Copertina
Autore Fëdor Michajlovic Dostoevskij
Titolo L'eterno marito
EdizioneGarzanti, Milano, 2005 [1870], I grandi libri 617 , pag. 216, cop.fle., dim. 108x180x18 mm , Isbn 978-88-11-36617-1
PrefazioneFausto Malcovati
TraduttoreLicia Brustolin
LettoreGiorgia Pezzali, 2005
Classe classici russi
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 1

CAPITOLO 1
VEL'CANINOV



Giunse l'estate, e Vel'caninov, contro ogni aspettativa, rimase a Pietroburgo. Il suo viaggio al sud della Russia era andato in fumo e non si vedeva una via d'uscita da quella situazione. La faccenda, una lite per un possedimento, aveva preso una pessima piega. Solo tre mesi prima le cose sembravano molto semplici, una questione di ordinaria amministrazione, poi improvvisamente tutto era cambiato. "E' cominciato ad andare tutto per il verso sbagliato!" era la frase che Vel'caninov si ripeteva spesso con gioia maligna. Aveva un avvocato abile, caro e famoso; e non gli lesinava certo il denaro, ma aveva preso l'abitudine, a causa dell'impazienza e dell'esagerata apprensione che provava, di occuparsi egli stesso della questione: leggeva e scriveva carte che l'avvocato scartava in blocco, correva per gli uffici pubblici, chiedeva informazioni ed era verosimilmente di grande impiccio; in ogni caso l'avvocato se ne lamentava e lo spingeva a recarsi alla casa di campagna, cosa che egli non si risolveva assolutamente a fare. La polvere, l'afa, le notti bianche che irritavano i nervi erano il suo divertimento a Pietroburgo. Il suo appartamento, affittato da poco, era dalle parti del teatro Bol'soj, ma neanche quello gli andava bene; "Non c'è nulla che vada bene!". L'ipocondria, verso cui aveva manifestato una tendenza da parecchio tempo, cresceva in lui di giorno in giorno.

Era un uomo che aveva vissuto intensamente, non più giovane ormai, di circa trentotto anni o forse anche trentanove, e questa "vecchiaia", come egli stesso si esprimeva, gli era capitata addosso "del tutto inattesa"; ma capiva che era invecchiato non tanto per la quantità quanto piuttosto per la qualità dei suoi anni, e che le sue infermità erano soprattutto interiori. Era d'aspetto giovanile, alto e ben fatto, senza un filo bianco né nella folta capigliatura rossiccia, né nella lunga barba che gli arrivava fin quasi a metà del petto. Al primo sguardo poteva dare un'impressione di goffaggine e quasi di degradazione, ma a un'osservazione più attenta si rivelava in lui il gran signore, assolutamente padrone di sé, e si capiva che aveva ricevuto un'educazione tra le più aristocratiche. I suoi modi erano tuttora liberali, coraggiosi, e persino in un certo senso graziosi, nonostante il suo umore incontentabile e la goffaggine. Possedeva la più incrollabile, la più aristocratica e spregiudicata sicurezza di sé, di cui forse nemmeno lui sospettava la portata, nonostante fosse una persona non solo intelligente, ma persino talvolta di gran buon senso. Il viso aperto e colorito era caratterizzato da una certa dolcezza femminea e attirava l'attenzione delle donne, e capitava spesso che qualcuno osservandolo dicesse: "Che bella cera, sangue e latte!" E tuttavia questa persona dall'aspetto tanto florido era affetta da una grave forma di ipocondria. Gli occhi grandi e azzurri dieci anni prima avevano un'espressione eternamente vincente, erano tanto chiari, allegri e spensierati che attiravano irresistibilmente chiunque. Ora, verso la quarantina, la purezza e la bontà erano quasi scomparse da quegli occhi, già circondati da una sottile ragnatela di rughe, e al loro posto erano apparsi il cinismo tipico delle persone amorali e stanche della vita, una certa furbizia, spesso il sogghigno ed anche una nuova sfumatura di tristezza e di dolore, una tristezza per così dire distratta, quasi senza oggetto, ma pur tuttavia profonda, che si manifestava in particolare quand'egli era solo. Stranamente, quest'uomo che fino a due anni prima era stato tanto chiassoso, allegro e spensierato, che andava famoso per le allegre storielle che raccontava, ora non amava altro che restarsene completamente solo. Aveva abbandonato intenzionalmente molte conoscenze che avrebbe potuto mantenere anche nelle attuali circostanze, pur così disastrose finanziariamente. A dire il vero in questo gli era stata d'aiuto anche la vanità, che unita alla naturale diffidenza nei riguardi degli altri non gli permetteva di affrontare gli antichi conoscenti; ma la vanità andava trasformandosi poco per volta in solitudine. Non diminuiva, ma si andava mutando in un tipo particolare di vanità, che prima non conosceva: ora accadeva che soffrisse per motivi del tutto diversi, per motivi inaspettati e impensabili fino a poco tempo prima, per motivi più "alti", se si può dire così, se effettivamente esistono "principi superiori e inferiori" come egli diceva.

Sì, era giunto a questo: si scontrava ora con principi superiori ai quali prima non avrebbe mai pensato. Nella sua coscienza egli definiva superiori quelle "cause" sulle quali, con sua grande meraviglia, non poteva in alcun modo ridere tra sé, cosa che finora non era mai accaduta, tra sé e sé naturalmente, perché in società la cosa era assai diversa! Egli sapeva perfettamente che, se solo se ne fosse presentata l'occasione, l'indomani stesso, nonostante tutte le segrete e giuste risoluzioni della sua coscienza, tranquillamente avrebbe negato tutti questi "principi superiori", anzi ne avrebbe riso per primo. Ed era effettivamente così, nonostante che negli ultimi tempi una parte anche importante del suo pensiero si fosse in certo qual modo affrancata da quei "principi inferiori" che lo avevano posseduto fino allora. Quante volte, del resto, alzandosi al mattino, egli stesso si vergognava dei pensieri e dei sentimenti che lo agitavano nelle insonnie notturne che negli ultimi tempi lo affliggevano. Aveva notato da qualche tempo che stava diventando eccessivamente ansioso in ogni cosa, sia per le faccende importanti che per le sciocchezze, e proprio per questo pensava di doversi fidare sempre meno di se stesso. Si evidenziavano però dei fatti che non poteva assolutamente negare fossero accaduti. Negli ultimi tempi, soprattutto di notte, i suoi pensieri e sentimenti cambiavano quasi completamente rispetto ai suoi abituali, e non andavano assolutamente d'accordo con quelli che aveva nella prima metà della giornata. Era una cosa che lo colpiva profondamente, e aveva persino chiesto consiglio ad un medico famoso, un suo conoscente; naturalmente ne aveva parlato buttandola in scherzo. Gli era stato risposto che il fatto di cambiare e persino sdoppiare i pensieri e le sensazioni di notte, durante l'insonnia, e comunque in generale di notte, è un fatto assolutamente comune fra le persone "che pensano molto e hanno sentimenti profondi", che i convincimenti di un'intera vita talvolta improvvisamente cambiavano per l'influenza melanconica della notte e dell'insonnia. Talvolta d'improvviso si prendevano le decisioni più infauste, e quindi se il soggetto sentiva che questo sdoppiarsi diventava troppo forte, tanto che la faccenda cominciava a dare sofferenza, allora indubitabilmente questo era il segno che si era già creata la malattia, e bisognava immediatamente prendere dei provvedimenti. La cosa migliore era cambiare radicalmente sistema di vita, cambiare la dieta o intrapredere un viaggio. Vel'caninov non aveva ascoltato oltre: la malattia gli era stata dimostrata al di là di ogni dubbio.

"E così si tratta solo di una malattia, tutto questo "superiore" è nient'altro che una malattia!" — esclamava talvolta fra sé con sarcasmo. Non voleva assolutamente crederci.

Ben presto, del resto, cominciò a ripetersi anche alla mattina ciò che accadeva nelle ore notturne, non soltanto con uno spargimento di fiele ancora maggiore che di notte, ma con la rabbia al posto dal sentimento, col sogghigno invece della commozione. In sostanza si trattava di cose accadute in tempi passati, che improvvisamente e chissà perché sempre più spesso gli tornavano alla mente, in modo del tutto particolare. Vel'caninov si lamentava per esempio da parecchio tempo di perdere la memoria: si dimenticava il volto di persone conosciute, che quando lo incontravano rimanevano offese per questo fatto, oppure un libro che aveva letto soltanto qualche mese prima lo dimenticava, in questo lasso di tempo, talvolta completamente. Eppure, nonostante questa evidente e quotidiana perdita di memoria, della quale egli si preoccupava molto, tutto ciò che era accaduto in un passato lontano, dieci, quindici anni prima, ed era stato completamente dimenticato, tutto questo talvolta gli tornava alla mente d'improvviso e con una precisione così stupefacente e fin nei minimi particolari, che gli pareva di riviverli nuovamente. Alcuni dei fatti che gli tornavano alla mente erano stati dimenticati a tal punto che gli sembrava un miracolo il fatto stesso che gli tornassero alla mente. Ma non si trattava solo di questo; infatti, chiunque abbia vissuto intensamente ha dei ricordi. Il fatto era che tutti quei ricordi gli tornavano alla mente sotto una luce completamente nuova, inaspettata, impensabile. Perché mai questi ricordi adesso gli sembravano dei delitti? E non si trattava di mere elucubrazioni della sua mente; egli non avrebbe dato credito alla sua mente cupa, solitaria e malata. Il fatto era che arrivava fino alle maledizioni e quasi alle lacrime, se non proprio fisiche, almeno interiori. Eppure soltanto due anni fa non avrebbe creduto se qualcuno gli avesse detto che un giorno si sarebbe messo a piangere! Nei primi tempi aveva cominciato a ricordare soprattutto le cose che lo avevano ferito nell'orgoglio: insuccessi mondani, umiliazioni. Per esempio si era ricordato come "un'intrigante" lo avesse calunniato, e in seguito a questo episodio avessero smesso di invitarlo in una certa casa, oppure come, poco tempo prima, fosse stato pubblicamente offeso ma non avesse osato sfidare a duello, per la qual cosa era stato fatto oggetto di un acuto epigramma nel salotto delle signore più in vista della città; eppure non era riuscito a trovare il modo di replicare. Gli tornavano in mente anche due o tre debiti non pagati, sciocchezze, a dire il vero, però erano debiti d'onore. Ben presto però cominciarono a tornargli in mente anche fatti appartenenti a una sfera "superiore".

D'improvviso, per esempio, gli tornò alla mente la figura da tempo dimenticata di un vecchietto, un funzionario scialbo e ridicolo che egli aveva offeso molto tempo prima, in pubblico, per semplice millanteria, cioè perché non andasse a vuoto un certo gioco di parole comico e ben riuscito che gli aveva procurato una certa fama e che in seguito tutti ripetevano. Questo fatto l'aveva a tal punto dimenticato che non riusciva nemmeno a ricordare il cognome di questo vecchietto, anche se gli era tornata in mente in ogni minimo particolare la scena. Si ricordava con estrema chiarezza che il vecchietto aveva preso le difese della figlia, una zitella che viveva con lui, sul conto della quale correvano voci malevole. Il vecchio rispondeva a tono e cominciava ad arrabbiarsi, ma d'improvviso era scoppiato in singhiozzi davanti a tutti, il che aveva prodotto anche una certa impressione. La cosa era finita col vecchio ubriaco di champagne che tutti gli offrivano per poterlo prendere in giro e ridere ancor di più. E ora come gli veniva in mente "senza alcun motivo" il vecchio che singhiozzava coprendosi il volto con le mani come un bambino? Vel'caninov pensò d'un tratto che non avrebbe più potuto dimenticare quella scena. Ed era strano, perché allora gli era sembrato tutto molto buffo, mentre ora, al contrario, la cosa lo sconvolgeva, soprattutto i particolari, soprattutto l'immagine del vecchio che si copriva il volto con le mani. Poi gli tornò anche in mente come, solo per scherzo, aveva calunniato la bella moglie di un maestro di scuola, e la calunnia era giunta all'orecchio del marito. Vel'caninov se n'era ben presto andato da quella cittadina, e non sapeva quali fossero state le conseguenze del suo gesto, ma d'improvviso cominciava ad immaginare come fosse finita la faccenda, e Dio solo sa fin dove sarebbe arrivata la sua immaginazione, se non gli fosse d'improvviso tornata in mente una fanciulla, a lui certamente più vicina, figlia di gente semplice, una fanciulla che non gli piaceva nemmeno in modo particolare, di cui in fondo si vergognava ma con cui, nemmeno lui sapeva perché, aveva messo al mondo un bambino, semplicemente così, per far qualcosa. E l'aveva poi abbandonata col suo bambino, senza neppure scusarsi, (a dire il vero non ce n'era stato il tempo) quando se n'era andato via da Pietroburgo. Questa fanciulla l'aveva poi cercata per un anno intero, ma non era assolutamente riuscito a trovarla. Del resto, ricordi di questo genere ne aveva a centinaia, pareva quasi che ogni ricordo ne trascinasse con sé decine d'altri. Un po' per volta cominciò a soffrirne anche la sua vanità.

Abbiamo già detto che la sua vanità si era trasformata in qualcosa di particolare. C'erano dei momenti, rari a dire il vero, in cui arrivava ad un tale oblio di se stesso che non si vergognava nemmeno di non possedere una carrozza propria e di trascinarsi a piedi da un ufficio pubblico all'altro, e nemmeno di essere diventato trascurato nel vestire; accadeva talvolta che qualcuno dei vecchi conoscenti lo incontrasse per strada e gli lanciasse un'occhiata sarcastica, oppure che facesse finta di non riconoscerlo. In questi casi, a dire il vero, la sua alterigia era tale che egli non si scomponeva minimamente. Naturalmente questo accadeva raramente, erano soltanto dei momenti di dimenticanza di sé stesso, però la sua vanità si andava gradualmente concentrando intorno ad un'unica questione che gli tornava incessantemente alla mente.

"Evidentemente, — pensava egli talvolta con ironia (e del resto pensando a sé era sempre ironico) — evidentemente lassù c'è qualcuno che si preoccupa di correggere la mia morale e mi manda questi maledetti ricordi con "lacrime di pentimento". E sia pure, però è tutto a vuoto, tutti questi colpi sono a salve! Infatti io so certamente, certissimamente, che, nonostante questi lagrimosi pentimenti e gli amari giudizi su me stesso, non c'è in me neanche una briciola di indipendenza morale, nonostante i miei stupidissimi quarant'anni! Infatti se domani stesso si verificassero di nuovo quelle condizioni e mi risultasse di qualche vantaggio spargere la voce che la moglie del maestro ha accettato dei regali da me, io certamente lo farei, e in maniera ancora più vigliacca giacché sarebbe ormai la seconda volta. E se questo principe dei miei stivali mi offendesse di nuovo, questo figlio unico di povera madre, a cui io undici anni fa sparai in una gamba, io di nuovo lo sfiderei e lo piazzerei su una gamba di legno. Che senso hanno dunque questi colpi, e perché ricordare, quando io non riesco assolutamente a comportarmi decentemente!"

E benché non si fosse ripetuto il fatto con la moglie del maestro o con il principe, tuttavia il pensiero che se si fosse presentata l'occasione si sarebbe ripetuto tutto allo stesso modo, quasi lo uccideva a volte. Infatti non si può sempre soffrire per i ricordi, si può anche ricordare e fare una passeggiatina negli intervalli.

Vel'caninov faceva appunto così: era pronto a farsi una passeggiatina negli intervalli; eppure, quanto più andava avanti, tanto più spiacevole si faceva la sua vita a Pietroburgo. Luglio si stava avvicinando. Talvolta gli veniva in mente di abbandonare tutto, anche il processo, e di andarsene da qualche parte, d'improvviso, anche in Crimea per esempio, ma di solito un'ora dopo disprezzava queste fughe; "Questi stramaledetti pensieri non smetteranno da nessuna parte, e se io fossi una persona appena un po' come si deve non cercherei di sfuggire ai miei pensieri".

"Del resto dove potrei scappare? — continuava a filosofeggiare con amarezza. Qui invece è tutto polveroso, soffocante, questa casa è così sporca, tutti questi uffici pubblici per cui io mi trascino, gli uomini d'affare così freneticamente occupati, tutta questa gente che è rimasta in città, questi volti, raccontano così ingenuamente ed apertamente il loro egoismo, tutta la loro semplice sfrontatezza, la vigliaccheria delle loro animucce, la grettezza dei loro cuoricini, che in verità proprio questo è il paradiso per un ipocondriaco, nel vero senso della parola! Tutto è chiaro, definito, nessuno ritiene necessario nascondersi come succede per le nostre signorine nelle ville, oppure all'estero a fare la cura delle acque, e mi pare che tutto sia assai più degno di assoluto rispetto, non foss'altro per la semplicità e la sincerità... Non me ne andrò da nessuna parte! Creperò qui, non andrò da nessuna parte!...".

| << |  <  |