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| << | < | > | >> |IndiceXI Introduzione XIX Ringraziamenti Lezioni di enigmistica 3 Parte prima Le operazioni fondamentali dell'enigmista 5 I. Combinare 5 Incominciare 6 Sconnettere 7 Ripetere 8 Annodare 9 Plasmare 9 Rovesciare 10 Sviluppare 11 Incrociare 11 Sezionare 12 Combinare 14 II. Leggere 14 Compitare 15 Completare 16 Ricostruire 16 Capire 17 Interpretare 17 Equivocare 19 Deragliare 19 Sdoppiare 20 Allargare 21 Contrarre 22 III.Comporre 22 Nascondere 23 Definire 24 Descrivere 24 Distrarre 24 Uniformare 25 Limare 25 Rinunciare 26 IV. Risolvere 26 Incastrare 27 Fiutare 27 Almanaccare 29 Consultare 32 Immaginare 33 Rinunciare? 35 Parte seconda Giochi enigmistici 37 I. Indovina indovinello 38 L'indovinello Giocare agli indovinelli. Partire dalla fine. Vari tipi di indovinello. Analogia. Contrasti. Una cosa sembra un'altra. Il kenning, il conundrum e altri mostri. 48 L'enigma In cattedra. Sulla strada per Tebe. La sfida. L'uomo. Gli ingredienti dell' enigma e dell'indovinello tradizionali. Risolvere un enigma o un indovinello. Indovinare. 53 L'indovinello enigmistico Come si presenta l'indovinello enigmistico. Come si risolve un indovinello enigmistico. Fan. Come costruire un indovinello. 65 L'enigma nell'enigmistica contemporanea Per fare un enigma. Indovinello o enigma? Difetti dell'enigma e dell' indovinello. 75 II. Pezzi di parola 75 La sciarada Giudizio morale. Per fare una sciarada. Sciarada, frase doppia, rebus. Le parole che si trasformano. Digressione sull' equipollenza. Riepilogo: i meccanismi della sciarada. 84 Il testo della sciarada (consigli per i solutori) Lo svolgimento a parti convenzionali. Lo svolgimento a diagrammi. Lo svolgimento a enigmi collegati. Per l'autore di giochi a enigmi collegati. Usi dei tre modi di svolgimento. 96 Le frasi doppie 97 Riepilogo 98 Appendice 1. Perché la sciarada è un gioco fondamentale? Storia. Mitologia. Infanzia, sogno, gioco. 103 Appendice 2. La nascita dell'enigmistica: il manuale di Tolosani e di Rastrelli 107 Appendice 3. Professione sciaradista 110 III. Il caso della cosa nel caos 111 L'anagramma 112 Anagrammi non enigmistici 113 L'anagramma in enigmistica L'anagramma fra parole singole. Dalla parola alla frase. Da una parola a due parole. L'attinenza. Dalla frase a un'altra frase. Da una frase a due (o piú) parole. Altri anagrammi. A senso continuativo. 122 Come si fa un anagramma Anagramma semplice. Da una parola a una frase. Da una parola (o piú) a due parole (o piú). Le armi dell' anagrammista. 131 Modi di svolgimento dell'anagramma 133 IV. Da destra verso sinistra 134 Letture rovesciate Casi notevoli. 136 Bifronte e palindromo Parole. Frasi. 140 Letture rovesciate in enigmistica Palindromi enigmistici. I palindromi in versi. Palindromi crittografici. Bifronti enigmistici. La sillaba. Antipodi. Antipodi crittografici. Cambio d'antipodo. Riassumendo. Una nuova frontiera per i palindromí? 151 Gente da palindromo I palindromi fuori dall'enigmistica. Giuseppe Varaldo (Beppe). Georges Perec e i testi palindromici. Anacleto Bendazzi e i poemi palindromici. Douglas Hofstadter e gli ambigrammi. Primo Levi e il palindromo narrativo. 159 V. Come si fa un cruciverba? 161 Incrociare le parole La prima parola. Parole proibite. La seconda parola. Dalla terza parola in poi. Schema libero o schema fisso? Le rinunce. Le caselle nere. L'allestimento grafico dello schema. 174 Come definire un cruciverba La definizione. Tipi di definizione. Generi di definizioni. FA (frequently asked questions). 180 Appendice: repertori, pronti soccorsi, macchinari 184 VI. Falegnameria enigmistica 185 Ingresso alla falegnameria enigmistica 186 Laboratorio di ingresso 186 Lo scarto Lo scarto in enigmistica. Giudizio morale. Scarti non enigmistici: i cartelli stradali. 187 L'aggiunta e la zeppa Aggiunta e zeppe enigmistiche. Giudizio morale. 188 Il cambio Il cambio in enigmistica. Giudizio morale. Cambi non enigmistici. 191 Lo spostamento Giudizio morale. 193 Lo scambio Giudizio morale. Scambi non enigmistici: la contrepèterie. 195 Nel magazzino dei falsi derivati 195 Il falso accrescitivo Giudizio morale. 196 Il falso diminutivo e il falso vezzeggiativo Giudizio morale. I falsi derivati di Federico Fellini. 198 Il falso peggiorativo Giudizio morale. 199 Il cambio di genere Giudizio morale. 200 Digressione su falsi derivati vecchi e nuovi 201 La sala dell'ebanisteria 202 L'incastro Giudizio morale. 203 La sciarada alterna Giudizio morale. 204 L'intarsio Giudizio morale. 205 La sciarada incatenata Giudizio morale. 206 Il lucchetto Giudizio morale. 207 I biscarti Giudizio morale. 208 La cerniera Giudizio morale. 209 La doppia estrazione Giudizio morale. 210 La cernita Uscendo dalla sala dei doppi scarti. 212 Uscita della falegnameria 212 Il quadrato 214 L'enigmistica geometrica 216 VII. Leggere le figure 217 Il rebus non enigmistico La scrittura delle cose. Rebus no problem. Per fare un rebus. Partire dalla frase. Costruire un rebus. 226 Il rebus enigmistico Vignetta unitaria. I soggetti difficili da illustrare. Posizione delle lettere. Soggetti e lettere. Ordine di lettura della vignetta. Soggetti in relazione. Dettagli e neutralità. Il contrasto. Rebus senza etichetta. Il rebus deve essere risolvibile. Numero e posizione delle lettere-etichetta. Lettura alfabetica e fonetica. Altre convenzioni sulle etichette. Lettere-etichetta sparse. La frase risolutiva. Meglio la cesura. 233 Il rebus stereoscopico 234 Per risolvere il rebus Est modus in rebus? 237 VIII. Alchimia alfabetica 237 Le crittografie 238 Il monoverbo a frase 240 La crittografia mnemonica Per fare una crittografia mnemonica: la via passiva. Per fare una crittografia mnemonica: la via attiva. Per risolvere una crittografia mnemonica. Crittografie mnemoniche di Umberto Eco. 248 Crittografie continuative Per fare un anagramma crittografico. Il palindromo crittografico. Altre crittografie continuative. 251 La crittografia a frase 252 La crittografia semplice Crittografie sinonimiche e perifrastiche. 253 La crittografia sillogistica 255 IX. I mostri preistorici 255 Logogrifo 256 Acrostico 258 Mesostico 259 Telestico 260 Metanagramma 261 Bizzarrie 263 Parte terza Il futuro dell'enigmistica 265 I. L'enigmistica del Novecento: cosa è stata 269 II. L'enigmistica: cosa non è stata 273 Bibliografia 275 Introduzione 275 Criteri di citazione dei giochi enigmistici 275 Reperibilità dei testi 277 I. La biblioteca enigmistica: opere a carattere generale 277 Riviste e altre pubblicazioni periodiche 277 I manuali 278 Opere storiche 278 L'enigmistica vista dai non enigmisti 279 Raccolte e antologie di giochi enigmistici 279 Repertori: «il Medameo» 280 Dizionari e altri libri di consultazione 280 Enigmistica all'estero? 281 II. Giochi enigmistici e giochi di parole in Italia e all'estero 281 Giochi e giochi di parole 282 Semiotica dell'enigmistica 282 Per gli insegnanti 282 Oulipo 283 Enigma e indovinello 284 Rebus 284 Anagrammi, palindromi e altri giochi 285 Cruciverba 285 L'enigmistica italiana, oggi Edicola. Abbonamento. Premi enigmistici. Internet. Software. 287 Appendice 289 Glossario 308 Tavola dei giochi |
| << | < | > | >> |Pagina XIIntroduzioneQuando un lettore mi manda un gioco enigmistico e mi sfida a risolverlo, allora mi sento perduto. Un enigma proposto da qualcuno che non conosce l'enigmistica può essere uno scherzo, un gioco logico capziosissimo, un indovinello puerile, un bellissimo rompicapo o anche un indefinito guazzabuglio che mai si comprenderà, neppure conoscendo la soluzione. Chi propone l'enigma il piú delle volte non ne tiene conto: non pensa di essere una spaventosa Sfinge che minaccia un Edipo sin troppo umano, ma si sente come Davide che affronta Golia. L'ideale sarebbe arrendersi ancora prima che parta la sassata, ma per non passare da vigliacchi tocca provare a risolvere. Quando va molto bene l'enigma si rivela parte di un repertorio di giochi che in un modo o nell'altro sono conosciuti anche da chi non è proprio esperto. I casi tipici sono: N: La Nona di Beethoven IS: Le ultime lettere di Iacopo Ortis gg GG: GiGi crescendo cambia carattere C C C: Se mi cerchi, non ci sono (semicerchi, non C sono) Questi esempi appartengono a un'enigmistica irregolare, che spesso risale all'Ottocento o al primo Novecento. Un'enigmistica che io trovo molto gioiosa e arguta. Negli indovinelli che piacciono ai bambini bisogna applicare una logica diversa dalla solita, una logica libera e quasi magica in cui il sole è un personaggio che si tuffa in mare anche se non sa nuotare, il bottone sta tutto il giorno alla finestra e rientra solo quando è sera, e le ruote del carro sono quattro sorelle che giocano a rincorrersi ma non si prendono mai. I giochi che abbiamo visto sopra applicano questa logica stravagante non al mare, al sole, alla luna e agli elementi del mondo, ma alle lettere e alle parole: agli elementi del linguaggio. | << | < | > | >> |Pagina XIIIUno, due, tre.Cos'è l'enigmistica? «Il passatempo piú sano ed economico» (come dice un famoso slogan della «Settimana Enigmistica»)? La «geniale palestra dell'intelligenza», la «forza di una passione ardente e fascinatrice», lo «studio serio, disciplinato», il «continuo progresso letterario ed artistico» di cui scrive un suo appassionato a metà del Novecento? Una sciocchezza, un'arte, un hobby, una mania, un enigma? Io voto per una definizione piú analitica che ho letto su una storia dell'enigmistica: «L'arte di proporre per la soluzione, mediante accorgimenti di dissimulazione della piú varia natura, composizioni in versi, oppure frasi, parole, lettere, segni tipografici o figure». E poi ognuno ci trova dentro quel che ci trova. La prima enigmistica che viene in mente è quella dei cruciverba, dei rebus, degli strani giochi con le x e con le y pubblicati da giornali che offrono anche barzellette e buffe curiosità. Si tratta innanzitutto della «Settimana Enigmistica», che è il piú antico e il piú diffuso, e poi la «Domenica Quiz», la «Nuova Enigmistica Tascabile», e altri ancora. Il venerdí o il sabato gli edicolanti di tutta Italia mettono la pigna delle «settimane enigmistiche» sopra il piatto di plastica delle monetine: la maggior parte di quelli che comprano il quotidiano e i vari settimanali televisivi del venerdí e del sabato (due giorni importanti, per le edicole) comprano anche la rivista delle parole crociate, e la ritirano con le monetine di resto. L'espressione «settimane enigmistiche» è stata usata da Paolo Conte in una delle sue migliori canzoni, Sotto le stelle del jazz (1984): «... nel tempo fatto di attimi | e settimane enigmistiche». Questa prima forma di enigmistica è chiamata da alcuni «enigmistica popolare». «Popolare» significa appunto che tutti la conoscono, e che si rivolge al grande pubblico; ma c'è un'intenzionale sfumatura spregiativa. «Popolare» confina con «volgare»: è un'enigmistica un po' disprezzata dai cultori della seconda enigmistica, che la ritengono troppo facile, nozionistica e commerciale. Un atteggiamento in cui è presente anche una sfumatura di invidia, questa volta non intenzionale. La seconda enigmistica viene detta «classica» dai suoi appassionati, alcuni dei quali la ritengono piú una forma d'arte vera e propria che un gioco. È fatta di enigmi, crittografie e altri giochi pubblicati da riviste che circolano per abbonamento in un giro ristretto di appassionati. È un'enigmistica che si è sviluppata prima di quella «popolare», ma non di molto. La distanza non si calcola in secoli, ma in generazioni: enigmistica o enimmistica è una parola attestata ufficialmente dal 1901 ed è apparsa nell'ultimo decennio dell'Ottocento, che è anche il periodo in cui questa forma enigmistica è sbocciata. L'enigmistica popolare invece si può dire che incomincia nel 1925, con l'arrivo in Italia del cruciverba («La Settimana Enigmistica» incomincia le pubblicazioni nel 1932). Poi c'è una terza «enigmistica», che non è classica né popolare ma è «impropria», senza appartenenze e con regole molto piú elastiche. È l'enigmistica che è sempre stata praticata dall'uomo, dal primo antichissimo enigma fino al telequiz o al gioco di parole di un comico. È un cumulo disordinato di tecniche, di giochi, di forme, mistiche e poetiche, di bizzarrie, una piccola galassia di asteroidi che vorticano nel cielo del linguaggio. In questo disordine ci sono due linee di tendenza da tenere presenti. La prima riguarda la forma elementare, semplicissima e cruciale di rapporto umano: la domanda e la risposta. Da «Dov'è tuo fratello Abele?» fino a «Chi ha incastrato Roger Rabbit?» e oltre, l'alternarsi di domande e risposte nasconde tranelli e trappole su cui l'uomo ha sempre giocato.
La seconda linea di tendenza riguarda ancor piú
direttamente le basi del linguaggio. Ventisei lettere
bastano a nominare il mondo, e questo potere è affidato alla
loro combinazione, che produce però anche permutazioni
prodigiose, incontri, incroci e ritorni di suoni, arguzie e
suggestioni.
Questo libro. In questo libro vorrei spiegare il funzionamento dei giochi dell'enigmistica numero uno e dell'enigmistica numero due, ma vorrei anche ricordarmi che senza l'enigmistica numero tre questi giochi non avrebbero, almeno per me, alcun fascino. E per questo motivo che ancor prima di passare in rassegna i giochi enigmistici fondamentali uno per uno ho pensato che fosse utile chiarire quali qiano «le operazioni fondamentali dell'enigmista», quelle che stanno alle regole formali dei giochi come il tirare un calcio a una palla sta al Regolamento del Giuoco del Calcio. Nella seconda parte presento i giochi enigmistici, che hanno preso la loro forma attuale nell'Ottocento e nel Novecento e sono giunti fino a noi. | << | < | > | >> |Pagina 5I. CombinareIncominciare. Non è vero che per incominciare a giocare occorra conoscere le regole. Il gioco non è un tram, con rotaie e trolley, biglietti e controllori, fermate per salire e scendere. Il gioco è una bicicletta, su cui si parte sbilenchi, non sempre si riesce a evitare di cadere, di prosegue sbandando di qua e di là e solo continuando a pedalare si otterrà, prima o poi, un moto soddisfacentemente rettilineo. Anche senza conoscere il regolamento del Giro d'Italia si può incominciare ad andare. Una bambina di quattro anni un giorno parlava di fiori: «Non c'è solo la margherita, c'è anche sua sorella, la tremariga». Se fosse stata la figlia di un enigmista magari il babbo le avrebbe detto: «Brava, hai fatto un anagramma quasi giusto». Infatti a tremariga manca la H di margherita. Ma una bambina che non sa scrivere non sa neppure cosa sia l'anagramma. Si limita a usare i suoni che sente con l'orecchio e il suono della G resta duro. Quindi l'anagramma è involontario ed è giusto: solo che è un anagramma di suoni e non di lettere, perché dell'acca a una bambina non importa giutappunto un acca, e probabilmente non conoscerà mai la regola enigmistica dell'anagramma. I bambini trattano le parole come fossero cose, la margherita è una cosa con il suo nome e con la sua figura, le vocali sono i colori, le consonanti sono i contorni. Modificando il nome si modifica anche la cosa, il gioco è questo. Una bambina di sei anni ha scritto sul suo quaderno le lettere della parola otto. Quando ha finito ha detto: «Ehi, otto è una parola che resta uguale anche se la leggo al contrario!» Non conosceva i palindromi, e con ogni probabilità non conoscerà mai la regola per distinguere un palindromo da un bifronte (cosí come non la conoscono fuori dall'Italia, e in Italia la conoscono solo pochi enigmisti accademici). Una mia amica a vent'anni si era innamorata di un tizio a nome Giacomino Romita: era uno speriamo simpatico poco di buono, e le dava dei dispiaceri. In un giorno di noia, lei prese un foglio di carta, ci scrisse il nome dell'amato, e incominciò a mescolare le lettere. Usando tutte le lettere di Giacomino Romita (o meglio del vero nome, che ho mascherato) uscí una definizione che si adattava perfettamente al tipo: Mio amico ingrato. A quell'amica dissi io che aveva fatto un anagramma, ma non mi sembrò molto interessata al nome e alla definizione del suo gioco. Era contenta cosí. Trasformare una margherita in una tremariga, il nome dell'amato in una frase amara... sono cose che si fanno senza chiedersi perché. È il modo che le parole hanno per giocare con noi. La locuzione gioco di parole non significa «gioco fatto di parole, fatto con le parole» bensí «gioco che le parole fanno con (si fanno di) noi». Detto altrimenti, le parole del gioco di parole non sono come le carte del gioco di carte (complemento di mezzo o di materia), ma come i bimbi del gioco di bimbi (complemento di specificazione). Non come la mano, ma come il villano del proverbio. | << | < | > | >> |Pagina 14II. LeggereCompitare. Durante il suo soggiorno obbligato in un campo di raccolta in Polonia, una delle prime tappe dell'odissea del suo dopo-Auschwitz, Primo Levi incontra «il Ferrari». Con l'articolo, perché è un milanese e i nomi propri milanesi vogliono l'articolo (l'Adalgisa, non Adalgisa). Il Ferrari è un ladruncolo pigrissimo e infestato dai pidocchi. Sta tutto il tempo in branda a leggere libri in tutte le lingue, tranne il russo «perché non lo capisco bene». In realtà non capisce neanche le altre: Ma «leggeva» ugualmente ogni libro, dal primo rigo all'ultimo, identificando con soddisfazione le singole lettere, pronunciandole a fior di labbra, e ricostruendo faticosamente le parole, del cui significato non si curava. I correttori di bozze per essere certi di non lasciarsi sfuggire errori di ortografia devono leggere ogni riga partendo da destra e proseguendo, parola per parola, verso sinistra: senza considerare il significato di quel che «leggono». Il significato può distrarre, e rendere invisibile un errore. (P.S. Il brano di Primo Levi va avanti, con una sottigliezza per palati raffinati: «... ricostruendo faticosamente le parole, del cui significato non si curava. A lui bastava: come, a differenti livelli, altri provano diletto nel risolvere parole incrociate, o integrare equazioni differenziali, o calcolare le orbite degli asteroidi»). A volte è necessario fare proprio come il Ferrari, «ricostruire faticosamente le parole», anziché pattinarci sopra velocemente, elegantemente, senza mai inciamparci. Compitare significa trattare le parole come se non avessero significato, per avvertirne le proprietà. Se voi pensate al significato della parola ricarica la dividete cosí: ri (particella iterativa) + carica. Se voi non ci pensate la dividete cosí: tica/rica. | << | < | > | >> |Pagina 26IV. RisolvereIncastrare. Fra i solutori di un puzzle, in quanti pensano e si sentono avversari di colui che ha composto (ovvero scomposto: diciamo che ha prodotto) il puzzle medesimo? Oggi come oggi nessuno, temo: anche perché i puzzle sono prodotti in serie, e ci sono macchine che fustellano i pezzi secondo disegni ampiamente standardizzati. In passato Georges Perec ha però immaginato una storia in cui un appassionato di puzzle conosceva l'artigiano che gli preparava le tessere, intagliandole con tutte le malizie, come in una partita a scacchi in cui uno dei due contendenti ha già scritto in anticipo tutte le sue mosse. Nel campo dei giochi, Perec non era un autore di puzzle, era un autore di cruciverba, ma in effetti le analogie fra jig-saw puzzle (il nostro puzzle) e crossword puzzle (il nostro cruciverba) sono molte. Un appassionato di puzzle desidera che il fabbricante gli consegni una scatola con tutti i pezzi in disordine: alcuni vogliono avere a disposizione una riproduzione dell'immagine da ottenere, altri preferiscono di no, ma tutti ovviamente vogliono arrivarci con i loro mezzi. I veri appassionati preferiscono i puzzle piú difficili, ma nessuno vorrebbe che il fabbricante mescolasse in diverse scatole tessere provenienti da diversi puzzle (fatta eccezione per il protagonista di Certi verdini, un racconto di Michele Mari). Il gioco enigmistico è confezionato come si deve quando ha il nome-definizione nell'occhiello in alto, le altre parti regolamentari a posto, la soluzione scritta in calce o sul prossimo numero della rivista. Il solutore di enigmistica è come l'acquirente di una scatola ben confezionata di puzzle. Non è lo storico dell'arte alle prese con un dipinto di malcerta attribuzione. Non è il detective sulla scena del delitto, o almeno non è il vero detective (può assomigliare invece al detective romanzesco). Non è il medico che ausculta in cerca del sintomo decisivo. Risolvere enigmistica significa cercare indizi e poi metterli in ordine e incastrarli in modo da ottenere la parola della soluzione. Non è scontato che il solutore sappia trovarli, ma comunque non si tratta di una ricerca aperta a qualsiasi esito. Si tratta della rappresentazione simbolica di una ricerca: è un gioco. | << | < | > | >> |Pagina 98Appendice I. Perché la sciarada è un gioco fondamentale?Storia. Prima c'era la corte, e c'erano i «giochi di corte». Poi è arrivata la società e sono nati i «giochi di società». I giochi di società erano giochi di gruppo, in cui gli sfidanti erano alla pari, e facevano risaltare le virtú del bravo salottiero: l'arguzia, la prontezza di riflessi, la capacità di uscire brillantemente dalle situazioni difficili, un certo agonismo fra i partecipanti. La sciarada è nata all'inizio del Settecento non come gioco scritto, ma come gioco di società. Fra le ipotesi che si fanno sull'origine del misterioso nome è ritenuta piú probabile quella che fa derivare il francese charade dalla parola provenzale charrado, «chiacchiera, conversazione» (da charrà, chiacchierare, di origine onomatopeica; cfr. DELI). Il salotto borghese è una scena in cui tutti sono a turno o contemporaneamente e attori e spettatori. Nel gioco della sciarada, un partecipante o un gruppo di partecipanti mima una serie di due o piú parole; gli altri devono indovinare la parola che risulta leggendo di fila la serie. L'enigmistica italiana è nata dalla sciarada, quando l'archeologo Enegildo Frediani (Seravezza 1783 - Il Cairo 1823) pubblicò il suo libro di Sciarade, Logogrifi e Fredianescbe (1816). Il libro conteneva circa millecinquecento giochi, e solo un centinaio non erano sciarade. La stessa proporzione si riscontrò poi in tutte le pubblicazioni enigmistiche, o paleo-enigmistiche, che fino al 1875 conquistarono a questi giochi un posto fra le abitudini di lettura e di impiego del tempo libero degli italiani. Una delle prime fu un almanacco che si intitolava «Il nuovo Sciaradista» (dal 1832). Ma ner tutto l'Ottocento fu anche molto forte il gioco di società, quella che i francesi chiamano charade en action, che infatti di tanto in tanto si trova nelle pagine della letteratura dell'epoca, per esempio nei diari di Stendhal (agosto 1811): «Serata allegra. Pipistrello, eccellente vocabolo per sciarade. Il mio tutto non sarebbe il mio tutto, se non avesse lavorato la domenica». Molto difficile da capire, dev'esserci un sottinteso osceno. Altre sciarade si trovano nell'opera di Jane Austen, William Thackeray, Horace Walpole, Charlotte Bronté, fino a Virginia Woolf, Achille Campanile e Mary McCarthy. Sciarade scritte sono state attribuite a Voltaire, Ampère, Hugo, e in Italia ad Alfieri e Monti. È rimasta famosa la battuta del compositore Mascagni che, annoiato dagli amici che giocavano, improvvisò una rabbiosa sciarada. Bestia il primiero, bestia il secondo, e bestia anche l'intero. Soluzione: leon/cavallo = Leoncavallo (Nel 1971, durante le interminabili sedute parlamentari per l'elezione del presidente della Repubblica, all'allora presidente della Camera Sandro Pertini toccava lo spoglio delle schede, in diretta televisiva. I voti si stavano concentrano su Giovanni Leone. A un certo punto, nella monotona serie: «Leone, Leone, Leone...» si interpose un «... Leoncavallo...» Pertini lesse ed ebbe una battuta estemporanea: «Qui qualcuno vuole fare I Pagliacci...») In Italia si giocava alle sciarade nei salotti piú famosi, come quello veneziano della Teotochi Albrizzi. Proprio da una serata di giochi di sciarade in quel salotto incomincia il poemetto (non intenzionalmente) umoristico La Sciarada. Appendice alle antiche poetiche, scritto da Bennassú Montanari (prima edizione 1839). Il poemetto contiene tutte le indicazioni per comporre sciarade, compresa la proibizione di usare parole in rapporto etimologico. Gretta di' la sciarada, ove arieggi troppo l'un membro all'altro [...] [...] se la sbarra a sí fatti vocaboli disserri poca varietà l'enigma acquista. | << | < | > | >> |Pagina 100Mitologia.Una sciarada molto famosa, di cui non abbiamo ancora quasi parlato, è scia/rada = sciarada. Il gioco si può applicare anche al nome del gioco, e questa è una buffa e fortunata coincidenza (non unica, però: capita anche ad altri giochi). C'è chi crede che la sciarada si chiami cosí proprio perché il suo nome è a sua volta una sciarada: per esempio il poeta Bennassú Montanari. Al Poeta appare in sogno la sciarada, che ha una nube davanti agli occhi, e gli spiega: [...] questo vapor leggero che mi appanna il volto, gl'italici ombra, scia dissero i Greci, e un'ibride parola, Argiva e nostra, me da rada e da scia, Sciarada appella. Per Montanari la sciarada si chiama cosí perché il suo nome significa, con un'espressione greco-italiana, «ombra rada». Non perdiamo neanche un minuto a smentire questa ipotesi, ma fermiamoci a un fatto. Per capire cosa vuol dire sciarada, Montanari fa una sciarada. Se noi applichiamo lo stesso procedimento al suo cognome dovremmo dedurne che il poeta Montanari fosse un chirurgo estetico specializzato in nasi (monta Nari)? E dovremmo dedurne che quel suo strano nome significa «ben/nato»? Questo è già piú probabile. In fondo la sciarada è l'evoluzione, la versione «laica» di quel procedimento che veniva chiamato interpretatio nominis. Il meccanismo della sciarada è fondamentale perché è semplicissimo: rompere una parola per vedere cosa c'è dentro. Non è che la scienza etimologica proceda in modo diverso, e l'etimologia popolare è sempre frutto di qualche alchimia sciaradistica. | << | < | > | >> |Pagina 110III. Il caso della cosa nel caos
Anagramma
L'enigma ha una magia cerimoniale, la cui origine è religiosa. L'enigma antico era il linguaggio che gli dèi avevano adottato per comunicare con gli uomini. Quando il dialogo si è interrotto, agli uomini è rimasto quel linguaggio, con le sue allusioni e l'alternanza di domande e soluzioni che oggi ci ricorda il catechismo e i salmi responsoriali. La sciarada ha invece una magia tecnica: rompe la parola quasi per mostrarne due ingredienti imprevisti. È quello che facciamo quando troviamo nel nome di Ventimiglia una misura di distanza che invece è assente (Ventimiglia non vuol dire «venti miglia»). La magia del palindromo è contemplativa. Una frase che si ripete immutata in un senso e nell'altro non è piú lingua: è un oggetto, una formula, un simbolo. Una parola o una frase non «ha» un palindromo: «è» un palindromo (oppure no). L'anagramma ha una magia di tipo trasformativo: provoca metamorfosi nelle parole, il calcio diventa un laccio, una colica. Il rispetto diventa uno strepito: va dall' ispettor per chiedergli un prestito e incomincia: potresti...? Manderà giú dei rospetti... Ogni volta le lettere sono le stesse. Cambia solo la disposizione. Una quantità limitata di elementi può dar vita a molti oggetti diversi, secondo l'algebra della permutazione già enunciata dagli antichi cabalisti: Come le combinò? Due pietre edificano due case. Tre pietre sei case. Quattro, ventiquattro case. Cinque, centoventi case. Sei edificano settecentoventi case. Sette edificano cinquemila e quaranta case. Di qui in poi procedi a calcolare quel che la bocca non può pronunciare, l'occhio non può vedere né l'orecchio ascoltare. Come molti altri giochi enigmistici, anche l'anagramma è stato inventato mille volte, nel corso della storia: l'idea che ci sta sotto è molto semplice e può venire in mente a chiunque. Le parole non sono composte solo dalle lettere, ma anche dalla loro disposizione. Vale per le parole, vale per le ricette di cucina (ingredienti piú procedure), vale per il Dna. I bambini sanno già che cosa sia l'anagramma. O per meglio dire lo sanno ancora. Poi si cresce: non ci si occupa piú della consistenza molecolare delle parole, delle cose, e dei cibi cucinati, e non si fa piú caso all'esistenza dei loro ingredienti. Le lettere dell'alfabeto vengono dimenticate, si pensa ai concetti, ma qualsiasi bambino, con un alfabetiere vi può mostrare che con le stesse lettere si possono formare parole diverse. E se vi verrà la passione degli anagrammi, noterete che proprio l'alfabetiere è utilissimo per imparare a farli. | << | < | > | >> |Pagina 184VI. Falegnameria enigmistica
Scarto, aggiunta, zeppa, cambio, spostamento, scambio,
falsi derivati, incastro, intarsio, sciarada incatenata,
sciarada alterna, biscarti, lucchetto, cerniera, doppia
estrazione, cernita, enigmistica geometrica
Quando l'enigmistica non si chiamava ancora enigmistica, uomini provvisti di barbe folte e curate e di regolare monocolo si dilettavano con giochi i cui nomi parevano quelli di bestie preistoriche o - non fosse la stessa cosa - mitologiche: l'Anagramma e l'Enigma, il Rebus e la Sciarada, il Palindromo e l'Antipodo, il Logogrifo, l'Acrostico, il Mesostico, il Telestico, il Metanagramma, la Bizzarria... Poi la nomenclatura enigmistica attraversò una fase splatter, con lo sventramento, l'amputazione, la decapitazione. Infine subentrò il tempo della meccanica: schema e combinazione, cambio e scambio, zeppa e scarto, intarsio e incastro, lucchetto e cerniera. Queste tre fasi riproducono quelle descritte da Giovan Battista Vico: l'età degli dèi, l'età degli eroi, l'età degli uomini; il mito, la battaglia, il lavoro. Stando a tale schema dovremmo tenerci pronti al ritorno degli dèi: ma non ci spererei troppo. I giochi con nomi da bestia mitologica sono quelli che hanno veramente fondato l'enigmistica. L'evoluzione ne ha fatti estinguere alcuni, e la tecnologia ne ha aggiunto uno nuovo che è anche il piú bestiale: il Cruciverba, un inquietante incrocio fra mitologia e modernità. L'età splatter è stata effimera. L'età meccanica è quella in cui l'homo aenigmaticus ha esplorato tutte le possibilità di modificare la parola, di trasformarla, di lavorarla con gli strumenti che gli giungono vuoi dal mitico passato, vuoi dalla provvida natura, vuoi dal vispo ingegno. Sono nati cosí i cambi e gli scambi, gli scarti e le zeppe, gli incastri e gli intarsi, i lucchetti e le cerniere: le ferramenta che popolano tuttora le riviste specializzate. L'enigmista italiano del Novecento è come un appassionato di bricolage che sul suo tavolo da lavoro, nello scantinato, ha tutti gli arnesi che gli consentono di trasformare (sparo a caso) una vecchia ruota da bicicletta in un nuovo portavasi, che farà ospitare ogni persona di buon gusto ma soddisfarà l'animo robinsoniano del bricoleur che ha fatto naufragio nel proppio garage. Seghe, morse, frese, martelli, trapani, torni linguistici che travestono la ruota da quota (ruota = quota: è un cambio di iniziale), o a scelta coprono due ruote con acconci teli e ne traggono dei ruoli (ruoTE/TEli = ruoli: è un lucchetto).
In questo capitolo visiteremo l'officina che contiene
una quantità di questi modesti apparecchi di precisione.
Non hanno la grandezza mimica del palindromo o
dell'anagramma, lo ripeto ancora; gli enigmisti stessi li
sottovalutano, e pensano piuttosto a qualificarsi con giochi
ritenuti «maggiori», come l'enigma. Ma nel sottofondo,
sentite i tonfi e gli ingranaggi di queste macchine che
vanno allegramente, e sembrano dire: «È l'enigmistica,
bellezza».
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