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| << | < | > | >> |IndicePremessa 7 I. Dalla realtà alla matematica: esempi e problemi 13 Un primo esempio: la legge di crescita malthusiana di una popolazione 13 Un modello più perfezionato: la legge di crescita logistica 42 I modelli matematici e l'isomorfismo delle leggi. Altri esempi 49 Un modello matematico della predazione 63 Che cos'è un modello matematico? Alla ricerca di una definizione 69 II. Matematica e realtà: dalla fisica classica alla modellistica matematica 83 La matematica e la concezione della natura nel Seicento 83 Un brano di Galileo 89 Newton e la nuova matematica 95 Determinismo e meccanicismo 102 Cenno sui programmi alternativi al determinismo meccanicista 113 La crisi della scienza moderna 116 La modellistica matematica moderna 121 III.Qualche osservazione conclusiva. Modelli e calcolatori 137 Alcuni campi di applicazione dei modelli matematici 137 Cenni sui metodi della modellistica matematica contemporanea 143 Il calcolatore e la modellistica matematica 147 |
| << | < | > | >> |Pagina 7Premessa
Le scienze non cercano di spiegare, a malapena
tentano di interpretare, ma fanno soprattutto dei
modelli. Per modello s'intende un costrutto
matematico che, con l'aggiunta di certe
interpretazioni verbali, descrive dei fenomeni
osservati. La giustificazione di un siffatto
costrutto matematico è soltanto e precisamente che
ci si aspetta che funzioni — cioè descriva
correttamente i fenomeni in un'area ragionevolmente
ampia. Inoltre esso deve soddisfare certi criteri
estetici — cioè, in relazione con la quantità di
descrizione che fornisce, deve essere piuttosto
semplice.
John von Neumann
La "modellistica matematica" è la forma in cui si manifesta oggi l'uso della matematica nella descrizione e nella previsione di gran parte dei fenomeni. È quindi facile intuire che essa occupa un campo sterminato. Lo scopo di questo libro non può essere quindi quello di offrire un panorama neppure lontanamente soddisfacente degli sviluppi della modellistica contemporanea. Neppure può essere quello di descriverne in modo organico e rigoroso i metodi, non soltanto per motivi di spazio ma per intuibili ragioni di difficoltà tecnica. Non è neppure facile dare, fin dall'inizio, una definizione esauriente, semplice e compatta di modello matematico. Abbiamo appena proposto, in epigrafe, la definizione data da uno dei massimi scienziati del Novecento, John von Neumann. A nostro avviso, essa è una delle più chiare e semplici caratterizzazioni del concetto di modello matematico. Eppure, in assenza di un materiale sufficiente di esempi, essa rischia di apparire oscura e vaga. Tenteremo di mostrare nell'ultima sezione di questo capitolo che il tentativo di fornire una definizione "esatta" di cosa sia un modello matematico, è un'impresa, oltre che faticosa, inutile. Cosa potremo fare allora? Dare un'idea introduttiva del campo dei problemi e dei metodi della modellistica matematica. E poiché non potremo seguire né un'impostazione informativa né tecnica, seguiremo un approccio culturale. Ciò significa che cercheremo di illustrare i principali problemi di ordine concettuale che si pongono nella modellistica matematica contemporanea e la loro collocazione e origine storica. Abbiamo detto illustrare, perché il modo che ci sembra migliore per affrontare questi problemi così complessi e difficili è quello della scelta di pochi esempi significativi e rappresentativi. Esempi, cioè, che racchiudono in sé buona parte dei problemi tipici che si presentano nella costruzione e nella verifica di un modello matematico. Ed esempi semplici, che possano essere esposti con un bagaglio tecnico minimo, talmente modesto da poter introdurre a parole le pochissime formule matematiche che useremo. Il lettore non deve però credere che queste siano le tecniche della modellistica matematica: in tal modo si troverebbe completamente fuori strada. Nel primo capitolo esporremo una serie di esempi la cui descrizione matematica è comprensibile da chiunque, alla sola (ovvia!) condizione di mettere impegno nel seguire i ragionamenti. Gli esempi saranno seguiti da un'esposizione dettagliata di alcuni fra i problemi concettuali che accompagnano la costruzione di un modello matematico. E solo alla fine del capitolo riassumeremo i temi emersi confrontandoli con il problema di dare una definizione di modello matematico. Nel secondo capitolo, in coerenza con l'impostazione scelta, affronteremo la questione delle origini e dello sviluppo storici dei problemi esaminati nel primo capitolo. Ci limiteremo a descrivere alcune tappe fondamentali nella lunga vicenda delle applicazioni della matematica allo studio dei fenomeni - una vicenda che va dalla fisica classica alla modellistica contemporanea. Il terzo capitolo sarà dedicato ad alcune considerazioni su alcuni temi e problemi dell'oggi. Questo libro, com'è evidente, non offre alcuna novità per gli specialisti. Esso può forse avere, invece, qualche utilità dal punto di vista che abbiamo chiamato culturale. Vuole, infatti, contribuire, oltre che alla divulgazione scientifica, a dissipare l'idea che la scienza sia un puro "sapere tecnico" e non faccia parte della cultura. Pregiudizio, purtroppo persistente, di cui portano una responsabilità non secondaria gli stessi scienziati. | << | < | > | >> |Pagina 69Che cos'è un modello matematico? Alla ricerca di una definizioneTrovare una definizione compatta, semplice e oltre tutto soddisfacente di che cos'è un modello matematico, una definizione che racchiuda sia pure sinteticamente tutti gli aspetti e i problemi che sono emersi dagli esempi esaminati, presenta non poche difficoltà. Ci si può mettere a sfogliare una pila di libri (e ce ne sono tanti!) dedicati alla modellistica matematica. Ma si rischia di imbattersi in definizioni come quella di un autore che preferiamo (per il suo buon nome) non citare: il quale, avendo deciso di definire direttamente cos'è la matematica applicata, dichiara che "fare della matematica applicata significa studiare la realtà matematicamente". Un'affermazione simile a quella scritta, pare, alla morte del famoso capitano La Palisse, che "un quarto d'ora prima della sua morte era ancora in vita. Non sempre le cose vanno però tanto male da ritrovarci con un'assoluta banalità in tasca. Tuttavia, esprimersi a parole è sempre assai difficile e c'è chi trova più facile esprimersi con gesti o suoni inarticolati. Esiste un'altra via adottata da una moltitudine di persone. E' quella di usare gli schemi logici con cui vengono preparati i programmi per i calcolatori. Appare a certuni questa la via migliore per ridurre un concetto complesso a una sequenza di concetti banali, usando i cosiddetti "diagrammi di flusso" (che descrivono la sequenza di operazioni che è d'uso prescrivere ai calcolatori). Vediamo, per esempio, come uno di questi autori, H. Burkhardt, spiega il ruolo dei modelli matematici nella descrizione matematica dei problemi reali. Il diagramma di flusso che propone (vedi la figura 15, tratta dal suo articolo "Learning to use mathematics", in Bulletin of the IMA, ottobre 1979, v. 15) da un lato dice cose evidenti, da un lato considera evidenti cose che non lo sono. Se ne rende conto anche il nostro autore che si preoccupa subito di fornire un secondo diagramma di flusso, flowchart (in inglese), più dettagliato. Avverte però subito che "una debolezza delle 'flowchart' è che evidenziano le azioni o i processi più che gli stati del sistema fra un'azione e l'altra"; pertanto, a fianco, egli indica gli stati che "mancano" nella corrispondente scatola del diagramma. Provate ora ad analizzare attentamente questo diagramma, proposto nella figura 16, e a confrontare i procedimenti che esso descrive con il modo in cui abbiamo affrontato i problemi che via via ci si sono posti nell'elaborazione dei modelli trattati precedentemente. In questo senso, lo schema della figura 16 può servire come un utile strumento riassuntivo; diciamo meglio, come un sistema di caselle entro cui inquadrare alcuni dei problemi che si pongono nell'analisi di un problema reale. Esso è però un sistema di scatole vuote e perciò non riesce neanche pallidamente a dare un'idea dei problemi che si pongono effettivamente. Inoltre in assenza di riferimenti concreti, e cioè della discussione di casi specifici, esso non servirebbe a dare neanche un'ombra di idea di che cosa è e di come si elabora un modello matematico. Provate a dimenticare quanto avete letto fin qui e a chiedervi a cosa vi può servire avere uno schema del genere per "fare" un modello o anche soltanto per capire come si fa (come appunto sperano o pretendono alcuni autori). La risposta è che non serve a nulla. | << | < | > | >> |Pagina 121La modellistica matematica modernaIn questo capitolo abbiamo usato più volte il termine modello matematico. Il lettore si sarà reso conto dagli esempi che abbiamo fatto, dalla discussione della definizione di questo concetto, nonché che dalle considerazioni appena sviluppate che la prassi della modellizzazione non ha niente a che fare con le concezioni scientifiche di un Galileo o di un Newton. Per convincerne il lettore desideriamo ritornare ancora una volta sulla caratterizzazione data da von Neumann della modellizzazione matematica (o, se si vuole, su quella quasi equivalente di Malinvaud). Ricordiamo che, secondo von Neumann, la scienza non pretende più di spiegare, di scoprire l'essenza intima dei fenomeni. Essa non è alla ricerca della verità, non vuol essere specchio dei fenomeni. Ma si limita a fornirne delle immagini matematiche — i modelli — che vanno valutate soltanto sulla base di criteri di efficacia, ovvero rispetto al fatto che "funzionino" più o meno bene, e quindi permettano di prevedere certi effetti o almeno di farsi certe idee qualitative e sia pure parziali dei fatti. Non importa quanto vere, purché utili. Confrontiamo ora questa caratterizzazione con quella che emerge da un famoso brano della ventottesima "querie" della Opticks (Ottica) di Isaac Newton. In questo brano, Newton afferma che "il compito principale della filosofìa della natura è quello di argomentare a partire dai fenomeni senza immaginare ipotesi, e di dedurre cause a partire da effetti, fino a che giungiamo alla Causa Prima, che certamente non è meccanica. La filosofia della natura - aggiunge Newton - ha il compito non soltanto di dispiegare il meccanismo del mondo, ma fondamentalmente di risolvere le seguenti e simili questioni. Che cosa c'è in luoghi che sono quasi completamente vuoti di materia, e donde deriva che il sole e i pianeti gravitano gli uni verso gli altri, senza che vi sia tra loro nessuna materia densa? Donde viene che la Natura non fa nulla invano; e da dove trae origine tutto quell'ordine e tutta quella bellezza che vediamo nel mondo? A qual fine esistono le comete, e donde viene che i pianeti si muovano tutti in un unico e medesimo modo in orbite concentriche, mentre le comete si muovano in ogni sorta di modi in orbite molto eccentriche; e che cosa impedisce alle stelle fisse di precipitare le une sulle altre? Come avviene che i corpi degli animali siano congegnati con tante arte, e quale è lo scopo delle loro numerose parti? È possibile che l'occhio sia stato costruito senza conoscenza d'ottica, e l'orecchio d'acustica? Come avviene che i movimenti del corpo derivano dalla volontà, e donde viene l'istinto degli animali?... E una volta che siano state stabilite con esattezza tutte queste cose, non risulta con evidenza dai fenomeni che esiste un Essere incorporeo, vivente, intelligente, onnipresente, il quale nello spazio infinito come nel Suo sensorio, vede intimamente le cose stesse e le percepisce completamente, e le capisce interamente in virtù della loro presenza immediata a Lui stesso? Di queste cose soltanto le immagini pervengono, attraverso gli organi del senso, nel nostro piccolo sensorio, e qui esse sono viste e guardate da ciò che in noi percepisce e pensa. E sebbene ogni vero passo fatto in questa filosofia non ci porti immediatamente alla conoscenza della Prima Causa, tuttavia ci avvicina ad essa, e per questo motivo va tenuto in grande considerazione." Non occorre spendere molte parole per convincersi che queste parole indicano un'immagine della scienza - "filosofia naturale", nel linguaggio dell'epoca - diametralmente opposta a quella illustrata da von Neumann. Per Newton, il criterio direttivo non è l'utilità ma la verità, la scoperta delle cause, la spiegazione delle cause, addirittura per giungere alla Causa Prima. Inoltre Newton insisteva sul fatto che l'analisi scientifica ricerca cause a partire da effetti senza "fingere ipotesi", fisiche o metafisiche che siano, ovvero senza ricorrere a costruzioni concettuali ad hoc, prive di una relazione necessaria con i fatti. Il celebre aforisma newtoniano "Hypotheses non fingo" potrebbe essere quindi correttamente parafrasato al seguente modo: "io non costruisco modelli ... non ricorro a immagini o costruzioni concettuali arbitrarie, bensì ricerco la verità intima dei fatti."
Per circa tre secoli (fin da Kepler e Galileo) questo è
stato il credo della scienza, in particolare del suo nucleo
eccellente, la fisica-matematica. Esso ha ruotato attorno
all'idea di Galileo secondo cui il libro della natura è
stato scritto da Dio in lingua matematica. E se la natura è
strutturata matematicamente, la matematica non è un mero
strumento descrittivo — un arsenale di modelli — ma contiene
in sé l'intima essenza dei fenomeni.
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