Copertina
Autore Marc Lachièze-Rey
Titolo Oltre lo spazio e il tempo
SottotitoloLa nuova fisica
EdizioneBollati Boringhieri, Torino, 2004, Saggi Scienze , pag. 282, ill., cop.fle., dim. 146x220x19 mm , Isbn 978-88-339-1566-1
OriginaleAu-delà de l'espace et du tenps. La nouvelle physique
EdizioneLe Pommier, Paris, 2003
TraduttoreFranco Ligabue
LettoreRenato di Stefano, 2005
Classe cosmologia , fisica
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Indice

  9     Introduzione


        Parte prima   Le nuove geometrie dell'universo


 17 1.  La geometria del mondo

        Le dimensioni del mondo, 17
        Le tre dimensioni dello spazio, 20
        Foliazione dello spazio: la terza dimensione, 21
        Il mondo per gli antichi, 24
        Tra orrore e fascino, 26
        L'infinito newtoniano, 29
        La fine dei paradossi, 34
        Le tre dimensioni dello spazio, 35
        La comparsa delle dimensioni, 37
        Oltre le tre dimensioni, 39

 42 2.  La dimensione del tempo

        Il tempo spazializzato, 42
        Tempo, spazio, simultaneità, 45
        Orientazione e freccia del tempo, 45
        Cinematica e dinamica, 50
        Materia e luce, 51
        Spazio-tempo e quarta dimensione, 52
        La geometria dello spazio-tempo, 53
        Necessità dello spazio-tempo, 60
        Il tempo a partire dallo spazio-tempo, 63

 65 3.  Geometrie non euclidee

        Verso la relatività generale, 65
        Le varie varietà, 66
        Spazi e spazio-tempo, 70
        Superficie sferica, 73
        Curvatura della sfera, 74
        Dalle superfici agli spazi tridimensionali, 75
        Una immaginaria esplorazione dello spazio, 79
        Il principio cosmologico, 84
        Un universo non omogeneo?, 88
        Misurare la curvatura dello spazio, 89

 92 4.  Curvatura dello spazio-tempo

        La relatività generale, 92
        Curvatura e materia, 96
        Equazione di Einstein, 98
        Geometrie dello spazio-tempo, 101
        L'espansione dell'universo, 103

106 5.  Di che cosa è fatto l'universo

        Materia oscura, 107
        Alla ricerca della materia oscura, 109
        Materia e radiazione, 111
        Materia oscura cosmologica, 116
        Inventario, 117
        La costante cosmologica, 119
        Esotismi, 121


        Parte seconda   Cosmologia del Novecento


125 6.  Il Big Bang

        Cosmologia relativistica, 125
        Gli spazi-tempo di Friedmann-Lemaitre, 126
        L'età dell'universo, 128
        Luce nello spazio-tempo, 130
        Nucleosintesi: la fabbricazione dei nuclei, 131
        La radiazione cosmologica di fondo, 132

138 7.  Stato della cosmologia

        Difficoltà astronomiche, 138
        La teoria del Big Bang, 139
        Ridiscussione, 141
        L'inflazione delle inflazioni, 144
        Il «problema» dell'omogeneità, 147
        Oltre il Big Bang, 151

153 8.  La logica degli universi paralleli

        Un perché per il Big Bang, 153
        Il principio antropico, 154
        Altri mondi, 157
        Universo patchwork, 160
        Buchi vari nello spazio-tempo, 162
        Multiuniversi quantistici?, 164
        Una scissione dell'universo, 168


        Parte terza   Problemi aperti della fisica


173 9.  Quanti o relatività?

        Dalla parte di Planck, 174
        Dalla parte di Einstein, 179
        I concetti convergono, 181
        Le contraddizioni fondamentali, 183

186 10. Teorie di gauge e spazi fibrati

        Le teorie di gauge, 186
        L'idea di Weyl, 187
        Geometria astratta della fisica, 198
        L'unificazione elettrodebole, 199
        La relatività generale come teoria di gauge? 200
        Materia e geometria, 202


        Parte quarta   Le nuove fisiche e le loro geometrie


207 11. Per unificare

        Simmetrie e dimensioni 207
        Le nuove teorie, 209
        Supersimmetria, 211

217 12. Dimensioni supplementari

        Compattificazione: le dimensioni arrotolate, 218
        Un mondo sulla corda: stringhe e superstringhe, 221
        Dimensioni compattificate, 224
        Dualità, 227
        Le brane: un mondo... «estremamente stringato», 228
        Mondi branari, 230
        Cosmologia di stringhe e brane, 234
        Buchi neri ed entropia, 237
        Olografia, 241

245 13. Oltre le varietà: l'abbandono del punto


249 14. Gravità quantistica

        Quantizzazione, 250
        Geometria quantistica, 251
        Il metodo covariante, 253
        Il formalismo canonico, 254
        La funzione d'onda dell'universo, 258
        Gravità quantistica a loop, 259
        Storie, 264
        Cunicoli e universi baby, 266
        Champagne!, 266
        Cosmologia quantistica, 267

271     Conclusioni
277     Bibliografia
279     Indice analitico

 

 

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Pagina 9

Introduzione


La fisica di oggi funziona a meraviglia. Il comportamento del mondo microscopico segue perfettamente le leggi della fisica quantistica. La gravità è descritta dalla teoria della relatività generale, le cui previsioni vengono verificate con precisione sempre crescente. La teoria del Big Bang descrive il nostro universo con un'accuratezza tanto notevole quanto insperata.

Tutto ciò potrebbe indurci a pensare che il compito della fisica teorica sia terminato, che non ci siano più nuove leggi da scoprire: basterebbe insomma applicare quelle già conosciute, per descrivere la varietà dei fenomeni presenti in natura o osservati nei nostri apparati sperimentali. Uno sguardo alla storia ci esorta tuttavia alla prudenza. A parte qualche «insignificante» dettaglio, infatti, tutto funzionava perfettamente nella fisica di fine Ottocento, la quale si trovava invece alla vigilia di un doppio sconvolgimento: l'irruzione della relatività e della fisica quantistica. Ci troviamo forse in una situazione analoga?

Abbiamo due buoni motivi per ritenere che la risposta sia affermativa. Per prima cosa, alcuni risultati di esperimenti o osservazioni non corrispondono affatto alle previsioni della teoria, o non sono in accordo tra loro. Si tratta di risultati rari e nella maggior parte dei casi controversi. Numerosi fisici li spiegano in termini di errori sperimentali o di interpretazione. Altri, tuttavia, li considerano come scricchiolii che preannunciano stravolgimenti futuri. In secondo luogo, la fisica di oggi ci offre una visione del mondo insoddisfacente: non riusciamo, infatti, a conciliare i concetti alla base dei due punti di vista fondamentali, quello quantistico e quello relativistico. Eppure essi dovrebbero essere applicabili al medesimo mondo: il nostro. Questa dicotomia, che ci priva di una visione coerente del mondo, costituisce l'argomento della prima parte di questo libro. La parte finale si occuperà dei tentativi di superarla.

Le domande più laceranti della cosmologia sono le stesse da millenni. In che mondo viviamo? Perché è così com'è? E stato fatto per noi? Avrebbe potuto essere diverso? I cosmologi attualmente concordano nel descrivere l'universo mediante la teoria del Big Bang; si domandano però quale sia la misteriosa sostanza che lo riempie: massa oscura, energia del vuoto, quintessenza, sostanze ipotetiche e misteriose ancora sconosciute? Tentano di immaginare la forma dello spazio: piatto o curvo? Non sanno ancora se sia finito o infinito, se abbia un inizio. Cercano di stimarne l'età. Ne considerano il destino: espansione illimitata o futura ricontrazione? All'alba del XXI secolo sono comparse domande nuove: l'universo ha forse più di quattro dimensioni? La materia è davvero fatta di particelle? Lo spazio e il tempo possono fluttuare a livello microscopico?

A tutte queste domande legate tra loro, siano esse antiche o recenti, e ai tentativi di rispondervi attraverso la messa a punto di una nuova fisica che superi la nostra, è dedicato questo libro.

La prima parte descrive le basi della fisica odierna: le basi storiche, con l'evoluzione delle idee dai nostri predecessori fino ai concetti contemporanei; le basi fisiche, attraverso la presentazione delle teorie e dei modelli attuali; infine le basi geometriche, dato che, come vedremo, questa fisica si fonda interamente su concetti geometrici. Chi conosce bene la geometria potrà sorvolare su questa parte. Gli altri vi troveranno esposti i concetti geometrici che stanno alla base della fisica relativistica e quantistica e della cosmologia moderna.

Della cosmologia moderna, e in particolare della questione se essa sia o no del tutto soddisfacente, si occupa appunto la seconda parte. La terza prende in esame le due anime della fisica moderna, quella quantistica e quella relativistica, con le loro differenze, ma anche le loro somiglianze nascoste. Questa analisi mostrerà la necessità di nuovi modelli geometrici in grado di costruire una nuova visione del mondo.

La quarta parte è dedicata agli sforzi attualmente intrapresi in questa direzione. Supersimmetria, stringhe e superstringhe, nuove geometrie, gravità e cosmologia quantistiche... vedremo come queste teorie facciano luce sui concetti cruciali di simmetria e di dimensione, permettendoci di allargare le nostre conoscenze. Più che analizzare il loro sviluppo tecnico, ci limiteremo a esporne le basi e illustrare il modo in cui esse utilizzano nuovi concetti geometrici per elaborare quella che forse sarà la fisica del domani.


Non entri chi non sa di geometria

Per decidere come sarà la fisica del futuro, è bene analizzare quella odierna e quella dei secoli passati.

La sua natura ci appare sempre essenzialmente geometrica. Nel V secolo a.C., in Grecia, i pitagorici invocavano già il ruolo fondamentale dei numeri e della geometria per comprendere il mondo. Quasi un secolo dopo, Platone e Aristotele ne proposero una concezione strutturata e coerente: una fisica e una cosmologia in parte fondate su quei precetti. Quella visione geometrica del mondo, che faceva ricorso a un gran numero di sfere e cerchi, avrebbe dominato per più di due millenni.

Dopo il Rinascimento, gli sconvolgimenti e i rinnovamenti delle idee confluirono nella rivoluzione newtoniana. Nasceva la fisica moderna, la cui natura è sempre profondamente geometrica, ma in un modo diverso e nuovo. Il passo fondamentale fu l'introduzione dello spazio geometrico nella fisica, nell'astronomia e nella cosmologia: le dimensioni dello spazio e del tempo, finalmente liberate, iniziavano una carriera caratterizzata da periodici rientri trionfali, ancora ben lontana dalla fine.

L'episodio successivo avvenne nell'Ottocento. I matematici scoprirono nuove geometrie, dette non euclidee: lo spazio euclideo, che Newton aveva assunto come modello per lo spazio fisico, non costituiva più l'unica possibilità; una moltitudine di geometrie inedite, ricche e complesse, erano ormai a disposizione. Il loro ingresso nella fisica, all'inizio del Novecento, diede luogo a nuovi e profondi cambiamenti.

Nel 1905 Albert Einstein enunciò la teoria della relatività ristretta, una rivoluzionaria descrizione del mondo e della fisica caratterizzata da una nuova entità a quattro dimensioni, sintesi delle dimensioni spaziali e temporali: lo spazio-tempo. La teoria provocò sconcerto; la sua espressione geometrica era tuttavia molto semplice, e si rivelò particolarmente armoniosa e unificatrice. In quasi un secolo le sue conseguenze fisiche, di portata immensa, non hanno cessato di essere verificate sperimentalmente, con precisione sempre crescente.

Si trattava tuttavia solo di una prima tappa, che non sfruttava ancora tutta la ricchezza e la complessità delle geometrie non euclidee: le dimensioni dello spazio e del tempo restavano ancora «normali». Il passo successivo fu compiuto ancora una volta da Einstein con la relatività generale: questa si basa sulla geometria non euclidea, il cui strumento principale è la curvatura. Davanti a Einstein le dimensioni dello spazio-tempo si piegano, dando vita a una nuova visione geometrica del mondo. Ben presto confermata dalle osservazioni, la teoria venne accettata rapidamente; dopo un periodo di disaffezione, è tornata di nuovo in auge ai nostri giorni. Sul piano concettuale la relatività generale resta il prototipo della teoria fisica «perfetta», e costituisce oggi il punto di partenza e il modello di tutte le riflessioni sulla natura dello spazio e del tempo finalizzate alla costruzione di una nuova fisica.

Se da un lato la relatività generale ha rivoluzionato la nostra visione del mondo, dall'altro essa costituisce anche uno strumento indispensabile per l'analisi dei fenomeni fisici: per interpretare le osservazioni astronomiche e descrivere la propagazione dei segnali elettromagnetici nel sistema solare, ma anche per comunicare con i satelliti artificiali, utilizzare un sistema di localizzazione di tipo GPS (Global Positioning System), e così via... Infine, la relatività generale permette di affrontare le grandi questioni cosmologiche in tutta la loro ampiezza e ricchezza. In un certo senso essa rende più che mai attuale la visione del mondo degli antichi greci, giacché la fisica e la cosmologia che ne discendono sono di natura essenzialmente geometrica.

A partire dall'inizio del Novecento si è dunque sviluppata una cosmologia scientifica nuova, relativistica, che combina speculazioni epistemologiche a notevoli osservazioni sperimentali. Il risultato sono i modelli di Big Bang, in grado di offrire oggi un quadro cosmologico di grande coerenza, ben corroborato dalle osservazioni astronomiche.


Fisica quantistica

L'introduzione della meccanica quantistica, avvenuta nei primi decenni del XX secolo, ha rappresentato una rivoluzione di portata paragonabile a quella determinata dalla relatività. All'inizio, la meccanica quantistica operava ancora nell'ambito della geometria newtoniana: spazio euclideo e tempo separati. Adattata in seguito allo spazio-tempo, cioè all'ambito della relatività ristretta, essa prese la forma moderna di teoria quantistica dei campi, grande fucina di premi Nobel.

La grande delusione dei fisici del Novecento, a partire dallo stesso Einstein, venne dall'irrisolto antagonismo tra relatività generale e fisica quantistica, cui noi faremo spesso riferimento. La ricerca di una nuova fisica che abbia la forma di una teoria unificata costituisce oggi la sfida principale per i fisici teorici. La quarta parte del libro si occupa dei tentativi compiuti finora per conciliare i due punti di vista, e dei loro limiti.

Sono in molti a sperare che gli sviluppi futuri possano fornire anche una risposta ai punti deboli noti della fisica quantistica, in particolare la comparsa nei calcoli di indesiderabili quantità infinite, chiamate divergenze. Inoltre, l'«interpretazione» della fisica quantistica costituisce, da quasi un secolo a questa parte, l'argomento di esasperanti dibattiti su realtà, determinismo, località, e quant'altro. Diversi teorici sperano che un quadro fisico più ampio permetta di risolverli o addirittura di farli sparire.

A parte queste speranze, la riconciliazione tra i due punti di vista dovrebbe consentire una descrizione comune e unificata di tutta la fisica, delle particelle come delle interazioni: quello che alcuni chiamano, con poca modestia, la teoria del tutto. Come quella di oggi, la fisica futura sarà molto probabilmente di natura geometrica. In ogni caso, questo è quanto scommette la maggioranza degli scienziati, nonché il punto di vista sviluppato in questo libro. Si tratta di riuscire a svelare la vera geometria dell'universo.

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Pagina 138

7.

Stato della cosmologia


Difficoltà astronomiche

Due reali difficoltà rimangono tuttora non risolte in astrofisica: il problema della materia oscura e quello dell'origine delle strutture cosmiche. Ma è sbagliato presentarle come problemi della teoria del Big Bang, come talvolta accade.

La questione della materia oscura, che abbiamo descritto in dettaglio, rimane forse la più spinosa dell'astrofisica - e forse della fisica - contemporanea. Il problema emerge dall'analisi dinamica di galassie, ammassi di galassie e altri sistemi astrofisici e non è legato ad alcun modello cosmologico particolare, né a quello del Big Bang né ad altri. La soluzione dell'enigma, qualunque essa sia, scombussolerà la fisica introducendo una nuova specie di materia, probabilmente non barionica, oppure una nuova teoria della gravitazione, o una nuova fisica. La nostra conoscenza dello scenario cosmico ne guadagnerà in precisione, in particolare per quanto riguarda la densità dell'universo, ma nulla lascia pensare che si dovrà mettere in discussione il Big Bang.

Gli astrofisici chiamano instabilità gravitazionale il lungo processo di formazione delle galassie e delle strutture cosmiche in generale. Attualmente non se ne riesce ancora a dare una spiegazione completa. Ma l'insufficienza non è imputabile alla teoria del Big Bang (né ad altre, peraltro). Una parte della difficoltà è legata alle incertezze riguardanti la materia oscura, la cui abbondanza, natura, distribuzione spaziale e altre caratteristiche hanno un'influenza considerevole sul processo. Ma il problema è soprattutto dovuto alla nostra difficoltà nel risolvere le equazioni estremamente complesse che regolano i fenomeni in gioco.

Né il problema della materia oscura né quello dell'instabilità gravitazionale richiedono una revisione del Big Bang. Nessuna osservazione astrofisica, nessun risultato di fisica sperimentale in generale ha finora portato la minima prova contro la validità di tale modello. In compenso diversi indizi (di cui parleremo in maggior dettaglio nei prossimi capitoli) annunciano un prossimo sconvolgimento in qualche parte della fisica, sia essa la relatività generale, la fisica quantistica o quella delle particelle. Da quello che possiamo vedere, lo sconvolgimento non modificherà la teoria del Big Bang nelle sue linee generali, ma permetterà probabilmente di completarne alcuni aspetti e di perfezionarla.


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Instabilità gravitazionale

Come si sono formate le galassie e le altre strutture cosmiche? Le osservazioni della radiazione cosmologica di fondo (ad esempio) ci mostrano che esse non esistevano ancora quindici miliardi di anni fa: l'universo a quell'epoca appariva al contrario estremamente omogeneo, a livello di una parte per milione. Nel periodo successivo si deve essere verificato qualche tipo di fenomeno, non ancora chiarito. Il problema è complesso, coinvolge numerosi campi della fisica e necessita di calcoli che non siamo in grado di svolgere, se non per mezzo di approssimazioni la cui validità è difficile da discutere (questo però non ha nulla a che vedere con la validità della teoria del Big Bang o di altre).

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La teoria del Big Bang

Sebbene la storia della teoria del Big Bang abbia avuto inizio a partire dagli anni trenta, il termine vero e proprio è più recente. Questa «denominazione di origine non controllata» fu ideata da uno dei più acerrimi avversari della teoria, l'astrofisico inglese Fred Hoyle, il quale in tal modo purtroppo introdusse (semplice gusto della battuta, o perfido tentativo di screditare la teoria?) un controsenso fatale che ancor oggi nuoce alla comprensione della cosmologia. Il Big Bang, infatti, non è un'esplosione; non ha avuto luogo in un punto dello spazio; non rappresenta affatto un fenomeno che si è svolto nello spazio...

Il Big Bang ha sollevato forti resistenze e opposizioni: che l'universo abbia una storia, un'evoluzione, è qualcosa che va contro il «sapere» millenario. In molti avrebbero preferito conservare il mito di un universo statico o stazionario (cfr. p. 141). L'espansione cosmica e il Big Bang furono difficili da ammettere, probabilmente quanto il moto della Terra attorno al Sole. Anche se Lemaitre non fu né bruciato sul rogo né condannato, lui e i suoi successori faticarono a farsi ascoltare, suscitando indifferenza e sberleffi. Ma l'universo non risponde ai desideri dell'uno o dell'altro: è come le nostre osservazioni ci rivelano, cioè né statico né stazionario, e la scienza non può che piegarsi a questo dato di fatto.

Tutte queste critiche ebbero almeno un effetto benefico, cioè quello di costringere i cosmologi a esaminare con estrema cura lo statuto epistemologico della loro disciplina e dei loro modelli. La mente più empirista avrebbe oggi grosse difficoltà a contestare la legittimità dell'universo come oggetto fisico: il suo tasso di espansione (la costante di Hubble H0) e la sua temperatura (quella della radiazione di fondo) sono grandezze perfettamente osservabili e misurate, che non possono essere associate ad alcun oggetto fisico se non all'universo nel suo insieme.

Ben lungi dall'aggrapparsi acriticamente alla teoria del Big Bang, i cosmologi sognano al contrario di scrivere il proprio nome nella storia della cosmologia inventando un nuovo modello, che descriva meglio l'universo. Il compito diventa però sempre più difficile, a fronte di una descrizione del mondo sempre più coerente. Nessuno dubita della fantasia dei cosmologi, ma la coerenza dello scenario e la concordanza delle conferme osservative lasciano poco spazio a ipotesi alternative valide. Una domanda riassume quelle che ci poniamo riguardo al Big Bang: da dove viene il suo incredibile successo? Per rispondere occorre fare un passo indietro.


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Un universo stazionario

Se l'espansione dell'universo ha faticato tanto a essere accettata, è certo perché essa implicava la rinuncia all'idea di un universo immutabile, radicata fin dalla notte dei tempi nella coscienza della nostra civiltà. Tuttavia, a patto di modificare leggi della fisica, è possibile immaginare un universo in espansione che presenti sempre lo stesso aspetto globale, insomma che non evolva.

Era questa l'idea del modello stazionario proposto da Fred Hoyle, il quale descriveva un universo compatibile con l'espansione cosmica, ma che resta sempre identico a se stesso. Si tratta di un modello particolarmente seducente, basato su uno spazio-tempo perfettamente simmetrico: il principio cosmologico («tutti i punti dello spazio sono equivalenti») poteva essere esteso a un principio cosmologico perfetto, secondo cui tutti i punti dello spazio-tempo sono equivalenti. Il modello però esigeva una modifica delle leggi fisiche. Dato che l'espansione diluisce la materia, bisognava inventarsi un fenomeno compensatorio che permettesse alla densità di materia di rimanere costante e mantenere lo stesso aspetto: insomma una continua creazione di materia dal nulla!

Sebbene l'ipotesi apparisse all'epoca relativamente gratuita e poco ortodossa, va detto che essa rientra attualmente nella lista delle possibilità che i fisici sono disposti ad ammettere: non è stata la stranezza della fisica coinvolta a causare il fallimento di queste teorie, ma i risultati delle osservazioni astronomiche relative alla distribuzione di galassie nell'universo e, soprattutto, la presenza della radiazione cosmologica di fondo.

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Pagina 173

9.

Quanti o relatività?


Le sfide poste dalla cosmologia, dalla descrizione dei periodi più remoti e delle origini dell'universo fino ai tentativi di completare e giustificare le teorie del Big Bang, spingono alla ricerca di una nuova fisica. Tra gli enigmi e gli interrogativi non risolti di cui anche l'astrofisica è disseminata, il più inquietante rimane quello della materia oscura, tuttora privo di risposta. Potremmo citare anche le nostre scarse conoscenze sulla formazione delle galassie e delle strutture cosmiche in generale, sui processi di accelerazione dei raggi cosmici ad altissima energia, sull'origine dei cosiddetti «lampi di raggi gamma», sull'esistenza e sul funzionamento dei buchi neri, e così via.

Spesso è possibile risolvere un enigma ipotizzando qualche nuovo misterioso effetto: una materia oscura che spieghi la dinamica delle galassie o degli ammassi di galassie; un'energia esotica che spieghi l'accelerazione dell'espansione cosmica; un'inflazione che permetta di comprendere alcuni aspetti della formazione delle galassie. Tali «soluzioni», introdotte in maniera empirica e prive di una vera giustificazione, possono essere davvero accettate e capite solo se collocate all'interno di una compiuta teoria fisica, basata su principi fondamentali solidi, come unificazione, simmetrie e invarianze, una geometria più globale e coerente: ognuna di queste «soluzioni» rappresenta dunque una ulteriore motivazione per la ricerca di teorie nuove.

Ma è soprattutto la fisica stessa a chiedere di essere riformulata, come vedremo, a causa della sua mancanza di unità e della fragilità delle sue fondamenta. Oggi la fisica si presenta divisa in due corpi distinti, paralleli e antagonisti: il lato quantistico e il lato relativistico. Ciascuno dei due ha le proprie insufficienze, messe in evidenza dai vari tentativi di unificazione o ravvicinamento; questa dicotomia impedisce al momento attuale una visione del mondo unificata e coerente.

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Pagina 186

10.

Teorie di gauge e spazi fibrati


Le teorie di gauge

La teoria quantistica dei campi sostituisce il concetto di particella con quello di «campo»: anziché descrivere il comportamento degli elettroni, ad esempio, si descrive quello di un «campo elettronico». I campi si comportano talvolta come se fossero presenti delle vere e proprie particelle, che appaiono o scompaiono, ma non sempre è così. La fisica quantistica è spesso citata per il famoso «dualismo onda-particella»; in realtà non esistono né onde né particelle, in senso classico: la cosa migliore sarebbe quindi rinunciare all'uso infelice di questi termini, che ha dato luogo a svariati problemi di interpretazione.

La teoria quantistica dei campi è un ambito molto generale e si scinde in diversi rami: teoria elettrodebole per l'elettromagnetismo e le interazioni deboli; cromodinamica quantistica per le interazioni forti. Ognuna di queste è una «teoria di gauge». L'originalità delle teorie di questo tipo consiste nel considerare un'interazione fisica (ad esempio quella elettromagnetica) come l'effetto di una particolare simmetria, detta invarianza (o simmetria) di gauge.

Una simmetria geometrica ordinaria è definita come l'invarianza, ad esempio di una figura geometrica, sotto l'effetto di trasformazioni quali riflessioni, rotazioni o traslazioni. Una simmetria di gauge, invece, non si esprime in termini di spazio, e nemmeno di spazio-tempo: è definita come l'invarianza (vale a dire l'assenza di modificazioni) della teoria sotto l'applicazione di particolari trasformazioni, dette «di gauge». Vedremo tuttavia che è possibile interpretare tali trasformazioni come geometriche, agenti non sullo spazio o sullo spazio-tempo, bensì su un opportuno «spazio interno». Una simmetria di gauge apparirà dunque come una simmetria geometrica dello spazio interno, proprio come una rotazione è una simmetria dello spazio.

Un insieme di simmetrie geometriche è sempre descritto da un gruppo strettamente legato allo spazio nel quale le simmetrie agiscono. Il gruppo delle traslazioni e quello delle rotazioni, ad esempio, sono legati alla geometria dello spazio euclideo R^3. A ogni simmetria di gauge è associato un gruppo di gauge, che determina quasi tutte le caratteristiche della teoria, e da cui questa prende il nome:

— U(1) per l'elettrodinamica quantistica (cfr. p. 198);

— SU(2)xU(1) per la teoria elettrodebole;

— SU(3) per la cromodinamica quantistica;

— SU(5) per un'eventuale teoria unificata (questo gruppo contiene tutti i precedenti).

Le teorie di supersimmetria e di stringa fanno intervenire altri gruppi.


L'idea di Weyl

Il principio delle teorie di gauge è dovuto a un'idea originale del matematico tedesco Hermann Weyl. Con la relatività generale, Einstein aveva proposto nel 1916 una descrizione puramente geometrica della gravità. L'idea di Weyl era di descrivere anche l'elettromagnetismo in maniera geometrica, immaginando una simmetria aggiuntiva dello spazio-tempo e della fisica: l'invarianza per trasformazioni di scala (o dilatazioni). Secondo la fisica attuale, lo spazio-tempo e con esso la fisica che vi ha luogo è dotato di simmetrie geometriche fondamentali, espresse come invarianze rispetto a determinate trasformazioni:

— rispetto alle traslazioni nello spazio: tutti i luoghi sono equivalenti (omogeneità spaziale);

— rispetto alle traslazioni temporali: tutti gli istanti sono equivalenti (omogeneità temporale);

— rispetto alle rotazioni nello spazio: tutte le direzioni spaziali sono equivalenti (isotropia):

— rispetto alle trasformazioni di Lorentz, rotazioni nello spazio-tempo: tutti i sistemi in moto relativo (uniforme) sono equivalenti (principio di relatività).

Weyl proponeva di considerare un'invarianza supplementare, questa volta rispetto alla dilatazione di tutte le lunghezze (e di tutti i tempi). Sembra evidente che se tutte le lunghezze venissero moltiplicate, ad esempio per 2, non cambierebbe nulla: le lunghezze dei righelli sarebbero anch'esse raddoppiate, e nessuna misura darebbe risultati diversi. Una trasformazione del genere è detta globale. L'idea di Weyl era però che il fattore di scala potesse dipendere dalla posizione: la trasformazione in questo caso sarebbe locale. La moltiplicazione per un fattore che varia da un punto all'altro costituiva il prototipo di ciò che oggi viene chiamato trasformazione di gauge.

Abbiamo detto che se tutte le lunghezze fossero moltiplicate per uno stesso fattore, sarebbe impossibile accorgersene: non succederebbe nulla. La fisica che conosciamo è dunque invariante (le sue leggi resterebbero cioè le stesse) per trasformazioni di scala globali. Se invece le lunghezze venissero moltiplicate per un valore arbitrariamente variabile da un punto all'altro, le leggi non rimarrebbero valide: la nostra fisica non è invariante per trasformazioni locali.

Weyl ebbe l'idea di costruire una nuova teoria, modificando le leggi in modo che rimanessero invarianti anche per trasformazioni locali. A questo scopo egli dovette introdurre una quantità geometrica supplementare, detta connessione, che compensasse in qualche modo l'effetto delle modificazioni di scala permettendo di ristabilire l'invarianza. Il successo di questo procedimento è dovuto al fatto che la nuova teoria descrive le interazioni elettromagnetiche, assenti nella versione iniziale: la connessione introdotta possiede, infatti, tutte le proprietà del potenziale elettromagnetico, la grandezza fisica che descrive l'interazione tra elettroni. La teoria permetteva all'inizio di descrivere gli elettroni isolati, ma non le loro interazioni. Il semplice fatto di averla modificata per renderla invariante rispetto alla nuova simmetria la mette in grado di descrivere le interazioni.

Weyl descrisse dunque la teoria elettromagnetica in maniera totalmente geometrica: l'interazione omonima appare infatti come la manifestazione di una nuova simmetria (geometrica) fondamentale della natura, l'invarianza rispetto alle dilatazioni promossa al grado di trasformazione (o invarianza) di gauge. Gravità ed elettromagnetismo sono quindi associati ciascuno a una determinata simmetria dello spazio-tempo.

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Supersimmetria

La supersimmetria è da alcuni ritenuta «l'ultima grande simmetria della natura». La teoria che porta questo nome costituisce un tentativo notevole di estensione e unificazione della fisica, basata contemporaneamente sullo spazio-tempo e sullo spazio interno. Dal punto di vista fondamentale, la supersimmetria rappresenta una nuova simmetria della natura. Sul piano pratico, essa implica l'esistenza di nuove particelle e una visione unificata delle interazioni.

I fisici distinguono due grandi famiglie di particelle: i fermioni e i bosoni. La differenza è data dal valore dello spin, semintero per i fermioni, intero per i bosoni (cfr. p. 118). Lo spin di un campo somiglia al momento angolare, o al momento magnetico intrinseco della particella associata. Ciò che è da notare in questo contesto, tuttavia, è la natura profondamente geometrica dello spin, ancorata contemporaneamente sia alla geometria dello spazio-tempo e sia a quella dello spazio interno. In altre parole, lo spin è una grandezza al tempo stesso quantistica e relativistica. Sembra quindi naturale considerarlo una possibile chiave per accedere all'unificazione dei due settori.

Proprio sullo spin si basa infatti la supersimmetria, la quale lega tra loro le due grandi famiglie di particelle, i fermioni e i bosoni. Nonostante riguardi la natura delle particelle (nello spazio interno), la supersimmetria agisce anche sulla geometria dello spazio-tempo, proprietà che appare nel momento in cui la teoria è trattata come teoria di gauge. Ciò dà origine a un nuovo formalismo, che comprende la gravitazione e viene appunto chiamato supergravità. Poiché il gruppo di gauge della supersimmetria contiene i gruppi di gauge del Modello Standard, le interazioni della fisica moderna, già ben descritte da quest'ultimo, sono presenti e altrettanto ben lescritte anche supersimmetria.

A ogni tipo conosciuto di particella elementare la supersimmetria associa un partner supersimmetrico, o s-particella, il cui spin differisce di 1/2 rispetto a quello della particella originaria: ad ogni bosone viene quindi associato un fermione, e viceversa. Finora nessuno dei superpartner previsti (s-elettroni, s-quark, s-neutrini, fotini ecc.) è stato rivelato. Ciò non significa che non esistano: può


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Fermioni e bosoni

Le particelle elementari o, meglio, i campi quantistici che le rappresentano, sono caratterizzati dai valori di certi numeri quantici fondamentali, ad esempio la massa (a riposo) e la carica elettrica. La fisica quantistica e la relatività portano ad associare alle particelle un altro numero quantico fondamentale, lo spin, il quale può essere descritto come la particolarità che rende la particella sensibile alle rotazioni. La fisica quantistica classifica le particelle secondo la massa e lo spin.

Alcune particelle elementari hanno spin intero (0, 1, 2 ...), altre semintero (1/2, 3/2 ...). Le prime vengono chiamate bosoni e sono in generale associate alla propagazione di radiazione, o alla trasmissione di un'interazione (ne fanno parte, ad esempio, i fotoni). Le altre, dette fermioni, sono associate a ciò che chiamiamo materia (ad esempio gli elettroni).

L'elettromagnetismo è caratterizzato dalla simmetria tra cariche positive e negative. La supersimmetria è invece caratterizzata da una simmetria tra spin interi e seminteri, vale a dire tra fermioni e bosoni.

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infatti darsi che le loro masse siano talmente alte da renderne impossibile la creazione alle energie di cui disponiamo, ad esempio negli acceleratori. I valori elevati delle masse fanno sì che la supersimmetria non si manifesta direttamente alle nostre scale di energia, e dunque o non esiste del tutto, oppure esiste ma è valida solo ad alte energie, superiori al centinaio di gigaelettronvolt (GeV). Come altre simmetrie (ad esempio quella elettrodebole, cfr. p. 199), anche la supersimmetria potrebbe essere «rotta»: la si dovrebbe in tal caso includere in tutti i calcoli ad alta energia, ma sarebbe lecito, a tutti gli effetti pratici, trascurarla alle nostre scale di energia. Il concetto di rottura di simmetria, ormai accettato da molto tempo in fisica, non pone particolari problemi, a parte il fatto che si ignora completamente il meccanismo all'origine della rottura stessa. Alcuni cercano di risolvere l'enigma studiando l'evoluzione cosmologica delle dimensioni supplementari.

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Cosmologia di stringhe e brane

Il mondo delle stringhe e delle brane, nel caso in cui riguardasse davvero la fisica e non solo la fantascienza, porterebbe un punto di vista nuovo sulla cosmologia. La prima questione riguarda l'evoluzione delle diverse dimensioni. Sappiamo che le tre dimensioni del nostro spazio sono in espansione: questo ci porta a pensare che un tempo esse fossero di piccola estensione. Come mai allora le altre, se esistono, non si sono espanse allo stesso modo? La teoria, attualmente, non ha dato nessuna risposta all'interrogativo.

In una teoria di (super)stringa la descrizione degli eventi cosmici sarà tanto più diversa da quella standard quanto più le condizioni implicate sono distanti dalla fisica abituale, in particolare per quanto riguarda i primi stadi evolutivi dell'universo.


Cosmologia delle stringhe

Alcune versioni della teoria delle stringhe hanno preso in considerazione una cosmologia anteriore al Big Bang, riguardante cioè i primi istanti dell'universo, a tempi in cui i valori di densità, energia e temperatura erano di gran lunga superiori a quelli di oggi, e tuttavia inferiori a quelli della scala di Planck. L'era di Planck si può infatti trattare solo nell'ambito di una vera teoria quantistica della gravità, mentre le condizioni fisiche qui citate sono ancora relativamente «normali» — perlomeno in misura sufficiente da permettere l'applicazione della teoria delle stringhe come teoria semplificata, come «limite a basse energie» (vale a dire approssimazione valida fintantoché le energie in gioco non acquistano valori troppo elevati) di una teoria di gravità quantistica ancora sconosciuta. Una simile «teoria efficace» permette quanto meno di effettuare calcoli concreti.

I calcoli indicano che, in un passato anteriore alla fase attuale di espansione, l'universo potrebbe aver subito una contrazione. La fase di contrazione appare in realtà come soluzione cosmologica ordinaria, perfettamente descrivibile dalla relatività generale. In un certo senso simmetrica al nostro Big Bang, la contrazione avrebbe portato a densità e temperature molto elevate. In tali condizioni la relatività generale non è più applicabile. Lo è invece la teoria delle stringhe la quale, attraverso calcoli molto complessi e disseminati di ipotesi più o meno facili da giustificare, arriva a ipotizzare che effetti fisici finora sconosciuti possano aver interrotto la contrazione (ineluttabile, secondo la relatività generale) e dato origine a una sorta di rimbalzo. L'evoluzione successiva dell'univero corrisponderebbe a quanto descritto dalla teoria del Big Bang: questo cesserebbe dunque di essere una singolarità o un inizio, per diventare semplicemente una fase di un universo «oscillante». L'idea di una dinamica spazio-temporale strutturata secondo cicli successivi di espansione e contrazione è molto antica: la teoria delle stringhe fornisce una base concreta all'ipotesi, seppure ancora a livello speculativo. Ciò vale probabilmente anche per tutte le altre eventuali teorie che ambissero a rimanere valide in condizioni di temperatura e densità molto forti, non vi è nulla di specificamente legato alla teoria delle stringhe, da questo punto di vista. È ancora troppo presto per sapere quale cosmologia sia effettivamente predetta dalle teorie di stringa.


Cosmologia delle brane

La visione cosmologica convenzionale non permette di interpretare il nostro spazio (o spazio-tempo) come immerso all'interno di qualcos'altro: lo spazio-tempo costituisce la totalità assoluta e completa di ciò che esiste. Nelle concezioni branarie la 3-brana identificata con il nostro spazio è invece immersa in qualcosa di più grande: il volume multidimensionale (bulk), una sorta di «retrouniverso». Il quadro così allargato offre la possibilità di un nuovo punto di vista cosmologico: lo spazio-tempo in cui viviamo rappresenta solo una piccola parte della totalità dell'universo, identificata con il bulk.

Ciò permette, ad esempio, di parlare dell'origine dello spazio-tempo, dato che un tempo e uno spazio fisici sono definiti anche al di fuori di esso. Tale origine potrebbe essere vista come un «evento» nell'ambito non più del nostro mondo, ma dell'iperspazio. Le categorie di causalità e di origine, così efficaci in fisica ma problematiche in cosmologia convenzionale, potrebbero essere applicate all'iperspazio anziché allo spazio-tempo di cui facciamo parte.

L'esempio è fornito da alcune ipotesi recenti, chiamate di «universo ecpirotico»: se nell'iperspazio due brane entrano in collisione, il risultato è una brana in espansione, che potrebbe venire identificata con il nostro spazio-tempo. Anziché una singolarità di una 4-varietà, definizione problematica, il Big Bang sarebbe in questo caso visto come un «evento» nella D-varietà che costituisce l'iperspazio. L'origine «causale» del nostro universo potrebbe aprire la via alla «spiegazione» di alcune sue caratteristiche, in particolare l'omogeneità: questa potrebbe risultare da un processo fisico causale, a condizione di definire la causalità nell'iperspazio anziché nello spazio-tempo. Del resto quest'ultimo non esisterebbe ancora, dato che si parla della sua origine. La collisione delle brane segnerebbe l'inizio della storia cosmica descritta dal Big Bang; una causalità valida nell'iperspazio potrebbe spiegare come mai all'inizio del nostro universo tutti i punti dello spazio sono identici.

Tutto ciò, naturalmente, è ancora a livello di speculazione. Il merito principale dell'idea consiste nel mostrare che non si è obbligati a torturare la fisica, inventando per esempio uno scenario di inflazione ad hoc o a invocare una sorta di intervento divino attraverso argomentazioni antropiche. Seppure in via molto ipotetica, queste teorie sono state costruite in maniera coerente sulla base di principi fisici e geometrici chiaramente enunciati e giustificati.

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Olografia

Tutto ciò comporta una caratteristica importante: l'entropia di un buco nero, e quindi la quantità di informazione che esso contiene, aumenta in maniera direttamente proporzionale alla superficie dell'orizzonte, e non al volume che esso delimita: tutte le caratteristiche di un buco nero, oggetto a priori tridimensionale, sarebbero dunque «leggibili» su una superficie bidimensionale!

In generale il contenuto di una regione di spazio (tridimensionale) viene specificato descrivendo tutto ciò che essa racchiude: particelle, campi, curvatura geometrica che rappresenta la gravità. Tutto ciò si distribuisce nel volume della regione e l'informazione che vi è immagazzinata (il numero di gradi di libertà) è proporzionale al volume stesso. Solo gli ologrammi ottici codificano su una diapositiva (bidimensionale) l'informazione che riguarda una ripartizione spaziale (in rilievo) tridimensionale.

È questa l'origine della congettura olografica, inizialmente proposta come principio fondamentale della fisica da Gerardus 't Hooft e Leonard Susskind: «Una descrizione completa (che includa la totalità dell'informazione fisica) di ciò che accade all'interno di un volume chiuso può essere ottenuta da un esame accurato della superfice che lo delimita, chiamata in questo caso schermo olografico». Per questo è ovviamente necessario che l'informazione sia considerata in senso quantistico, e che venga inclusa la gravità, aspetto non semplice. Si tratta comunque solo di una congettura, che rimane non dimostrata a eccezione di alcune situazioni molto particolari. Gli autori ritengono tuttavia che si possa trattare di una proprietà fondamentale della gravità quantistica.

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Conclusioni


Spero di essere riuscito nel mio intento di far percepire il lato affascinante di tutti i nuovi modelli teorici illustrati in questo libro. È vero però che i potenti strumenti geometrici utilizzati sono pur sempre relativamente tecnici: varietà, gruppi e algebre, spazi fibrati e connessioni... per non parlare di tutto ciò che non è stato nominato in questa sede! Questi sforzi sono giustificati?

Per stessa ammissione di chi ci lavora, queste teorie attualmente non sono applicabili ad alcun problema concreto, a parte i buchi neri o l'universo primordiale. Perché allora complicare la geometria del mondo, che sembra essere già abbastanza complicata? Perché introdurre dimensioni supplementari (come nel caso di stringhe e superstringhe) o nuove simmetrie, come la supersimmetria? Per quale motivo interessarsi a geometrie radicalmente diverse, teorie quantistiche della gravità, geometrie non commutative?

Ho cercato di mostrare che tutto ciò ha un senso. Vogliamo capire il mondo, riuscire ad averne una visione armoniosa e unitaria. È questa la motivazione principale per noi che ci occupiamo di fisica fondamentale, proprio come lo è stata per tutti i filosofi che si sono occupati della natura negli ultimi tre millenni. E a noi come a Platone, come a Galileo e Newton, come a Einstein, la geometria offre una via privilegiata per realizzare la nostra ambizione.

Dall'inizio del Novecento a questa parte ogni fisico teorico rischia di diventare schizofrenico non appena cerca di considerare la propria disciplina nel suo insieme: ottiene un accordo estremamente preciso tra dati sperimentali e teoria a condizione di utilizzare solo la relatività o solo la fisica quantistica, secondo i casi, mai entrambe. Tale successo ha un prezzo: ogni volta che utilizziamo uno dei due sistemi, dobbiamo adottarne il linguaggio e i concetti specifici.


Tra due mondi

Se cerchiamo di ragionare in uno spazio e in un tempo assoluti, o in uno spazio-tempo privo di curvatura, non riusciamo a spiegare i fenomeni astronomici. Anche restando sul concreto, non saremmo in grado di guidare una sonda spaziale, né di comunicare o determinare la nostra posizione nello spazio utilizzando ad esempio un sistema GPS. Per tutte queste cose è necessario, infatti, un linguaggio relativistico.

Il lato quantistico ha esigenze simili. Se tentiamo di ragionare in termini di particelle, non riusciremo a spiegare il funzionamento di un laser o di qualsiasi apparecchio elettronico; per non parlare dei recenti esperimenti, notevolmente sofisticati, che hanno messo in gioco stati quantistici impossibili da descrivere in termini di particelle. Oggi sappiamo che non si può spiegare la realtà quantistica senza impiegare termini e concetti... quantistici.

È una situazione curiosa, nella quale ci tocca rinnegare la sera ciò che ci è stato indispensabile la mattina. Se vogliamo approfittare della notte per cercare di sintetizzare i due aspetti, cominciano i guai: non troviamo il modo di realizzare una visione del mondo unitaria a partire da queste due visioni così diverse.

Per dormire sonni tranquilli dobbiamo riuscire a creare un panorama nuovo, che ci permetta di comprendere il mondo in maniera coerente per mezzo di una nuova fisica.


Cambiare i concetti

Quali dei nostri concetti fondamentali rimarranno nella nuova fisica? Dobbiamo privilegiare la visione quantistica o quella relativistica? Come possiamo trovare il giusto equilibrio? Non sappiamo ancora se la strada da seguire sarà quella delle superstringhe e delle brane, o se dovremo immergerci nella geometria quantistica, sempre che la geometria non commutativa non metta tutti d'accordo.

Alcuni arrivano a invocare una «teoria del tutto» (la M-teoria); altri, nell'ambito della geometria quantistica, parlano addirittura di creazione dell'universo. I concetti nuovi di cui abbiamo parlato in questo libro non sono ancora stati oggetto di riflessioni profonde al pari di quelle che stanno alla base delle teorie fisiche e cosmologiche presenti o passate. E se le teorie fisiche non sono ancora perfezionate, il lavoro di convalida epistemologica è ancora più arretrato.


Unità geometrica

Le teorie fisiche che abbiamo esaminato sono ben distinte una dall'altra. Sono elaborate da scienziati dalle sensibilità diverse: gli uni vengono dalla fisica delle particelle o dalla teoria quantistica dei campi, gli altri sono specialisti di relatività; altri ancora sono matematici che hanno deciso di occuparsi di fisica teorica. Eppure abbiamo intravisto convergenze e somiglianze tra i vari punti di vista. Dopo aver separato lo spazio-tempo dallo spazio interno o dall'iperspazio, abbiamo visto la distinzione affievolirsi, allo stesso modo di quella tra le simmetrie di gauge e le simmetrie geometriche (dello spazio-tempo), o tra simmetrie e dimensioni. La ricerca di strade che conducano a un'unificazione della fisica ci ha portato come prima cosa verso un'unificazione matematica e geometrica. In questo io vedo il segnale più incoraggiante per la ricerca attuale in fisica teorica, la conferma che le direzioni intraprese sono quelle giuste, pur se manca ancora l'idea chiave in grado di far davvero convergere i vari punti di vista.

Già nella fisica di oggi abbiamo trovato una certa parentela tra relatività e quanti, nonostante il loro antagonismo. Materia e radiazione, materia e interazioni, onde e particelle, spazio e tempo, sostanza e geometria: sono tutte distinzioni che appaiono sempre meno giustificate. Siamo costretti, irrimediabilmente, a rimettere in causa i nostri concetti fondamentali, a rimodellarli, a sostituirli. Alla fisica teorica attuale rimprovero soprattutto il fatto di trascurare un po' troppo questo aspetto, dedicandosi troppo spesso alla sola tecnica matematica.

La speranza di ogni teorico è ovviamente quella che la via da lui stesso percorsa non si riveli alla fine un vicolo cieco. Ma sarebbe senza dubbio molto meglio se diverse strade tra quelle esplorate convergessero, come alcuni indizi sembrano suggerire. In un caso come nell'altro, alcuni temono che non sarà possibile affrontare la nuova fisica se non attraverso un linguaggio matematico estremamente tecnico. Se fosse vero si tratterebbe, a mio parere, di un fallimento. Ma i fisici ottimisti, di cui fa parte il sottoscritto, sono convinti che, se una teoria è valida dal punto di vista fisico, prima o poi si riuscirà a esprimerla in modo corretto attraverso concetti relativamente semplici; saremo allora in grado di presentarla ai nostri figli e al pubblico come oggi presentiamo la fisica di Newton o (nonostante i punti ancora da perfezionare) la relatività e la fisica quantistica.


Un nuovo mondo

Di quale sostanza fondamentale riempirà l'universo la nuova fisica? Molti dei nostri predecessori credevano di sapere di cosa fosse fatto il mondo: vuoto e atomi per gli atomisti greci; combinazione di quattro elementi fondamentali per i postsocratici; particelle elementari o campi quantistici nello spazio-tempo per noi moderni. Tutto ciò è destinato a essere rivoluzionato. D'altra parte noi stessi, oggi, possiamo davvero affermare di sapere esattamente di cosa sono fatte quelle particelle elementari o quei campi quantistici di cui parliamo continuamente? Si tratta di pura energia, pura vibrazione, pura geometria? O di un substrato indefinibile?

Einstein sognava una teoria unitaria puramente geometrica che riducesse la sostanza a geometria. Già oggi le teorie di gauge descrivono la materia in termini di una geometria, quella dello spazio interno. La nuova fisica proseguirà in tal senso o, al contrario, ridurrà la geometria (dello spazio) a sostanza? Alcuni aspetti della teoria delle stringhe sembrano suggerire questa seconda possibilità: la materia universale potrebbe essere ciò di cui sono fatte le stringhe, e a questa tutto, compreso lo spazio-tempo, sarebbe riconducibile. Ma forse tutto questo sarà superato, con l'avvento di concetti radicalmente nuovi.


Una realtà rivoluzionata

Molti dei concetti che noi oggi impieghiamo correntemente - spazio, tempo, spazio-tempo, particelle o stati quantistici non avrebbero detto nulla ai nostri predecessori, secoli fa. Le loro teorie ci appaiono oggi obsolete. Ma le nostre come saranno giudicate tra un paio di secoli? Probabilmente i nostri discendenti sorrideranno al nostro linguaggio, che suonerà loro deliziosamente arcaico.

Di cosa avranno riempito il mondo? Forse avranno adottato una geometria nuova, per essi ormai familiare, che avrà fornito loro nuovi strumenti per la comprensione dei fenomeni e la descrizione della realtà.

Il rivoluzionamento dei concetti di spazio e tempo apportato dalla stessa fisica attuale non si è ancora radicato nel nostro modo di pensare. Abbiamo accennato a come la relatività generale conduca alla negazione di un'esistenza reale dello spazio-tempo. Il messaggio non è però stato recepito, dato che la teoria stessa continua a essere presentata in riferimento allo spazio-tempo: i concetti non l'hanno seguita. Dobbiamo usare ancora lo spazio-tempo, e spesso persino lo spazio e il tempo separatamente, per esprimere i nostri risultati sperimentali o il frutto delle nostre meditazioni.

Da ormai più di tremila anni i progressi della fisica sono sempre stati basati su arricchimenti della geometria, dai luoghi di Aristotele alla geometria di Newton, per arrivare alle geometrie non euclidee, alla topologia algebrica e alle geometrie non commutative.

Non sappiamo quale sia la ragione di questo successo della geometria. Per alcuni è un mistero. Per me è invece abbastanza naturale. Forse la spiegazione è che, semplicemente, non abbiamo trovato nulla di meglio per esprimere l'armonia, e noi vogliamo costruire una visione del mondo armoniosa.

Non mi resta che concludere, parafrasando un celebre detto: «La fisica delle generazioni future sarà geometrica, o non sarà».

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