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| << | < | > | >> |IndiceINTRODUZIONE 9 Mitologia della ricerca scientifica 9 Inseguendo un sogno 12 Alfieri del riduzionismo 14 Una crisi annunciata 19 Tra caso e caos 22 La termodinamica e l'avvento del Disordine 24 Un mutamento di prospettiva 27 Mappe e ipertesti: dove siamo? 30 Note 33 PARTE PRIMA. TRA NATURA E MACCHINA 35 La biologia e l'indagine sulla natura 35 Linneo e la classificazione dei viventi 37 Darwin e gli altri 40 Selezione ed evoluzione 44 Il seme del dubbio 47 Questioni di metodo nella biologia dei nostri giorni 49 Organismi e macchine. Contributi della cibernetica di prima generazione 53 Verso una teoria dei sistemi viventi 56 Claude Bernard e il «fegato lavato» 60 La definione della vita 63 L'ambiente interno 65 Note 69 PARTE SECONDA. TRA MACCHINE E MENTI 71 Il corpo e la macchina. Inganno, meraviglia, filosofia 72 Gli automi e la meraviglia 74 L'ombra di Cartesio 75 Macchina e anima 79 Macchina e mente 81 Macchina e cultura 87 Un incerto dualismo: il dilemma mente/corpo 89 L'eredità di Cartesio 91 Tra determinismo e psicologia. Dimenticare Cartesio 93 Liberarsi dal dualismo cartesiano 95 Indagando la mente. Alcuni pionieri 97 Mesmer e il lato oscuro della mente 105 Agli albori della psicologia 111 Oltre Cartesio? 117 Le funzioni della mente 120 Note 123 PARTE TERZA. TRA MENTE E NATURA 127 Il punto della situazione 127 Zone di confine tra scienza e filosofia 129 L'eredità di Darwin 131 La mente come comportamento 133 Le radici del problema 137 Una nuova epistemologia 140 Un riduzionismo impossibile 144 Tra mente e natura 147 Realtà come costruzione 150 La mente come realtà «complessa» 152 Metafore della conoscenza. L'autopoiesi 156 Dall'autopoiesi alla psicoterapia 159 Il linguaggio come «mondo» 166 Linguaggio e conoscenza 167 Costruire la realtà 173 Epidemie concettuali 179 Sentieri interrotti 181 Note 186 Bibliografia 188 |
| << | < | > | >> |Pagina 9MITOLOGIA DELLA RICERCA SCIENTIFICA Almeno fino al secolo scorso, era opinione comune fra gli scienziati che la Natura parlasse agli uomini usando un vocabolario molto semplice, e che la difficoltà di comprenderla dipendesse soprattutto dalla incapacità di riconoscere questo vocabolario, di impararlo e comunicarlo con efficacia attraverso leggi. In questo senso la tensione verso la riduzione del complicato al semplice nella spiegazione dei fenomeni divenne la spinta essenziale. Nato, si può dire, con Galileo, il processo di spiegazione di un fenomeno attraverso la scomposizione nelle sue presunte componenti elementari, processo di riduzione, ha comportato poi, nella sua evoluzione in metodo, il radicarsi di questa pratica come una vera e propria strategia, caratterizzata dalla selezione tra componenti del fenomeno ritenute più rilevanti e altre invece trascurabili. La generalizzazione di questa pratica, sul piano del confronto fra discipline scientifiche, ha suscitato il desiderio di costruire un sistema generale delle scienze, una sorta di dipendenza e gradazione fra le varie discipline che, nella sua accezione ideologica e non solo metodologica, viene detta riduzionismo e che ha un notevole interesse anche filosofico. Dietro a questa ideologia infatti si nasconde il bisogno di individuare quella scienza che, per elementi della realtà studiati, per capacità di spiegazione in termini semplici e universali, può dirsi «matrice» delle altre, la disciplina al cui corpus di leggi tutte le altre possono riferirsi e ricondursi, per riduzione.
Di questa tensione al riduzionismo si conoscono
diverse «traduzioni», tutte comunque caratterizzate
dall'affermazione dell'esistenza di più di un livello di
realtà (L) nel mondo in cui viviamo; ad ogni livello
corrisponde una disciplina scientifica specifica, con le sue
teorie e i suoi «oggetti».
- Riduzionismo ontologico, è quello nel quale le entità di un livello di realtà (L1) sono costituite dalle entità di un altro (L2); l'esempio più classico è dato dal rapporto tra mondo macroscopico e microscopico, e dalla riduzione di organi e tessuti alle loro componenti molecolari e atomiche. - Riduzionismo epistemologico, in cui i concetti di L1 sono ridefiniti in termini dei concetti di L2, e le leggi di L1 sono ricondotte a quelle di L2; è stato il caso della legge di gravitazione universale, che ha fatto per secoli da spiegazione dei fenomeni di altre discipline, compresa la biologia. - Riduzionismo esplicativo, in cui i fenomeni osservabili in L1 sono spiegati attraverso eventi o processi tipici di L2.
- Riduzionismo metodologico,
in cui si applicano ad L1 i metodi di ricerca di L2.
Accanto a queste classificazioni generali, si possono individuare altre nozioni di riduzionisino; in particolare, Ernst Mayr, biologo neodarwiniano, ha raccolto tutte le possibili versioni del riduzionismo in tre classi: - quello che si verifica tra elementi di un livello di realtà (costitutivo); - quello che spiega un fenomeno scomponendolo in elementi sempre più minuti (esplicativo); - quello che si verifica tra più teorie. Questi tre aspetti del riduzionismo fanno riferimento ad una esplicita gerarchia fra livelli di realtà, fra elementi di un fenomeno, fra teorie di una scienza, e fra scienze diverse. Ovviamente il riduzionismo non è stato lasciato da solo a fare da paradigma concettuale delle scienze. Opposto al concetto del riduzionismo, e utilizzato in polemica con esso, si è nel tempo sviluppato quello di emergenza, in base al quale ad ogni livello di realtà (macroscopico, microscopico, atomico, elementare) corrispondono eventi, leggi e fenomeni diversi; gli elementi di un livello più alto sono compatibili ma non derivabili da quelli del livello più basso. A metà strada tra riduzionismo ed emergenza si pone il concetto di sopravvenienza; questo concetto caratterizza la relazione tra due livelli di realtà, L1 e L2 tra i quali esiste un rapporto di dipendenza ma che non si configura come riduzione. | << | < | > | >> |Pagina 120LE FUNZIONI DELLA MENTEMarvin Minsky, uno dei massimi teorici della cosiddetta filosofia della mente, per qualche tempo interessato anche agli studi di intelligenza artificiale (AI) scrisse nel suo The society of mind (Simon e Schuster, 1987) che la mente è semplicemente ciò che il cervello fa, con questo non riportando la discussione sui binari di un materialismo riduttivo, ma ponendo l'accento sull'impasse creata dalla natura ambigua del problema della mente. Non è possibile spiegare la mente riconducendola a funzioni elementari; se è vero che il pensiero si costituisce a partire dalla relazione organismo-ambiente, esso va oltre la semplice esplorazione del fuori. Si potrebbe dire che, essendo il pensiero il nostro senso preposto alla conoscenza del mondo, di esso non si può dare una spiegazione, ma solo una descrizione. Il problema della costituzione della memoria è forse l'espressione più interessante dell'impossibilità di ridurre la mente ad unità elementari. Siamo davvero sicuri che ricordare qualcosa sia soltanto un processo con il quale riportiamo alla coscienza configurazioni spazio-temporali di oggetti, persone, e la loro relazione con noi? Quanto è lineare questo processo di emersione alla coscienza? Non c'è dubbio che tutti quegli aspetti, per cosi dire, di calcolo, che riguardano la memoria, siano dovuti essenzialmente alla capacità di elaborazione dei contenuti dell'esperienza vissuta, e che siano aspetti quindi legati alla architettura, alla struttura della mente (cervello). Ma nel processo con cui questa struttura emerge e si manifesta intervengono fattori di correzione estranei alla natura fisica delle esperienze vissute. Senza voler a tutti i costi giocare con le parole, potremmo dire che la memoria è un cambiamento creativo dell'ordine puramente sequenziale dei contenuti delle nostre esperienze; e questo per un motivo abbastanza intuibile: il ruolo costruttivo giocato dal fattore tempo, senza il quale la memoria sarebbe solo il susseguirsi di immagini mentali elementari, atomiche, senza senso. Proprio come il personaggio di un racconto di Borges, Funes el memorioso, il quale è incapace di memoria perché incapace di dimenticare i singoli istanti delle sue percezioni e conoscenze, noi saremmo condannati ad una lettura, istante per istante, delle nostre sensazioni, e per questo imperfetta, se non intervenisse il tempo a legare fra loro, confondendole, le sezioni staccate in un continuum che non è proprio la realtà, fisicamente parlando, ma la creazione nella nostra mente di una narrazione, un'attività del tutto peculiare del cervello, e che permette all'uomo di esprimere in forma evoluta il proprio essere nel mondo. Cos'è allora la mente? Una costruzione logica, una finzione organica, un'illusione del linguaggio? Già, il linguaggio: esso è un processo di acquisizione, uso e conoscenza di un sistema simbolico complesso, non solo perché articolato, ma soprattutto perché la sua struttura profonda non è immediatamente percepibile, visibile, ma per cosi dire, affiora nella pratica delle cose e del mondo. Questo sistema simbolico certo dipende dalla realtà esterna, dal mondo in cui viviamo, ma travalica i confini della semplice esperienza, perché costruisce senso. Questa attività di interpretazione delle cose è attività squisitamente mentale. Il fatto poi che il linguaggio sedimenti, costruisca una rete sintattica sempre più complessa, e connessioni sempre più sofisticate, nel passaggio dall'età infantile a quella adulta, suggerisce per analogia la costruzione di una rete di connessioni neurali sempre più complessa nel nostro cervello, grazie alla quale tutto ciò può avvenire. Il concetto di rete, mutuato dalla cibernetica di secondo ordine, ripropone in un certo senso la dicotomia tra mente e corpo, lasciandoci ancora una volta sulla soglia della soluzione del nostro problema. Quanto è importante comprendere il grado di espansione e di articolazione raggiungibile dalla struttura del nostro cervello, la sedimentazione e stratificazione delle sue relazioni? La rete propone un modello della mente che in qualche modo si sovrappone all'organismo, quasi fosse estranea alla sua natura organica. È come se Cartesio, cacciato dalla porta, riuscisse a rientrare da una finestra lasciata socchiusa. | << | < | > | >> |Pagina 127IL PUNTO DELLA SITUAZIONE Il tema del rapporto mente/corpo, nella sua complessa articolazione, si svolge, in alcuni dei suoi nodi essenziali, percorrendo un sentiero impervio, che da Cartesio porta a Mesmer, dall'indagine sull'inconscio di Freud alla macchina di Turing. Ci siamo soffermati, nel corso della nostra ricostruzione, sui vari tentativi di costruire teorie del funzionamento del cervello, modelli del pensiero, spiegazioni più o meno attendibili dei disturbi della percezione e della sensibilità; siamo così giunti ad affermare che non è possibile raggiungere un punto di sufficiente chiarezza rispetto alle contraddizioni e incongruenze che nascono ogni volta che ci interroghiamo su noi stessi, ogni volta che pensiamo noi stessi, tentando di svincolarsi da un senso comune troppo spesso facilmente riduzionista. «L'intero mondo della scienza - scriveva nella Fenomenologia della percezione Merleau-Ponty - è costruito sulla vita, eppure la scienza non è stata per nulla capace di illuminare la natura dell'esperienza soggettiva». A distanza di circa mezzo secolo da queste affermazioni del filosofo francese la situazione non sembra particolarmente migliorata, se consideriamo le asserzioni emblematiche di numerosi biologi e studiosi del cervello, anzi se è possibile essa si è ancor più radicalizzata. Continuano ad affermarsi modelli riduzionistici di spiegazione dei fenomeni della mente. Questa incertezza e instabilità metodologica ha caratterizzato per lungo tempo il dibattito fra scienza e filosofia. Ogni tentativo di elaborare una teoria scientifica e filosofica che riportasse ad unità mente e corpo si è sempre imbattuto in difficoltà a dir poco ardue. Ciò non deve condurre a pensare che questo genere di problemi siano irrisolvibili in linea di principio. In parte il dilemma si presenta ancora oggi insolubile perché viene affrontato senza formulare le «domande giuste». In parte, perché la caratteristica peculiare del dilemma mente/corpo è quella di essere originato da una domanda «a livelli multipli di risposta». Mi spiego meglio. Nell'analisi del problema delle relazioni fra materia e pensiero, fra corpo e anima, si possono seguire più percorsi, intrecciando fra loro più interpretazioni, più discorsi. Possiamo infatti incamminarci sul sentiero scientifico, su quello filosofico, su quello più genericamente culturale. Tutti questi possibili sentieri di indagine, questi discorsi, non necessariamente sono legati dalla condivisione di uno stesso vocabolario, né dalle stesse regole di costruzione grammaticali e sintattiche. La compresenza di vari livelli di lettura per i fenomeni da osservare è inoltre una condizione di partenza necessariamente ambigua, ma non per questo negativa, per ogni ragionamento sulla mente e sul corpo, sulla costruzione dell'Io e delle immagini del mondo. Questa condizione di partenza dà origine ad un ragionamento che può apparire una sorta di assemblage eterogeneo e apparentemente casuale, le cui logiche di composizione sono variabili e contraddittorie.
Ne abbiamo avuto un esempio nella analisi del 'mito
scientifico' del magnetismo animale, la cui evoluzione ha
incrociato i piani della scienza, del misticismo, della
magia e della farsa, senza per questo mostrarsi, sul piano
della sua organizzazione e costruzione teorica, poco
plausibile o incoerente.
ZONE DI CONFINE TRA SCIENZA E FILOSOFIA Torniamo però alla nostra domanda di partenza: abbiamo visto che la storia del rapporto fra mente e corpo, tanto in scienza quanto in filosofia, è la storia dell'evolversi di una metafora della conoscenza. Ma se questo è vero, la ricerca di possibili soluzioni ai dilemmi del rapporto scienza/filosofia, per esempio quello del dualismo di stampo cartesiano, va allora impostata su un livello del discorso alternativo a quello specifico delle singole discipline: sul piano di relazione tra il biologico e il culturale, per quanto concerne l'ambito di realtà esterno al soggetto, e fra esperienza soggettiva e condivisione di contesti, ad un livello più interno. In termini comuni alla psicologia e alla biologia dovremmo parlare quindi del luogo di incontro tra le nozioni di individuo (percezione sensoriale, immaginazione, elaborazione inconscia e teoria) e ambiente in un senso più ampio (elaborazione collettiva, creazione e modificazione di contesti, meccanismi di apprendimento). | << | < | > | >> |Pagina 152LA MENTE COME REALTÀ «COMPLESSA»Sono concetti che aprono le porte ad una idea dell'evoluzione e dello sviluppo della mente intesi plasticamente. La struttura di un oggetto, ivi compreso l'uomo, ne determina il comportamento, dal momento che stabilisce quali saranno le interazioni a cui potrà partecipare. L'elemento di base di questa nuova prospettiva è un cambiamento radicale nella nozione di realtà e in quella di osservatore, che portano ad un ripensamento della relazione osservatore/osservato. Essa si deve intendere come lasciapassare per concepire la possibilità che esistano molte realtà, viste come domini di spiegazione che ciascun osservatore può proporre. È in questo luogo che incontriamo gli esiti della ricerca di Humberto Maturana e Francisco Varela, sul confine tra scienza e psicologia. Il contributo di H. Maturana e F. Varela alla scienza, e in particolare all'indagine degli aspetti che riguardano il rapporto fra mente e corpo, ci viene dalla loro spiegazione del ruolo assunto da un osservatore rispetto al proprio mondo dell'esperienza, definito come dominio di costituzione ontologica. Vediamo di chiarire questo termine: per dominio si deve intendere qui il campo dell'esperienza possibile di un individuo, nozione che abbraccia più direzioni e si snoda su più livelli. In questo campo ogni osservatore agisce e definisce le proprie possibilità di conoscenza, traccia cioè un percorso di riconoscimento della realtà, che si configura sempre come costruzione di una particolare rete di significati e come disposizione di una serie di connessioni simboliche fra oggetti e idee, teorie, immagini del mondo. Attraverso la definizione del dominio di esperienza l'osservatore conosce il mondo e ne traccia i confini, cioè le modalità del suo farne parte; in questo modo costruisce quella che i filosofi chiamano un'ontologia. Ma quale parte dell'uomo compie questo atto fondativo, la mente o il corpo? La domanda, per quanto possa sembrare strano, comincia proprio a partire dalle riflessioni di Maturana e Varela a perdere il suo significato originario.
Essi hanno trovato infatti una strada percorribile
verso la soluzione del nostro dilemma, che possiamo qui
sintetizzare seguendo una serie di enunciati:
- la vita è un processo di conoscenza il cui scopo è la realizzazione dell'essere vivente in congruenza con l'ambiente; - questa conoscenza è azione effettiva, e non semplice rappresentazione della realtà fuori di noi; - non vi è separazione fra la mente e il corpo, ma la prima va compresa a partire da relazioni dinamiche tra organismo e ambiente; il sistema nervoso (ciò che costituisce fisicamente la mente?) è una rete neurale chiusa; - vi è una strettissima relazione fra osservatore ed evento osservato, al punto che il primo è parte costitutiva e necessaria dello svolgersi del secondo;
- la
cognizione,
cioè la conoscenza, è un fatto squisitamente biologico.
Come emerge da questi assunti, la psicologia, o la filosofia della mente, sono ricondotte a parti della biologia, poiché i fenomeni che studiano sono visti essenzialmente come manifestazioni di processi vitali. Tutto ciò che chiamiamo mente nasce da una relazione di conoscenza messa in atto fra l'individuo e l'ambiente, proprio come la deambulazione nasce dal rapporto fra il movimento delle gambe, il piano su cui ci si sposta e la particolare postura delcorpo. Questo non deve condurci a pensare che la nascita di fenomeni, per così dire, mentali presupponga necessariamente un ambiente popolato da altri esseri viventi, da altre menti. Lo svolgersi di relazioni sociali non è infatti il punto di snodo della teoria della cognizione di Maturana e Varela: anche in solitudine possiamo avere esperienze che definiremmo mentali; esse traggono senso dal nostro essere in un dominio di relazioni già come individui. Ogni esperienza conoscitiva coinvolge colui che conosce in un modo personale, radicato nella sua struttura biologica, per cui ogni esperienza di certezza è un fenomeno individuale, sordo all'atto conoscitivo di un altro, in una solitudine che si supera solamente nel mondo che si crea con esso. Né del resto la manifestazione più palese di conoscenza, il linguaggio, può essere definita a partire dalla condivisione di contesti di esperienza. La conoscenza, intesa come esperienza è qualcosa di personale e privato, che non può essere trasferito, e ciò che si crede essere trasferito, cioè la conoscenza oggettiva, deve sempre essere creato da un ascoltatore: l'ascoltatore capisce, e la conoscenza oggettiva sembra trasferita solo se egli è preparato a capire. Il linguaggio nasce quindi indipendentemente dal rapporto sociale, nasce come fatto biologico, come comportamento. |
| << | < | > | >> |RiferimentiAA.VV., Physis: abitare la Terra, Feltrinelli, Milano 1988. AA.VV., Conoscenza e complessità, Theoria, Roma 1990. AA.VV., Neuroscienze e scienze cognitive, Cuen, Napoli 1994. AA.VV., Caos e complessità, Cuen, Napoli 1996. AA.VV., Dalle forze ai codici, Manifestolibri, Roma 1992. AA.VV., Scienza e realtà, Bruno Mondadori, Milano 2000. AA.VV., Storie segrete della scienza, Mondadori, Milano 1999 AGENO M., Le radici della biologia, Feltrinelli, Milano 1986 ASHBY W.R., An introduction to cybernetics, Chapman & Hall, Londra 1957. ATLAN H., Tra il cristallo e il fumo, Hopefulmonster, Firenze 1986. BATESON G., Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano 1976. BATESON G., Mente e Natura, Adelphi, Milano 1984. BATESON G., Comporre una vita, Feltrinelli, Milano 1992. BATESON G., Una sacra unità. Altri passi verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano 1997. BATESON G. - BATESON M.C., Dove gli angeli esitano, Adelphi, Milano 1989. BELLONE E., I corpi e le cose, Bruno Mondadori, Milano 2000. BERNARD C., Introduction à l'étude de la médecine expèrimentate, Bailliere, Parigi 1865. BERNARD C., Definition de la vie, Revue des deux mondes, Parigi 1875. BERNARD C., Rapport sur le progrès et la marche de la physiologie en France, Imprimerie imperiale, Parigi 1867 BERNARD C., Pensées. Notes détachées, Bailliere, Parigi 1939 BERNARD C., Philosophie. Manuscrit inedit, Haitier-Boivin, Parigi 1954. BERNARD C., Cahiers de notes, Gallimard, Parigi 1965. BERGER P.L. - LUCKMANN T., La realtà come costruzione sociale, Il Mulino, Bologna 1969. BICHAT X., Recherches physiologiques sur la vie et la mort, Charpentier, Parigi 1861. BINSWANGER L., Essere nel mondo, Astrolabio, Roma 1973. [...] | << | < | |