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| << | < | > | >> |Indice7 Prefazione 9 Ringraziamenti A casa nell'universo 11 I. A casa nell'universo 51 II. Le origini della vita 71 III. Noi i previsti 101 IV. Ordine gratuito 131 V. Il mistero dell'ontogenesi 157 VI. L'arca di Noè 181 VII. La terra promessa 205 VIII. Avventure ad alta quota 259 IX. Organismi e manufatti 279 X. Un'ora sul palcoscenico 327 XI. Alla ricerca dell'eccellenza 361 XII. Una civiltà globale emergente 403 Bibliografia 405 Postfazione. Complessità: dalla biologia alla new economy, di Roberto Panzarani |
| << | < | > | >> |Pagina 7PrefazioneViviamo in un mondo caratterizzato da una sorprendente complessità biologica. Molecole di ogni tipo si uniscono in una danza metabolica per formare le cellule; cellule interagiscono con altre cellule per formare gli organismi e questi ultimi interagiscono fra loro per dare origine agli ecosistemi, alle diverse economie e società. Da dove ha avuto origine questa impressionante architettura? Per oltre un secolo, l'unica teoria che la scienza è stata in grado di offrire per spiegare come si sia originato quest'ordine è stata la selezione naturale. Come Darwin ci ha insegnato, l'ordine del mondo biologico si evolve man mano che la selezione naturale sceglie fra le mutazioni casuali le forme rare e piú utili. Secondo questa visione della storia della vita, gli organismi sono dei congegni messi insieme alla bell'e meglio dalla selezione, artefice silente e opportunista. La scienza ci ha abbandonati, a guisa di inesplicabili e improbabili incidenti, sul freddo e immenso fondale dello spazio e del tempo. Trent'anni di ricerche mi hanno convinto del fatto che questa visione della biologia attualmente dominante è incompleta. Come farò presente in questo libro, la selezione naturale è importante, ma non ha operato da sola per creare le fini architetture della biosfera, dalle cellule agli organismi all'ecosistema. Un'altra fonte - l'auto-organizzazione - sta alla base dell'ordine. L'ordine del mondo biologico, sono giunto a pensare, non è semplicemente rattoppato alla meno peggio, ma si sviluppa naturalmente e spontaneamente grazie a questi principi di auto-organizzazione - leggi di complessità che stiamo appena incominciando a scoprire e a comprendere. Gli ultitni tre secoli sono stati prevalentemente riduzionisti sul fronte scientifico e hanno cercato di frammentare i sistemi complessi in parti piú semplici, e queste, a loro volta, in parti ancora piú semplici. Il programma riduzionista ha avuto un successo spettacolare, e continuerà ad averlo. Ma ha spesso lasciato dietro di sé un vuoto: in che modo utilizziamo le informazioni che catturiamo su elementi isolati per costruire una teoria del tutto? La grande difficoltà, qui, sta nel fatto che tutto l'insieme nella sua complessità può esibire delle proprietà che non sono immediatamente spiegabili comprendendo le singole parti. Tutto l'insieme nella sua complessità, in un senso assolutamente non mistico, può spesso esibire delle proprietà collettive, caratteri «emergenti» che nella loro esattezza hanno una propria legittimità. Questo libro descrive la mia ricerca personale delle leggi sulla complessità che regolano la naturale evoluzione della nostra vita, a partire dal brodo primordiale di molecole che si sono evolute e differenziate a formare la biosfera che vediamo oggi. Sia che si parli di molecole che collaborano alla formazione di cellule, oppure di organismi che collaborano alla formazione di ecosistemi, o anche di compratori e venditori che cooperano per costituire un mercato e un'economia, troveremo sicuramente degli argomenti per ritenere insufficiente il darwinismo, e per pensare che la selezione naturale non può essere l'unica fonte dell'ordine che vediamo nel mondo. Nel modellare gli organismi viventi, la selezione ha agito sempre su sistemi che esibiscono un ordine spontaneo. Se ho ragione, quest'ordine di base, in seguito rifinito dalla selezione, predice l'esistenza di un nuovo posto per noi specie umana - prevedibde, piuttosto che altamente improbabile, a casa nell'universo in un modo che comprendiamo ora per la prima volta. Santa Fe, New Mexico, ottobre 1994 | << | < | > | >> |Pagina 31Le leggi della vitaDa dove provengono tutta quest'attività, questa complessità e questa esuberante impudenza? Se i fisici avessero ragione, tutta questa diversità potrebbe essere compresa solo come conseguenza delle leggi fondamentali che essi hanno cercato fin dai tempi in cui Keplero e Galileo incominciarono ad essere troppo moderni per la chiesa. La piú profonda delle speranze scientifiche, la ricerca delle leggi fondamentali, dev'essere considerata con il massimo rispetto: essa è l'ideale del riduzionismo nella scienza. Come recita il titolo di un libro di Steven Weinberg, essa è il «sogno di una teoria finale». La caratterizzazione che Weinberg ha proposto di questa antica ricerca è spontanea e sentita. Noi cerchiamo spiegazioni riduzionistiche. I fenomeni economici e sociali vengono spiegati in termini di comportamento umano. A sua volta, questo comportamento viene spiegato in termini di processi biologici, che a loro volta sono spiegati attraverso i processi chimici, ed essi, a loro volta, da quelli fisici. Si è parlato molto della validità del programma riduzionista. Ma su una cosa siamo tutti d'accordo: se trovassimo la teoria finale - fatta forse di supercorde in uno spazio a dieci dimensioni, con sei dimensioni arrotolate su se stesse, e le altre quattro mischiate in una qualche schiuma topologica di spazio-tempo quantizzato, consentendo alla gravità e alle altre tre forze di rientrare in un unico progetto concettuale - se trovassimo la teoria finale, saremmo solo all'inizio del nostro compito. In quel magnifico giorno, quando la legge fondamentale venisse incisa su una stele di marmo di Carrara o, come suggerisce il fisico Leon Lederman, sulla stoffa di una t-shirt, noi dovremmo cominciare a calcolare le conseguenze di quella legge. Potremmo mai sperare di portare a compimento questa seconda metà del programma riduzionista? Potremmo usare le leggi per comprendere la biosfera che vediamo intorno a noi? Ci troviamo di fronte alla distinzione fra spiegazione e previsione. Una tavola delle maree fa delle previsioni, ma non fornisce delle spiegazioni; invece la teoria di Newton fa delle previsioni e le spiega. Molti biologi pensano che la teoria di Darwin dia delle spiegazioni, ma che faccia solo deboli previsioni. La nostra teoria finale della fisica potrebbe fornire delle spiegazioni valide, ma quasi certamente non fornirà delle previsioni dettagliate. Si può prevedere questa carenza di previsioni per almeno due motivi. Il primo è la meccanica quantistica, che assicura un fondamentale indeterminismo a livello subatomico. Poiché questo indeterminismo ha conseguenze macroscopiche - per esempio, un evento quantistico casuale può causare una mutazione nelle molecole di DNA - ci sembra fondamentalmente preclusa la possibilità di ricavare previsioni specifiche dettagliate su tutti gli eventi molecolari e sopramolecolari. La seconda difficoltà deriva da un campo della matematica noto come teoria del caos. L'idea centrale è semplice ed è contenuta nel cosiddetto «effetto farfalla»: una immaginaria farfalla, battendo le sue ali a Rio de Janeiro è in grado di modificare il clima a Chicago (io sono vissuto a Chicago e personalmente sospetto che nulla potrebbe modificare il clima di quella città). Sembra che si tratti sempre della stessa farfalla ogni volta che qualcuno cita questo esempio. Si potrebbero anche immaginare, per mezzo di un notevole salto concettuale, alcuni altri esempi: una tarma a Omaha, o uno stornello a Sheboygan. Qualunque creatura alata sia responsabile di questo effetto, il punto è che ogni piccolo cambiamento in un sistema caotico può, e in genere ciò accade, produrre effetti notevoli ed amplificati. Questa sensibilità fa sí che la dettagliata condizione iniziale - come la velocità, l'angolazione, e il modo preciso con il quale lo stornello batte le sue ali - dovrebbe essere conosciuta con infinita precisione per predire il risultato. Ma considerazioni di carattere sia pratico che quantistico precludono questa possibilità. Di qui la ben nota conclusione: per i sistemi caotici, non siamo in grado di prevedere comportamenti a lungo termine. Notate nuovamente che l'incapacità di prevedere non significa incapacità di imparare o di spiegare. Infatti, se fossimo certi di conoscere le equazioni che regolano un sistema caotico, saremmo sicuri di comprenderne il comportamento, compresa la nostra incapacità di fare previsioni dettagliate sul suo comportamento a lungo termine. | << | < | > | >> |Pagina 35Ma in quale modo le leggi dell'ordine emergente, se mai venissero scoperte, si concilierebbero con le mutazioni casuali e le selezioni opportunistiche del darwinismo? Come può la vita essere contingente, imprevedibile, e accidentale pur obbedendo a leggi generali? La stessa domanda sorge quando pensiamo alla storia. Gli storici hanno visioni diverse, e alcuni di loro negano ogni speranza di scoprire leggi generali. Io, non essendo sicuramente uno storico, avrò tuttavia qualche suggerimento da dare. Poiché c'è una speranza che, considerati al livello piú generale, i sistemi viventi - cellule, organismi, economie, società - possano tutti mostrare proprietà simili a leggi, pur essendo già ornati da un pizzo di filigrana storica, da quei meravigliosi dettagli che avrebbero potuto essere diversi, e la cui improbabilità suscita la nostra rispettosa ammirazione.E così ritorniamo alla domanda principale: da dove ha origine tutta questa effervescente attività, questa complessità, e questa impudenza? Il nostro tentativo è quello di comprendere l'origine di questa ordinata complessità che ci circonda, con tutte le forme viventi che vediamo, gli ecosistemi che esse costruiscono, i sistemi sociali che fioriscono tra gli insetti come tra i primati, gli straordinari sistemi economici che oggi ci distribuiscono il pane quotidiano e che un tempo hanno talmente stupito Adam Smith da fargli ipotizzare l'esistenza di una Mano Invisibile. Io sono un biologo. Sono sufficientemente ottimista da pensare che potrei essere d'aiuto nella comprensione dell'origine della vita e della sua evoluzione. Non sono un fisico e non sono sufficientemente sfrontato da presumere di poter filosofare sull'evoluzione del cosmo. Ma mi chiedo: da dove provengono tutta questa esuberante attività e complessità? Alla fin fine, deve trattarsi dell'espressione naturale di un universo che non si trova in equilibrio, in cui, al posto della omogeneità informe di un recipiente di molecole gassose, ci sono delle differenze, dei potenziali inespressi che guidano la strutturazione della complessità. Il Big Bang 15 miliardi di anni fa ha prodotto un universo che riteniamo sia in espansione, e che forse non si ricompatterà mai nel cosiddetto Big Crunch. Si tratta di un universo in non-equilibrio, con troppi atomi di idrogeno e di elio se confrontati con la specie atomica piú stabile, il ferro. Si tratta di un universo di galassie e ammassi di galassie di diverse proporzioni, laddove poteva non formarsene nessuna. E un universo contenente una stupefacente abbondanza di energia libera, disponibile per compiere lavoro. La vita che ci circonda deve essere in qualche modo la naturale conseguenza dell'incontro tra questa energia libera e forme materiali. In che modo? Nessuno lo sa. Ma potremo azzardare delle ipotesi strada facendo. Qui non si tratta di semplice ricerca scientifica, bensí di un desiderio mistico, di un nucleo sacro cercato inizialmente attorno a qualche fuoco in un giorno qualunque degli ultimi tre milioni di anni. È cosí che cerchiamo le nostre radici. Se rappresentiamo, in un modo che ancora non riusciamo a scorgere, naturali espressioni dell'accoppiamento tra materia ed energia in sistemi non in equilibrio, se la vita con le sue varietà di forme fosse destinata a manifestarsi non come un evento estremamente improbabile, ma come l'attesa realizzazione di un ordine naturale, allora siamo davvero a casa nell'universo. | << | < | > | >> |Pagina 39Vorremmo comprendere l'ordine che ci circonda nella biosfera, e vediamo che un tale ordine può essere il riflesso sia di forme in equilibrio a bassa energia (la palla nel recipiente, i virus) che di strutture dissipative in non-equilibrio, di vortici viventi che mantengono un ordine assorbendo ed emettendo materia ed energia. E tuttavia abbiamo incontrato almeno tre ostacoli che si ergono sul nostro cammino. In primo luogo la teoria dei quanti, che impedisce una previsione dettagliata dei fenomeni a livello molecolare. Qualunque sia la teoria finale, questo mondo ha ormai assistito a troppi lanci di dadi quantistici per riuscire a prevedere il suo stato nel dettaglio. In secondo luogo, anche laddove domini il determiniamo classico, la teoria del caos ci dimostra che minimi cambiamenti nelle condizioni di partenza possono portare a profonde modifiche del comportamento in un sistema caotico. In pratica, potremmo essere incapaci di conoscere le condizioni iniziali con precisione sufficiente per prevedere un comportamento dettagliato. Infine, la teoria della computazione sembra implicare il fatto che i sistemi in non-equilibrio possono essere visti come computer che eseguono algoritmi. Per ampie classi di questi algoritmi non è possibile ottenere alcuna descrizione compatta, simile a una legge, del loro comportamento.Se l'origine e l'evoluzione della vita equivalgono a un algoritmo informatico incompressibile allora, in linea di principio, non possiamo trovare alcuna teoria essenziale che sia in grado di predire tutti i dettagli del suo svolgimento. Dobbiamo semplicemente starcene lí e osservare lo spettacolo. Ho il sospetto che questa intuizione si rivelerà corretta, e credo che l'evoluzione stessa assomigli profondamente ad un algoritmo incompressibile. Se chiediamo di conoscesse i dettagli, dobbiamo osservare con timore reverenziale, e contare piú e piú volte gli infiniti rivoletti della vita che si ramifica, assieme alla moltitudine dei suoi dettagli molecolari e morfologici.
E tuttavia, anche ammesso che l'evoluzione sia un
processo incompressibile, non è detto che non si possano
trovare leggi profonde e meravigliose che regolino questo
flusso imprevedibile, dal momento che non possiamo escludere
la possibilità che molte caratteristiche degli organismi e
la loro evoluzione stessa siano intrinsecamente robusti e
insensibili ai dettagli. Se, come credo, molte di queste
proprietà intrinseche esistono davvero, allora delle leggi
profonde e belle possono regolare il sorgere della vita e la
popolazione della biosfera. Dopo tutto, ciò che stiamo
cercando non è necessariamente una previsione dettagliata,
ma piuttosto una spiegazione. Non potremmo mai sperare di
prevedere le esatte diramazioni dell'albero della vita, ma
possiamo scoprire delle leggi potenti che prevedano e
spieghino la loro forma generale. Ho fiducia in queste
leggi, e oso addirittura sperare che possiamo incominciare
a tratteggiarne alcune già da ora. In mancanza di una
espressione migliore, definisco questi sforzi una ricerca
della teoria dell'emergenza.
Ordine gratuito Il grande mistero della biologia sta nel fatto che la vita sia emersa, e che l'ordine che osserviamo sia apparso. Una teoria dell'emergenza dovrebbe dar conto della creazione dello stupefacente ordine che vediamo dalla nostra finestra come naturale espressione di una qualche legge sottostante. Questo ci direbbe se siamo a casa nell'universo, se qui siamo previsti, piuttosto che presenti contro ogni probabilità. Alcune frasi o parole suonano evocative o addirittura provocatorie. È cosí con la parola emergente. Di solito esprimiamo una simile idea con la frase «il tutto è piú grande della somma delle sue parti». Questa frase è provocatoria, poiché quali elementi estranei possono mai esserci nel tutto che non siano presenti anche nelle singole parti? Ritengo che la vita stessa sia un fenomeno emergente, ma non intendo nulla di mistico con questa affermazione. Nei capitoli 2 e 3 farò certamente fatica a fornire dei buoni motivi per convincervi che miscele sufficientemente complesse di sostanze chimiche possano spontaneamente cristallizzarsi a formare dei sistemi dotati della capacità di catalizzare l'intricata rete di reazioni chimiche da cui sono formate le molecole stesse. Questi insiemi collettivi e autocatalitici si mantengono e si riproducono. Si tratta semplicemente di ciò che chiamiamo un metabolismo vivente, del groviglio di reazioni chimiche che alimentano ognuna delle nostre cellule. La vita, in quest'ottica, è un fenomeno emergente che si sviluppa quando la diversità molecolare di un sistema chimico prebiotico supera un dato livello di complessità. Se questo è vero, allora la vita non si trova nelle proprietà individuali di ogni singola molecola - nei dettagli - ma è una proprietà collettiva di sistemi di molecole interagenti fra loro. In quest'ottica, la vita è emersa per intero ed è sempre rimasta un tutt'uno. In quest'ottica, essa non deve essere ricercata nelle sue parti, ma nel complesso delle proprietà emergenti che creano il tutto. Sebbene la vita, come fenomeno emergente, possa essere profonda, il suo carattere fondamentalmente olistico ed emergente non è affatto misterioso. Un gruppo di molecole può possedere o meno la capacità di catalizzare la propria formazione e riproduzione a partire da semplici molecole di base. Nel tutto che emerge e si auto-riproduce non è presente alcuna forza vitale o sostanza estranea. E tuttavia, il sistema complessivo possiede una sorprendente proprietà che è assente in ognuna delle sue parti: può riprodurre se stesso ed evolversi. Il sistema complessivo è vivo, mentre le sue parti non sono altro che molecole chimiche. | << | < | > | >> |Pagina 71III. Noi i previstiIn quale giorno primordiale ebbe origine la vita, anch'essa primordiale e feconda di promesse per il futuro? Sono passati all'incirca 4 miliardi di anni dal primo circolo di stregoneria metabolica fino a noi. Poche le possibilità? Era improbabile che una cosa simile potesse mai accadere in un tempo pari a miliardi di volte l'età dell'universo? Il fatto che siamo cosi poco spiegabili è una cosa senza senso? La vita è davvero l'incidente inconcepibile che emerge dai calcoli di Fred Hoyle e N.C. Wickramasinghe? Il tempo è veramente l'eroe della storia come affermava George Wald? Oggi siamo convinti che siano passati piú o meno 300 milioni di anni dal raffreddamento della crosta alle prime chiare prove di vita cellulare, non i 2 miliardi di anni di cui aveva parlato Wald. Il tempo non era sufficientemente grande per la storia di Wald, e ancora meno per il racconto di Hoyle e Wickramasinghe. Se noi esseri viventi siamo talmente improbabili, allora rappresentiamo un mistero inspiegabile nell'arco del tempo e dello spazio. Ma se questa visione fosse sbagliata, se ci fossero delle ragioni per credere che la vita è un evento probabile, allora non rappresentiamo affatto il mistero di un cosmo in espansione, ma una sua parte naturale. La maggior parte dei miei colleghi è convinta che la vita iniziale abbia avuto caratteri semplici e che solo dopo sia diventata complessa. Immaginano molecole di RNA nudo che si replicano e replicano e che alla fine, per caso, assemblano tutti i complicati macchinari chimici che troviamo nelle cellule viventi. Molti dei miei colleghi credono anche che la vita sia profondamente dipendente dalla logica molecolare basata sulla replicazione delle basi molecolari, l'accoppiamento A-T, G-C, Watson-Crick di cui abbiamo parlato nel capitolo 2. Io mantengo la mia visione da rinnegato: la vita non è imbrigliata dalla magia di basi e replicazioni, ma è basata su una logica piú profonda. Spero di persuadervi del fatto che la vita è una proprietà naturale dei sistemi chimici complessi, del fatto che quando il numero di specie molecolari differenti in un brodo chimico supera una certa soglia, deve apparire improvvisamente una rete di reazioni che si autoalimentano - un metabolismo autocatalitico. Secondo me, la vita non è comparsa in una forma semplice, ma complessa e articolata, ed è rimasta complessa e articolata da quel momento in poi - non grazie a un misterioso élan vital, ma grazie alla semplice e profonda trasformazione di molecole inanimate in una struttura organizzata per cui la formazione di ogni molecola viene catalizzata da qualche altra molecola nella struttura. Il segreto della vita, la sorgente della riproduzione, non va cercato nella bellezza degli accoppiamenti Watson-Crick, ma nel raggiungimento di una chiusura catalitica collettiva. Le radici sono piú complesse della doppia elica e si basano sulla chimica stessa. Cosí in un'altra maniera, la vita - complessa, intera, emergente - è dopo tutto semplice, ed è uno sviluppo naturale del mondo in cui viviamo. L'affermazione che la vita emerga come una transizione di fase naturale in sistemi chimici complessi devia cosí radicalmente dalle teorie passate che ho il dovere di mettervi in guardia. Siamo sicuri che un simile approccio sia almeno teoricamente coerente? Siamo sicuri che sia possibile da un punto di vista chimico e fisico? Ci sono delle prove ad avvalorarlo? E le prove sono affidabili? Siamo sicuri che la vita ha avuto inizio nella maniera da me suggerita? Il massimo che si può dire a questo punto è che un attento lavoro teorico supporta solidamente la possibifità che sto per presentarvi. Questo lavoro sembra coerente con ciò che sappiamo dei sistemi chimici complessi. Vi sono scarse prove sperimentali che finora supportano questa teoria, ma gli impressionanti sviluppi della biologia molecolare rendono ora possibile immaginare la creazione di sistemi molecolari in grado di auto-riprodursi - vita sintetizzata. Credo che questo traguardo verrà raggiunto entro uno o due decenni. | << | < | > | >> |Pagina 131V. Il mistero dell'ontogenesiAlmeno fin dall'esplosione cambriana, avvenuta 550 milioni di anni fa, e probabilmente per i 700 milioni di anni passati, gli organismi pluricellulari hanno padroneggiato un mistero che nessuna mente umana riesce ancora a comprendere: l'ontogenesi. Per mezzo di qualche misterioso impeto evolutivo, le nuove creature del Cambriano - e molto piú recentemente l' Homo sapiens - cominciarono la loro vita sotto forma di singola cellula: lo zigote, frutto dell'unione dei due genitori. In qualche maniera, questa singola cellula sapeva come dar luogo a una struttura completa, un tutt'uno ben organizzato, un organismo. Se lo sciame di stelle di una galassia a spirale, raggruppate a vortice nella profonda oscurità dello spazio, ci stupisce con la meraviglia dell'ordine che le reciproche masse gravitazionali sanno generare, riflettete con altrettanta meraviglia sulla nostra ontogenesi. Come può una singola cellula, appena qualche decina di migliaia di specie molecolari strette in un reciproco abbraccio, sapere come creare la complessità di una creatura umana? Nessuna lo sa. Se l' Homo habilis e l'uomo di Cro-Magnon si sono chiesti come sono arrivati a essere cosí, noi dobbiamo fare lo stesso. Incominciamo, allora, con lo zigote. Dopo la fecondazione di un ovocita da parte dello sperma, lo zigote umano subisce una rapida divisione: la divisione cellulare che porta alla formazione di una piccola massa di cellule. Queste cellule migrano lungo le tube di Falloppio ed entrano nell'utero. Durante la migrazione, la massa cellulare s'incava formando una sfera. Un piccolo numero di cellule, chiamato massa cellulare interna, migra all'interno da un polo della palla cava e si annida contro il rimanente strato esterno. Tutti i mammiferi derivano dalla massa cellulare interna. Lo strato di cellule esterne nell'uomo si è specializzato per annidarsi nel rivestimento uterino e formare delle membrane extraembrionali, la placenta e gli annessi, che ci sostengono prima della nascita. Già a questo stadio primitivo, assistiamo ai due processi fondamentali dell'ontogenesi, o sviluppo: il primo è la differenziazione cellulare, il secondo è la morfogenesi. Lo zigote rappresenta contemporaneamente sia una cellula singola che, necessariamente, una singola specie cellulare. Durante il corso dei piú o meno 50 eventi di divisione cellulare che separano lo zigote dal neonato, quella singola cellula dà vita ad una moltitudine di tipi cellulari differenti. Si pensa che il corpo umano contenga 256 tipi diversi di cellule, tutte specializzate per svolgere funzioni specifiche nei tessuti e negli organi. I nostri tessuti derivano da quelli che definiamo i tre strati germinativi: l'endoderma, il mesoderma e l'ectoderma. L'endoderma produce cellule e tessuti del tratto intestinale, del fegato e di altri tessuti. Viene creata una moltitudine di cellule diverse, dalle cellule specializzate che rivestono la parete dello stomaco, che secernono acido cloridrico per permettere la digestione del cibo, agli epatociti del fegato, che purificano il sangue dalle tossine. Il mesoderma genera le cellule muscolari, le cellule che formano le ossa e le cartilagini e quelle che formano il sangue, sia i globuli rossi che trasportano l'ossigeno, sia i globuli bianchi del sistema immunitario. Lo strato ectodermico produce le cellule della pelle e l'enorme varietà di cellule nervose che formano il sistema nervoso periferico e centrale. In breve lo zigote umano subisce qualcosa come 50 suddivisioni cellulari, creando le 2^50 o 10^15 cellule che costituiscono il vostro corpo. Lo zigote iniziale si differenzia seguendo percorsi diversi, generando alla fine i 256 diversi tipi di cellule che formano i tessuti e gli organi della creatura umana. L'aumento nella varietà di specie cellulari è detto differenziazione cellulare. La sua coordinazione in tessuti organizzati e organi è chiamata morfogenesi. | << | < | > | >> |Pagina 252Auto-organizzazione, selezione e capacità di evoluzioneDa dove deriva l'ordine che possiamo ammirare affacciandosi alla finestra? Dall'auto-organizzazione e dalla selezione, ritengo. Noi i previsti e noi i casi particolari. Noi, i figli della legge ultima. Noi, i figli della filigrana dell'accidente storico. Qual è la trama? Ancora nessuno lo sa. Ma l'arazzo della vita è molto piú ricco di quanto immaginavamo. Comprende i fili d'oro del caso, ed è minato dai capricci casuali degli eventi quantici che agiscono sui pezzetti di nucleotidi e che vengono modellati dal setaccio della selezione. Questo arazzo, tuttavia, ha un disegno complessivo, un'architettura, una cadenza e un ritmo che sono il riflesso delle sue leggi fondamentali: i principi di auto-organizzazione. Come possiamo cominciare a capire questa nuova unione? «Cominciare a capire», infatti, è tutto ciò cui possiamo aspirare. Stiamo entrando in un territorio nuovo, e sarebbe presuntuoso supporre che saremmo in grado di comprendere un nuovo continente appena posati i piedi sulla sua spiaggia. Dobbiamo cercare una nuova struttura concettuale che non esiste ancora. Non c'è nelle scienze un'impostazione adeguata per esprimere e studiare l'interconnessione tra auto-organizzazione, selezione, caso e progetto. Non abbiamo una cornice che comprenda sia il posto della legge in una scienza storica che il posto della storia in una scienza esatta. Stiamo almeno cominciando a mettere insieme i motivi, i fili dell'arazzo. Il primo motivo è l'auto-organizzazione. Possiamo trovarci di fronte a dei lipidi che formano spontaneamente una vescicola con membrana bilipidica, a un virus che si autogenera in uno stato di bassa energia, alla serie di Fibonacci della fillotassi di una pigna, all'ordine emergente di reti parallele di geni nel regime ordinato, all'origine della vita come transizione di fase nei sistemi di reazioni chimiche, al comportamento sopracritico della biosfera, o agli schemi di coevoluzione a livelli piú alti (ecosistemi, sistemi economici, perfino sistemi culturali): ovunque troviamo la firma di una legge. Tutti questi fenomeni presentano i segni di un ordine palese ed emergente. Cominciamo a credere in questo nuovo filo, a sentire il suo potere. I problemi che si pongono hanno due aspetti: primo, non siamo ancora in grado di capire la ricchezza delle risorse di un simile ordine spontaneo; in secondo luogo, abbiamo gravissime difficoltà a capire come l'auto-organizzazione possa interagire con la selezione. La selezione è il secondo motivo di questo arazzo. Essa non è piú misteriosa dell'auto-organizzazione. Spero di avervi convinto del fatto che la selezione è potente ma limitata. Non è vero che tutti i sistemi complessi possono essere assemblati da un processo evolutivo. Dobbiamo provare a capire quali sistemi complessi possono effettivamente avere origine in questo modo. L'inevitabilità dell'accidente storico è il terzo motivo. Possiamo avere una morfologia razionale dei cristalli, perché il numero di posizioni che gli atomi di un cristallo possono occupare è piuttosto limitato. Possiamo avere una tavola periodica degli elementi perché il numero di disposizioni stabili delle particelle subatomiche è relativamente limitato. Ma una volta che arriviamo al livello della chimica, lo spazio delle molecole possibili è piú vasto del numero degli atomi nell'universo. Se questo è vero, è evidente che il numero delle molecole nella biosfera è una minuscola frazione dello spazio delle possibilità. Quasi certamente, quindi, le molecole che vediamo sono in una certa misura il risultato di accidenti storici nella storia della vita. La storia ha origine quando lo spazio delle possibilità è assolutamente troppo grande perché il reale possa esaurire il possibile.
Individuare questi motivi è semplice. Ciò che è
terribilmente incerto è la loro interconnessione.
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