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| << | < | > | >> |IndiceINTRODUZIONE 8 RADICI IBERICHE PER UN SOGNO MEDITERRANEO 16 UN LABIRINTO DI VIE E DI UOMINI 40 L'EIXAMPLE: VETRINA MODERNISTA DELLA BORGHESIA 78 IL MONTJUIC: L'OLIMPO CATALANO 98 DALLA CAMPAGNA ALLA METROPOLI 112 LA CITTÀ DEL FUTURO 126 INDICE 134 |
| << | < | > | >> |Pagina 8INTRODUZIONEGrande città della Spagna o capitale catalana? È il dilemma nel quale Barcellona si dibatte da mille anni, alla ricerca di una sua identità e al tempo stesso chiave di lettura per decifrarne il fascino nato in tempi lontani, quando viaggiare era privilegio di pochi. Forse mai come nella sua storia, negli ultimi venti anni la città sta affrontando una sfida colossale, un disegno ambizioso che insieme al recupero monumentale e ai progetti urbanistici coinvolge le coordinate vitali del suo mosaico sociale. Barcellona ha deciso di sedurre il mondo e come ogni vera amante ha inscenato una complessa strategia per ottenere il suo scopo. Cosciente delle sue nobili origini, ostenta con orgoglio ogni omaggio del passato, a cominciare da quello che le tributò il grande Cervantes, che vi si rifugiò in fuga da Madrid e da una terribile condanna, citandola esplicitamente nell'immortale Don Chisciotte: "fiore tra le belle città del mondo, onore di Spagna, timore e spavento di dichiarati e nascosti nemici, regalo e delizia dei suoi abitanti, rifugio per gli stranieri (...) esempio di lealtà e soddisfazione di tutto ciò che una grande, famosa ricca e ben fondata città può chiedere a un discreto e curioso desiderio". Un ritratto solare che altri colti viaggiatori hanno confermato nei secoli successivi, come lo scrittore inglese Henry Swinburne, che la descrive così alla fine del Settecento: "Un lato delle sue mura incrocia la Rambla, strada larga e irregolare che hanno iniziato a livellare e ingrandire, con il fine di farne un viale del centro. (...) Il tragitto è pieno di attrattive, da un lato i placidi campi e dall'altro una serie di giardini e aranceti (...)". Barcellona deve il suo splendore di capitale a un immenso e instancabile lavoro, alla ricchezza accumulata nei secoli con infiniti viaggi per mare, nati dalla perenne ricerca di un sogno egemonico. Barcellona ha un carattere tenace, operoso, spesso frenetico e a volte scostante: il carattere catalano, chiuso e dominante. Niente a che vedere con la Spagna andalusa, solare e sensuale. Barcellona è capitale borghese e mediterranea, il cui potere è stato minacciato e invidiato dall'avida nobiltà castigliana: opposti inconciliabili nella vita e nel pensiero. Colpiscono il dinamismo e la sua vitalità quasi ossessiva, che le impongono una continua sfida con se stessa, per cui è difficile definirla oggi quanto predirne i tratti futuri. La sua immagine si trasforma rapidamente, divora cultura, lavora pietre e uomini con la stessa facilità, incerta tra affari, avanguardie e poesia dalla metrica gotica e modernista. In questo terremoto rigenerativo, tuttavia, resiste un archivio della memoria in cui si conserva un ritratto in bianco e nero sconosciuto ai turisti. Fotografie in cui sono rimaste tracce dell'anima industriale e anarchica, residui di aree dismesse e muri sfrangiati. Non luoghi, "dove la città perde il suo nome" e Barcellona potrebbe essere una qualunque metropoli post-industriale, che però coltiva con passione la memoria di geni senza tempo e si lascia accarezzare dalla leggera brezza mediterranea. Il Mediterraneo, appunto. Merita ricordare parole e sensazioni di chi ha vissuto la città intensamente, anche in tempi recenti, per comprendere come emerga prepotente questo denominatore comune. Per Manuel Vazquez Montalban, suo figlio prediletto, Barcellona "resta nell'anima una città portuale" e quindi "una città di passaggio, alla cui porta si accumulano i frammenti di tutto ciò che viaggia". In questa soglia, che è il porto, Gabriele Basilico avverte "il rumore e la presenza del ferro", mentre ricorda che "chiudendo gli occhi si sentono gli odori del mondo". Al pari di Cervantes, George Moustakì trova in Barcellona un approdo sicuro, "una patria fraterna, nata dalla stessa madre mediterranea". E ancora, la memoria di George Orwell. "Ero solito sedermi sul tetto meravigliandomi davanti alla pazzia di tutto ciò (...), un'immagine dietro l'altra di edifici alti e sottili, cupole di cristallo e fantastici tetti ricurvi con mattonelle brillanti di colore verde e rame; più in là verso est, il luccicante mare azzurro chiaro: la prima visione del mare che ho avuto dal mio arrivo in Spagna". Ma ancora più calzanti con la realtà odierna e con il desiderio che ha la città di attirare su di sè gli occhi del mondo, sono le parole di Pablo Picasso, un uomo che ha goduto della sua esistenza fino in fondo. Frasi pensate "disegnando il colore del suo ricordo, la sua voce d'arcobaleno". Una spudorata dichiarazione d'amore per Barcellona pronunciata dall'artista in un linguaggio carico di sensualità futurista.
Un invito esplicito rivolto a chi desidera farsi travolgere senza condizioni
dal ritmo della vita, "dall'odore del pesce e dell'anguria e l'aria di sigaro
puro e vongole e basilico, più tardi alle due e mezzo o alle tre del mattino
sulla spiaggia della Barceloneta, una notte di S. Giovanni avvolto in
un drappo di seta...
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