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| << | < | > | >> |IndicePrefazione 5 Trattato 7 Proprio così noiosi? 8 Da bambino 10 L'università 14 Cercare lavoro 24 Lavori tipici 31 Il nucleo familiare 40 Rapporto di coppia 50 Hobby 54 La carta stampata 58 Il senso dell'umorismo 60 Ritratto di un ingegnere 64 I diversi rami 74 Le rivalità 79 Identikit del futuro ingegnere 81 Test di identificazione degli ingegneri 84 Statistica e considerazioni 93 Gli ingegneri e il sesso 96 L'evoluzione del lavoro nelle aziende informatiche 102 Gli ingegneri e il lavoro 107 Relazione tra ingegneri e altri mestieri 115 Definizioni e dimostrazioni 137 Espressioni tipiche degli ingegneri 141 Sparse 143 Vita dell'informatico 148 25 motivi per cui è bello essere ingegneri 152 I veri ingegneri informatici 155 Decalogo per il giovane manager 157 Ringraziamenti 171 |
| << | < | > | >> |Pagina 5PrefazioneForse vi chiederete come sia nata l'idea, a un ingegnere, di fare un libro umoristico sugli ingegneri (se non ve lo chiedete io ve lo dico lo stesso). Dopo vari anni passati tra la facoltà di Ingegneria, le battute ricevute spesso da amici, parenti e colleghi, e la realtà quotidiana delle varie aziende di elettronica e informatica dove ho lavorato (e tuttora lavoro), mi è venuta l'illuminazione: la gente non sa "veramente" chi siano gli ingegneri, a parte gli ingegneri stessi. Una battuta tipica sugli ingegneri è: «Gli ingegneri non vivono, funzionano». Ed è vero! Noi, dopo aver passato almeno cinque anni (il minimo, ma non la media) su libri e appunti, listati di programmi e formule chimiche, fisiche e matematiche, ci integriamo perfettamente con quello che studiamo, e quindi funzioniamo! Mi ricordo ancora quando lessi per la prima volta La legge di Murphy (che ogni studente di Ingegneria dovrebbe avere, insieme al manuale del perfetto non-ingegnere): la metà di quello che c'era scritto non veniva compreso da un lettore medio, ma diventava il fulcro della vita del futuro ingegnere; a me ha permesso di arrivare fino alla laurea. Spero che questo libro vi aiuti a capirci meglio, altrimenti avrete altro materiale per torturare il vostro povero amico parente. | << | < | > | >> |Pagina 16Analisi 1Mai nome fu più azzeccato: non si contano gli aspiranti ingegneri che finiscono in analisi dopo il dodicesimo tentativo di passare l'esame. E in effetti questo esame è uno dei più grossi spartiacque del corso di laurea: — chi riesce a passarlo solo al decimo tentativo perderà notti di sonno, perderà peso e perderà i capelli; — chi lo passa al primo, in compenso, perderà gli amici: l'invidia è una gran brutta bestia. In entrambi i casi affrontare l'esame di Analisi 1 ha un che di epico, è un po' come una grande battaglia, ognuno ha la sua fetta di aneddoti più o meno grotteschi da raccontare. E, come le grandi battaglie, anche Analisi 1 ha i suoi eroi. Pensate a Ciccio (non un gran nome per un ingegnere, ma tant'è...) che, dopo mesi di accurata preparazione, si presenta a dare l'esame salutando gli amici al grido di: «Ho studiato tutto. L'unica cosa che proprio non so sono i due teoremi di Lagrange. Non ci ho capito niente». Quindici minuti dopo. Professore: «Buongiorno». Ciccio: «Buongiorno». Professore: «Dunque... cosa potrei chiederle... mi dimostri il teorema di Lagrange». L'uomo comune inizierebbe a urlare, a balbettare patetiche scuse o a piagnucolare sul tono: «Le giuro che è l'unica cosa che non ho studiato, mi faccia un'altra domanda, la prego». Ma Ciccio è un eroe e affronta la morte guardandola negli occhi: «Quale? Il primo o il secondo?». «Il primo». A questo punto la platea è conquistata e segue la vicenda col fiato sospeso, sperando nel miracolo. Ciccio è già entrato nel mito e, se cedesse, lo capiremmo. Ma lui no. Prolunga l'agonia e lotta fino all'ultimo. «Veramente il primo non l'ho fatto». «Non importa. Mi dimostri pure il secondo». «Non ho fatto neppure il secondo. Vado?». «Vada». Applausi e pacche sulle spalle. Cíccio è anche il perfetto esempio di un'altra classe di studenti: lo sfortunatissimo. Quello a cui chiederanno sempre l'unica parte che non ha studiato o, se ha studiato tutto, quella che ha capito un po' meno o, se ha capito tutto, qualcosa che non è nel programma o che non è neppure ancora stato dimostrato. Per questo, all'appello successivo, i Cicci combattivi si preparano meticolosamente, arrivando a telefonare ai pronipoti di Lagrange per chiedere se per caso il loro trisavolo non avesse un terzo teorema gelosamente custodito nel cassetto (la probabile risposta sarà: «Effettivamente sì, l'abbiamo venduto ieri a un professore di Ingegneria, ha detto che lo avrebbe usato per un esame...»).
Alla fine però, stanchi di lottare, i Cicci di tutte le
sezioni di Ingegneria si piegheranno al destino, accetteranno qualunque voto pur
di porre fine al calvario e si laureeranno con un'immeritatissima media del 22.
Scienza delle costruzioni Esperienza comune a tutti i corsi di laurea in Ingegneria, è considerato dai professori e da una certa categoria di studenti come un esame fondamentale per la formazione del futuro ingegnere. È invece un orrido mattonazzo secondo altri studenti, quelli che hanno una vita. L'oggetto dell'insegnamento varia leggermente a seconda del corso di laurea, così come l'insegnante. Ciò nonostante alcune peculiarità si manifestano trasversalmente in tutte le sezioni di Ingegneria, da elettronica a gestionale: — il professore ha ottant'anni e un nome strano, e ripete la stessa lezione, parola per parola, negli stessi giorni e alla stessa ora da trentacinque anni. Lieve controindicazione: gli ultimi ritrovati della scienza e della tecnica sono un tantino "trascurati" e il professore, nella lezione del 12 febbraio, auspica l'avvento di uno strumento di calcolo più veloce del pur sempre utilissimo regolo; — non esiste un libro su cui studiare. Oppure ce ne sono venticinque, da cui prendere a spizzichi e bocconi. O ce n'è uno solo, ma è in tedesco e scritto a mano con grafia indecifrabile; — l'esame comincia con la frase: «Le chiederò qualcosa di facile...», e finisce con lo studente in lacrime, giunto al livello più basso della sua autostima. Contrariamente ad Analisi, Scienza delle costruzioni è un esame che si supera al primo tentativo. La variabile, in questo caso, è il tempo necessario per prepararsi e superare lo scritto. Ed è una variabile molto variabile: si va da tre settimane (il figlio del rettore) ad alcuni anni. In più è un esame letale per quelli successivi, perché in qualunque caso provoca reazioni scomposte dei professori e tre frasi tipiche: — per chi lo ha passato per un pelo: «Eh, ma lei mi ha preso solo 18 in Scienza, io non posso certo darle di più. Che figura ci faremmo?»; — per chi lo ha passato alla grande: «Ma come? Lei mi prende 30 in Scienza delle costruzioni e mi viene a dire che non conosce la teoria di Xrebohjhrtevic? Ma lo ha passato lei o un suo sosia?»; — per chi non lo ha ancora sostenuto: «Ma come? Lei non mi ha ancora passato Scienza e si presenta qui da me?». L'ultimo caso è il peggiore, perché a questo punto al povero studente tocca pure sorbirsi un'ardita metafora, diversa a seconda della sezione: - (civile) «Lei vuole costruire il tetto prima di aver gettato le fondamenta?»; - (meccanica) «Lei vuole progettare il tergicristallo prima di aver dimensionato il motore?»; - (chimica) «Lei vuole far reagire lo stagno con l'uranio e invece usa il plutonio?», (metafora che non c'entra assolutamente niente; del resto i chimici sono gente strana). | << | < | > | >> |Pagina 24CERCARE LAVOROUh uh uh: illusion. Ultimo anno di liceo. È maggio. La maturità, e la matura età, sono alle porte. C'è l'esame e dopo... la vita. Per prepararsi alla maturità basta studiare. Ma come prepararsi alla vita? Niente di meglio che una bella sessione di "Incontri preparatori alle grandi scelte della vita. Come capire qual è la facoltà giusta". Oggi è la volta di Ingegneria. Dalla cattedra si alza e parla un top manager molto convinto; in platea siedono e pensano ragazzi molto scettici e poco interessati. Top Manager Convinto: «Buongiorno ragazzi. Vi vedo bene». Ragazzo Scettico: («Bravo, hai scelto gli occhiali giusti»). «Siete giovani ed è giusto che adesso siate spensierati...». («Veramente io me la sto facendo addosso al pensiero della maturità»). «Ma dovete anche pensare al futuro». («Ci penso eccome: speriamo che non mi chiedano Dante»). «E il futuro nel vostro caso si chiama studio». («Però! Tre anni di asilo, cinque di elementari, tre di medie, cinque – incrociando le dita – di liceo e il mio futuro "si chiama studio"? Che fantasia!»). «Io sono qui per illustrarvi i pregi della scelta di Ingegneria. E per non essere troppo astratto, vi illustrerò le tappe del mio personale cammino». («Ecco, bravo, spiegami cosa devo fare per non diventare come te»). Seguono quaranta minuti di "tappe", durante i quali di tutto si parla tranne che di soldi. Ma il top lascia comunque intuire che si guadagni una barca di denaro e, miracolo, molti scettici cominciano a cambiare idea e a domandarsi: «Ma sarà facile trovare un lavoro?». «Vi starete domandando se è facile trovare un lavoro. Be', lasciate che vi dica una cosa: è come trovare una donna per una rockstar! Ve lo assicuro, ragazzi: altro che laurea, altro che quinto anno, già al quarto avrete alla porta le migliori aziende italiane che vi imploreranno di andare da loro. | << | < | > | >> |Pagina 29Il colloquioÈ uno scontro fra titani. Il re della domanda subdola contro il principe della risposta ipocrita. Da una parte si esordisce con: «Come mai ha scelto proprio la Jenningsen Technology?». Dall'altra si pensa: «Perché, fra tutte le lettere mandate completamente a caso, siete gli unici fessi che mi hanno risposto», ma si risponde: «Le dirò, operare nel campo delle brocciatrici è sempre stato il mio grande sogno». «Ci dica un suo difetto». «Tendo a essere troppo preciso e mi lascio prendere in maniera eccessiva dal mio lavoro». «Stiamo cercando una persona dalla spiccata personalità...». «Non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno». «...ma che sappia anche lavorare in team e riconoscere l'autorità dei suoi superiori». «Signorsì!». «Le piace viaggiare?». «Molto, e credo che poter viaggiare per lavoro sia un grande privilegio». «Peccato, perché la sede di lavoro sarà nell'hinterland milanese». «Sono anni che desidero avere l'occasione per approfondire la conoscenza di Rozzano. A mio modo di vedere, una piccola Parigi». «Visto il particolare momento, lo stipendio che le potremo offrire per un periodo iniziale, diciamo per i primi dieci anni, non sarà elevatissimo». «L'importante è avere l'opportunità di fare esperienza in una società come la Vostra». Questa è la frase magica. Massima flessibilità e minimo costo: l'ingegnere ha trovato lavoro. Fuori uno. Per il nostro premier, che sia Berlusconi o Prodi, si tratta ora di sistemarne soltanto altri 999.999. | << | < | > | >> |Pagina 58LA CARTA STAMPATATra le letture dell'ingegnere c'è il quotidiano a tiratura nazionale, che acquista tutti i giorni e non legge mai, e il mensile in inglese, di solito il «National Geographic» o «Science», anch'esso mai letto ma che ha almeno l'onore di essere sfogliato (l'ingegnere guarda le figure, come in «Topolino»). Per la narrativa, i grandi classici, acquistati a botte di opere omnie, e qualche libro di fantascienza. In questo quadro apparentemente normale, l'occhio attento potrà scovare le prove dell'ingegnerità del padrone di casa. Sul comodino, in mezzo a copie intonse di «TIME magazine» e «Scienza e Vita», fanno capolino un paio di riviste specialistiche tipo «Lamiera» o «Saldature Moderne», con interessanti articoli sul mercato degli interruttori bifasici pieni di appunti e sottolineature. Sugli scaffali, tra un Proust e un Asimov, troviamo Il manuale del calcestruzzo. Ma il libro per eccellenza è il Manuale dell'ingegnere, un'opera omnia che racchiude la summa del sapere tecnologico mondiale, prezioso riferimento nella sua vita di tutti i giorni; ogni sera, prima di dormire, una sfogliatina: come la Bibbia. Qualunque sia l'impiego dell'ingegnere, il manuale è sempre lì, in aiuto, a ricordare tutta la teoria che sta alla base della soluzione di ogni problema pratico. Per problemi particolarmente complessi, dove anche il Manuale dell'ingegnere nulla può, il nostro eroe rispolvera dalla preziosa teca in cui lo conserva il classico dei classici, l'unico libro che egli abbia veramente letto e amato in vita sua: il Manuale delle Giovani Marmotte. | << | < | > | >> |Pagina 81IDENTIKIT DEL FUTURO INGEGNERESiete in vacanza e la persona accanto a voi, invece di prendere il sole, guarda con aria interessata le formine e il secchiello di vostro figlio? State sciando e il vostro vicino di seggiovia guarda estasiato il sistema di risalita facendo calcoli a mente? Vi trovate in coda sull'autostrada e il tizio della macchina accanto a voi sbraita verso il cruscotto senza alcun apparente motivo? Non dovete assolutamente preoccuparvi: sono soltanto ingegneri, anche se spesso vengono scambiati per psicopatici.
Ma se volete la certezza assoluta non vi resta che
leggere i seguenti indizi:
— non ha vita sociale, e può dimostrarlo matematicamente; — adora il dolore (specie su se stesso); — conosce perfettamente il calcolo vettoriale, ma non si ricorda come fare una divisione a mano; — ridacchia ogni volta che sente parlare di forza centrifuga; — conosce ogni singola funzione della propria calcolatrice grafica; — quando si guarda allo specchio, vede un laureando in Ingegneria; — se fuori è bello e ci sono trenta gradi, sta in casa a lavorare sul computer; — fischietta di frequente il motivetto di MacGyver; studia per gli esami anche il sabato sera; — sa derivare il flusso dell'acqua della vasca da bagno e integrare il volume richiesto dagli ingredienti del pollo arrosto; — pensa matematicamente; — ha calcolato che la Serie A del campionato diverge per A sufficientemente grande; — se può cerca di non fissare troppo gli oggetti, perché teme di interferire con le loro funzioni d'onda; — ha un micio con il nome di uno scienziato; — ride alle barzellette sui matematici; — è ricercato dalla Protezione Animali perché ha tentato l'esperimento di Schroedinger sul proprio gatto; — traduce direttamente l'italiano in formato binario; — non riesce proprio a ricordarsi cosa ci sia dietro la porta del Centro di Calcolo marcata EXIT; — è Coca-Cola dipendente; — cerca di muoversi il meno possibile per non contribuire alla morte entropica dell'universo; — considera qualsiasi altro corso non scientifico troppo facile; — quando il professore chiede la consegna del progetto, dichiara di essere riuscito a calcolarne il momento vibrazionale in modo così esatto che, secondo il principio di Heisenberg, esso potrebbe trovarsi in qualsiasi punto dell'universo; — assume come ipotesi di lavoro che un cavallo possa approssimarsi a una sfera per semplificare i conti; — ride ad almeno cinque punti di questa lista; — fa una stampa di questo elenco e se la attacca in casa (o ci fa un libro!). | << | < | > | >> |Pagina 15225 MOTIVI PER CUI È BELLO ESSERE INGEGNERI1. Siccome sono un ingegnere rompo i coglioni. 2. Siccome sono un ingegnere ho la flessibilità mentale di una parete di granito. 3. Siccome sono un ingegnere io ho ragione e tu hai torto. [...] 11. Siccome sono un ingegnere non ho più letto un libro in vita mia. Una volta che uno è ingegnere, cosa deve sapere di più? 12. Siccome sono un ingegnere il tubo della lavatrice lo riparo io. 13. Siccome sono un ingegnere oggi sono troppo occupato per riparare il tubo della lavatrice. 14. Siccome sono un ingegnere se la lavatrice dopo che l'ho riparata io non funziona ancora, vuol dire che l'hanno progettata male. Sicuramente non era un ingegnere. [...] 25. Siccome sono un ingegnere la posizione di questa notte la decido io: mettiti a pigreco mezzi in coordinate polari. | << | < | > | >> |Pagina 155I VERI INGEGNERI INFORMATICII veri ingegneri informatici non concepiscono i bachi. Non li generano mai, e in rare occasioni quello che fanno è attraversarli con vaga felicità. I veri ingegneri informatici non commentano il loro codice. Gli identificatori sono talmente mnemonici che non ne hanno bisogno. I veri ingegneri informatici non scrivono programmi applicativi, implementano algoritmi. I veri ingegneri informatici non programmano in un linguaggio che non permette chiamate ricorsive di funzioni. I veri ingegneri informatici non debuggano programmi, ne verificano la correttezza. I veri ingegneri informatici amano i costrutti strutturati del C, ma sono sospettosi perché hanno sentito che ti lascia "vicino alla macchina". [...] I veri ingegneri informatici rimpiangono l'esistenza di COBOL, Fortran e BASIC. E venuto PL/I, ma non è abbastanza disciplinato; è un po' troppo fatto a funzioni. I veri ingegneri informatici non sono troppo contenti dell'esistenza degli utenti. Gli utenti sembrano sempre avere un'idea sbagliata di cosa siano l'implementazione e la verifica degli algoritmi. | << | < | > | >> |Pagina 158Linux (questo sconosciuto)CARO DIARIO, GIORNO 1 Oggi ho deciso di installare Linux. Non si può essere un vero hacker se non si usa Linux, e io voglio essere un vero hacker. Soprattutto per far colpo sulle ragazze. Ho chiesto a quelli che conoscevo e ho scoperto che Giovanni usa Linux; stranamente ha gli occhiali spessi, è sovrappeso, non si lava molto, non si rade e non conosce nessuna ragazza. Mi aspettavo qualcuno di più figo, con gli occhiali scuri anche al chiuso e il trench di pelle. Probabilmente si traveste per non dare nell'occhio. Una doppia vita! Che cosa emozionante diventare un hacker. Mi ha consigliato la Debian dicendo che è la «distruzione di Linux» per veri duri. Io sono un duro. Uso il computer da quando ero piccolo, sempre Macintosh, ma quando uno sa usare un computer, li sa usare tutti! Pensa: l'hacker di Independence Day entrava nel sistema operativo di una nave aliena. Che figata!
Chissà perché si chiama «distruzione di Linux».
Dovrò chiedere. Che nome da duro!
CARO DIARIO, GIORNO 2 Giovanni mi ha spiegato oggi che la Debian è una DI-STRI-BU-ZIO-NE di GNU/Linux. Non «distruzione». Dice che è molto importante che si dica GNU/Linux; se si dice solo Linux, la Microsoft (che dovrei scrivere Micro$oft, Microsuck o Mucozozz, non so perché) prenderà il controllo del pianeta, provocherà l'apocalisse, spegnerà il Sole, farà piangere Gesù Bambino e impedirà che ci siano giochi nuovi per GNU/Linux. In questo ordine (di importanza). Giovanni dice che GNU vuol dire "GNU non è Unix", però Linux è Unix e Giovanni dice che è da queste contraddizioni apparenti che si capisce chi è un vero hacker. Tutti gli altri sono dei perdenti che si meritano che un virus spedisca alla loro nonna pezzi dalle e-mail pornografiche scambiate con la morosa. Io non posso essere un perdente perché mia nonna è quadriplegica e non sa usare il computer; oltre tutto non ho mai avuto la morosa, anche se ho scritto dei racconti un po' spinti su Kaori della pubblicità del Philadelphia.
Sto già diventando un vero hacker!
CARO DIARIO, GIORNO 3 Ho smesso di fare domande a Giovanni, perché il suo travestimento da non-figo puzza davvero tanto e non riesco a concentrarmi trattenendo il fiato. Chissà dove si procura il suo "odore di ascella non lavata da quindici giorni", è davvero realistico.
Un altro segreto hacker, immagino. Ho comprato
una rivista con i CD della Debian. Da questa notte il
mondo sarà mio: devo solo installarla, poi sarò un
vero hacker. Nella rivista non ci sono donnine nude:
un vero hacker si eccita con le immagini dei computer nudi (smontati), o con il
codice sorgente. Ci ho provato, ma ho ancora molto da imparare.
CARO DIARIO, GIORNO 4
Non trovo il setup.exe nel CD. Sarà rovinato. Domani lo vado a cambiare.
CARO DIARIO, GIORNO 5
Non c'è il setup.exe! È tutto molto semplice: si inserisce il CD a computer
spento, si seleziona da BIOS di
bootare (un modo di dire inglese che vuoi dire "stivalare", ah! gergo hacker!)
da CD, e si installa. Facilissimo. Ci ho messo solo tre ore a capirlo. Ora devo
solo scoprire come invocare il BIOS.
CARO DIARIO, GIORNO 7
Sono fortunato! Il BIOS nel mio computer si invoca
semplicemente premendo i tasti CTRL+ALT+SHIFT+CANC+Q+W+E+R+T+Y+1+2+3+4+5
contemporaneamente nei quattro microsecondi in cui avviene il check
della memoria. Pensa che nel computer di uno che conosco è possibile invocarlo
solo nelle notti di luna nuova, dopo la mezzanotte, se si rimane all'interno
d'un pentagramma tracciato per terra col sangue d'un gallo
nero. È destino che io diventi un hacker.
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