Autore Graziano Graziani
Titolo Catalogo delle religioni nuovissime
EdizioneQuodlibet, Macerata, 2018, Compagnia Extra 78 , pag. 402, cop.fle., dim. 12,3x19x3,2 cm , Isbn 978-88-229-0259-7
LettoreElisabetta Cavalli, 2019
Classe religione , movimenti , esoterismo , umorismo , giochi , scienze improbabili












 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice


 11 Introduzione

    Capitolo primo. Creazionismo e paradosso

 17 Pastafarianesimo
 23 Chiesa del SubGenio
 28 Chiesa del Giovedì Scorso
 38 Invisibile Unicorno Rosa


    Capitolo secondo. Religioni contestatrici

 45 Discordianesimo
 56 Sorelle della Perpetua Indulgenza
 65 VHEMT - Movimento per l'estinzione volontaria
 72 Chiesa dell'Eutanasia
 81 Kopimismo


    Capitolo terzo. Religioni pop

 89 Dudeismo
 94 Jedismo
101 Chiesa Maradoniana
105 Googleismo


    Capitolo quarto. Religioni artistiche

115 Chiesa di Saint John Coltrane
122 Chiesa Patolica
129 Ordine dei Perseguitati
137 Bokononismo


    Capitolo quinto. Apparizioni

145 Culto dell'Arcangelo Michele
154 Feticismi contemporanei
159 Culto della Teiera Gigante
168 Ebrei di San Nicandro


    Capitolo sesto. Culti popolari

183 Culto del Cargo
193 Culto del Glorioso Alberto
203 Chiesa Giurisdavidica
214 San Ernesto de La Higuera


    Capitolo settimo. Religioni scientiste

227 Culto dell'Essere Supremo
234 Religione della Scienza
240 Cosmismo


    Capitolo ottavo. Religioni politiche

259 Mistica fascista
268 Culto di Putin
275 Culto di Kek


    Capitolo nono. Religioni occultiste e ufologiche

285 Thelema
303 Culto di Lam (e «Operazione Babalon»)
312 Religione raeliana
327 Società Eterica


    Capitolo decimo. Religioni neopagane

337 Įsatrú
344 Via romana agli Dèi
353 Zuismo


    Capitolo undicesimo. Religioni psichedeliche

361 Fratellanza dell'Amore Eterno
371 Chiesa Neo-Americana
379 Tempio della Vera Luce Interiore


    Capitolo dodicesimo. Religioni del futuro

389 Dataismo


 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 11

Introduzione


Quando pensiamo alla religione solitamente pensiamo a qualcosa che viene dal passato, magari da un passato antichissimo. Un insieme di credenze che forse cozzano con i principi della scienza e della razionalità che governano - o almeno dovrebbero - le nostre società secolarizzate e organizzate, ma alle quali ci rivolgiamo comunque per cercare un senso del nostro stare al mondo, o qualcosa che gli somigli. I due sistemi possono essere in contraddizione, ma la distanza dal tempo remoto a cui ad esempio risalgono le antiche scritture della Bibbia ci mette al riparo dal dover per forza cercare una coerenza tra il pensiero scientifico, che governa le nostre vite ipertecnologiche, e il senso del sacro, che placa i nostri animi inquieti di mortali. Viviamo, spesso con estrema serenità, quello che a tutti gli effetti è un paradosso.

E la storia del mondo sembra risponderci in modo altrettanto paradossale. Quanto più il pensiero scientifico occupa ogni spazio nella nostra esperienza cognitiva, tanto più dilagano movimenti che chiedono a gran voce di poter credere in tutt'altro. A volte, come nel caso dei fondamentalismi religiosi, di imporre questo credo anche agli altri. Non si tratta soltanto del desiderio di tornare a un passato mitologico, immaginato come un'età dell'oro, perché la cosa ancora più sorprendente di questa tendenza è che praticamente ogni anno, in giro per il mondo, nascono nuove religioni. Religioni nuovissime, che con il loro corollario di rivelazioni, apparizioni e trascendenze mettono a dura prova il compromesso con cui teniamo assieme le credenze antiche e la scienza moderna. Perché, a rigore, se può sembrarci ridicolo sentir raccontare di un profeta che ha sentito la voce di Dio nel XXI secolo, per quale ragione dovremmo considerare meno ridicolo il dialogo di un pastore israelita con un roveto ardente?

Ecco allora la necessità, per orientarci in questo tempo incerto, di tentare di racchiudere questo paradosso in un catalogo, fatto di esempi vari e difformi. Un catalogo non esaustivo, per carità, ma che cerca di descrivere l'arco di quelle forme molteplici che il nostro rapporto col sacro ha assunto nell'epoca più dissacrante della storia umana.

Cominciamo però col dire cosa non troverete in questo catalogo: non ci sono i nuovi movimenti religiosi che hanno avuto una certa fortuna o clamore mediatico, come Scientology o le religioni New Age; non ci sono nemmeno le sette religiose, più o meno pazzoidi, che con regolarità alimentano le pruriginose curiosità dei giornali. Si tratta di un mondo troppo vasto e poco divertente. In questo catalogo di religioni nuovissime, invece, troverete tutt'altro. Ci sono le religioni parodistiche, che per qualcuno sono poco più che uno scherzo, ma come fare a distinguerle dalle religioni «reali» nel momento in cui vengono riconosciute legalmente e sviluppano una propria cultura? Ci sono culti popolari bizzarri e apparizioni non meno incredibili, reinvenzioni delle religioni pagane estinte e religioni che dialogano con la scienza, aprendo alla possibilità preconizzata dal transumanesimo di un rovesciamento di ruoli tra l'uomo e Dio. In questo catalogo, insomma, troverete tutte quelle storie che, in qualche modo, dialogano con il paradosso da cui siamo partiti. Perché in fondo è di storie che si tratta.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 17

Pastafarianesimo


Dicono «Ramen» invece di «Amen» per chiudere le loro preghiere e adorano un essere superiore che risponde al nome di Prodigioso Spaghetto Volante (o, in inglese, Flying Spaghetti Monster). Sono i pastafariani, seguaci del Pastafarianesimo, una religione fondata nel 2005 che crede che la vita, l'universo e tutto quanto siano stati creati da un groviglio di spaghetti che somiglia a un cervello, con due ocghi e due polpette incastonate nel «corpo». Un mostro, certo, anche se è un termine che, per questa manifestazione del divino, va inteso più come «prodigio» che come «mostruosità». Il nome di questa nuova religione ricorda il Rastafarianesimo, la religione caraibica divenuta famosa grazie a Bob Marley, ma si tratta di un credo indipendente, molto diverso e ben strutturato. Anzi, perfino riconosciuto dalla legge e non solo in America. Nel 2011 un credente austriaco di nome Niko Alm ha vinto la sua battaglia, iniziata tre anni prima, per vedersi riconosciuto il diritto a comparire, nella foto della patente, con indosso il copricapo ufficiale che la sua religione gli impone: uno scolapasta. Quando ha presentato domanda, per tutta risposta le autorità austriache lo hanno inviato da uno psicologo per verificare se fosse «idoneo a condurre un veicolo». Per Alm, invece, si trattava di discriminazione religiosa e la giustizia gli ha dato ragione: se ebrei e musulmani possono indossare i rispettivi copricapo nelle foto di identità, perché non dovrebbero poterlo fare i pastafariani?

Ma che religione è il Pastafarianesimo? Č un credo creazionista, ma tutt'altro che aggressivo. Anzi, secondo uno dei dogmi della religione, le tesi evoluzioniste sono state inventate e diffuse dallo stesso Prodigioso Spaghetto Volante, per mettere alla prova i fedeli. Sono dunque un'emanazione divina. D'altronde questa divinità fatta di «carboidrati superiori» è piuttosto incline ai tiri mancini: ogni volta che fanno delle ricerche scientifiche per datare il suo avvento in questo mondo con il carbonio 14, egli cambia di proposito i risultati dei test. Come? Attraverso la «Sua Spaghettosa Appendice», che è una versione pastafariana della «grazia» cristiana. «Siamo stati toccati dalla Sua Spaghettosa Appendice», sostengono i pastafariani neo-convertiti quando vogliono dire che la grazia divina è scesa su di loro.

I dogmi pastafariani di cui siamo a conoscenza sono stati rivelati al mondo dal profeta di questa religione, Bobby Henderson, originario del Kansas. Sappiamo ad esempio che l'Universo ebbe origine dal Prodigioso Spaghetto Volante, mentre Egli si trovava a smaltire una sbornia colossale (il che spiegherebbe il motivo di un creato imperfetto). Oppure che i disastri ambientali come gli tsunami, i terremoti o il surriscaldamento globale sono una conseguenza diretta della diminuzione dei pirati nel mondo. Questo dogma è dimostrabile anche «scientificamente», perché dal XIX secolo in poi i pirati sono sensibilmente di meno mentre i disastri naturali sensibilmente di più. Il dogma in questione sarebbe la versione pastafariana di quanto affermato da certe sette fondamentaliste cristiane, che vedono guerre e carestie come un effetto diretto della perdita di religiosità del mondo. Per combattere questa tendenza all'aumento dei disastri naturali, i pastafariani sono tenuti a vestirsi da pirata in pubblico (nel 2007 è stato registrato il caso di uno studente della Carolina del Nord, Bryan Killian, che è stato sospeso dal college per aver osservato questo dettame religioso).

Se vi sembra che l'orientamento di questa religione sia un po' dadaista, non siete in errore. Il Pastafarianesimo, infatti, è stato fondato come religione parodistica. Nel 2005 il consiglio per l'istruzione del Kansas decretò che le scuole dovevano utilizzare lo stesso numero di ore per insegnare le teorie creazioniste di quelle impiegate nei corsi di biologia per spiegare l'evoluzionismo. Henderson prese la palla al balzo per chiedere che all'insegnamento del Pastafarianesimo venisse dedicato un numero di ore pari a quello delle religioni tradizionali. Ottenne risposta affermativa e il fatto rimbalzò su tutti i giornali, tanto da diventare un caso nazionale: una nuova religione era nata. Da allora gli adepti sono cresciuti a dismisura, pescando soprattutto nell'area dell'ateismo militante.

Oggi il Pastafarianesimo è riconosciuto legalmente da diversi stati come religione e Bobby Henderson ne è considerato il profeta. Henderson è anche autore di un volume, tradotto in italiano, considerato il testo sacro dei pastafariani: Il libro sacro del Prodigioso Spaghetto Volante. Alla sua diffusione ha contribuito un discreto merchandising di spille e magliette, che ha diffuso l'immagine del Prodigioso Spaghetto Volante e alcuni motti della sua Chiesa, come «Ho trovato la verità ed è fatta di pasta!»

Come i monoteismi tradizionali, la nuova religione crede in un universo creato da un'entità superiore, unica vera divinità. Ma a differenza delle dottrine tradizionali, i suoi otto comandamenti - o «condimenti», come vengono chiamati dai fedeli - non sono espressi sotto forma di obbligo. Iniziano tutti con la frase «Io preferirei davvero che tu evitassi...», denotando un'attitudine assai poco coercitiva del Prodigioso Spaghetto Volante. Alcuni prendono spunto da pratiche religiose tradizionali, con posizioni a dir poco innovative: avete mai sentito parlare di un dio che chiede ai suoi fedeli di lasciar stare l'edificazione di templi e affini perché ci sono cose più importanti per cui spendere il proprio denaro? Altri ancora prendono di petto il fanatismo religioso che vede in chiunque crede in un dio diverso dal proprio un infedele da combattere: difficile immaginare una divinità che ti dica «se qualcuno non crede in me, pace, non c'è problema», eppure quella divinità esiste e si chiama Prodigioso Spaghetto Volante. Gli otto «preferirei davvero che tu evitassi» - una formula che ricorda il Bartleby di Melville - invitano all'armonia e al rispetto ma senza troppa retorica, e lo fanno anzi con un linguaggio piuttosto colloquiale che, assieme all'ironia di cui sono pieni, dà conto dello spirito che anima questa nuova religione. E per questo vale la pena leggerli per intero:


Gli Otto Condimenti - o «Io preferirei davvero che tu evitassi»:

1. Io preferirei davvero che tu evitassi di comportarti come un asino bigotto «più-santo-di te» quando descrivi la mia spaghettosa bontà. Se qualcuno non crede in Me, pace, nessun problema! Dico davvero, non sono mica così vanitoso. E poi non stiamo parlando di loro, quindi non cambiare argomento!

2. Io preferirei davvero che tu evitassi di usare la Mia esistenza come motivo per opprimere, sottomettere, punire, sventrare, e/o, lo sai, essere meschino con gli altri. Io non richiedo sacrifici, e la purezza è adatta all'acqua potabile, non alle persone.

3. Io preferirei davvero che tu evitassi di giudicare le persone per come appaiono, o per come si vestono, o per come camminano, o, comunque, di giocare sporco, va bene? Ah, e ficcati questo nella tua testa dura: Donna = Persona. Uomo = Persona. Tizio noioso = Tizio noioso. Nessuno è meglio di un altro, a meno che non stiamo parlando di moda e, mi spiace, ma ho dato questo dono alle donne e a qualche uomo che capisce la differenza fra magenta e fucsia.

4. Io preferirei davvero che tu evitassi di assumere comportamenti che offendano te stesso, o il tuo partner consenziente, maggiorenne e mentalmente maturo. Per chiunque avesse qualcosa da obiettare, penso che l'espressione corretta sia «Andate a farvi f******», a meno che tale espressione non sia ritenuta troppo offensiva. Nel qual caso possono spegnere la TV e andare a farsi una passeggiata, tanto per cambiare.

5. Io preferirei davvero che tu evitassi di sfidare, a stomaco vuoto, le idee odiose, bigotte e misogine degli altri. Mangia, e solo dopo prenditela con gli s******.

6. Io preferirei davvero che tu evitassi di erigere chiese/templi/moschee/santuari multimilionari in onore della mia spaghettosa bontà, perché tali soldi potrebbero essere meglio spesi per (fai la tua scelta):

A. Sconfiggere la povertà

B. Curare le malattie

C. Vivere in pace, amare con passione, e ridurre il prezzo delle connessioni internet. Sarò anche un essere onnisciente dai carboidrati complessi, ma apprezzo le cose semplici della vita. Dovrei saperlo, no? Io SONO il Creatore!

7. Io preferirei davvero che tu evitassi di andare in giro raccontando alla gente che ti ho parlato. Non sei mica così importante. Finiscila! E poi ti ho detto di amare il tuo prossimo, mi capisci o no?

8. Io preferirei davvero che tu evitassi di fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te se sei uno che apprezza, ehm, cose che fanno largo uso di pelle/lubrificanti/Las Vegas. Se anche l'altra persona le apprezza (purché si rispetti il quarto punto), allora dateci dentro, fatevi foto, e, per l'amor di Mike, indossate un preservativo! In tutta onestà, è un pezzo di gomma. Se non avessi voluto che fosse piacevole farlo, avrei aggiunto delle spine, o qualcos'altro.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 38

Invisibile Unicorno Rosa


Il 23 aprile del 2011, domenica di Pasqua, non è stata una data importante soltanto per la cristianità. Per una comunità religiosa meno conosciuta, ma che vanta adepti in tutto il mondo, si è trattato di una domenica ben più memorabile perché la Pasqua si rinnova tutti gli anni, mentre per i credenti dell'Invisibile Unicorno Rosa quella è stata la data dell'apparizione. Che apparizione? Naturalmente quella dell'Unicorno, la loro divinità. Un fatto tutt'altro che scontato, visto che come recita il suo appellativo, l'Unicorno Rosa è per definizione anche Invisibile. E il luogo scelto per l'apparizione non era stato meno sorprendente: il Vaticano. Un gesto che sa di sfida, che suona come una di quelle dispute tra divinità di cui è ricca la mitologia antica. In questo caso, però, siamo nel XXI secolo, e chi si è trovato a passare per piazza San Pietro allo scoccare della mezzanotte del 23 aprile si è ritrovato di fronte un drappello di persone, tutte con un indumento rosa addosso come segno di riconoscimento. I fedeli hanno innalzato i loro telefonini e grazie a un'applicazione apposita hanno potuto vedere per la prima volta la divinità, tramite la realtà aumentata. Il miracolo funzionava così: l'applicazione disegnava una sagoma rosa di unicorno rampante (fissa, e piuttosto pixelata) che si sovrapponeva all'immagine ripresa dalla videocamera del telefonino. Risultato: guardandoci attraverso, l'unicorno si materializzava nello spazio.

Anche se l'apparizione del 2011 ha tutta l'aria di un simpatico flash mob (e di fatto lo è), il movimento religioso dell'Invisibile Unicorno Rosa ha alle spalle una storia lunga e articolata, che risale agli albori del web e che si è sviluppata proprio grazie a internet. Non è un caso, dunque, che la divinità abbia scelto la realtà aumentata per manifestarsi ai suoi fedeli.

La prima citazione dell'Invisibile Unicorno Rosa di cui si ha notizia certa risale al 1990, ma c'è chi sostiene che la sua origine sia da datare più indietro nel tempo. Nei primi anni Novanta, «Lei» (perché i seguaci si rivolgono all'Unicorno utilizzando il pronome femminile) veniva evocata in vari forum di discussione sull'ateismo: l'ipotesi dell'esistenza di un essere superiore come l'Unicorno, che è «invisibile» e «rosa» allo stesso tempo, veniva fornita come un paradosso logico simile alle argomentazioni utilizzate dal teismo. Da lì alla fondazione di una vera e propria religione il passo è breve.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 65

VHEMT - Movimento per l'estinzione volontaria


Secondo Yuval Noah Harari - che nel suo bel saggio Sapiens traccia una breve storia del pensiero umano - non è davvero possibile operare una distinzione netta e logicamente valida tra le religioni e una qualunque filosofia teleologica. Non è l'idea di un dio creatore a fare la differenza, perché ascriviamo senza alcuna esitazione il taoismo e il confucianesimo al campo della religione, mentre releghiamo il Comunismo tra le dottrine politiche, nonostante in certe sue formulazioni abbia un'idea deterministica della storia e nonostante siano esistiti movimenti religiosi che, al pari del marxismo, escludono qualunque trascendenza della condizione umana. Considerando il discorso religioso da questa prospettiva, non si poteva non inserire in questo campionario di religioni contemporanee il Movimento per l'estinzione volontaria.

Il VHEMT nasce nel 1991 in America a opera di Les U. Knight il quale, tuttavia, si definisce semplice portavoce del Movimento, rifiutando l'idea di un fondatore, poiché esso si rifà a un'idea molto più antica. La sigla - che si scrive «vhemt» ma si legge «vehement», veemente - è un acronimo ricavato dalla denominazione inglese Voluntary Human Extinction Movement. Il credo del VHEMT è presto detto: visti i continui disastri ambientali causati dall'attività degli uomini, la migliore difesa del pianeta è l'estinzione volontaria del genere umano. Questo non vuol dire che chi aderisce al Movimento, il quale peraltro ha dimensione internazionale, auspichi un suicidio di massa o un ipotetico pogrom che l'umanità dovrebbe compiere contro sé stessa. Tutt'altro. Il Movimento predica il volontariato e l'attenzione verso il prossimo. Semplicemente, ritiene che in questo momento storico sia meglio smettere di fare figli, poiché la Terra non è in grado di sostenere il numero eccessivo di uomini e le loro attività, che impattano sul pianeta in un modo che mai prima d'ora era stato così compromettente per l'equilibrio della biosfera. E di conseguenza chiede ai suoi adepti di rinunciare volontariamente a procreare o, nel caso siano già genitori, di non concepire altri figli.

[...]

La tesi dell'homo sapiens come «specie killer» non è priva di fondamento scientifico. Lo stesso Yuval Noah Harari ricostruisce le tappe dell'estinzione dei grandi mammiferi preistorici che, guarda caso, coincidono con la diffusione dell'homo sapiens nel loro habitat. Già nella preistoria, dove arriva l'uomo, decine se non centinaia di specie animali cessano di esistere. E in tempi recenti le cose non vanno certo meglio. Nessuno sa con esattezza quante specie si estinguono in un anno, ma c'è chi azzarda che tra animali e vegetali la cifra si aggiri sulle cinquanta specie ogni giorno. Secondo il WWF la velocità di estinzione è cento volte superiore che in passato e ben il 23 percento dei mammiferi, oltre al 12 percento degli uccelli, sarebbe a un passo dall'estinzione. Senza considerare, ovviamente, tutte le specie sconosciute che pure subiscono un processo simile.

Ma a voler essere realisti, quante possibilità ci sono che la gente aderisca in massa a una visione così radicale? Gli estinzionisti non sono, alla fine, portatori di un pensiero che si riduce a una pura speculazione filosofica? Per i seguaci del VHEMT la questione è mal posta. La scelta di smettere di procreare è moralmente giusta e quindi va perseguita di per sé.

[...]

A suo modo la teoria dell'estinzione volontaria si interseca con una corrente di pensiero attiva fin dagli anni Settanta, l'«Ipotesi Gaia». Elaborata dallo scienziato e ambientalista inglese James Lovelock , l'Ipotesi Gaia immagina il pianeta Terra come un unico sistema vivente, dove gli elementi si mantengono adatti alla vita proprio grazie all'azione degli organismi viventi, animali e vegetali, e ai feedback innescati da tale azione. Gaia non è altro che il «pianeta vivente», e il suo nome è preso in prestito dalla mitologia greca, che immaginava una divinità che rappresenta l'intero pianeta: Gea o, appunto, Gaia. Nel corso degli anni questa teoria, che in parte è stata accolta dalla comunità scientifica e in parte criticata, è stata rielaborata molte volte anche in contesti non scientifici, come le filosofie New Age. Ha dato spunto anche a molte opere di fiction, come il manga di Hayao Miyazaki Nausicaa della valle del vento, dove una foresta tossica, frutto di un disastro che ha riportato l'umanità all'epoca delle case sugli alberi, guadagna sempre più spazio ma nasconde al suo interno una natura incontaminata, pronta a prendere piede una volta estinto tutto ciò che c'è al suo esterno, e cioè la realtà contaminata, di cui fa parte la stessa umanità. Per qualcuno, insomma, Gaia avrebbe in sé gli anticorpi per liberarsi dell'agente tossico che è diventata l'umanità. Dal punto di vista di chi predica l'estinzione volontaria, uno di questi anticorpi sarebbe la coscienza dell'uomo che sceglie di sua sponte di smettere di procreare.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 81

Kopimismo


Chi può obiettare sul fatto che la «condivisione» sia un principio universale di fratellanza tra le persone? Dunque potrà sembrare del tutto normale che un nuovo movimento religioso decida di incentrare la propria dottrina sul comandamento della «condivisione» universale. Ma se per condivisione intendiamo il cosiddetto file-sharing, ovvero lo scambio di dati che vengono condivisi, dunque copiati, attraverso internet, allora la questione si complica. La pratica della «condivisione» finisce infatti per coincidere con quello che in molti paesi del mondo occidentale è considerato un reato penale, perseguito a volte con sanzioni molto pesanti: la pirateria. Già, perché spesso al centro dello scambio e della libera condivisione di informazioni - temutissimo dalle major discografiche, dai colossi dell'informatica e del cinema e persino dalle case farmaceutiche - ci sono materiali protetti dal copyright. Ma si dà il caso che, per il nuovo movimento religioso, il copyright sia il male assoluto, il principio contro natura che spinge l'uomo verso l'infelicità. E chi lucra sul copyright è ovviamente un agente del male. Così, da novelli missionari, gli adepti della neo-dottrina sfidano apertamente le autorità costituite e le leggi vigenti, che dal loro punto di vista equivalgono a un divieto di culto, e predicano la santità dell'atto del copiare e condividere.

Di che religione stiamo parlando? Del Kopimismo, meglio conosciuta con la definizione completa di Chiesa Missionaria del Kopimismo. La versione kopimista dell'evangelizzazione, infatti - lo si sarà già capito -, è un tassello importantissimo, anzi praticamente essenziale, della nuova dottrina. Per la diffusione del credo kopimista nel mondo, ovviamente; ma anche e soprattutto per la diffusione in lungo e in largo, per la terra e l'universo digitale, di ogni tipo di contenuto - che ognuno è libero di copiare come meglio crede.

[...]

Stando a quanto predicano i kopimisti, esiste un processo evolutivo «naturale» - basato sulla libera circolazione, copia e modifica delle informazioni - e un «innaturale» tentativo dell'uomo di stoppare questo processo, per arricchirsi e accrescere il proprio potere personale. Chi porta avanti queste politiche di interesse e privatizzazione è dunque un agente del male. «L'open source è una benedizione! il free software è un miracolo! il creative common è la salvezza!», si legge nel sito italiano della Chiesa del Kopimismo. «L'uomo occidentale aveva smarrito la retta via, dando vita a peccaminose istituzioni quali il brevetto, il copyright , la SIAE, ecc. che per mano dei governi perseguitavano i nostri fratelli e tutt'ora sono causa di sofferenza e morte, se pensiamo a tutti i brevetti farmaceutici che non vengono ceduti al terzo mondo perché non rappresenta un mercato interessante».

E ancora: «Oggi l'uomo, accecato dalla smania del possesso, ha perso il senso di ciò che è giusto e cio che è sbagliato, di cosa è bene e cosa è male, arrivando al paradosso di voler possedere anche ciò che è spirituale: l'informazione. L'informazione è intangibile, inafferrabile, è sacra. Il sacramento è donare a ognuno la luce della conoscenza».

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 137

Bokononismo


Č vero, in prima battuta il Bokononismo non è stato pensato come una vera religione, bensì come una finzione letteraria. Nato dall'immaginazione di uno scrittore geniale come Kurt Vonnegut , che ne raccontò la genesi in un romanzo del 1963 intitolato Ghiaccio-nove , il Bokononismo è diventato dapprima proverbiale e successivamente un credo diffuso. Un credo senza vertici, in realtà, o forse potremmo dire una religione senza chiesa, a cui aderiscono membri sparsi in tutto il mondo. Con l'avvento della rete, ad esempio, dichiararsi bokononista nei profili biografici dove è previsto il campo «religione» è divenuta una prassi diffusa. E il fatto che i bokononisti non prevedano gerarchie e non si raggruppino in luoghi specifici ma - per così dire - si agglutinino in modo spontaneo per poi disperdersi, è perfettamente coerente con uno dei concetti chiave di questa religione: la karass. Ma andiamo con ordine.

Stando al racconto che ne fa Vonnegut, Bokonon era un santone che predicava una bizzarra religione sull'isola caraibica di San Lorenzo. Questo culto ha un complesso sistema di rituali, dove spicca il boko-maru, che consiste nel premere le piante dei piedi contro le piante dei piedi di un'altra persona (fate attenzione a non confondere il piede e il piede, direbbe un altro mirabile scrittore che risponde al nome di Julio Cortázar ). Il boku-maru, oltre a essere la pratica di preghiera principale, è anche la massima espressione di amore o affetto tra due persone; tuttavia, nel racconto di Vonnegut, il boku-maru viene praticato segretamente perché sull'isola dove si svolge la storia un feroce dittatore, che risponde al nome di Papa Manzano, ha proibito ogni pratica bokononista. La proibizione si estende anche ai canti sacri della religione bokononista, che aggiorna la pratica giudaico-cristiana dei salmi con un corpus, decisamente più caraibico, di «sacri calypso». Si tratta di aforismi e poesie che riflettono la filosofia bokononista ed enunciate in forma di canzone, raccolte in quello che viene considerato il testo sacro della religione, il Libro di Bokonon. Il fatto che la religione professata da Bokonon e dai suoi seguaci sia proibita, la rende per certi versi più intrigante, fornendole un'aura di quasi-martirio che dà maggiore lustro alla verità professata dal credo bokononista. Ma di che verità si tratta? Del primo e più sacro principio della religione, espresso dal suo profeta in questo modo: «Tutto quello che sto per dirvi sono spudorate menzogne».

[...]

Nonostante il bokononismo sia frutto della fantasia di Kurt Vonnegut, nessun bokononista nella vita reale si riferisce allo scrittore come a un profeta. Piuttosto la sua fantasia e la sua abilità nella scrittura sono considerate uno strumento «laborioso» del divino per manifestarsi a noi. E se può sembrare strano che la genesi di un credo religioso possa affondare le sue radici in un opera di fiction, è giusto ricordare che la correlazione tra scrittori di fantascienza e fondatori di religioni è piuttosto stretta (come si può notare leggendo il presente catalogo). In fondo, si può chiosare, tutte le religioni partono da un mito e questo mito, a suo modo, è una forma di racconto. Essere consapevoli di ciò non sminuisce, secondo i bokononisti, l'effetto della benevolenza divina o i progetti che essa ha in serbo per noi. Se a qualcuno questo atteggiamento può sembrare "teatrale" in modo smaccato, è bene ricordare che nel romanzo di Vonnegut proprio questo aspetto è uno degli elementi centrali della storia: Bokonon e Papa Manzano sono in realtà due naufraghi che, giunti sulla poverissima isola di San Lorenzo, si mettono in testa di costruire una società utopica per migliorare la vita della popolazione, ma non riuscendoci capiscono che la religione, una menzogna raccontata a fin di bene, può quantomeno allietare la vita della gente. Per questo decidono di interpretare i ruoli del dittatore e del santone in perenne conflitto, solo che la recita sfugge loro di mano e finiscono per incarnare quello che stavano solo interpretando: la finzione finisce per diventare realtà. Non è poi diverso da quello che sostengono gli antropologi, e non a caso uno dei più noti studi dedicati alle origini dell'arte della scena, scritto da Victor Turner, si intitola Dal rito al teatro. Il bokononismo propone forse un percorso all'inverso, dal teatro al rito? E questo rende più false o più vere le «verità» che predica? Quale che sia la vostra risposta, si può concludere che una simile genesi nulla toglie alla capacità di tutto questo di funzionare. E quindi insomma, come direbbero i bokononisti, «laborioso, laborioso, laborioso».

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 214

San Ernesto de La Higuera


Il fotografo antillano Jeremiah de Saint-Amour è uno dei personaggi più emblematici e memorabili tra quelli raccontati da Gabriel García Márquez , nonostante compaia solo in poche pagine, nell'incipit de L'amore ai tempi del colera, e per giunta già morto. Questo suo essere «interrotto» ha fatto sì che molti lettori si appassionassero a lui, tanto che lo scrittore colombiano dovette rispondere a più riprese ai suoi lettori sulla genesi di quell'affascinante personaggio, rivelando che aveva pescato dai ricordi di infanzia, quando gli capitò di vedere il cadavere di un uomo con cui suo nonno giocava a scacchi, il quale si era suicidato con il cianuro di oro. Il dottor Juvenal Urbino - che nel romanzo, come il nonno di Márquez, era amico di Jeremiah e giocava a scacchi con lui - dice del suicida che era «qualcosa di strano» e, per la precisione, «un santo ateo». Ma subito dopo, consapevole dell'ossimoro che ha evocato, aggiunge: «Ma questi sono affari di Dio».

Può esistere un santo ateo? Oppure si tratta di una contraddizione inconciliabile? Márquez sembrerebbe suggerire di no, che una strada in grado di unire gli uomini straordinari alla devozione popolare esiste a prescindere dalla logica a cui siamo abituati. Ma siamo nella finzione del romanzo. Tuttavia, alcuni fatti accaduti realmente un po' più a sud della terra d'origine del premio Nobel per la letteratura sembrerebbero confermare questa sua intuizione. A La Higuera, un piccolissimo villaggio boliviano della provincia di Vallegrande, è sorto un culto che ha per oggetto uno dei più famosi e celebrati rivoluzionari del Novecento, Ernesto Guevara detto il «Che».

Chi conosce la storia di Che Guevara e il suo mito ha sicuramente già sentito parlare di La Higuera. In questo villaggio di appena venti case il rivoluzionario argentino, che legò indissolubilmente la sua immagine alla Rivoluzione cubana, trovò la morte per mano dell'esercito boliviano. Nonostante il successo della rivoluzione castrista, Guevara preferì lasciare ad altri gli onori e il prestigio degli incarichi di governo e proseguì con la sua attività di guerriglia volta a costruire la rivoluzione globale: prima in Congo e poi in Bolivia. Nel paese sudamericano provò a sobillare una rivolta popolare contro la dittatura militare di Barrientos, ma senza riuscirvi. Non ottenne il supporto del locale Partito comunista, che era filosovietico, mentre l'esercito boliviano fu appoggiato attivamente dalla CIA. Una serie di circostanze sfortunate, o non gestite bene, misero ben presto in difficoltà il Che e il gruppo che guidava, rimasto per giunta senza il contatto radio con Cuba che doveva in qualche modo aiutarlo. Nell'ottobre del 1967 fu catturato con una manciata di compagni a pochi chilometri dal villaggio de La Higuera: dopo uno scontro a fuoco, dove fu ferito, si arrese ai militari boliviani.

Il Che venne portato proprio nel piccolo villaggio montano, in attesa di capire cosa farne. Sembra che Barrientos ordinò l'esecuzione immediata, diffondendo nel frattempo la notizia che il Che era stato ucciso in combattimento. In realtà ci volle più tempo, anche a causa della presenza di Félix Rodriguez, l'agente della CIA di origine cubana che dava la caccia al guerrigliero e che tentava di interrogarlo. Bisognò attendere ordini superiori, che puntualmente arrivarono. Che Guevara fu giustiziato da due raffiche di mitra. La vulgata vuole che il soldato che gli sparò fosse più che restio a farlo, che dovette bere fino a ubriacarsi o che i suoi compagni lo obbligarono a sbronzarsi per portare a termine la missione. C'è chi dice che fu scelto a sorte, perché nessuno voleva prendersi quella responsabilità, e che la raffica fu sparata tenendo il mitra di spalle, per non dover guardare il condannato in faccia, oppure che finì sulle gambe e sul torace per lo stesso motivo. C'è chi dice, infine, che la raffica ferì orribilmente Guevara ma non lo uccise, che fu invece Félix Rodriguez, alias Capitano Ramos, a dargli il colpo di grazia. Quale che sia la verità, prima ancora che il sole tramonti su quel fatidico 9 ottobre 1967 la storia dell'uccisione del Che ha già tutti i contorni della leggenda. E lui, il rivoluzionario argentino che mezzo mondo osanna, è già diventato un mito.

Qualche anno più tardi, però, questo mito sarebbe stato circonfuso anche di luce sacra. A chi va a La Higuera oggi, basta una rapida occhiata per vedere come il culto di Guevara permei questo villaggio interamente. Nulla di strano, in fondo: la morte del guerrigliero è stato l'evento che ha connesso la grande storia mondiale con la piccola storia de La Higuera, e quando avvengono sovrapposizioni come queste si finisce invischiati nelle maglie del passato, condannati - felicemente o meno - a rievocare un momento che resta vivo nella coscienza collettiva. La Higuera sarà sempre il posto dove è morto il Che. Chi si avventura fin lassù, che sia un turista o un appassionato, vuole trovare tracce del mito che sta cercando. E la prima cosa in cui si imbatte è un busto del Che che sembra un altare, con una grande croce sulla sinistra e una scritta che ha qualcosa di mistico: «Il tuo esempio illumina l'alba di un nuovo giorno». La statua fu distrutta più volte dai militari e ogni volta ricostruita, finché Evo Morales - il presidente indio - non le rese omaggio nel 2006, legittimandola e, in un certo senso, consacrandola definitivamente.

Ma torniamo alla morte di Guevara. Il suo corpo crivellato di colpi fu fotografato da Marc Hutten, un fotografo francese. Alcune immagini mostrano il suo cadavere quasi come in una deposizione dalla croce: la somiglianza con i soggetti pittorici rinascimentali è impressionante. C'è uno scatto in particolare, realizzato dal boliviano Freddy Alborta, che ritrae il corpo da una prospettiva molto angolata, vista dai piedi, dove in molti hanno visto una somiglianza con la celebre tela del Mantegna. Gli occhi di Guevara, che furono impossibili da chiudere, caricano quelle immagini di vividezza e di pietà. Una somiglianza che non passò inosservata, tanto che si cominciò a parlare del «Cristo di Vallegrande».

«Il suo viso era quello di una persona viva, si vedeva che non avevano potuto uccidere il suo spirito» raccontò Ligia Morón, una donna uruguayana che viveva a La Higuera. Si dice che lo spirito di Guevara non abbia mai abbandonato la quebrada dove è stato catturato e il villaggio dove è morto. Soprattutto nelle notti di tempesta lo si può vedere, i rumori di tuono sono il suo modo di avvisare il villaggio che un qualche pericolo incombe, ma la sua presenza è garanzia di protezione. Molti abitanti de La Higuera tengono in casa delle immagini del «Cristo di Vallegrande», dei veri e propri altarini verso cui indirizzare la loro devozione. A lui si chiede benevolenza, che puntualmente si manifesta. «Fa miracoli e ci protegge», spiega Manuel Cortés. Che tipo di miracoli? Cura dalle malattie, protegge dai piccoli disturbi, fa in modo che i pastori ritrovino le capre e le pecore che smarriscono. Il suo aiuto è provvidenziale e milagroso.

[...]

A dire il vero, il potere sovrannaturale che emana dalla figura del Che secondo alcuni non riguarderebbe soltanto le opere di bene. Anche al di fuori del culto che lo vuole santo, sono in tanti a parlare della cosiddetta «maledizione del Che». Si tratta di una sorta di vendetta postuma che Guevara avrebbe messo in atto ai danni dei suoi carnefici. Perché una buona parte di essi morirono prematuramente e in circostanze violente. A partire dal dittatore Barrientos, che precipitò con l'elicottero nemmeno due anni dopo la morte del Che, nell'aprile del 1969. Lo seguì il tenente Eduardo Huerta, colui che catturò Guevara, morto in un incidente stradale, mentre Antonio Arguedas Mendieta - che partecipò all'azione - venne ucciso da un'autobomba. Il colonnello Andrés Selich, che condusse il suo interrogatorio, morì per mano degli agenti del servizio segreto che comandava, mentre i generali Juan José Torres e Joaquín Zenteno Anaya - responsabili rispettivamente dell'ordine di esecuzione e della sua trasmissione - furono entrambi uccisi, il primo a Buenos Aires e il secondo a Parigi. Stessa sorte toccò a Honorato Rojas, che denunciò il gruppo di guerriglieri guidati dal Che, causandone la cattura, e naturalmente a Roberto Quintanilla, il colonnello che amputò le mani di Guevara per usarle come prova della sua morte: la sua esecuzione, avvenuta ad Amburgo, ad opera della militante di sinistra Monika Ertl, è stata l'oggetto di un romanzo dell'autore boliviano Rodrigo Hasbún che in Italia è intitolato Andarsene (mentre il titolo originale è Los afectos). Paradossalmente, uno dei pochi a cavarsela è stato il personaggio con maggiori responsabilità, l'agente della CIA Félix Rodriguez, che però qualche anno dopo cominciò a soffrire d'asma, guarda caso la stessa malattia del Che...

Insomma, una serie di eventi troppo vasta per non eccitare la fantasia, e anche per chi crede che Ernesto Guevara sia un santo la presunta maledizione del Che è un segno evidente della sua potenza. Per i contadini boliviani di Vallegrande, tuttavia, la sua resta soprattutto una figura benefica e dispensatrice di benedizioni e miracoli.

Che tutto questo accada attorno alla figura del Che può stupire ma, in fondo, pochi personaggi come lui sono riusciti a incarnare un mito globale e a resistere agli assalti del tempo. La commercializzazione che ha visto migliaia, forse milioni di magliette e bandiere con la sua faccia stampata sopra è un fatto, certo; ma è un fatto che deriva dalla potenza di quel volto. C'è chi afferma che la foto scattata da Alberto Korda conosciuta con il titolo Guerrillero Heroico, che è poi l'immagine più conosciuta di Guevara, sia la foto più iconica del Novecento. Una simile potenza visiva, coniugata a una vicenda umana tanto unica, come poteva non essere circonfusa di un'aura sovrumana? D'altronde lo stesso Guevara, anche da vivo, fu una persona fuori dal comune, capace di condurre vittoriosamente la Rivoluzione cubana nonostante la salute cagionevole e la mancanza di esperienza militare. Anche ciò che ha lasciato di scritto conferma il ritratto di un uomo dotato di una grande ispirazione, capace di pensieri non immuni da una certa mistica, che certo non stonerebbero in bocca a un santo o a un missionario. Come la famosa frase che scrisse nella lettera ai figli: «Soprattutto, siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualsiasi ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo. Č la qualità più bella di un rivoluzionario».

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 240

Cosmismo


Il 12 aprile 1961 il maggiore Jurij Gagarin, a bordo della navicella Vostok I, compì il primo volo spaziale della storia, percorrendo un'intera orbita attorno alla Terra ed entrando così nella storia come il primo uomo nello spazio. Di quel giorno memorabile, in cui l'umanità compì l'impensabile, varcando per la prima volta le colonne d'ercole dello spazio sia pure per una distanza infinitesimale rispetto alla vastità del cosmo, vengono tramandate molte cose divenute leggendarie. Tra queste, le parole di Gagarin, che avrebbe esclamato: «Da quassù la terra è bellissima, senza frontiere né confini». Alcune delle citazioni del cosmonauta russo si rivelarono poi dei falsi, come la frase «Non vedo nessun dio, quassù», quasi certamente diffusa dalla propaganda sovietica. Ma tra le varie frasi attribuite a Gagarin ce n'è una su cui molto si è discusso: «I raggi brillavano attraversando l'atmosfera della Terra, l'orizzonte divenne arancione, passando gradualmente per tutti i colori dell'arcobaleno: dall'azzurro al blu, al violetto fino al nero. Una gamma di colori indescrivibili! Proprio come nei dipinti di Nikolaj Roerich».

La frase sembrerebbe null'altro che la descrizione vivida e appassionata di un fenomeno fisico che, per la prima volta nella storia, l'uomo ha avuto modo di osservare con i propri occhi. Ma per chi conosce da vicino la realtà sovietica, un particolare balza all'orecchio come una nota stonata: la citazione dell'opera di Nikolaj Kostantinovič Roerich, bandita dall'Unione Sovietica come arte proibita. Pittore, esploratore, diplomatico e antropologo russo, Roerich era emigrato prima in Finlandia, poco dopo la Rivoluzione d'ottobre, e subito dopo in America. Ebbe una vita intensa, conducendo diverse spedizioni sull'Himalaya e lasciando molte opere che furono raccolte in un museo a lui dedicato. Fu amico di Gor'kij e autore del patto diplomatico - che porta il suo nome - che vincola le nazioni in caso di conflitto a rispettare musei, biblioteche e università come si fa per gli ospedali. Fu anche un mistico e un propugnatore della teosofia. Era nota la sua antipatia per il regime sovietico, che contraccambiava mettendo un veto sulla sua opera.

Gagarin in quel momento era un eroe (e non soltanto in patria) ma il fatto che un maggiore dell'aeronautica sovietica citasse deliberatamente una figura invisa al governo era troppo anche per lui. A meno che quel riferimento non portasse con sé un messaggio nascosto. Qualcosa che, in sostanza, il cosmonauta non avrebbe deciso da solo e che, soprattutto, aveva un significato ben preciso: lanciare un messaggio. Il messaggio riguardava un movimento mistico diffuso tra gli scienziati sovietici, in particolare tra gli artefici dei successi aerospaziali, conosciuto come «cosmismo». Con questo termine si fa riferimento a una corrente filosofica che si richiama al pensiero di Nikolaj Fėdorov. L'opera di Roerich, pittore e mistico a sua volta, era ritenuta importante tra i seguaci di questa corrente di pensiero.

Ma perché parlare di cosmonauti sovietici e messaggi in codice in un libro dedicato alle religioni? Perché il Cosmismo, a suo modo, è stato un vero e proprio culto all'interno della cornice materialista e fortemente influenzata da una teleologia positivista come fu l'Unione Sovietica. Per capirne i contorni, tuttavia, bisogna raccontare chi era Fėdorov e qual era il suo pensiero.


L'Opera Comune di Fėdorov. Nikolaj Fėdorovič Fėdorov nasce nel 1829 in Russia. Fu bibliotecario, scrittore e filosofo molto apprezzato da scrittori come Dostoevskij e Tolstoj. Nonostante tali estimatori, i suoi scritti ebbero una circolazione limitata mentre Fėdorov era in vita, anche perché le sue teorie, influenzate dalla fede positivista nella scienza che innervava il XIX secolo, erano probabilmente troppo avanti per il suo tempo. Sensibile alle dottrine sociali e alle teorie radicali, Fėdorov era però animato da uno spirito molto religioso. Frequentava la Chiesa ortodossa e aveva adottato uno stile di vita frugale: viveva in una stanza piccola e spoglia, dormiva su una panca con un grosso libro usato come cuscino. Pur guadagnando poco, dava in beneficenza una fetta importante del suo salario.

Al centro del suo pensiero c'era l'idea che un giorno l'uomo sarebbe stato in grado di resuscitare i morti, dando nuovamente la vita ai propri antenati. Fėdorov raccolse queste sue teorie in un libro intitolato Filosofia dell'Opera Comune, dove spiegava che l'umanità ha un compito che deve raggiungere collettivamente: la sconfitta della morte. Per il filosofo russo gli uomini sono preda di una forza cieca, quella della Natura, alla quale però fortunatamente sono in grado di opporsi. Ad esempio, per Fėdorov, la sessualità è una forza distruttrice, cedendo alla quale si soccombe alla natura, che non è altro che il ciclo di nascita e morte a cui tutti dobbiamo sottostare. Ci si può opporre a questo ciclo con la «castità negativa», ovvero astenendosi dal sesso, ma soprattutto occorre incanalare l'energia sessuale in una «castità positiva», indirizzandola cioè verso la conoscenza. Concepire gli altri esseri umani come partner sessuali getta l'uomo nella spirale della competizione, della guerra e della distruzione. Invece, immaginando gli altri uomini come fratelli e sorelle, tutta l'umanità si scopre come un'unica immensa famiglia, dove ogni membro è devoto all'altro.

[...]

Satana Dio del proletariato. L'errore dei materialisti, secondo Lunačarskij, era immaginare che sbarazzarsi dell'idea di Dio avrebbe comportato un progresso per l'umanità: al contrario, la realizzazione del Comunismo avrebbe avuto bisogno di fede ed entusiasmo, cosa che solo la religione può suscitare, dando agli uomini qualcosa in cui credere e per cui lottare. Dio andava creato, ma doveva essere un dio moderno, il Dio del Proletariato. E chi poteva svolgere un simile ruolo? Aleksandr Bogdanov, scienziato e rivoluzionario, non aveva dubbi: il Dio del proletariato doveva essere Satana. Bodganov era un fine intellettuale, molto stimato da Lenin, che lo definì «il cervello numero uno» del partito. Come molti altri dirigenti bolscevichi, aveva una fiducia incrollabile nella scienza ed era convinto, come Fėdorov, che grazie a essa ben presto l'uomo avrebbe sconfitto la morte. Non v'era dubbio che tali risultati sarebbero stati l'esito più compiuto della Rivoluzione e che solo gli scienziati comunisti, punta di diamante del più avanzato sistema sociale realizzato dall'uomo, sarebbero stati in grado di realizzare questa impresa. La «vita assoluta cosmica», che avrebbe rimpiazzato il destino mortale degli uomini, sarebbe andata di pari passo con l'edificazione del Comunismo. Bogdanov fu vicino al movimento dei Costruttori di Dio, anche se non vi prese parte attivamente. Gli sembrava più interessante - chissà, forse per presa di posizione politica - esaltare la figura di Satana, che avendo tentato l'assalto al cielo era stato il primo contestatore dell'ordine costituito. Non è certo una concezione inedita: la poesia dell'Ottocento pullula di omaggi a Lucifero visto come una sorta di Prometeo, portatore di quella conoscenza gelosamente custodita da Dio e dunque vero benefattore dell'umanità.

Bogdanov per altro era anche scrittore, oltre che medico, e affidò ad alcuni romanzi di fantascienza il suo pensiero. Tra questi il più famoso è La stella rossa, scritto all'indomani della sconfitta della Rivoluzione del 1905, in cui immaginò la colonizzazione di Marte da parte dell'umanità, che sul pianeta rosso avrebbe finalmente realizzato il Comunismo. La scelta di Marte come ambientazione non sarebbe causale: a quel pianeta una corrente cabalistica associa la figura dell'angelo Semele, da alcuni assimilata a Satana. Nel corso del romanzo gli uomini entrano in contatto con i marziani, descritti come esseri ectoplasmatici che condividono tutto il loro sangue attraverso un sistema che mette in comunicazione i loro vasi sanguigni, raggiungendo così la vita eterna. Questa, per Bogdanov, non era solo una metafora letteraria, ma una vera e propria convinzione che giunse a trasformarsi in ossessione. Egli era convinto che il sangue fosse una sorta di bene comune supremo, la cui condivisione avrebbe permesso agli uomini di sconfiggere la morte. A questo proposito fondò a Mosca un Istituto per le trasfusioni di sangue, alle quali si sottopose con frequenza. Purtroppo questa pratica gli fu fatale, poiché ancora scarse erano le conoscenze sull'incompatibilità tra i gruppi sanguigni. Bodganov trovò la morte il 7 aprile del 1928.

[...]

La lunga scia del Cosmismo. La scia del futurismo esoterico cosmista attraversa la scienza sovietica e arriva fino a giorni nostri. Sono decine le personalità collegate in qualche modo a questa corrente di pensiero. Tra queste spicca Vladimir Vernadskij, geochimico ed esperto di minerali. Fu lui a rendere di uso comune il concetto di «biosfera», coniato dall'austriaco Eduard Suess, che mette al centro il concetto di vita come motore del sistema mondo. Secondo Vernadskij ben presto l'umanità si sarebbe ritrovata ad affrontare un ambiente profondamente mutato, degradato e ostile, a causa del progressivo esaurimento delle risorse naturali. Queste convinzioni fanno di Vernadskij un precursore dell'ambientalismo moderno, anche se le soluzioni che prospettava non sono certo in linea con quelle su cui lavorano gli ecologisti del XXI secolo. Una possibilità di sopravvivenza sarebbe stata, naturalmente, la colonizzazione di altri pianeti - come per gli altri cosmisti. In alternativa, si sarebbe potuto modificare la composizione biologica degli uomini e delle donne, mutando la loro struttura molecolare di modo da permettere loro di vivere d'aria e di sole, come le piante. Un'ipotesi ardita, non c'è che dire, ma come affermava Vernadskij «in futuro si presenteranno come possibili anche quelli che oggi appaiono i sogni più fantastici».

Una componente fantascientifica sembra scorrere tra le visioni di questi pensatori (e lo stesso Ciolkovskij, a dire il vero, fu autore di diversi racconti di fantascienza). Ma secondo qualcuno, prima ancora della visionarietà, ciò che contraddistingue il pensiero cosmista è un'attitudine al complotto. A pensarla così è il politologo Aleksandr Dugin, fondatore negli anni Novanta del Partito Nazional-bolscevico assieme a Eduard Limonov. Dugin è un conservatore e un forte oppositore del Cosmismo, a cui ha dedicato un libro, dove unisce in un unico filone di perversione dello spirito russo occultisti, cosmisti, ricerche parapsicologiche dei servizi segreti sovietici e persino la politica di Gorbačėv. Secondo Dugin l'espressione Perestrojka - il complesso di riforme che avrebbe poi portato alla dissoluzione dell'Unione Sovietica - sarebbe di derivazione cosmista e l'ultimo segretario del PCUS lo avrebbe persino sottolineato, presentandosi in televisione assieme al figlio di Roerich. In realtà la lettura di Dugin sembra una forzatura giacché il termine, che in russo significa «ricostruzione», era già stato usato altre volte nel corso della storia dell'URSS.

Č Dugin a suggerire che l'omaggio di Gagarin a Roerich, all'indomani del suo volo attorno alla terra, fosse una sorta di messaggio in codice orchestrato dai cosmisti. Su quello che Dugin chiama il «saluto di Gagarin» si è creato, per altro, un altro fraintendimento: molti articoli sul web riportano un «saluto all'occultista russo rifugiato sull'Himalaya», senza considerare che Roerich era morto da almeno tredici anni quando Gagarin fece il suo famoso viaggio spaziale. Č però vero che nelle élite scientifiche dell'Unione Sovietica permaneva l'interesse per il cosmismo, nonostante fosse ufficialmente avversato dalla scienza ufficiale; ed è altrettanto vero che, una volta caduto il Comunismo, l'interesse per questo «futurismo esoterico» è cresciuto ed è esploso in visibilità, grazie a convegni, mostre, conferenze e altre occasioni di dibattito.

Il Cosmismo ha anche dei suoi luoghi, se non di culto, almeno di interesse, oggetto di veri e propri pellegrinaggi da parte degli appassionati. Tra questi c'è sicuramente il Museo Ciolkovskij a Kaluga - la città dove lo scienziato si ritirò per studiare i suoi progetti e scrivere le proprie opere - e il Museo Fėdorov di Mosca, realizzato nel 1993. A testimonianza di un'onda lunga del Cosmismo, o almeno dell'apprezzamento di cui sono oggetto i personaggi più noti di questo movimento, va citata la proposta di intitolare a Ciolkovskij una futura città che dovrebbe essere fondata, per volere del presidente russo Vladimir Putin, vicino al Cosmodromo Vostočnyj, che sorge nella regione dell'Amur. Sempre Putin, nel 2013, ordinò importanti celebrazioni per i 150 anni dalla nascita di Vernadskij, sottolineando la portata universale del suo pensiero. Che si tratti di segni di un'adesione al Cosmismo da parte del presidente russo?

A ben vedere, se si depurano le utopie cosmiste dalla loro componente magica e irrazionale, si può ben dire che questa corrente esoterica abbia gettato dei germi nella storia del pensiero che vanno ben al di là di quello che era il suo campo culturale. Le teorie sulla cosiddetta «amortalità» del filosofo francese Edgar Morin , o la corrente del Transumanesimo, che vuole ottenere un essere umano privo di malattie e di vecchiaia grazie al progresso scientifico e parla apertamente di «trasformazione post-umana», possono essere affiancate all'idea di sconfitta della morte predicata dal Cosmismo senza troppa difficoltà.

Insomma, chissà se un giorno non troppo lontano si avvereranno, alla fine, le profezie di Fėdorov, che vedeva nella sconfitta della morte il vero salto evolutivo del genere umano. «La morte è il male assoluto. Verrà vinta dall'evoluzione dell'umanità», scriveva nella sua Filosofia dell'Opera Comune. «La Causa Comune è la lotta contro la Morte e per la Vita assoluta. Questi i passaggi della lotta: la resurrezione non sarà opera di Dio, ma dell'Uomo Nuovo Teurgico, attraverso progressi scientifici e psichici; l'evoluzione dell'Umanità è giunta al punto nel quale gli uomini devono iniziare al più presto la resurrezione degli antenati; la cristianità deve unirsi all'arianità degli antenati per creare una Nuova Umanità Unificata Teurgica».

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 259

Mistica fascista


Lo storico Emilio Gentile , in un libro intitolato Il culto del littorio, descrive il Fascismo italiano come una sorta di religione civile, ovvero un processo di sacralizzazione della politica e dei suoi rituali che tendeva a sconfinare in quegli ambiti che un tempo erano stati appannaggio della religione. C'è da dire che alcuni studiosi, come Yuval Noah Harari , mettono in dubbio la distinzione tra religioni e filosofie politiche, quando queste hanno una dimensione teleologica e totalizzante. Tuttavia la descrizione che fa Gentile di questo «culto del littorio» riguarda aspetti della vita civile - le adunate, i simboli, la disciplina - che, in termini quotidiani, attribuiamo più alla sfera laica che a quella spirituale.

Non mancò, però, durante il ventennio, un movimento che spinse l'acceleratore dell'idolatria talmente a fondo da arrivare a immaginare una vera e propria «mistica fascista», un sistema di valori spirituali al quale il vero militante avrebbe dovuto aderire prestando cieca fede. L'ispiratore fu Niccolò Giani, nato in Venezia Giulia ma attivo a Milano, che assieme ad alcuni studenti dei Gruppi Universitari Fascisti (GUF) del capoluogo lombardo riuscì a fondare la prima - e unica - Scuola di Mistica Fascista. Č il 10 aprile del 1930. La scuola, che non ha una sede ufficiale, si riunisce nelle università e si prefigge il compito di fornire un supplemento educativo al fine di formare la nuova classe dirigente fascista. Ma non si ferma a questo: l'obiettivo di Giani e sodali è quello di delineare i «nuovi valori» del Fascismo attraverso l'esaltazione dell'opera di Mussolini. L'iniziativa attrasse l'interesse di vari gerarchi e in particolare di Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, che ne divenne mentore. L'anno dopo, nel 1931, la scuola si spostò nella sede di via Silvio Pellico e venne intitolata a Sandro Italico Mussolini, il figlio di Arnaldo da poco scomparso a causa di una leucemia all'età di vent'anni. Il pensiero di Niccolò Giani si rifaceva all'idea che dal Fascismo originario, dal movimentismo della prima ora, andassero distillati dei valori da consegnare alle generazioni future come principi di una vera e propria fede totalizzante e intransigente. In pratica, un fondamentalismo politico che sconfinava in uno religioso, grazie all'idea di «mistica» con cui bisognava - secondo Giani - approcciarsi alla vita pubblica.

Cosa predicava, esattamente, la mistica fascista? In sintesi la fede nell'Italia, dalla quale derivava quella nel Duce e nel Fascismo; il culto della romanità; il volontarismo eroico; l'anti-razionalismo; l'odio per il Socialismo e la democrazia liberale; una commistione tra religione e politica. Niccolò Giani, che ricoprì il ruolo di direttore della scuola, elaborò nel 1932 un manifesto programmatico nel quale rese chiaro il suo progetto che vedeva in Mussolini una sorta di profeta di una nuova era. Già a partire dal titolo, La marcia sul mondo della Civiltà Fascista, si intuisce il carattere di evangelizzazione che Giani immaginava per il movimento mistico che avrebbe dovuto mantenere viva la fiamma di una rivoluzione permanente. Ovviamente c'è una contraddizione profonda tra un'ideale intransigentemente nazionalista e quello di una missione universale, ma è facilmente superata in nome di una «verità che sentiamo di portare in noi» - parole che Giani cita da Mussolini -, un tratto che appartiene a ogni religione missionaria. Gli interventi del Duce sono citati a piene mani dall'autore del manifesto, che si ispira alla mistica del filosofo francese Louis Rougier. Secondo Giani le mistiche imperanti nel mondo sono quattro - Liberalismo, democrazia, Socialismo, Comunismo - e tutte fallimentari: «Il Liberalismo porta all'anarchia, la democrazia all'instabilità politica e sociale, alla lotta civile il Socialismo, alla vita primitiva il Comunismo». Giani ne analizza i difetti secondo un'ottica che definisce religiosa, spiegando ad esempio come «in religione la mistica liberale porta all'egocentrismo», mentre quella democratica «conduce all'ateismo». Poiché portatrici di disastri, tali mistiche vengono bollate dal pensatore come antistoriche. I rimedi possibili a queste derive sono l'anarchia o la reazione, cioè la tentazione di guardare all'indietro; ma sono entrambi disastrosi. L'unico vero rimedio, secondo Giani, è il Fascismo.

[...]

Tra «la poesia maschia dell'avventura» e l'esortazione a «credere fermamente nel bene», Giani ebbe tempo nel 1938 di firmare il Manifesto della razza, in difesa delle leggi razziali emanate dal regime in quello stesso anno, e a pubblicare l'anno dopo un articolo dal titolo Perché siamo antisemiti. Il direttore della Scuola di Mistica Fascista aderiva al «razzismo spirituale» di Julius Evola , che si basava su un'idea di superiorità spirituale prima ancora che biologica (Evola, nel dopoguerra, tentò di minimizzare la portata razzista del suo pensiero proprio a partire da questa distinzione, che lo manterrebbe su un campo diverso rispetto a quello di stampo nazista; una difesa contestata da molti come un tentativo tardivo di prendere le distanze dall'abominio della Shoah. D'altra parte l'antisemitismo intransigente di Giani, che a Evola si ispirava e definiva Marx «il vero profeta di Israele moderno», è integralmente e senza ombra di dubbio un pensiero razzista). Anche a causa di questa convergenza di pensiero, Niccolò Giani invitò più volte Evola a tenere conferenze presso la Scuola, nonostante Evola si dimostrasse piuttosto scettico rispetto alla definizione di «mistica», poiché questo concetto appartiene alla sfera del sacro, mentre il Fascismo - troppo poco radicale nel suo richiamarsi alla tradizione, dal suo punto di vista - non apparterrebbe a questa sfera. Meglio allora parlare di «etica fascista», secondo Evola, che considerava grossolano e sostanzialmente vuoto il richiamo che Giani e gli altri docenti della scuola facevano al mito della Roma imperiale. A ogni modo Evola non negò il suo sostegno alla scuola poiché la considerava un possibile strumento per orientare le giovani generazioni verso i valori tradizionali.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 353

Zuismo


In Islanda, nel 2015, circa l'uno per cento della popolazione ha dichiarato di appartenere a un culto neopagano chiamato Zuismo. La storia è finita su tutti i giornali dell'isola perché questo culto, nato ufficialmente due anni prima, nel 2013, ma dalle radici antichissime, prometteva a tutti i suoi fedeli di rimborsarli delle tasse che lo stato preleva ai cittadini per finanziare le organizzazioni religiose. La soknargjold - questo il nome dell'imposta - è una tassa simile all'8 per mille italiano, che risulta essere uno dei balzelli più odiati dagli islandesi, noti per essere secondo un sondaggio recente una delle popolazioni con il maggior tasso di ateismo al mondo. Ma questo riguarda soprattutto i giovani, a causa della progressiva secolarizzazione dell'Occidente, fenomeno che forse in uno stato di piccole dimensioni si può osservare in modo macroscopico. Sulla carta, invece, circa il settantacinque per cento della popolazione si riconosce nella Chiesa nazionale islandese, di confessione luterana, e uno sparuto tre per cento si dichiara cattolico. Ma nonostante ciò, chiunque paghi le tasse nello stato deve sovvenzionare con il suo contributo una confessione religiosa:

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 361

Fratellanza dell'Amore Eterno


Il 26 ottobre del 1966 viene ufficialmente registrata in California l'associazione religiosa nota come Brotherhood of Ethernal Love, la Fratellanza dell'Amore Eterno. Si tratta di un gruppo di persone, in larga parte surfisti e vegetariani dediti al consumo di droghe, che intendono esplorare il senso del sacro in maniera sincretica, dal Buddismo al Cristianesimo, ma che hanno sviluppato un rito preciso: l'eucarestia lisergica. Ovvero l'idea che l'assunzione rituale di LSD possa portare a un'illuminazione spirituale e che, quindi, essa vada estesa a quante più persone possibile. L'idea di base è allo stesso tempo scandalosamente moderna, visto che l'acido sintetizzato da Hofmann nel 1938 diventa di moda proprio nei mitici anni Sessanta, e decisamente arcaica, giacché lo studio dell'antropologia e dello sciamanesimo ha reso evidente da decenni la stretta correlazione tra pratiche religiose arcaiche e utilizzo di sostanze stupefacenti. Le attività della Fratellanza dell'Amore Eterno sono piuttosto regolari: il gruppo si riunisce ogni domenica e in seguito anche ogni mercoledì. Il momento centrale del rito religioso consiste nell'assunzione collettiva di acidi lisergici. La data dell'istituzione di questa nuova religione è a suo modo simbolica, perché solo venti giorni prima, il 6 ottobre, il parlamento della California varava una legge che rendeva illegale l'LSD, tracciando così una cesura netta tra gli anni della sperimentazione - che avevano visto lo stato americano particolarmente attivo - e quelli della repressione, che confinarono l'esperienza psichedelica nel «problema della droga», almeno per quanto riguarda l'immaginario dell'americano medio.

La storia della Fratellanza, tuttavia, comincia qualche anno prima della sua registrazione ufficiale e ruota attorno a una figura centrale e carismatica, quella di John Griggs. Definito il «messia hippie», Griggs aveva alle spalle un passato burrascoso da membro di una gang californiana, gli Street Sweepers, un gruppo di giovani intenti a correre su macchine truccate, fare soldi con metodi illegali e darsele di santa ragione con le bande avversarie. Il 1964 fu l'anno che segnò una svolta nell'esistenza del giovane Griggs, che sembrava ormai avviata verso il carcere o la marginalità sociale. L'evento scatenante fu una rapina che lui e alcuni suoi compagni compirono ai danni di un produttore hollywoodiano. Tra le cose che riuscirono a rubare c'era anche un cartone di acidi, sostanza allora poco conosciuta. Griggs, che già da tempo aveva sviluppato una passione smodata per le droghe, provandone di tutti i tipi, non si tirò certo indietro, ma l'esperienza che fece fu semplicemente sconvolgente. Da quel momento tutto cambiò. Colpito dall'esperienza della psichedelia e dal senso di comunione con l'universo che il viaggio gli aveva ispirato, l'ex bullo dalle tendenze criminali decise che avrebbe dovuto comunicare il messaggio lisergico al mondo intero. Abbandonò la violenza e l'uso di droghe più pesanti, diventò vegetariano, si avvicinò alle filosofie orientali e aiutò molti suoi compagni a fare altrettanto. Il suo obiettivo era spingere quanta più gente possibile a provare l'LSD e a sperimentare quello che aveva vissuto lui. Mosso da questi intenti missionari, fondò assieme ad alcuni amici una prima comune in un canyon, vicino Laguna Beach - che presto divenne meta assidua di hippies e altre frange della controcultura americana - e abbastanza lontano dagli sguardi indiscreti della polizia.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 379

Tempio della Vera Luce Interiore


Il Temple of the True Inner Light (Tempio della Vera Luce Interiore) è stato fondato a Manhattan nel 1980 da Alan Birnbaum come branca della Chiesa dei Nativi Americani, organizzazione riconosciuta ufficialmente che pratica il Peyotismo. Ma a differenza della Chiesa madre, il Tempio della Vera Luce Interiore, allarga il suo concetto di sacro a molte altre sostanze oltre al peyote: la marijuana, l'LSD, i funghi psilocybe e l'ayahuasca. Tutte le sostanze psichedeliche, nella credenza del Tempio, sono autentico corpo di Cristo. La religione fondata da Birnbaum è stata infatti definita come una sorta di revisionismo cristiano basato sull'assunzione di droghe. E, in effetti, per il Tempio della Vera Luce quella di Gesù è una figura centrale: «Se non appartieni a Gesù», spiegano gli adepti, «non puoi ricevere la salvezza di Yahwe lo Psichedelico. Č stato detto chiaramente e molte volte che Cristo (Mosè, Davide, Elia, Gesù, Vishnu, Gautama, Maometto, Mani, Quetzacoayl) è ancora vivo psichicamente e che la crocifissione continua ad avvenire... il mistero è stato rivelato!»

[...]

Il Tempio della Vera Luce Interiore, quindi, basa la sua dottrina su una reinterpretazione letterale delle antiche scritture, partendo dall'assunto che tutto ciò che di irrealistico c'è scritto nella Bibbia sia semplicemente la descrizione dettagliata di un trip. Il caso più sostanziale ha a che vedere con la Genesi. Secondo Birnbaum e compagni la vulgata della storia di Adamo e Eva ha completamente stravolto il vero significato del mito: il serpente non è Satana, ma Cristo che, spingendo i primi uomini a mangiare il frutto dell'albero della conoscenza, opera una prima necessaria assunzione di consapevolezza, poiché Adamo e Eva si rendono conto di essere nudi - fisicamente, sì, ma soprattutto spiritualmente. Acquisire la conoscenza non significa allontanarsi da Dio, bensì avvicinarsi a lui, poiché «Yahweh lo psichedelico» ha previsto per la sua creatura un percorso di illuminazione che comincia ingerendo le sacre sostanze in grado di svelare la verità. Ovviamente il frutto proibito - che proibito non è - non è affatto la mela della tradizione, bensì un fungo allucinogeno: l' amanita muscaria. L'interpretazione può sembrare ardita, perché se è vero che molti teologi concordano sul fatto che l'identificazione del frutto dell'albero del bene e del male con la mela sia il risultato di un errore di traduzione (in latino malum può significare sia «mela» che «male»), da dove saltano fuori i funghi allucinogeni? Anche se può sembrare incredibile, i funghi saltano fuori da un affresco dipinto in una chiesa francese del XII secolo.

A Plaincourault, nella Francia centrale, fu rinvenuto un affresco che raffigura la scena della tentazione del serpente dove l'albero della conoscenza è rappresentato come un gigantesco fungo. Si tratta di un'opera che risale probabilmente al XIII secolo e il fatto che il cappello del fungo tendesse al rosso e presentasse sulla sua superficie delle macchie bianche ha fatto ipotizzare che si potesse trattare proprio di un' amanita muscaria. Il primo a diffondere questa storia fu l'etnomicologo Robert Gordon Wasson, che visitò la cappella francese nel 1952, nel suo saggio Soma. Il divino fungo dell'immortalità. Wasson - i cui studi sono ampiamente citati dal Tempio della Vera Luce Interiore - pensò tuttavia che si dovesse trattare di una stilizzazione, la quale, per un caso fortuito, ai nostri occhi moderni appare come un fungo. Lo studioso corresse in seguito questa sua interpretazione e anche per diversi altri studiosi, come l'italiano Giorgio Samorino, ci sono buone possibilità che l'immagine sia la più antica testimonianza della presenza dell'iconografia fungina nelle immagini sacre cristiane. Che si tratti di una prova del fatto che l'assunzione di psichedelici sia la base concreta su cui poggiano tutte le religioni del Libro? Per il Tempio del Lower East Side non ci sono dubbi.


Ebraismo lisergico. Questa interpretazione dell'Antico Testamento verrà ripresa più avanti anche negli ambienti dell'Ebraismo, anche se non porterà alla nascita di un'ennesima religione. Il tutto, in realtà, parte dagli studi di accademici e ricercatori non solo ebrei, a cominciare dalle riflessioni del teologo Dan Merkur, dell'Università di Toronto, il quale afferma che andrebbe presa in considerazione l'ipotesi che nella manna biblica che cadeva dal cielo fossero presenti agenti chimici molto simili a quelli dell'LSD, in grado quindi di generare visioni e suscitare sensazioni di benessere. Gli fa eco lo studio di Benny Sharon, dell'Università ebraica di Gerusalemme, il quale ipotizza che il roveto ardente che parlò a Mosè contenesse sostanze simili a quelle dell'ayahuasca, ragion per cui il profeta ebbe l'impressione che il roveto non si consumasse e riuscì a sentire la voce di Dio parlagli da lì. Che tali ipotesi siano vere oppure no, sta di fatto che diversi esperimenti portati avanti negli ultimi anni hanno confermato che, in certe persone predisposte, l'utilizzo di sostanze psichedeliche può favorire visioni mistiche. La Johns Hopkins University di Baltimora, ad esempio, ha reso noti nel 2016 i risultati di un esperimento singolare che ha coinvolto ventiquattro sacerdoti di diverse religioni e confessioni. L'esperimento, rivolto a persone tra i 25 e gli 80 anni che avessero un ruolo di leader religioso o di portavoce di una comunità di credenti, è stato svolto in forma anonima e prevedeva per l'appunto l'assunzione di sostanze, avendo prima appurato che le persone in questione non fossero alcolisti o avessero avuto problemi psichiatrici. I risultati hanno confermato la relazione tra assunzione di funghi allucinogeni e il verificarsi di profonde esperienze mistiche.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 389

Dataismo


Come saranno le religioni del futuro? Il campionario di storie bizzarre raccolto in questo catalogo rappresenta il canto del cigno delle istituzioni religiose oppure una loro trasformazione che risponde a1 mutare dei tempi? Dare una risposta definitiva è difficile, quasi impossibile, a meno che non ci si voglia muovere sul terreno dell'azzardo. Ma l'azzardo speculativo, alle volte, è in grado di tracciare panorami di riflessione interessanti. Per questo, nel chiudere il nostro Catalogo delle religioni nuovissime, non si può non fare accenno a un'idea assai recente che ridisegna radicalmente l'idea stessa di religione in vista delle sfide che il presente ipertecnologico pone davanti a noi.

Nel 2018 uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista «Nature» ha rivelato che un algoritmo sviluppato dai ricercatori di Google ha la capacità di prevedere quanto resta da vivere a una persona analizzando i suoi dati clinici. La risposta dell'algoritmo, testato su oltre duecentomila pazienti ricoverati negli ospedali americani, ha mostrato una precisione del 95 per cento e in futuro non potrà che migliorare.

| << |  <  |