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| << | < | > | >> |IndiceNUMERO 0 Cronaca di un amore di Silvano Fassina 13 Il rinascimento calligrafico in Europa di Giovanni Lussu 15 Appunti sulla calligrafia ebraica di Mauro Zennaro 22 NUMERO 1 Calligrafia al computer: lo Champion di Franηois Boltana di Giovanni Lussu 29 La caccia al tesoro ovvero analisi di un manoscritto di Kathy Frate 39 Alfabeto per un teatro di Alfredo De Santis 43 Un calligrafo: Giovanni De Faccio 46 NUMERO 2 Il bel mestiere. Incontro con Matilde Ghiringhelli di Mario Piazza 51 Maestri dei sigilli: l'arte cinese dell'incisione di Giovanni Lussu 58 La scrittura inventata di Mauro Zennaro 62 Michael Harvey, uomo di lettere di James Clough 66 Un calligrafo: Marco Negrini 69 Il manuale di Monsieur Werdet père, 1839 di Silvano Fassina 72 Franco Balan: scritture tra le montagne 76 [...] |
| << | < | > | >> |Pagina 7I vasti orizzonti della scrittura
di Daniele Turchi
Forzando un poco le proporzioni, si potrebbe dire che quella che viene riproposta con questo libro è una rivista 'storica'. Lo è sicuramente nel campo particolare a cui fa riferimento se preso alla lettera il nome di cui si fregiava, avendo avuto esigui precedenti e una piccola ma significativa presenza in libreria.
Ma lo è anche nel ben più ampio campo a cui
ha rivolto il proprio interesse, e che potremmo
sommariamente definire 'della comunicazione'.
Non semplicemente il campo di coloro che in
modo specialistico esercitano l'attività del
comunicare, ma di tutti quelli che sul comunicare fondano buona parte della
propria vita, lavorativa e non.
Si spiega così la convivenza in queste pagine di temi che interessano archeologi, insegnanti, storici, sociologi, ingegneri dei trasporti, assieme a temi che interessano tipografi, type designer, illustratori, artisti e, last but not least, calligrafi. Da questo punto di vista la rivista 'Calligrafia' ha rappresentato, nel suo piccolo, un raro ponte tra discipline apparentemente molto lontane. Un elemento di contatto un link si direbbe oggi per condividere le più diverse riflessioni sulla scrittura, intesa nella sua accezione più ampia, profonda e suggestiva. Ma storica lo è anche nel senso che, in qualche modo, si è trovata al centro di un periodo particolare del mondo in questo caso, invece, specialistico della comunicazione, e ha dato indirettamente un contributo alla sua direzione verso nuovi orizzonti di ricerca.
Paradossalmente, una rivista dal nome
retro
proponeva una nozione innovativa di scrittura,
in un ambito dove imperava ancora il mito,
acritico e superficiale, dell'immagine, adottato
spesso per occultare la scarsa efficienza delle
soluzioni progettuali. Basta sfogliare questo
libro per annullare la presunta opposizione
tra scrittura e immagine.
Attorno agli anni in cui usciva 'Calligrafia' la professione della progettazione visiva era percorsa da eventi importanti: i calligrafi uscivano dai confini della propria home factory, fondavano un'associazione (l'Aci), mettevano in comune le loro esperienze e organizzavano iniziative e corsi come quelli, ormai leggendari, di Matraia; l'Aiap, associazione dei grafici che sosteneva la rivista, usciva dalle secche dell'identità corporativa, promuoveva la Carta del progetto grafico e si trasformava in una realtà complessa e aperta; infine, la grafica finalmente maturava la propria dimensione disciplinare nella formazione superiore, accrescendo l'interesse verso una ricerca più attenta alla scrittura, soprattutto in rapporto con le nuove tecnologie.
Nata quasi per caso, 'Calligrafia' ha avuto uno
sviluppo inaspettato: dalla dimensione amatoriale quando a Silvano Fassina
prese la passione (complice Kathy Frate) per la bella scrittura, utilizzata
frequentemente nei suoi lavori di grafico (come nella
Guide à l'usage d'un voyageur en Italie
di Stendhal, con pagine di taccuino calligrafate da Mauro Zennaro) a quella di
vero e proprio progetto editoriale, adottato con entusiasmo da Marcello
Baraghini, memore della positiva esperienza di
Farsi un libro.
Quando Silvano Fassina portò nello studio di via degli Scipioni dove con Giovanni Lussu condividevamo attrezzature e progetti la sua proposta, costruita con artigianale pazienza, ci trovò alle prese con la tecnologica impazienza dei neofiti del computer, dal quale ci aspettavamo grandi cose. Fu quindi un complesso lavoro di sintesi, non solo operativa, un travalicare confini precostituiti, sia nelle modalità formali, sia nella scelta degli argomenti. Scrittura a mano, scrittura meccanica, scrittura formale, scrittura gestuale, immagini scritte, scritture immaginarie, scritture vive e scritture morte: quello che vedevamo era la vastità del campo, e la possibilità di esplorarlo con contributi provenienti da tante discipline diverse. La rivista crebbe, piacque a un pubblico variegato, compì la sua parabola fino a gettare i semi della collana (Scritture) grazie alla quale trova oggi un nuovo spazio. | << | < | > | >> |Pagina 13Cronaca di un amore
di Silvano Fassina
Nella vita professionale di un grafico l'incontro con la calligrafia è inevitabile; può capitare durante la realizzazione di un esecutivo, per un marchio, per la testata di una rivista o in qualsiasi altro caso in cui la rielaborazione o l'interpretazione di un carattere tipografico si renda necessaria: si entra così nel territorio della calligrafia. Territorio dai confini indefinibili, al cui centro si potrebbe collocare l'atto di raccogliere prima l'inchiostro nell'incavo di un pennino per poi lasciarlo fluire in una traccia sulla carta secondo un criterio preciso che a differenza della libera creazione di linee persegue una configurazione associata al suono articolato e dunque al senso verbale: la scrittura. A tale atto di base si sommano le stratificazioni culturali, l'invenzione formale (seppure limitata dalle regole di leggibilità), l'evoluzione dei materiali, l'apporto della personalità creativa dello scrivente, la formulazione di canoni estetici e quanto altro concorre alla trasformazione della scrittura in calligrafia. La danza bidimensionale del pennino nello spazio piatto del foglio, il suo scorrere senza ripensamenti, è certo l'espressione più pura dell'atto calligrafico tradizionale. Ma calligrafia è anche un'azione più meditata, il lavoro di costruzione del carattere secondo aggiustamenti progressivi fino al massimo grado della sua espressione formale, operazione che sconfina necessariamente nei territori contigui della percezione visiva, della creazione artistica, della decorazione, della geometria descrittiva, dell'elettronica, ecc. Con la nostra rivista di calligrafia intendiamo proporre un contenitore per tutta questa produzione che scaturisce da arti e scienze che si occupano di forme da scrivere e insieme da leggere; il nostro campo d'indagine si può articolare in diverse sezioni che comprendono la descrizione degli strumenti (carta, inchiostro, penne, pennelli, pennini, ecc.), la storia, la teoria e la pratica (i modelli con le regole di base), le culture non europee, la calligrafia senza carta e penna (lapidi, graffiti, sculture, ceramiche), la grafologia, la calligrafia come lavoro (il mestiere degli artigiani; la professione dei pubblicitari), l'agenda dei principali avvenimenti e le novità editoriali. L'incontro di cui si diceva può finire con la consegna dell'esecutivo in tipografia e in questo caso può essere dimenticato fino alla occasione successiva; ma in alcuni casi questo incontro può modificare l'approccio stesso del grafico al problema progettuale, con l'acquisizione di uno strumento in più per la sua attività professionale. Ma anche all'esterno di un'attività produttiva un tale incontro può lasciare le sue tracce, magari in termini di sensibilità estetica o di rigore formale, di esercizio per l'equilibrio interiore, di hobby che insegna una modalità di comunicazione visiva; nel momento in cui inizia il disegno consapevole di un carattere si dà, in termini calligrafici, la scrittura razionale. A me è capitato a Pompei, davanti ai caratteri dipinti sui muri del decumano massimo (le famose insegne elettorali di cui solo un anno dopo avrei saputo nome e cognome: capitale rustica), quando ho percepito l'enorme ricchezza culturale compresa in quel pezzo di intonaco. Dopo anni di frequentazione del carattere, dal piombo del Garamond o dell'Aster in tipografia, fino ai geroglifici, ai rotoli del Mar Morto nei musei archeologici, dai fogli Letraset fino alle insegne nelle strade dei paesi arabi, tutto questo convergeva in quel momento lì a Pompei, ma naturalmente avrebbe potuto capitare anche di fronte ad un qualunque cartellone pubblicitario, al tempo giusto per la conquista della calligrafia, come san Paolo sulla via di Damasco. Non me ne sono accorto subito; eppure, chissà perché, dopo un triplice incontro casuale con tre calligrafi, ho chiesto all'ultima incontrata (Carol Fiorile) di darmi lezioni di calligrafia e così con lei ho cominciato a fare le aste, all'inizio scoraggiato perché non riuscivo a farle bene, poi eccitato da ogni minimo progresso; ho comprato pennini e inchiostri, manuali e libri storici. Infine abbiamo preso come base l'unico giornale di calligrafia esistente in Italia ovvero il 'giornalino' che Kathy Frate pubblicava in fotocopia a Staranzano con l'entusiasmo decisivo di Marcello Baraghini e abbiamo deciso di provare a renderlo un riferimento su un'area più estesa, aperto a tutti coloro che, nei loro studi o nelle loro case, passano una parte del loro tempo a scrivere in calligrafia, per lavoro o per passione, senza conoscersi tra loro. Adesso che questo tentativo esiste e si chiama 'Calligrafia', è disponibile per crescere con i contributi di chi ha voglia di partecipare, di comunicare le sue esperienze o soddisfare le proprie curiosità. | << | < | > | >> |Pagina 15Il rinascimento calligrafico in Europa
di Giovanni Lussu
1. La storia della calligrafia moderna, come parecchie altre cose, comincia nel cuore dell'Impero britannico, nell'epoca del suo massimo splendore. Nel 1851, nella grande esposizione universale di Londra, voluta dal principe modernista Alberto di Sassonia-Coburgo, marito della regina Vittoria, vengono ostentate sfrenatamente le merci prodotte in serie dal macchinismo trionfante. Ma sono stati pagati cari prezzi: da una parte la miserabile condizione del proletariato urbano addetto all'industria, quella descritta da Dickens e da Marx; dall'altra, per i delicati occhi di parte dell'élite culturale più sofisticata, il decadimento del gusto nella forma degli oggetti d'uso, nei quali la cura artigianale è stata sostituita dalle spietate leggi del profitto. John Ruskin (1819-1900), un moralista ostile al progresso, è l'instancabile propagandista di un ritorno alle antiche qualità del fare, alla presunta armonia che rendeva possibile, nei precedenti modi di vita, la qualità estetica del prodotto artistico come di quello artigianale.
Il moralismo di Ruskin influenza, tra gli altri,
i pittori preraffaelliti, quelli che retrodatavano
fino al Rinascimento italiano l'origine dei mali
presenti, e che cercavano la vera sorgente
nella pittura dei secoli precedenti.
2. Ma è William Morris (1834-1896) che dà concretamente impulso alla realizzazione di forme alternative a quelle della produzione industriale. Con più profonda consapevolezza civile, socialista radicale 'all'inglese', Morris riscopre e pratica appassionatamente le vecchie arti: impara a disegnare, a dipingere, a intagliare il legno, a lavorare il vetro e la creta. Con i suoi soci produce mobili, carte da parati, stoffe, oggetti d'uso; nei suoi scritti afferma la necessità di ritrovare lo spirito dell'artigiano medievale, la soddisfazione personale e la dignità sociale del lavoro manuale degradato dall'industrializzazione.
Θ intorno a Morris che si sviluppa il movimento delle
Arts and Crafts
(Arti e mestieri), che poi,
attraverso l'analogo movimento tedesco della
Werkbund
(Lega del lavoro), porterà
nel Bauhaus (fondato nel 1919) a definire
la moderna nozione di
design
(termine non a caso inglese), la progettazione della forma
del prodotto industriale (evoluzione per certi
versi paradossale: dalla critica della società
industriale alla sua smodata incentivazione).
3. Già dal 1870 Morris si interessa anche all'arte del libro, e realizza alcuni volumi manoscritti, studiando modelli medievali e rinascimentali. Nel 1890, insieme a Emery Walker, fonda finalmente la Kelmscott Press, alla quale dedica il resto della sua vita. | << | < | |