detto: «Brava, hai fatto un anagramma quasi giusto». Infatti a tremariga manca la H di margherita. Ma una bambina che non sa scrivere non sa neppure cosa sia l'anagramma. Si limita a usare i suoni che sente con l'orecchio e il suono della G resta duro. Quindi l'anagramma è involontario ed è giusto: solo che è un anagramma di suoni e non di lettere, perché dell'acca a una bambina non importa giutappunto un acca, e probabilmente non conoscerà mai la regola enigmistica dell'anagramma. I bambini trattano le parole come fossero cose, la margherita è una cosa con il suo nome e con la sua figura, le vocali sono i colori, le consonanti sono i contorni. Modificando il nome si modifica anche la cosa, il gioco è questo.

Una bambina di sei anni ha scritto sul suo quaderno le lettere della parola otto. Quando ha finito ha detto: «Ehi, otto è una parola che resta uguale anche se la leggo al contrario!» Non conosceva i palindromi, e con ogni probabilità non conoscerà mai la regola per distinguere un palindromo da un bifronte (cosí come non la conoscono fuori dall'Italia, e in Italia la conoscono solo pochi enigmisti accademici).

Una mia amica a vent'anni si era innamorata di un tizio a nome Giacomino Romita: era uno speriamo simpatico poco di buono, e le dava dei dispiaceri. In un giorno di noia, lei prese un foglio di carta, ci scrisse il nome dell'amato, e incominciò a mescolare le lettere. Usando tutte le lettere di Giacomino Romita (o meglio del vero nome, che ho mascherato) uscí una definizione che si adattava perfettamente al tipo: Mio amico ingrato. A quell'amica dissi io che aveva fatto un anagramma, ma non mi sembrò molto interessata al nome e alla definizione del suo gioco. Era contenta cosí.

Trasformare una margherita in una tremariga, il nome dell'amato in una frase amara... sono cose che si fanno senza chiedersi perché. È il modo che le parole hanno per giocare con noi. La locuzione gioco di parole non significa «gioco fatto di parole, fatto con le parole» bensí «gioco che le parole fanno con (si fanno di) noi». Detto altrimenti, le parole del gioco di parole non sono come le carte del gioco di carte (complemento di mezzo o di materia), ma come i bimbi del gioco di bimbi (complemento di specificazione). Non come la mano, ma come il villano del proverbio.

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Pagina 14

II. Leggere


Compitare.

Durante il suo soggiorno obbligato in un campo di raccolta in Polonia, una delle prime tappe dell'odissea del suo dopo-Auschwitz, Primo Levi incontra «il Ferrari». Con l'articolo, perché è un milanese e i nomi propri milanesi vogliono l'articolo (l'Adalgisa, non Adalgisa). Il Ferrari è un ladruncolo pigrissimo e infestato dai pidocchi. Sta tutto il tempo in branda a leggere libri in tutte le lingue, tranne il russo «perché non lo capisco bene». In realtà non capisce neanche le altre:

    Ma «leggeva» ugualmente ogni libro, dal
primo rigo all'ultimo, identificando con
soddisfazione le singole lettere,
pronunciandole a fior di labbra, e ricostruendo
faticosamente le parole, del cui significato
non si curava.

I correttori di bozze per essere certi di non lasciarsi sfuggire errori di ortografia devono leggere ogni riga partendo da destra e proseguendo, parola per parola, verso sinistra: senza considerare il significato di quel che «leggono». Il significato può distrarre, e rendere invisibile un errore. (P.S. Il brano di Primo Levi va avanti, con una sottigliezza per palati raffinati: «... ricostruendo faticosamente le parole, del cui significato non si curava. A lui bastava: come, a differenti livelli, altri provano diletto nel risolvere parole incrociate, o integrare equazioni differenziali, o calcolare le orbite degli asteroidi»).

A volte è necessario fare proprio come il Ferrari, «ricostruire faticosamente le parole», anziché pattinarci sopra velocemente, elegantemente, senza mai inciamparci. Compitare significa trattare le parole come se non avessero significato, per avvertirne le proprietà. Se voi pensate al significato della parola ricarica la dividete cosí: ri (particella iterativa) + carica. Se voi non ci pensate la dividete cosí: tica/rica.

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Pagina 26

IV. Risolvere


Incastrare.

Fra i solutori di un puzzle, in quanti pensano e si sentono avversari di colui che ha composto (ovvero scomposto: diciamo che ha prodotto) il puzzle medesimo? Oggi come oggi nessuno, temo: anche perché i puzzle sono prodotti in serie, e ci sono macchine che fustellano i pezzi secondo disegni ampiamente standardizzati. In passato Georges Perec ha però immaginato una storia in cui un appassionato di puzzle conosceva l'artigiano che gli preparava le tessere, intagliandole con tutte le malizie, come in una partita a scacchi in cui uno dei due contendenti ha già scritto in anticipo tutte le sue mosse. Nel campo dei giochi, Perec non era un autore di puzzle, era un autore di cruciverba, ma in effetti le analogie fra jig-saw puzzle (il nostro puzzle) e crossword puzzle (il nostro cruciverba) sono molte. Un appassionato di puzzle desidera che il fabbricante gli consegni una scatola con tutti i pezzi in disordine: alcuni vogliono avere a disposizione una riproduzione dell'immagine da ottenere, altri preferiscono di no, ma tutti ovviamente vogliono arrivarci con i loro mezzi. I veri appassionati preferiscono i puzzle piú difficili, ma nessuno vorrebbe che il fabbricante mescolasse in diverse scatole tessere provenienti da diversi puzzle (fatta eccezione per il protagonista di Certi verdini, un racconto di Michele Mari).

Il gioco enigmistico è confezionato come si deve quando ha il nome-definizione nell'occhiello in alto, le altre parti regolamentari a posto, la soluzione scritta in calce o sul prossimo numero della rivista.

Il solutore di enigmistica è come l'acquirente di una scatola ben confezionata di puzzle.

Non è lo storico dell'arte alle prese con un dipinto di malcerta attribuzione.

Non è il detective sulla scena del delitto, o almeno non è il vero detective (può assomigliare invece al detective romanzesco).

Non è il medico che ausculta in cerca del sintomo decisivo.

Risolvere enigmistica significa cercare indizi e poi metterli in ordine e incastrarli in modo da ottenere la parola della soluzione. Non è scontato che il solutore sappia trovarli, ma comunque non si tratta di una ricerca aperta a qualsiasi esito. Si tratta della rappresentazione simbolica di una ricerca: è un gioco.

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Pagina 98

Appendice I. Perché la sciarada è un gioco fondamentale?

Storia.

Prima c'era la corte, e c'erano i «giochi di corte». Poi è arrivata la società e sono nati i «giochi di società». I giochi di società erano giochi di gruppo, in cui gli sfidanti erano alla pari, e facevano risaltare le virtú del bravo salottiero: l'arguzia, la prontezza di riflessi, la capacità di uscire brillantemente dalle situazioni difficili, un certo agonismo fra i partecipanti. La sciarada è nata all'inizio del Settecento non come gioco scritto, ma come gioco di società. Fra le ipotesi che si fanno sull'origine del misterioso nome è ritenuta piú probabile quella che fa derivare il francese charade dalla parola provenzale charrado, «chiacchiera, conversazione» (da charrà, chiacchierare, di origine onomatopeica; cfr. DELI).

Il salotto borghese è una scena in cui tutti sono a turno o contemporaneamente e attori e spettatori. Nel gioco della sciarada, un partecipante o un gruppo di partecipanti mima una serie di due o piú parole; gli altri devono indovinare la parola che risulta leggendo di fila la serie.

L'enigmistica italiana è nata dalla sciarada, quando l'archeologo Enegildo Frediani (Seravezza 1783 - Il Cairo 1823) pubblicò il suo libro di Sciarade, Logogrifi e Fredianescbe (1816). Il libro conteneva circa millecinquecento giochi, e solo un centinaio non erano sciarade. La stessa proporzione si riscontrò poi in tutte le pubblicazioni enigmistiche, o paleo-enigmistiche, che fino al 1875 conquistarono a questi giochi un posto fra le abitudini di lettura e di impiego del tempo libero degli italiani. Una delle prime fu un almanacco che si intitolava «Il nuovo Sciaradista» (dal 1832). Ma ner tutto l'Ottocento fu anche molto forte il gioco di società, quella che i francesi chiamano charade en action, che infatti di tanto in tanto si trova nelle pagine della letteratura dell'epoca, per esempio nei diari di Stendhal (agosto 1811): «Serata allegra. Pipistrello, eccellente vocabolo per sciarade. Il mio tutto non sarebbe il mio tutto, se non avesse lavorato la domenica». Molto difficile da capire, dev'esserci un sottinteso osceno. Altre sciarade si trovano nell'opera di Jane Austen, William Thackeray, Horace Walpole, Charlotte Bronté, fino a Virginia Woolf, Achille Campanile e Mary McCarthy.

Sciarade scritte sono state attribuite a Voltaire, Ampère, Hugo, e in Italia ad Alfieri e Monti. È rimasta famosa la battuta del compositore Mascagni che, annoiato dagli amici che giocavano, improvvisò una rabbiosa sciarada.

    Bestia il primiero,
    bestia il secondo,
    e bestia anche l'intero.

        Soluzione: leon/cavallo = Leoncavallo

(Nel 1971, durante le interminabili sedute parlamentari per l'elezione del presidente della Repubblica, all'allora presidente della Camera Sandro Pertini toccava lo spoglio delle schede, in diretta televisiva. I voti si stavano concentrano su Giovanni Leone. A un certo punto, nella monotona serie: «Leone, Leone, Leone...» si interpose un «... Leoncavallo...» Pertini lesse ed ebbe una battuta estemporanea: «Qui qualcuno vuole fare I Pagliacci...»)

In Italia si giocava alle sciarade nei salotti piú famosi, come quello veneziano della Teotochi Albrizzi. Proprio da una serata di giochi di sciarade in quel salotto incomincia il poemetto (non intenzionalmente) umoristico La Sciarada. Appendice alle antiche poetiche, scritto da Bennassú Montanari (prima edizione 1839). Il poemetto contiene tutte le indicazioni per comporre sciarade, compresa la proibizione di usare parole in rapporto etimologico.

    Gretta di' la sciarada, ove arieggi
    troppo l'un membro all'altro [...]
    [...] se la sbarra
    a sí fatti vocaboli disserri
    poca varietà l'enigma acquista.

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Mitologia.

Una sciarada molto famosa, di cui non abbiamo ancora quasi parlato, è scia/rada = sciarada. Il gioco si può applicare anche al nome del gioco, e questa è una buffa e fortunata coincidenza (non unica, però: capita anche ad altri giochi).

C'è chi crede che la sciarada si chiami cosí proprio perché il suo nome è a sua volta una sciarada: per esempio il poeta Bennassú Montanari. Al Poeta appare in sogno la sciarada, che ha una nube davanti agli occhi, e gli spiega:

    [...] questo
    vapor leggero che mi appanna il volto,
    gl'italici ombra, scia dissero i Greci,
    e un'ibride parola, Argiva e nostra,
    me da rada e da scia, Sciarada appella.

Per Montanari la sciarada si chiama cosí perché il suo nome significa, con un'espressione greco-italiana, «ombra rada». Non perdiamo neanche un minuto a smentire questa ipotesi, ma fermiamoci a un fatto. Per capire cosa vuol dire sciarada, Montanari fa una sciarada. Se noi applichiamo lo stesso procedimento al suo cognome dovremmo dedurne che il poeta Montanari fosse un chirurgo estetico specializzato in nasi (monta Nari)? E dovremmo dedurne che quel suo strano nome significa «ben/nato»? Questo è già piú probabile. In fondo la sciarada è l'evoluzione, la versione «laica» di quel procedimento che veniva chiamato interpretatio nominis.

Il meccanismo della sciarada è fondamentale perché è semplicissimo: rompere una parola per vedere cosa c'è dentro. Non è che la scienza etimologica proceda in modo diverso, e l'etimologia popolare è sempre frutto di qualche alchimia sciaradistica.

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III. Il caso della cosa nel caos

Anagramma


L'enigma ha una magia cerimoniale, la cui origine è religiosa. L'enigma antico era il linguaggio che gli dèi avevano adottato per comunicare con gli uomini. Quando il dialogo si è interrotto, agli uomini è rimasto quel linguaggio, con le sue allusioni e l'alternanza di domande e soluzioni che oggi ci ricorda il catechismo e i salmi responsoriali.

La sciarada ha invece una magia tecnica: rompe la parola quasi per mostrarne due ingredienti imprevisti. È quello che facciamo quando troviamo nel nome di Ventimiglia una misura di distanza che invece è assente (Ventimiglia non vuol dire «venti miglia»).

La magia del palindromo è contemplativa. Una frase che si ripete immutata in un senso e nell'altro non è piú lingua: è un oggetto, una formula, un simbolo. Una parola o una frase non «ha» un palindromo: «è» un palindromo (oppure no).

L'anagramma ha una magia di tipo trasformativo: provoca metamorfosi nelle parole, il calcio diventa un laccio, una colica. Il rispetto diventa uno strepito: va dall' ispettor per chiedergli un prestito e incomincia: potresti...? Manderà giú dei rospetti... Ogni volta le lettere sono le stesse. Cambia solo la disposizione. Una quantità limitata di elementi può dar vita a molti oggetti diversi, secondo l'algebra della permutazione già enunciata dagli antichi cabalisti:

    Come le combinò?  Due pietre edificano due
case.  Tre pietre sei case.  Quattro,
ventiquattro case.  Cinque, centoventi case.
Sei edificano settecentoventi case.  Sette
edificano cinquemila e quaranta case.  Di qui
in poi procedi a calcolare quel che la bocca
non può pronunciare, l'occhio non può vedere né
l'orecchio ascoltare.

Come molti altri giochi enigmistici, anche l'anagramma è stato inventato mille volte, nel corso della storia: l'idea che ci sta sotto è molto semplice e può venire in mente a chiunque. Le parole non sono composte solo dalle lettere, ma anche dalla loro disposizione. Vale per le parole, vale per le ricette di cucina (ingredienti piú procedure), vale per il Dna.

I bambini sanno già che cosa sia l'anagramma. O per meglio dire lo sanno ancora. Poi si cresce: non ci si occupa piú della consistenza molecolare delle parole, delle cose, e dei cibi cucinati, e non si fa piú caso all'esistenza dei loro ingredienti. Le lettere dell'alfabeto vengono dimenticate, si pensa ai concetti, ma qualsiasi bambino, con un alfabetiere vi può mostrare che con le stesse lettere si possono formare parole diverse. E se vi verrà la passione degli anagrammi, noterete che proprio l'alfabetiere è utilissimo per imparare a farli.

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VI. Falegnameria enigmistica

Scarto, aggiunta, zeppa, cambio, spostamento, scambio, falsi derivati, incastro, intarsio, sciarada incatenata, sciarada alterna, biscarti, lucchetto, cerniera, doppia estrazione, cernita, enigmistica geometrica


Quando l'enigmistica non si chiamava ancora enigmistica, uomini provvisti di barbe folte e curate e di regolare monocolo si dilettavano con giochi i cui nomi parevano quelli di bestie preistoriche o - non fosse la stessa cosa - mitologiche: l'Anagramma e l'Enigma, il Rebus e la Sciarada, il Palindromo e l'Antipodo, il Logogrifo, l'Acrostico, il Mesostico, il Telestico, il Metanagramma, la Bizzarria...

Poi la nomenclatura enigmistica attraversò una fase splatter, con lo sventramento, l'amputazione, la decapitazione. Infine subentrò il tempo della meccanica: schema e combinazione, cambio e scambio, zeppa e scarto, intarsio e incastro, lucchetto e cerniera.

Queste tre fasi riproducono quelle descritte da Giovan Battista Vico: l'età degli dèi, l'età degli eroi, l'età degli uomini; il mito, la battaglia, il lavoro. Stando a tale schema dovremmo tenerci pronti al ritorno degli dèi: ma non ci spererei troppo.

I giochi con nomi da bestia mitologica sono quelli che hanno veramente fondato l'enigmistica. L'evoluzione ne ha fatti estinguere alcuni, e la tecnologia ne ha aggiunto uno nuovo che è anche il piú bestiale: il Cruciverba, un inquietante incrocio fra mitologia e modernità.

L'età splatter è stata effimera.

L'età meccanica è quella in cui l'homo aenigmaticus ha esplorato tutte le possibilità di modificare la parola, di trasformarla, di lavorarla con gli strumenti che gli giungono vuoi dal mitico passato, vuoi dalla provvida natura, vuoi dal vispo ingegno. Sono nati cosí i cambi e gli scambi, gli scarti e le zeppe, gli incastri e gli intarsi, i lucchetti e le cerniere: le ferramenta che popolano tuttora le riviste specializzate.

L'enigmista italiano del Novecento è come un appassionato di bricolage che sul suo tavolo da lavoro, nello scantinato, ha tutti gli arnesi che gli consentono di trasformare (sparo a caso) una vecchia ruota da bicicletta in un nuovo portavasi, che farà ospitare ogni persona di buon gusto ma soddisfarà l'animo robinsoniano del bricoleur che ha fatto naufragio nel proppio garage. Seghe, morse, frese, martelli, trapani, torni linguistici che travestono la ruota da quota (ruota = quota: è un cambio di iniziale), o a scelta coprono due ruote con acconci teli e ne traggono dei ruoli (ruoTE/TEli = ruoli: è un lucchetto).

In questo capitolo visiteremo l'officina che contiene una quantità di questi modesti apparecchi di precisione. Non hanno la grandezza mimica del palindromo o dell'anagramma, lo ripeto ancora; gli enigmisti stessi li sottovalutano, e pensano piuttosto a qualificarsi con giochi ritenuti «maggiori», come l'enigma. Ma nel sottofondo, sentite i tonfi e gli ingranaggi di queste macchine che vanno allegramente, e sembrano dire: «È l'enigmistica, bellezza».

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